Compie sei anni e si rinnova «Art City Bologna», il programma istituzionale di eventi e iniziative speciali promosso dall’Amministrazione comunale, in collaborazione con BolognaFiere, per i giorni della grande kermesse fieristica d’arte moderna e contemporanea che, ormai da quarantadue anni, caratterizza l’inverno bolognese.
In questa edizione, che vede la direzione artistica di Lorenzo Balbi, la città felsinea sarà scenario, nelle giornate da venerdì 2 a domenica 4 febbraio (ArteFiera rimarrà aperta anche lunedì 5), di un progetto speciale dell’artista Vadim Zakharov, protagonista della performance «Tunguska Event, History Marches on a Table», ideata per il centenario della Rivoluzione russa.
La rassegna, che si presenta con un nuovo format, prevede anche una decina di eventi che esplorano le contaminazioni tra i vari linguaggi del contemporaneo.
Protagonisti di questi appuntamenti, ideati appositamente per la città di Bologna, sono alcuni dei nomi più interessanti della scena nazionale e internazionale: Katarina Djzelar, Yuri Ancarani, Jacopo Mazzonelli, Erin Shirreff, Luca Pozzi, Home Movies + Giuseppe De Mattia, Hana Lee Erdman, CT (Matteo Ceretto Castigliano), Roberto Pugliese e Alessandra Messali.
La performance «Tunguska Event, History Marches on a Table», presentata recentemente alla Whitechapel Gallery di Londra e in anteprima assoluta per l’Italia, prevede tre rappresentazioni per centocinquanta spettatori a replica (venerdì 2 e sabato 3 febbraio, alle ore 19; domenica 4 febbraio, alle ore 17) negli spazi dell’ex Gam – Galleria d’arte moderna, a pochi passi dalla sede di ArteFiera. «Invitati a sedersi intorno a un insolito palcoscenico -un tavolo rettangolare lungo diversi metri, sopra il quale agisce un cast di attori e ballerini- gli spettatori -raccontano gli organizzatori- assisteranno alla rievocazione di alcuni eventi capitali avvenuti nella prima metà del Novecento, in un viaggio umoristico attraverso il tempo e la storia».
Nell'ottica di avvicinare sempre di più il polo fieristico al contesto cittadino, «Art City Bologna» coinvolgerà anche un altro spazio iconico che si affaccia su piazza Costituzione: il Padiglione de l’Esprit Nouveau, oggetto di un recente restauro conservativo sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Bologna, che ne ha restituito la fruizione pubblica.
In questo spazio l’artista serba Katarina Zdjelar, con la curatela di Lorenzo Balbi, presenterà il progetto espositivo «Ungrammatical», che ripercorre la sua produzione degli ultimi anni, incentrata sull’esplorazione dei limiti e delle potenzialità del linguaggio, mettendo in dialogo diretto le opere con lo spazio architettonico in cui si inseriscono. Tra i video visibili in mostra ci saranno «My Lifetime (Malaika)» (5’37”, 2012), nel quale si racconta la capacità della musica di superare le barriere etniche e linguistiche attraverso le riprese di alcuni musicisti dell’Orchestra sinfonica nazionale del Ghana, e «The Perfect Sound» (14’30”, 2009), che affronta il fenomeno dell'integrazione culturale attraverso la cancellazione della differenze di pronuncia, osservando un logopedista impegnato nell'esecuzione di esercizi fonetici per rimuovere l'accento straniero di un suo cliente a Birmingham.
Spostandosi nel centro storico, Yuri Ancarani stabilirà un rapporto emozionale con lo spazio contemplativo della Cappella di Santa Maria dei Carcerati in Palazzo Re Enzo, arricchita dal wall drawing permanente di David Tremlett, presentando la video-installazione «La malattia del ferro», a cura di Eva Brioschicollage di immagini girate da camere fisse documenta, con sguardo asettico e nitido, la vita di questo gigantesco ammasso di ferro in cui la presenza umana è quasi completamente assente, in un intreccio di paesaggio naturale e paesaggio antropico che ricorre spesso nella poetica dell’artista.
Il Museo internazionale e biblioteca della musica accoglierà l’intervento «Sonografia» di Jacopo Mazzonelli, a cura di Chiara Ianeselli, che si concentra sul segno musicale inteso come alfabeto sonoro. Le opere, disposte nelle due sale dedicate agli eventi temporanei e all’interno del percorso espositivo al piano superiore del museo, riflettono sull’origine delle composizioni musicali, portando in primo piano la natura degli strumenti.
Centrale nell’esposizione, che nella sera del 3 febbraio sarà arricchita da una performance del compositore Matteo Franceschini, è il lavoro «ABCDEFG» (2016-2017), costituito da sette pianoforti verticali dei primi del Novecento modificati dall’artista in modo da ridurre la loro capacità sonora solo a una delle sette note della scala musicale.
Nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi continua l’esplorazione di alcuni degli artisti più interessanti della scena internazionale con la prima personale in Italia, a cura di Simone Menegoi, di Erin Shirreff, artista di origini canadesi.
La mostra si compone di due parti: un video, proiettato in dimensioni cinematografiche, e una serie di sculture. Il video, che alterna sequenze filmate e di animazione, si incardina su una forma circolare che muta lentamente nel corso di quasi un’ora; la sua origine emotiva e concettuale è la visione, da parte dell’artista, dell’eclisse totale di Sole del 21 agosto 2017. Le sculture, che combinano materiali duraturi ed effimeri, sono presentate in un allestimento che suggerisce modelli in scala ridotta e paesaggi.
Anche in questa edizione «Art City Bologna» interesserà l’area vicino a via Zamboni, la zona universitaria, con una serie di iniziative culturali. A Palazzo Magnani, nella Sala dei Carracci, si terrà, per esempio, il progetto site-specific «The Grandfather Platform» di Luca Pozzi, a cura di Maura Pozzati, promosso da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna con UniCredit. La piattaforma ideata dall’artista permette, da una parte, di ammirare a distanza ravvicinata gli alti affreschi carracceschi, dall’altra di iniziare un viaggio dimensionale quantistico tra tempi diversi non linearmente interconnessi: dalle prospettive futuristiche della cosmologia e della fisica teorica del nuovo millennio al 753 a.C., anno della fondazione della città di Roma ed epicentro temporale non solo del nostro Paese ma probabilmente dell'Europa intera.
Via Zamboni, con gli elementi architettonici che la caratterizzano, diventerà, invece, un originale dispositivo di visione, a passo e velocità variabile, per l’intervento di arte pubblica «Street/Frames», ideato e curato da Home Movies + Giuseppe De Mattia. L’installazione, concepita per una fruizione differente, in differita ed espansa, si compone di sequenze di pellicole 8mm e 16mm, selezionate dall’Archivio di Home Movies, tra migliaia girate a Bologna da tanti cine-occhi amatoriali, collettori di momenti e dettagli da restituire alla città e agli occhi dei suoi abitanti.
A breve distanza, presso la Fondazione Collegio Artistico Venturoli, l’artista e coreografa Hana Lee Erdman presenta «Animal Companion and Telepathic Elegance», una performance che invita i partecipanti a espandere il proprio repertorio relazionale, apprendendo e applicando i principi che informano i rapporti tra animali appartenenti a specie diverse per esplorare forme non discorsive della relazione quali prossimità, tatto e telepatia.
Al Velostazione Dynamo – Bologna va, invece, in scena «B-wall», il format che prevede di invitare un artista, con cadenza annuale, a realizzare un’opera murale nella sala all’ingresso della struttura, un hub di servizi dedicati alla mobilità in bicicletta. Quest’anno tocca a CT (Matteo Ceretto Castigliano), la cui ricerca, nata nell'ambito del graffiti writing, si è evoluta verso forme astratte di stampo minimalista.
Roberto Pugliese si confronterà, invece, con il seicentesco Teatro Anatomico dell’Archiginnasio con «Transanatomy», un progetto espositivo, a cura di Felice Moramarco, incentrato sui processi di ibridazione tra uomo e macchina, animato e inanimato, naturale e artificiale. Sul tavolo in marmo posto al centro dello spazio, la scultura sonora «Equilibrium Variant» si anima grazie a due bracci meccanici che interagiscono mediante un sistema di feedback sonori, riproducendo una delle modalità con cui gli esseri viventi si costituiscono come soggetti, ovvero, tramite un processo di continua negoziazione con l’ambiente esterno.
Il programma di «Art City Bologna» si conclude con l’incursione museografica «Lo Slancio», ideata da Alessandra Messali per il Museo della Specola, a cura di Giulia Morucchio e Irene Rossini. L’intervento, che si ispira alle molteplici possibilità di lettura di un contesto museografico, mette al centro la figura dell’astrofilo, la cui pratica è raccontata nel corso di una visita guidata -condotta dalle guide del museo a partire da un testo composto dall’artista- che ha come tema il rapporto tra osservazione, conoscenza e rappresentazione, tra attività amatoriale e professionismo.
A consolidare questa narrazione, all’interno della collezione permanente della Specola sono inseriti alcuni materiali e produzioni amatoriali, raccolti in collaborazione con realtà astrofile del territorio italiano.
«ArtCity Bologna» prevede, inoltre, una serie di iniziative per avvicinare un pubblico eterogeneo al linguaggio dell’arte: in numerosi luoghi del circuito sarà presente una mediazione culturale a cura degli operatori didattici adibiti ai servizi di prima accoglienza, si terranno delle passeggiate «Walk on Art» per i più piccoli, e, in tutte le sedi espositive coinvolte, gli gli orari di apertura saranno estesi e sarà previsto l’ingresso gratuito, e in alcuni casi ridotto, per i possessori del biglietto di ArteFiera. Lo stesso biglietto, nel week-end dal 2 al 4 febbraio, consentirà l’ingresso gratuito in tutte le sedi dell'Istituzione Bologna Musei.
Non mancherà la tradizionale Notte Bianca dell’arte che, sabato 3 febbraio, prevede l’apertura fino all 24 di numerosi sedi espositive cittadine: una grande festa che fa da cornice alla kermesse fieristica più importante d’Italia, ArteFiera, che quest’anno, sotto la direzione di Angela Vettese, vedrà la partecipazione di centocinquantadue gallerie e trenta espositori legati all’editoria e alla grafica.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Vadim Zakharov, Tunguska Event, History Marches on a Table; [fig. 4] Katarina Dzjelar, My lifetime, 2012- Hd video, 5 minuti e 37 secondi. Courtesy l'artista e SpazioA di Pistoia; [fig. 5] Teatro anatomico dell'Archiginnasio. Foto di Alessandro Gaffuri; [figg. 6 e 7] Luca Pozzi, Wilson Tour, 2017. Lanci reali di palline da tennis davanti alle storie della fondazione di Roma. Coutersy Galleria Luger e Galleria Astuni; [fig. 8] Jacopo Mazzonelli, ABCDEFG, 2015/2016. Pianoforti verticali - dimensioni variabili. Foto di Nadia Baldo.
Informazioni utili
Il programma completo degli appuntamenti è disponibile su:
www.artcity.bologna.it | www.artefiera.it. L'hashtag ufficiale della manifestazione è #ArtCityBologna.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
giovedì 1 febbraio 2018
martedì 30 gennaio 2018
La moda etnica estone in mostra a Bologna
Si apre con una mostra dedicata alla moda estone l’attività espositiva del Museo del tessuto e della tappezzeria «Vittorio Zironi» di Bologna. Quindici stiliste, selezionate da Anu Hint, propongono le loro creazioni nell’ambito di un progetto espositivo, giunto alla sua trentesima tappa, che, dal 2009, sta toccando diversi Paesi del mondo, dalla Cina alla Russia, dalla Germania al Kazakhistan, dal Giappone al Canada.
Durante il processo di ristrutturazione geopolitica che ha accompagnato il suo ingresso nell’Unione Europea nel 2004, l’Estonia si è affermata come Paese protagonista di una rapida ascesa socio-economica in continua evoluzione, in grado di dare vita a una rinnovata identità culturale che mantiene un forte legame con il passato.
L’equilibrio tra il recupero delle radici di una tradizione millenaria e la modernità di un avanzato Paese europeo si riflette anche nel dinamico e vivace campo della moda, ricco di giovani talenti che hanno raggiunto un buon livello di internazionalizzazione.
I ventuno abiti esposti a Bologna, in occasione dei cento anni dalla nascita della Repubblica indipendente e democratica dell’Estonia, sono creazioni di quindici stiliste affermate ed emergenti, alla costante ricerca di una combinazione tra elementi tradizionali e uno stile più attuale, che invitano lo spettatore a percepire l'essenza dell'arte etnica estone, in cui il presente si interseca con il passato. Questi abiti ci restituiscono un linguaggio variegato costituito da materiali, forme, colori e motivi fon-dato sulla tradizione per l’altissima artigianalità di ricami e tessiture, che testimonia quanto lo stile etnico formatosi nel corso dei secoli sia ancora oggi fonte di ispirazione vitale.
Le designer che operano nell'ambito di questa tendenza creativa non creano solo abiti, ma esprimono un senso di orgoglio per la ricchezza delle collezioni dei vestiti tradizionali e una consapevole abilità nel preservarla. Infatti, nonostante l'Estonia conti una popolazione limitata a circa un milione di abitanti, la mostra introduce la grande varietà dei costumi tradizionali, di cui si contano complessivamente quasi novanta tipologie differenti.
L'estetica e l'abilità artistica del popolo estone si riflette nelle combinazioni dei colori degli indumenti tradizionali, negli ornamenti e nella gioielleria, mentre le componenti etniche raccontano la storia attraverso cui si è formata l’identità nazionale e l’influsso esercitato da altri popoli, filtrato dal gusto e dalla sensibilità locali: una combinazione interessante tra l’influenza occidentale dei paesi scandinavi – fatta di elementi grafici, semplicità, modernismo e funzionalità – e quella orientale, ornamentale e ricca.
L’allestimento è arricchito da ulteriori materiali che approfondiscono lo sguardo etnografico sui vestiti tradizionali estoni, tra cui i disegni realizzati dalla celebre costumista, designer e restauratrice di abiti popolari tradizionali Melanie Kaarma che illustrano i completi in uso tra il Settecento e gli inizi del Novecento, pubblicati nel 1981, con Aino Voolmaa, nel volume «Costumi popola-ri estoni».
I vestiti tradizionali raffigurati si possono suddividere in quattro gruppi principali, distinti per zona di uso -settentrionali, orientali, meridionali e delle isole-, e in tre tipologie: gli indumenti per le feste (tra cui quello donato in occasione della cresima, che celebrava l’ingresso nell’età adulta), quelli indossati ogni giorno e gli abiti da lavoro.
Gli svedesi che secoli fa si stabilirono sulle isole e nella parte occidentale dell’Estonia lasciarono un’impronta molto significativa nell’abbigliamento popolare: la camicia lunga indossata sotto la cami-cia più corta con le maniche, l'abito lungo con cucitura verticale sulla schiena (pikk-kuub). Un chiaro esempio delle influenze svedesi è, inoltre, il costume tradizionale da donna di Mustjala,un piccolo pae-se sull'isola di Saaremaa situata nella parte ovest dell'Estonia, di cui in mostra è visibile un esemplare realizzato negli anni Ottanta.
Nei costumi tradizionali troviamo altresì numerose somiglianze anche con gli altri popoli baltici, in particolare con i lettoni e i lituani: camicia tipo tunica, plaid rettangolare (sõba) e gonna rettangolare (vaipseelik), mentre le gonne, a righe verticali, e i cardigan più recenti, erano già in uso in tutti e tre i popoli.
Le influenze delle popolazioni slave si sono manifestate nell’Estonia orientale: l’usanza di portare la camicia sopra i pantaloni stretti da una cintura, le maniche lunghe della camicia, gli ornamenti intessuti nella stoffa. Poche influenze finlandesi, come le caratteristiche pantofole, si trovano invece nell’Estonia settentrionale.
Sono, inoltre, esposti alcuni campioni di tessuto per gonne tradizionali: da pezzi originali risalenti ai primi dei Novecento a quelli in filo di lana e ordito di lino realizzati appositamente per questa mostra dall’artigiana tessile Marika Samlik. Accanto ad essi, trovano spazio le creazioni progettate da Elna Kaasik, nota designer e artista tessile che presenta tessuti di tipologia differente: per produzioni industriali, realizzati su telaio a mano, textures con decorazioni filigranata a mano, stoffe per abbigliamento, tessuti per interni e accessori, oltre alle spille tradizionali della designer di gioielli Anna Helena Saarso.
La mostra è infine accompagnata da una selezione di fotografie di coloratissimi tappeti tradizionali fatti a mano, provenienti dalla collezione del Museo etnografico estone (Eesti Vabaõhumuuseum).
Didascalie delle immagini
[Figg.1,2 e 3] Vedute di allestimento della mostra, 2017. Courtesy Istituzione Bologna Musei; [fig. 4] Abito di Triinu Pungits, 2007; [fig. 5] Abito di Ainikki Eiskop, 2014
Informazioni utili
La moda etnica estone dal passato al futuro. Museo del Tessuto e della Tappezzeria Vittorio Zironi, via di Casaglia, 3 - Bologna. Orari: giovedì, ore 9.00-14.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.30; chiuso festivi infrasettimanali. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00. Informazioni: tel. 051.2194528 / 2193916 (biglietteria Museo Civico Medievale), museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 24 febbraio 2018.
Durante il processo di ristrutturazione geopolitica che ha accompagnato il suo ingresso nell’Unione Europea nel 2004, l’Estonia si è affermata come Paese protagonista di una rapida ascesa socio-economica in continua evoluzione, in grado di dare vita a una rinnovata identità culturale che mantiene un forte legame con il passato.
L’equilibrio tra il recupero delle radici di una tradizione millenaria e la modernità di un avanzato Paese europeo si riflette anche nel dinamico e vivace campo della moda, ricco di giovani talenti che hanno raggiunto un buon livello di internazionalizzazione.
I ventuno abiti esposti a Bologna, in occasione dei cento anni dalla nascita della Repubblica indipendente e democratica dell’Estonia, sono creazioni di quindici stiliste affermate ed emergenti, alla costante ricerca di una combinazione tra elementi tradizionali e uno stile più attuale, che invitano lo spettatore a percepire l'essenza dell'arte etnica estone, in cui il presente si interseca con il passato. Questi abiti ci restituiscono un linguaggio variegato costituito da materiali, forme, colori e motivi fon-dato sulla tradizione per l’altissima artigianalità di ricami e tessiture, che testimonia quanto lo stile etnico formatosi nel corso dei secoli sia ancora oggi fonte di ispirazione vitale.
Le designer che operano nell'ambito di questa tendenza creativa non creano solo abiti, ma esprimono un senso di orgoglio per la ricchezza delle collezioni dei vestiti tradizionali e una consapevole abilità nel preservarla. Infatti, nonostante l'Estonia conti una popolazione limitata a circa un milione di abitanti, la mostra introduce la grande varietà dei costumi tradizionali, di cui si contano complessivamente quasi novanta tipologie differenti.
L'estetica e l'abilità artistica del popolo estone si riflette nelle combinazioni dei colori degli indumenti tradizionali, negli ornamenti e nella gioielleria, mentre le componenti etniche raccontano la storia attraverso cui si è formata l’identità nazionale e l’influsso esercitato da altri popoli, filtrato dal gusto e dalla sensibilità locali: una combinazione interessante tra l’influenza occidentale dei paesi scandinavi – fatta di elementi grafici, semplicità, modernismo e funzionalità – e quella orientale, ornamentale e ricca.
L’allestimento è arricchito da ulteriori materiali che approfondiscono lo sguardo etnografico sui vestiti tradizionali estoni, tra cui i disegni realizzati dalla celebre costumista, designer e restauratrice di abiti popolari tradizionali Melanie Kaarma che illustrano i completi in uso tra il Settecento e gli inizi del Novecento, pubblicati nel 1981, con Aino Voolmaa, nel volume «Costumi popola-ri estoni».
I vestiti tradizionali raffigurati si possono suddividere in quattro gruppi principali, distinti per zona di uso -settentrionali, orientali, meridionali e delle isole-, e in tre tipologie: gli indumenti per le feste (tra cui quello donato in occasione della cresima, che celebrava l’ingresso nell’età adulta), quelli indossati ogni giorno e gli abiti da lavoro.
Gli svedesi che secoli fa si stabilirono sulle isole e nella parte occidentale dell’Estonia lasciarono un’impronta molto significativa nell’abbigliamento popolare: la camicia lunga indossata sotto la cami-cia più corta con le maniche, l'abito lungo con cucitura verticale sulla schiena (pikk-kuub). Un chiaro esempio delle influenze svedesi è, inoltre, il costume tradizionale da donna di Mustjala,un piccolo pae-se sull'isola di Saaremaa situata nella parte ovest dell'Estonia, di cui in mostra è visibile un esemplare realizzato negli anni Ottanta.
Nei costumi tradizionali troviamo altresì numerose somiglianze anche con gli altri popoli baltici, in particolare con i lettoni e i lituani: camicia tipo tunica, plaid rettangolare (sõba) e gonna rettangolare (vaipseelik), mentre le gonne, a righe verticali, e i cardigan più recenti, erano già in uso in tutti e tre i popoli.
Le influenze delle popolazioni slave si sono manifestate nell’Estonia orientale: l’usanza di portare la camicia sopra i pantaloni stretti da una cintura, le maniche lunghe della camicia, gli ornamenti intessuti nella stoffa. Poche influenze finlandesi, come le caratteristiche pantofole, si trovano invece nell’Estonia settentrionale.
Sono, inoltre, esposti alcuni campioni di tessuto per gonne tradizionali: da pezzi originali risalenti ai primi dei Novecento a quelli in filo di lana e ordito di lino realizzati appositamente per questa mostra dall’artigiana tessile Marika Samlik. Accanto ad essi, trovano spazio le creazioni progettate da Elna Kaasik, nota designer e artista tessile che presenta tessuti di tipologia differente: per produzioni industriali, realizzati su telaio a mano, textures con decorazioni filigranata a mano, stoffe per abbigliamento, tessuti per interni e accessori, oltre alle spille tradizionali della designer di gioielli Anna Helena Saarso.
La mostra è infine accompagnata da una selezione di fotografie di coloratissimi tappeti tradizionali fatti a mano, provenienti dalla collezione del Museo etnografico estone (Eesti Vabaõhumuuseum).
Didascalie delle immagini
[Figg.1,2 e 3] Vedute di allestimento della mostra, 2017. Courtesy Istituzione Bologna Musei; [fig. 4] Abito di Triinu Pungits, 2007; [fig. 5] Abito di Ainikki Eiskop, 2014
Informazioni utili
La moda etnica estone dal passato al futuro. Museo del Tessuto e della Tappezzeria Vittorio Zironi, via di Casaglia, 3 - Bologna. Orari: giovedì, ore 9.00-14.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.30; chiuso festivi infrasettimanali. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00. Informazioni: tel. 051.2194528 / 2193916 (biglietteria Museo Civico Medievale), museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 24 febbraio 2018.
domenica 28 gennaio 2018
Clemente XI, un «collezionista illuminato»
Si presenta come un’importante occasione di studio sull’arte del Settecento, proveniente da quell’alveo produttivo che fu Urbino, da sempre crocevia di grandi artisti, la mostra «Clemente XI. Collezionista e mecenate illustre», a cura di Claudio Maggini e Stefano Papetti, allestita fino al 25 febbraio nel Complesso monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni in Roma.
Al centro dell’esposizione, che rientra nel progetto «Il Pio Sodalizio dei Piceni per le Marche colpite dal sisma», c’è il Fondo Albani, a lungo dimenticato, se non del tutto negletto o inesplorato dagli studiosi. Questo fondo, risalente al 1818, ha il pregio di registrare e catalogare tutti i beni presenti nelle case della città di Urbino e di quelle poste nell'immediato circondario.
Di questo patrimonio censito dal notaio Parenti in un inventario composto da duecentouno pagine dalla descrizione e cura del particolare, mai apparso in precedenza in testi di letteratura periegetica, ne scaturisce una ricca elencazione di dipinti, dove risulta la presenza di antichi pittori, le cui opere furono verosimilmente raccolte dal nonno e dal padre di Clemente XI.
In queste pagine si trova anche e soprattutto una lunga lista di oli su tela realizzati da autori attivi nella seconda metà del Seicento, non ancora di primo piano o emergenti, le cui commissioni possono essere riconducibili al porporato Albani, e poste in essere prima dell'elezione petrina, avvenuta nel 1700.
A dipinti di Raffaello, Barocci, Giovanni Lanfranco, Guido Cagnacci, Guido Reni e Simone Cantarini, nel fondo sono, infatti, affiancate numerose tele realizzate da pittori protagonisti della politica artistica di Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani (Urbino, 23 luglio 1649 - Roma, 19 marzo 1721), come Carlo Maratta, Giuseppe Ghezzi, il paesaggista Alessio De Marchis e il vedutista Gaspar Van Wittel.
A questo secondo contesto pittorico è dedicata la mostra romana, che allinea una quarantina di opere, a partire dal grande stemma in pietra di papa Albani, opera di un autore ignoto proveniente da Palazzo Albani di Urbino.
Come una sorta di privatissima wundekammer, la rassegna illustra con opere pittoriche, disegni e stampe, opere di oreficeria, le arti secondo il mecenatismo di papa Albani. Siamo in pieno barocco, gli artisti dell’entourage di Clemente XI -Carlo Maratta, Alessio De Marchis, Andrea Procaccini e Francesco Mancini- risentono del gusto estetico del periodo, ma non vi aderiscono in pieno.
Tra le opere esposte si segnalano l’olio su tela «Il cardinale Giovanni Francesco Albani» (1692) di Carlo Maratta, proveniente da una collezione privata di Urbino, il bassorilievo in marmo «Ritratto di Clemente XI» (secolo XVIII), appartenente alla collezione di Antonio Maria Antonelli, e un’acquaforte (1709) di Pietro Nelli e Girolamo Rossi, con un papa ormai anziano. Di meravigliosa bellezza sono, poi, il grande olio su tela «Miracolo della beata Mafalda del Portogallo» (1710-1725), il «Cristo in gloria con i santi Clemente e Ignazio d’Antiochia» (1713) di Francesco Mancini e il «San Pietro battezza il centurione Cornelio» (1711 ca.) di Carlo Maratta e Andrea Procaccini.
Clemente XI, illuminato mecenate e collezionista, durante il suo papato persegue una considerevole politica culturale, davvero degna di nota. La passione per l'erudizione determinò la fondazione di un'importante sezione orientale della Biblioteca Vaticana con il reperimento di numerosi e preziosi manoscritti. La sua sensibilità per la salvaguardia del patrimonio artistico-archeologico di Roma favorì l'azione meritevole di Francesco Bianchini e Marcantonio Boldetti.
Il suo fu un mecenatismo costituito da innovazioni, da scavi archeologici e da restauri di chiese e monumenti: famosi restano i restauri delle stanze di Raffaello, del Pantheon, della basilica di San Clemente e la scoperta e l'erezione della colonna Antonina.
Papa Albani fu particolarmente grato alla sua città, Urbino: fu generosissimo nelle opere pubbliche, nella definizione di innumerevoli privilegi all'università locale e alla cancellazione dei debiti. Inoltre, continuando l'opera di Innocenzo XII, favorì l'attività di riordino dell'università di Roma intrapresa dal cardinale Spinola che giunse ad un'effettiva razionalizzazione della didattica e del numero dei professori di cui si curò maggiormente il livello professionale. In questo rilancio della Sapienza furono favorite le discipline giuridiche, prima fra tutte il diritto canonico, in conformità all'esigenza di formare legisti preparati in grado di contrastare validamente le innumerevoli obiezioni giurisdizionaliste.
Infine, nel campo delle lettere intervenne nel 1711 a favore del poeta maceratese Giovanni Mario Crescimbeni per mantenere fortemente gerarchizzata e curiale la struttura dell'Accademia dell’Arcadia.
Già cagionevole di salute sin dal 1710, Clemente XI morì a Roma il 19 marzo 1721, lasciando ai posteri un grande lavoro pastorale e culturale, che rende ancor più evidente l’eccezionale gusto estetico e collezionistico di questo pontefice.
Informazioni utili
«Clemente XI. Collezionista e mecenate illustre». Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, piazza di San Salvatore in Lauro, 15 – Roma. Orari: lunedì – sabato, ore 9:00 – 13:00 e ore 16:00 – 19:00; domenica, ore 9:00 - 12:00; chiuso nei festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: Artifex International Srls, tel. 06.68193064, info@artifexarte.it. Fino al 25 febbraio 2018.
Al centro dell’esposizione, che rientra nel progetto «Il Pio Sodalizio dei Piceni per le Marche colpite dal sisma», c’è il Fondo Albani, a lungo dimenticato, se non del tutto negletto o inesplorato dagli studiosi. Questo fondo, risalente al 1818, ha il pregio di registrare e catalogare tutti i beni presenti nelle case della città di Urbino e di quelle poste nell'immediato circondario.
Di questo patrimonio censito dal notaio Parenti in un inventario composto da duecentouno pagine dalla descrizione e cura del particolare, mai apparso in precedenza in testi di letteratura periegetica, ne scaturisce una ricca elencazione di dipinti, dove risulta la presenza di antichi pittori, le cui opere furono verosimilmente raccolte dal nonno e dal padre di Clemente XI.
In queste pagine si trova anche e soprattutto una lunga lista di oli su tela realizzati da autori attivi nella seconda metà del Seicento, non ancora di primo piano o emergenti, le cui commissioni possono essere riconducibili al porporato Albani, e poste in essere prima dell'elezione petrina, avvenuta nel 1700.
A dipinti di Raffaello, Barocci, Giovanni Lanfranco, Guido Cagnacci, Guido Reni e Simone Cantarini, nel fondo sono, infatti, affiancate numerose tele realizzate da pittori protagonisti della politica artistica di Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani (Urbino, 23 luglio 1649 - Roma, 19 marzo 1721), come Carlo Maratta, Giuseppe Ghezzi, il paesaggista Alessio De Marchis e il vedutista Gaspar Van Wittel.
A questo secondo contesto pittorico è dedicata la mostra romana, che allinea una quarantina di opere, a partire dal grande stemma in pietra di papa Albani, opera di un autore ignoto proveniente da Palazzo Albani di Urbino.
Come una sorta di privatissima wundekammer, la rassegna illustra con opere pittoriche, disegni e stampe, opere di oreficeria, le arti secondo il mecenatismo di papa Albani. Siamo in pieno barocco, gli artisti dell’entourage di Clemente XI -Carlo Maratta, Alessio De Marchis, Andrea Procaccini e Francesco Mancini- risentono del gusto estetico del periodo, ma non vi aderiscono in pieno.
Tra le opere esposte si segnalano l’olio su tela «Il cardinale Giovanni Francesco Albani» (1692) di Carlo Maratta, proveniente da una collezione privata di Urbino, il bassorilievo in marmo «Ritratto di Clemente XI» (secolo XVIII), appartenente alla collezione di Antonio Maria Antonelli, e un’acquaforte (1709) di Pietro Nelli e Girolamo Rossi, con un papa ormai anziano. Di meravigliosa bellezza sono, poi, il grande olio su tela «Miracolo della beata Mafalda del Portogallo» (1710-1725), il «Cristo in gloria con i santi Clemente e Ignazio d’Antiochia» (1713) di Francesco Mancini e il «San Pietro battezza il centurione Cornelio» (1711 ca.) di Carlo Maratta e Andrea Procaccini.
Clemente XI, illuminato mecenate e collezionista, durante il suo papato persegue una considerevole politica culturale, davvero degna di nota. La passione per l'erudizione determinò la fondazione di un'importante sezione orientale della Biblioteca Vaticana con il reperimento di numerosi e preziosi manoscritti. La sua sensibilità per la salvaguardia del patrimonio artistico-archeologico di Roma favorì l'azione meritevole di Francesco Bianchini e Marcantonio Boldetti.
Il suo fu un mecenatismo costituito da innovazioni, da scavi archeologici e da restauri di chiese e monumenti: famosi restano i restauri delle stanze di Raffaello, del Pantheon, della basilica di San Clemente e la scoperta e l'erezione della colonna Antonina.
Papa Albani fu particolarmente grato alla sua città, Urbino: fu generosissimo nelle opere pubbliche, nella definizione di innumerevoli privilegi all'università locale e alla cancellazione dei debiti. Inoltre, continuando l'opera di Innocenzo XII, favorì l'attività di riordino dell'università di Roma intrapresa dal cardinale Spinola che giunse ad un'effettiva razionalizzazione della didattica e del numero dei professori di cui si curò maggiormente il livello professionale. In questo rilancio della Sapienza furono favorite le discipline giuridiche, prima fra tutte il diritto canonico, in conformità all'esigenza di formare legisti preparati in grado di contrastare validamente le innumerevoli obiezioni giurisdizionaliste.
Infine, nel campo delle lettere intervenne nel 1711 a favore del poeta maceratese Giovanni Mario Crescimbeni per mantenere fortemente gerarchizzata e curiale la struttura dell'Accademia dell’Arcadia.
Già cagionevole di salute sin dal 1710, Clemente XI morì a Roma il 19 marzo 1721, lasciando ai posteri un grande lavoro pastorale e culturale, che rende ancor più evidente l’eccezionale gusto estetico e collezionistico di questo pontefice.
Informazioni utili
«Clemente XI. Collezionista e mecenate illustre». Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, piazza di San Salvatore in Lauro, 15 – Roma. Orari: lunedì – sabato, ore 9:00 – 13:00 e ore 16:00 – 19:00; domenica, ore 9:00 - 12:00; chiuso nei festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: Artifex International Srls, tel. 06.68193064, info@artifexarte.it. Fino al 25 febbraio 2018.
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