Sono quasi passati tre anni da quando la casa editrice Electa di Milano dava vita alla collana «ElectaStorie», nata con l’intento di raccontare i fatti ed i personaggi reali protagonisti della grande arte attraverso il linguaggio della narrativa.
I volumetti di questa serie, inaugurati con «Amedeo, je t’aime» di Francesca Diotallevi e «L’orologio di Orfeo» di Simon Goodman, narrano le vicende biografiche che si nascondono dietro agli artisti famosi o le vicissitudini delle grandi collezioni, dentro a un contesto storico e geografico fortemente caratterizzato.
Nell’ambito di questa collana, sta per nascere un nuovo filone, «ElectaStorie - Noir», nel quale il mistero, con vicende criminali di furti e assassini, incontra l’arte. Ad inaugurare la collana sarà il volume «Il vendicatore oscuro» di Annalisa Stancanelli, che verrà presentato il prossimo 28 febbraio, alle ore 10.30, all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel Salone napoleonico.
L’incontro vedrà la presenza di Giuseppe Bonini, Giuseppe Di Napoli ed Enrica Melossi.
Il libro è ambientato nella Siracusa barocca del 1608; il romanzo si ispira alla vita del Caravaggio, che proprio nella città siciliana si rifugia dopo l’evasione dalle prigioni di Malta.
L’autrice, dirigente scolastica a Siracusa e collaboratrice del quotidiano «La Sicilia», racconta i mesi della clandestinità del Merisi a Siracusa, città dove il pittore si nasconde, grazie all’aiuto dei monaci e del suo protettore Vincenzo Mirabella, per sfuggire all’ira dei Cavalieri di Malta che lo vogliono morto.
La vita di questo enfant terrible dell’arte si presta come poche altre ad essere raccontata nella forma romanzata del noir: in un continuo susseguirsi di colpi di scena, Caravaggio riesce ad evitare il misterioso personaggio che lo perseguita commettendo omicidi intorno a lui, non potendo tuttavia impedire che altri muoiano al suo posto.
Nel romanzo l'autrice conferisce anche un notevole spazio alla vicenda religiosa di Santa Lucia che viene raccontata con dovizia di particolare ed un'accurata ricostruzione storica. Nel libro, ispirato dal dipinto «Il seppellimento di Santa Lucia», custodito a Siracusa nella Chiesa di Santa Lucia la Badia, la scrittrice e ricercatrice narra la storia delle reliquie della Santa Patrona di Siracusa, il furto del corpo e le committenze religiose dell'epoca legate al culto della Santa, la statua d'argento e vari dipinti di cui furono incaricati i pittori più celebri. Un'attenzione particolare viene data anche ai riti religiosi legati alla Festa di Santa Lucia che proprio nel 1600 inizia ad avere le caratteristiche attuali.
Un romanzo dalla trama avvincente, in cui l’autrice sfrutta molti degli avvenimenti per raccontare l’arte di Caravaggio, la pittura dal vero e la committenza, il tutto nell'affascinante cornice della Sicilia seicentesca.
Informazioni utili
Annalisa Stancanelli, «Il vendicatore oscuro», Mondadori Electa – Collana Electa Storie – noir. Note: formato 15,5 x 23,3 cm, brossura pagine 118, prezzo 16,90 €. In uscita da marzo 2017.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 21 febbraio 2018
lunedì 19 febbraio 2018
«Katagami e Katazome», a Venezia una mostra sulla decorazione dei tessuti in Giappone
Sono ormai passati cinque anni da quando il Museo di Palazzo Mocenigo, a Venezia, è stato oggetto di un radicale intervento di restyling e ampliamento dei suoi spazi espositivi, che ha interessato la sede di San Stae, con nuovi percorsi museali dedicati al profumo.
Ora ad essere oggetto di un nuovo intervento è il primo piano nobile, dove per tutto il 2018 verranno esposti, a rotazione, oggetti delle collezioni permanenti, a cominciare da una ricchissima raccolta di tessuti e abiti di ambito orientale di proprietà della Fondazione di Venezia, schedati dalla storica Doretta Davanzo Poli e appartenenti alle collezioni del Centro studi di storia del tessuto e del costume di Palazzo Mocenigo.
L’esposizione sarà affiancata, fino al prossimo 22 aprile, da un interessante approfondimento sulla simbologia e sulla decorazione dei tessuti in Giappone, in particolare sugli stilemi Katagami e Katazome, che interesserà la «White Room» al piano terra del museo, dedicata alle esposizioni temporanee e a tema.
I rapporti di Venezia con l’Oriente fanno da filo conduttore alla rassegna lagunare, che si tiene in un luogo significativo per lo studio di questi scambi culturali e commerciali come il palazzo della famiglia Mocenigo, una delle più importanti e prestigiose dinastie del patriziato veneziano, che, come noto, ha dato alla Repubblica ben sette Dogi, oltre a un gran numero di procuratori, ambasciatori, capitani, ecclesiastici e letterati.
La residenza veneziana approfondisce questo importante capitolo della storia della città attraverso l’esposizione di una ventina di esemplari rappresentativi scelti tra gli oltre quattrocento manufatti (tra abiti, tessuti e paramenti sacri occidentali e orientali), appartenuti alla collezione avviata in Spagna dai genitori di Mariano Fortuny, in particolar modo dalla madre Cecilia, e fonte di ispirazione costante per l’artista nella sua attività di stampa su stoffa e di stilista di moda.
Come non pensare, a tal proposito, a quanto scritto dal poeta francese Henri de Régnier, nel suo libro «L’altana ou de la vie vènitienne»: «[…] Ecco i pesanti velluti di Venezia, di Genova o dell’Oriente, sontuosi o delicati, vivaci o gravi, con ampi ramages, con figure o fogliami, velluti che dogi o califfi hanno forse indossati; ecco i broccati dai toni accesi, le sete dalle delicate sfumature; ecco i paramenti sacri e quelli di corte; ecco gli affascinanti taffetas e i satins lucenti, disseminati di fleurettes e di fasci di fiori, con i quali nel XVIII secolo si facevano i vestiti per le donne e gli abiti per gli uomini; ecco le stoffe di tutti i colori e di tutte le fibre: alcune evocano la forma dei corpi che hanno vestito, le altre sono in lunghe pezze e in scampoli, altre ancora ridotte a minuscoli frammenti».
In questo contesto la presentazione di pezzi Katagami e Katazome nella «White Room» del museo rappresenta a tutti gli effetti un approfondimento sul tema: l’esposizione, che gode del patrocinio del Consolato generale del Giappone a Milano, illustra, infatti, un aspetto particolare della storia culturale ed etnografica degli artigiani giapponesi, con particolare riferimento al tessuto d’abbigliamento, in particolar modo dei kimono.
I tanti esempi di tessitura e stampa presentati e provenienti dalle collezioni private di Ishimi Ousugi, Nancy Stetson Martin e Franco Passarello, che cura anche l’allestimento, dimostrano con evidenza la lunga tradizione e l’alta qualità degli abiti indossati nel Paese orientale.
La mostra affianca ad abiti e tessuti stampati con la tecnica katazome le matrici katagami, una sorta di stencil, utilizzato per la loro realizzazione e appartenenti a un periodo che va dall’Ottocento ai primi anni del Novecento, e dunque corrispondenti ai periodi Edo e Meiji.
Informazioni utili
Venezia e l’Oriente. La collezione della fondazione di Venezia. Palazzo Mocenigo, Centro studi di storia del tessuto e del costume, Santa Croce, 1992 – Venezia. Orari: fino al 31 marzo ore 10.00 – 16.00 | dal 1° aprile ore 10.00 – 17.00 | la biglietteria chiude mezz’ora prima. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: www.mocenigo.visitmuve.it. Fino al 22 aprile 2018
Ora ad essere oggetto di un nuovo intervento è il primo piano nobile, dove per tutto il 2018 verranno esposti, a rotazione, oggetti delle collezioni permanenti, a cominciare da una ricchissima raccolta di tessuti e abiti di ambito orientale di proprietà della Fondazione di Venezia, schedati dalla storica Doretta Davanzo Poli e appartenenti alle collezioni del Centro studi di storia del tessuto e del costume di Palazzo Mocenigo.
L’esposizione sarà affiancata, fino al prossimo 22 aprile, da un interessante approfondimento sulla simbologia e sulla decorazione dei tessuti in Giappone, in particolare sugli stilemi Katagami e Katazome, che interesserà la «White Room» al piano terra del museo, dedicata alle esposizioni temporanee e a tema.
I rapporti di Venezia con l’Oriente fanno da filo conduttore alla rassegna lagunare, che si tiene in un luogo significativo per lo studio di questi scambi culturali e commerciali come il palazzo della famiglia Mocenigo, una delle più importanti e prestigiose dinastie del patriziato veneziano, che, come noto, ha dato alla Repubblica ben sette Dogi, oltre a un gran numero di procuratori, ambasciatori, capitani, ecclesiastici e letterati.
La residenza veneziana approfondisce questo importante capitolo della storia della città attraverso l’esposizione di una ventina di esemplari rappresentativi scelti tra gli oltre quattrocento manufatti (tra abiti, tessuti e paramenti sacri occidentali e orientali), appartenuti alla collezione avviata in Spagna dai genitori di Mariano Fortuny, in particolar modo dalla madre Cecilia, e fonte di ispirazione costante per l’artista nella sua attività di stampa su stoffa e di stilista di moda.
Come non pensare, a tal proposito, a quanto scritto dal poeta francese Henri de Régnier, nel suo libro «L’altana ou de la vie vènitienne»: «[…] Ecco i pesanti velluti di Venezia, di Genova o dell’Oriente, sontuosi o delicati, vivaci o gravi, con ampi ramages, con figure o fogliami, velluti che dogi o califfi hanno forse indossati; ecco i broccati dai toni accesi, le sete dalle delicate sfumature; ecco i paramenti sacri e quelli di corte; ecco gli affascinanti taffetas e i satins lucenti, disseminati di fleurettes e di fasci di fiori, con i quali nel XVIII secolo si facevano i vestiti per le donne e gli abiti per gli uomini; ecco le stoffe di tutti i colori e di tutte le fibre: alcune evocano la forma dei corpi che hanno vestito, le altre sono in lunghe pezze e in scampoli, altre ancora ridotte a minuscoli frammenti».
In questo contesto la presentazione di pezzi Katagami e Katazome nella «White Room» del museo rappresenta a tutti gli effetti un approfondimento sul tema: l’esposizione, che gode del patrocinio del Consolato generale del Giappone a Milano, illustra, infatti, un aspetto particolare della storia culturale ed etnografica degli artigiani giapponesi, con particolare riferimento al tessuto d’abbigliamento, in particolar modo dei kimono.
I tanti esempi di tessitura e stampa presentati e provenienti dalle collezioni private di Ishimi Ousugi, Nancy Stetson Martin e Franco Passarello, che cura anche l’allestimento, dimostrano con evidenza la lunga tradizione e l’alta qualità degli abiti indossati nel Paese orientale.
La mostra affianca ad abiti e tessuti stampati con la tecnica katazome le matrici katagami, una sorta di stencil, utilizzato per la loro realizzazione e appartenenti a un periodo che va dall’Ottocento ai primi anni del Novecento, e dunque corrispondenti ai periodi Edo e Meiji.
Informazioni utili
Venezia e l’Oriente. La collezione della fondazione di Venezia. Palazzo Mocenigo, Centro studi di storia del tessuto e del costume, Santa Croce, 1992 – Venezia. Orari: fino al 31 marzo ore 10.00 – 16.00 | dal 1° aprile ore 10.00 – 17.00 | la biglietteria chiude mezz’ora prima. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50. Informazioni: info@fmcvenezia.it, call center 848082000 (dall’Italia), +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: www.mocenigo.visitmuve.it. Fino al 22 aprile 2018
domenica 18 febbraio 2018
«L'anima e il sangue», la vita di Caravaggio diventa un film
Caravaggio arriva al cinema. Esce lunedì 19 febbraio in oltre trecentoquaranta sale italiane, grazie alla distribuzione di Nexo Digital, il documentario realizzato da Sky, in collaborazione con Magnitudo Film, su Michelangelo Merisi, uno degli artisti più amati, controversi e misteriosi della storia dell'arte.
La regia del progetto è stata affidata a Jesus Garces Lambert, mentre a dare voce all’artista, al suo io interiore, è Manuel Agnelli, frontman degli «Afterhours» e giudice di «X Factor», che racconterà i continui moti d’animo del Caravaggio, riproducendo le sfumature del suo carattere e tradendo le emozioni, spesso violente, che albergavano in lui, aiutando così lo spettatore a entrare in contatto con l’animo e la mente dell’inquieto genio seicentesco.
«Caravaggio – L’anima e il sangue», questo il titolo del film che rimarrà in cartellone fino al 21 febbraio, racconta, dunque, l’esistenza tormentata dell’artista e la sua propensione a vivere sempre sull’orlo dell’abisso attraverso scene fotografiche contemporanee, essenziali e simboliche, che focalizzano l’attenzione su sentimenti quali la costrizione e la ricerca della libertà, il dolore, la passione, l’attrazione per il rischio, la ricerca della misericordia, fino alla richiesta di perdono e redenzione.
Lo spettatore si ritroverà così a vivere un’esperienza cinematografica emozionale, inquieta e quasi tattile anche grazie all’ultra risoluzione di un girato in sorgente in 8K (7680x4320 pixel), che permette di carpire i dettagli delle opere riprese, di percepire la singola pennellata restituendo così la voluttuosità e la consistenza materica della produzione dell’artista. Ad aiutare questa esperienza visiva sarà anche il formato Cinemascope 2:40, che consente una visione più allungata e orizzontale dell’immagine, molto vicina all’effettiva visione dell’occhio umano, con il risultato di rendere l’immagine percepita meno rafforzata e artefatta.
A queste scelte visive si aggiunge il trattamento di post produzione della luce, protagonista nella rappresentazione delle opere caravaggesche, che regala un’esperienza di immersione di fortissimo impatto visivo, assolutamente inedita e pionieristica.
Il film racconta l’uomo e l’artista attraverso un’approfondita indagine investigativa effettuata attraverso documenti originali preziosissimi, mostrati per la prima volta sul grande schermo, tra cui quelli custoditi all’Archivio storico diocesano di Milano, che conserva l'atto di battesimo datato 29 settembre 1571, e all’Archivio di Stato di Roma, scrigno ricco di testimonianze preziosissime, documenti originali mostrati per la prima volta sul grande schermo, capaci di proiettarci nella vita e nei guai di Caravaggio, come querele e verbali dei processi a suo carico, che restituiscono il ritratto di un personaggio tenebroso e sanguigno, spavaldo e incline alle baruffe. Non mancano i contratti delle commesse, come quella per la Cappella Contarelli e la Cappella Cerasi, e i libri contabili del Pio Monte della Misericordia di Napoli.
La narrazione -che si avvale della consulenza scientifica di Claudio Strinati, Mina Gregori e Rossella Vodret- si sviluppa attraverso cinque città, una quindicina di luoghi e una quarantina di opere, tra le più celebri e rappresentative della produzione caravaggesca, come «Canestra di frutta», «Ragazzo morso da un ramarro», «Bacchino Malato», la «Vocazione di San Matteo», «Giuditta e Oloferne», «Scudo con la Testa di Medusa», «Davide con la testa di Golia», «Sette Opere di Misericordia» e «Decollazione di San Giovanni Battista».
Artista rivoluzionario e per questo spesso poco amato dai contemporanei, Caravaggio girò l’Italia in cerca di fortuna o forse in cerca di se stesso, sfuggendo ai nemici che sempre si creava al suo passaggio. Milano, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia e Malta sono i luoghi che lo videro lavorare, dalle prime nature morte, di grande realismo, fino alle ultime tele, complesse scene di figure sacre e profane, di luce e di ombra che attraversano la tempestosa vita di un uomo tormentato nello spirito.
In questo excursus narrativo e visivo l'uomo Caravaggio e la sua vita tormentata sono ricostruiti attraverso una ricerca documentale approfondita, condotta in stretto riferimento con la sua esistenza fatta di luci e ombre, contrasti e contraddizioni, genio e sregolatezza, e che trova nei suoi capolavori l’eco delle esperienze personali.
Va, infine, sottolineato che il film compie un’operazione senza precedenti, riposizionando virtualmente l’opera rifiutata «La Madonna dei Parafrenieri» nella sede a cui era originariamente destinata, ovvero l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro, proprio di fianco al Baldacchino del Bernini.
Nella grande tela, di quasi tre metri di altezza per due di larghezza, Caravaggio rappresenta la Vergine con Cristo bambino e Sant’Anna impegnati in una lotta contro il serpente, simbolo del male. La giovane madre è inondata dalla luce, protagonista assoluta dell’azione, con le fattezze di Maddalena Antognetti, descritta in molte cronache come «Lena donna di Michelangelo», cortigiana e concubina del Caravaggio, mentre alla Santa Patrona della Confraternita è affidato un ruolo da comprimaria, avvolta dall’oscurità e raffigurata come una donna anziana e fragile.
Quando Caravaggio consegnò l’opera, l’8 aprile del 1606, rilasciò al Decano della confraternita l’unica dichiarazione scritta di suo pugno che ci sia pervenuta, in cui si dichiara «contento e satisfatto» del dipinto realizzato; fu invece inappellabile il verdetto: «Rifiutata». L’opera rimase così nella sua collocazione originaria solo pochi giorni, rimossa rapidamente, e ben presto si sparse la voce che fosse stato Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V, a determinare il rifiuto dell’opera in modo da poterla acquistare a buon prezzo e arricchire così la sua collezione di dipinti del Caravaggio, oggi ammirabile nella Galleria Borghese.
«Caravaggio – l'anima e il sangue» si configura, dunque, come un’immersione assolutamente inedita e pionieristica nelle opere e nell'animo di Caravaggio, un film palpitante che racconta l’arte di un uomo la cui audacia e genio furono tormento ma anche slancio verso una gloria affidata all’eternità.
Informazioni utili
www.nexodigital.it
La regia del progetto è stata affidata a Jesus Garces Lambert, mentre a dare voce all’artista, al suo io interiore, è Manuel Agnelli, frontman degli «Afterhours» e giudice di «X Factor», che racconterà i continui moti d’animo del Caravaggio, riproducendo le sfumature del suo carattere e tradendo le emozioni, spesso violente, che albergavano in lui, aiutando così lo spettatore a entrare in contatto con l’animo e la mente dell’inquieto genio seicentesco.
«Caravaggio – L’anima e il sangue», questo il titolo del film che rimarrà in cartellone fino al 21 febbraio, racconta, dunque, l’esistenza tormentata dell’artista e la sua propensione a vivere sempre sull’orlo dell’abisso attraverso scene fotografiche contemporanee, essenziali e simboliche, che focalizzano l’attenzione su sentimenti quali la costrizione e la ricerca della libertà, il dolore, la passione, l’attrazione per il rischio, la ricerca della misericordia, fino alla richiesta di perdono e redenzione.
Lo spettatore si ritroverà così a vivere un’esperienza cinematografica emozionale, inquieta e quasi tattile anche grazie all’ultra risoluzione di un girato in sorgente in 8K (7680x4320 pixel), che permette di carpire i dettagli delle opere riprese, di percepire la singola pennellata restituendo così la voluttuosità e la consistenza materica della produzione dell’artista. Ad aiutare questa esperienza visiva sarà anche il formato Cinemascope 2:40, che consente una visione più allungata e orizzontale dell’immagine, molto vicina all’effettiva visione dell’occhio umano, con il risultato di rendere l’immagine percepita meno rafforzata e artefatta.
A queste scelte visive si aggiunge il trattamento di post produzione della luce, protagonista nella rappresentazione delle opere caravaggesche, che regala un’esperienza di immersione di fortissimo impatto visivo, assolutamente inedita e pionieristica.
Il film racconta l’uomo e l’artista attraverso un’approfondita indagine investigativa effettuata attraverso documenti originali preziosissimi, mostrati per la prima volta sul grande schermo, tra cui quelli custoditi all’Archivio storico diocesano di Milano, che conserva l'atto di battesimo datato 29 settembre 1571, e all’Archivio di Stato di Roma, scrigno ricco di testimonianze preziosissime, documenti originali mostrati per la prima volta sul grande schermo, capaci di proiettarci nella vita e nei guai di Caravaggio, come querele e verbali dei processi a suo carico, che restituiscono il ritratto di un personaggio tenebroso e sanguigno, spavaldo e incline alle baruffe. Non mancano i contratti delle commesse, come quella per la Cappella Contarelli e la Cappella Cerasi, e i libri contabili del Pio Monte della Misericordia di Napoli.
La narrazione -che si avvale della consulenza scientifica di Claudio Strinati, Mina Gregori e Rossella Vodret- si sviluppa attraverso cinque città, una quindicina di luoghi e una quarantina di opere, tra le più celebri e rappresentative della produzione caravaggesca, come «Canestra di frutta», «Ragazzo morso da un ramarro», «Bacchino Malato», la «Vocazione di San Matteo», «Giuditta e Oloferne», «Scudo con la Testa di Medusa», «Davide con la testa di Golia», «Sette Opere di Misericordia» e «Decollazione di San Giovanni Battista».
Artista rivoluzionario e per questo spesso poco amato dai contemporanei, Caravaggio girò l’Italia in cerca di fortuna o forse in cerca di se stesso, sfuggendo ai nemici che sempre si creava al suo passaggio. Milano, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia e Malta sono i luoghi che lo videro lavorare, dalle prime nature morte, di grande realismo, fino alle ultime tele, complesse scene di figure sacre e profane, di luce e di ombra che attraversano la tempestosa vita di un uomo tormentato nello spirito.
In questo excursus narrativo e visivo l'uomo Caravaggio e la sua vita tormentata sono ricostruiti attraverso una ricerca documentale approfondita, condotta in stretto riferimento con la sua esistenza fatta di luci e ombre, contrasti e contraddizioni, genio e sregolatezza, e che trova nei suoi capolavori l’eco delle esperienze personali.
Va, infine, sottolineato che il film compie un’operazione senza precedenti, riposizionando virtualmente l’opera rifiutata «La Madonna dei Parafrenieri» nella sede a cui era originariamente destinata, ovvero l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro, proprio di fianco al Baldacchino del Bernini.
Nella grande tela, di quasi tre metri di altezza per due di larghezza, Caravaggio rappresenta la Vergine con Cristo bambino e Sant’Anna impegnati in una lotta contro il serpente, simbolo del male. La giovane madre è inondata dalla luce, protagonista assoluta dell’azione, con le fattezze di Maddalena Antognetti, descritta in molte cronache come «Lena donna di Michelangelo», cortigiana e concubina del Caravaggio, mentre alla Santa Patrona della Confraternita è affidato un ruolo da comprimaria, avvolta dall’oscurità e raffigurata come una donna anziana e fragile.
Quando Caravaggio consegnò l’opera, l’8 aprile del 1606, rilasciò al Decano della confraternita l’unica dichiarazione scritta di suo pugno che ci sia pervenuta, in cui si dichiara «contento e satisfatto» del dipinto realizzato; fu invece inappellabile il verdetto: «Rifiutata». L’opera rimase così nella sua collocazione originaria solo pochi giorni, rimossa rapidamente, e ben presto si sparse la voce che fosse stato Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V, a determinare il rifiuto dell’opera in modo da poterla acquistare a buon prezzo e arricchire così la sua collezione di dipinti del Caravaggio, oggi ammirabile nella Galleria Borghese.
«Caravaggio – l'anima e il sangue» si configura, dunque, come un’immersione assolutamente inedita e pionieristica nelle opere e nell'animo di Caravaggio, un film palpitante che racconta l’arte di un uomo la cui audacia e genio furono tormento ma anche slancio verso una gloria affidata all’eternità.
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