ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 17 dicembre 2019

A Lugano un nuovo spazio per il Masi: riapre Palazzo Reali

Lugano ritrova uno dei suoi spazi espositivi. Dopo tre anni di lavori di ristrutturazione, ha riaperto al pubblico Palazzo Reali, nuova sede del Masi - Museo d’arte della Svizzera italiana, i cui spazi ospiteranno la collezione permanente e saranno dedicati a progetti legati ad artisti locali o a maestri di respiro internazionale, che prediligono per le loro opere gli ambienti raccolti di una dimora storica.
Il restyling dell’edificio, condotto dall’Amministrazione cantonale sotto la regia dell’architetto Piero Conconi, ha interessato gli spazi amministrativi, gli impianti d’illuminazione e di climatizzazione e la grande vetrata a pianterreno. Quest’ultima, assieme all’apertura su via Canova, precedentemente oscurata, contribuisce oggi a illuminare le sale, mettendo in dialogo l’interno dell’edificio con lo spazio urbano circostante.
All’interno della storica dimora di proprietà del Cantone Ticino trovano ora spazio gli uffici, le sale espositive, un atelier creativo, un laboratorio di restauro, una biblioteca, distribuiti su tre piani.
Si corona così il sogno di una doppia sede per il Masi: Palazzo Reali andrà, infatti, ad affiancare il Lac – Lugano arte & cultura.
A segnare il debutto del ritrovato spazio espositivo è il nuovo allestimento della collezione permanente, a cura di Cristina Sonderegger, che si sviluppa sui tre piani espositivi, testimoniando la storia del museo attraverso documenti audiovisivi provenienti dagli archivi della Radiotelevisione svizzera, accessibili tramite un totem multimediale.
I lavori esposti coprono un periodo che spazia dalla fine del Trecento agli anni Cinquanta del Novecento. La pittura di ritratto nell’Ottocento, il Simbolismo, il Ritorno all’ordine degli anni Venti, la fotografia degli anni Trenta, l’Espressionismo sono solo alcuni degli approfondimenti che, sala dopo sala, scandiscono il percorso espositivo, nel quale le opere vengono raggruppate per autore, nuclei tematici, periodi storici e correnti artistiche.
L’allestimento porta alla luce, a piano terra, l’intervento a parete di Niele Toroni, «Impronte di pennello n. 50 ripetute a intervalli regolari», realizzato per l’apertura al pubblico del Museo cantonale d’arte nel 1987; al suo fianco sono esposti «Spartaco» (1847–50 ca.) di Vincenzo Vela – di cui ricorre il bicentenario della nascita –, «Golena» (2016) del giovane artista ticinese Marco Scorti e una «Deposizione» lignea risalente al XIV–XV secolo.
Al primo piano il percorso espositivo si apre con la pittura religiosa del periodo compreso tra il Trecento e Cinquecento, di cui fa parte «La Natività con due angeli» (1530–35) del Giampietrino. A questa sezione ne segue una dedicata alla pittura del Seicento e Settecento con artisti delle terre ticinesi come Pier Francesco Mola, Giovanni Serodine e Giuseppe Petrini.
Attraverso una galleria di ritratti femminili il visitatore è, dunque, immerso nella pittura di matrice neoclassica, popolare, scapigliata e naturalista, ammirando così anche il cambiamento dei vestiti e delle acconciature tra la fine del Settecento e i primi anni Trenta del Novecento.
Le sale successive ospitano esempi di pittura e scultura di derivazione simbolista tra Svizzera, Ticino e Lombardia, fra cui si segnalano «Anbetung II» (1893–94) di Ferdinand Hodler, «Il canto dell’aurora» (1910–12) di Luigi Rossi e «Maternità» (1886–87) di Gaetano Previati. Sono, inoltre, presenti alcuni paesaggi realizzati a cavallo tra Ottocento e Novecento, dai quali emergono il naturalismo velato di simbolismo di Filippo Franzoni e il divisionismo di Edoardo Berta e Umberto Boccioni.
Al secondo piano, l’allestimento è incentrato sull’arte della prima metà del Novecento. Si trovano opere, tra gli altri, di Achille Funi, Carlo Carrà e Mario Sironi, Jean Arp, Fritz Glarner, Wilhelm Schmid, Christian Rohlfs, Hermann Scherer e Werner Neuhaus, testimoni delle varie Avanguardie del periodo.
Conclude questo primo allestimento della collezione permanente un omaggio a uno dei massimi esponenti del Dadaismo e delle sperimentazioni cinematografiche, ovvero Hans Richter, di cui sono esposti l’opera «Rythmus 23» e una serie di disegni preparatori, assieme alla proiezione dell’omonimo filmato.
Nel 2020, a fianco delle opere della collezione, Palazzo Reali presenterà le fotografie del duo Harry Shunk & János Kender (dal 1° marzo al 14 giugno), dei vincitori del concorso Bally Artist of the Year Award (dal 29 marzo al 26 aprile), di Vicenzo Vicari (dal 30 agosto al 1° gennaio 2021), e del Prix Manor Ticino (dall’8 novembre al 14 febbraio 2021).
Un programma, dunque, vario quello di Palazzo Reali, che va a confermare la ricca stagione d’arte di Lugano, che nel 2019 ha anche visto l’apertura del Musec a Villa Malpensata.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] F. Hodler, Adorazione II, 1893-1894; [fig. 2] Giampietrino, Natività con due angeli, 1530-1535; [fig. 3] P.F. Mola, Socrate insegna ai giovani la conoscenza di sé, 1940-1650; [fig. 4] N. Toroni, Impronte di pennello n. 50, 1987. Foto Dona De Carli, Locarno

Informazioni utili
Museo d’arte della Svizzera italiana - sede di Palazzo Reali, via Canova, 10 - Lugano (Svizzera). – 6900 Lugano. Orari: martedì – domenica, ore 13:00 – 17:00. Ingresso gratuito (fino al 31.12.2019). Informazioni: +41 (0)58 866 4240, info@masilugano.ch. Sito internet: masilugano.ch


lunedì 16 dicembre 2019

«Lo Schiaccianoci», allo Strehler di Milano va in scena la magia del Natale

È magico e incanta il pubblico da sempre con la sua musica colorata ed elegante, gioiosa e vivace. È lo spettacolo natalizio per eccellenza, quello che ha fatto sognare generazioni di spettatori con l'albero, la nevicata, l'atmosfera di festa, l'apertura dei regali. Ed è anche -a detta del coreografo e danzatore russo George Balanchine- «uno dei più bei doni della danza, non soltanto per i bambini, ma per chiunque ami l’elemento magico del teatro». Fino al prossimo 22 dicembre, «Lo Schiaccianoci», con il suo «incanto perenne», va in scena allo Strehler di Milano. A firmare l’allestimento, che vedrà in scena gli allievi della Scuola di ballo della Scala, è Roberta Guidi di Bagno; mentre le coreografie, ispirate a quelle originali di Lev Ivanov, portano la firma di Frédéric Olivieri.
Il balletto, in due atti e tre scene, con prologo ed epilogo su musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij, mutua la propria trama dalla favola borghese ottocentesca «Nüssknaker und Mäusekönig» («Lo schiaccianoci e il re dei topi») di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, nella versione liberamente rivisitata e privata dai suoi elementi drammatici e horror da Alexandre Dumas padre, l’«Histoire d'un casse-noisette».
L’edizione proposta al Piccolo Teatro di Milano da Frédéric Olivieri, all’epoca dell’ideazione -nel 2011- a capo della scuola scaligera, oggi direttore del corpo di ballo del tempio milanese della musica e della danza, rispecchia l’atmosfera fantastica e onirica del balletto originale di Lev Ivanov, subentrato nelle coreografie all’anziano e malato Marius Petipa, a cui era stato inizialmente affidato il mandato da Ivan Vsevoložskij, a capo dei Teatri imperiali russi.
Il debutto del balletto si ebbe il 18 dicembre 1892 al Mariinskij di San Pietroburgo alla presenza dello zar Alessandro III; tra gli interpreti di questa prima esecuzione, diretta dal compositore Riccardo Drigo, spiccano l’italiana Antonietta Dell’Era, nel ruolo della Fata Confetto, il russo Pavel Gerdt e Olga Preobrajenska, che diresse poi la Scuola di ballo fra il 1921 e il 1925, su sollecitazione di Arturo Toscanini.
In scena allo Strehler di Milano si alterneranno due cast con oltre cento ballerini. Nei ruoli principali debutteranno nove allievi fra il sesto e l’ottavo corso: Matteo Zorzoli (Drosselmeyer), Youma Miceli (Clara), Tommaso Calcia (Soldato/Schiaccianoci), Vincenzo Mola (Fritz), Letizia Masini (Fata Confetto), Federico Lussana (Principe Camillo), Davide Mercoledisanto (Re dei Topi), Priscilla Volpe (Regina della Neve) e Anna Zingoni (Bambola).
Al centro della storia c'è una bambina di Norimberga, la dolce e romantica Clara (o, secondo le versioni predominanti Masha, diminutivo russo di Maria), che si prepara a festeggiare il Natale con i propri parenti ed amici. Fra i tanti invitati al sontuoso ricevimento, si distingue uno strano personaggio di nome Drosselmeyer, un po' prestigiatore e un po' giocattolaio, che regala alla protagonista alcuni pupazzi meccanici, ma soprattutto uno schiaccianoci di legno a forma di soldatino.
A mezzanotte, quando gli ospiti si congedano, la piccola si addormenta su una poltrona del divano e precipita in un sogno/incubo fantastico, nel quale il nuovo giocattolo si trasforma in un bellissimo e coraggioso principe azzurro, con cui combattere contro l'esercito dei topi e, una volta vinta la battaglia, partire in viaggio per il paese delle delizie. Qui vivono la Fata Confetto e altri personaggi di fantasia come il Cioccolato, il Caffè, il Bastoncino di zucchero candito e i Cannoncini alla crema. La bambina trascorre con loro una notte da favola. Ma tutti i sogni, si sa, durano poco: al risveglio balli e suoni sono svaniti; accanto alla piccola, felice di questo sogno di Natale, c'è solo il suo amato schiaccianoci di legno.
Considerato, insieme con il «Lago dei cigni» (1895) e «La Bella addormentata nel bosco» (1890), uno dei balletti fondamentali dell’Ottocento e uno dei più affascinanti di tutti i tempi, «Lo schiaccianoci» deve la sua fama a musiche allegre, sognanti e divertenti entrate nell’immaginario collettivo come il «Galop» iniziale, il «Trepak» (o «Danza russa»), la «Danza della fata Confetto» e lo squisito «Valzer dei fiori», che segna la fine dello spettacolo con il suo inevitabile lieto fine, in cui sogno e realtà si fondono e si confondono.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Foto di Silvia Amoroso; [figg. 3 e 4] Foto di Marcello Chiappalone; [fig. 5] Foto di Giulia Guccione [Si ringrazia l'ufficio stampa del Piccolo Teatro di Milano per le immagini]

Informazioni utili
Lo Schiaccianoci. Piccolo Teatro Strehler, Largo Antonio Greppi, 1 - Milano. Coreografia: Frédéric Olivieri, da Lev Ivanovič Ivanov. Ripresa da Maurizio Vanadia. Musica Pëtr Il’ic Čajkovskij. Scene e costumi: Roberta Guidi di Bagno. Con la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala. Ingresso: platea intero € 33,00 | Ridotto giovani e anziani (under 26 e over 65) € 21,00 | balconata intero € 26,00 | ridotto giovani e anziani (under 26 over 65) € 18,00. Informazioni: servizioalpubblico@piccoloteatromilano.it. Sito internet: www.piccoloteatro.org. Fino al 22 dicembre 2019

venerdì 13 dicembre 2019

Parma, un anno da capitale italiana della cultura

Dall’arte del «pittore singularissimo» Antonio Allegri, conosciuto come il Correggio (Correggio, c. 1489 – Correggio, 5 marzo 1534), a quella manierista di Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540). Dalla musica scritta di Giuseppe Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901) a quella diretta da Arturo Toscanini (Parma, 25 marzo 1867 – New York, 16 gennaio 1957). Dalla letteratura di Giovannino Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968) al cinema di Bernardo Bertolucci (Parma, 16 marzo 1941 – Roma, 26 novembre 2018). Dall’austera semplicità architettonica della facciata del duomo con il suo battistero in marmo rosa firmato da Benedetto Antelami (Val d'Intelvi, 1150 circa – 1230 circa), insigne esempio del Romanico padano, all’eleganza formale del teatro Farnese alla Pilotta, ricostruito nel Novecento, ma simbolo vivido della capacità costruttiva del seicentesco Giovanni Battista Aleotti, detto l'Argenta (Argenta, 1546 – Ferrara, 12 dicembre 1636). Il genio creativo ha da sempre casa a Parma e non è un caso, dunque, che la città emiliana sia stata scelta come Capitale italiana della cultura 2020.
Il cartellone è ambizioso con i suoi quasi cinquecento eventi (tra mostre, performance teatrali, concerti, festival d’arte, rassegne, open call e dibattiti), frutto della progettualità, delle competenze e della passione di oltre settecento partner dell’Amministrazione comunale parmense, motore dell’iniziativa, che ha voluto coinvolgere nel suo anno speciale anche le vicine Piacenza e Reggio Emilia.
«La cultura batte il tempo» è il claim scelto per il programma di «Parma 2020», la cui inaugurazione si terrà con una tre giorni in programma da sabato 11 a lunedì 13 gennaio, festa del patrono cittadino Sant’Ilario, che vedrà arrivare al teatro Regio, nella giornata di domenica 12, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nella stessa giornata si inaugurerà, inoltre, la prima mostra in cartellone: «Time machine. Vedere e sperimentare il tempo» (Palazzo del Governatore, 11 gennaio – 3 maggio 2020), nata da un’idea di Michele Guerra e curata da Antonio Somaini con Eline Grignard e Marie Rebecchi.
L'esposizione esaminerà il modo in cui il cinema e altri media fondati sulle immagini in movimento hanno trasformato nel corso degli ultimi centoventicinque anni la nostra percezione del tempo, attraverso una serie di tecniche di manipolazione temporale: dall'accelerazione al ralenti, dal fermo immagine al time-lapse, dalla proiezione a ritroso al loop e alle infinite varianti di quella operazione cinematografica fondamentale che è il montaggio.
Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Stan Douglas e filmmakers come Martin Arnold, Harun Farocki, Jean-Luc Godard e Bill Morrison sono tra i protagonisti del percorso espositivo, che permetterà di «vedere e sperimentare il tempo» attraverso estratti filmici, videoinstallazioni, immagini fotografiche e proiezioni provenienti dal cinema delle origini e da quello sperimentale, dal cinema classico e da quello contemporaneo.
Tra le mostre da non perdere c’è anche «Hospitale. Il futuro della memoria» (Oltretorrente, 24 aprile – 10 ottobre 2020), una video-narrazione su grande scala ideata da Studio Azzurro che racconterà, attraverso otto tappe, la storia dell’Ospedale vecchio, uno dei più antichi d’Italia, del quale sono attualmente in corso i lavori di restauro.
«Parma 2020» vedrà arrivare in città anche Anish Kapoor (Bombay, 12 marzo 1954), artista conosciuto per le sue creazioni a forte coinvolgimento emotivo e sensoriale, protagonista di un progetto ancora da definire che metterà in dialogo il passato e il presente della città, le sue varie anime: la romana e la medioevale, la rinascimentale e la barocca, la borbonica e l’asburgica, la contadina e l’imprenditrice, quella delle tradizioni popolari e del melodramma e quella dell’innovazione tecnologica, aperta al futuro.
I tre eventi espositivi rientrano nel Progetto Pilota del Dossier di candidatura, al cui interno sono previste anche quattro Open Call per promuovere l’accessibilità e la contaminazione tra cultura, imprese, tessuto urbano, periferie e comunità locali: «Imprese Creative Driven», «Creating sustainability», «Cultura per tutti, cultura di tutti», dedicata alle nuove sfide dei musei, e «Temporary Signs», un progetto di riscrittura ambientale che tiene insieme quartieri e artisti under 35.
Al Progetto Pilota, il Dossier di candidatura affianca «Officine contemporanee», un palinsesto di mostre, produzioni teatrali e musicali, festival e cantieri-laboratorio che vogliono offrire un pensiero sul contemporaneo, inteso come «luogo che tiene insieme i tempi».
In questo frangente, Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition presenterà «Noi, il cibo, il nostro pianeta: alimentiamo un futuro sostenibile» (Galleria San Ludovico, Portici del Grano e Spazio A, 11 gennaio – 13 aprile 2020). La Diocesi di Parma proporrà la mostra «I mesi e le stagioni. Piazza Duomo con gli occhi di Benedetto Antelami» (Battistero di Parma, maggio – novembre 2020). Il teatro Regio ha in calendario un festival dedicato alla rivoluzione del concetto di tempo nelle arti del Novecento. Il Festival Verdi presenterà la mostra «Opera!» (Palazzo del Governatore, 19 settembre 2020 – 13 gennaio 2021). Il Complesso monumentale della Pilotta guarderà, invece, alla sua storia con «I Farnese: le arti, il potere. 1513-1731» (21 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021), un'esposizione che indaga come questa potente casata abbia scritto pagine importanti per le arti nel Rinascimento e nel Barocco.
Tra i tanti altri eventi in calendario meritano una segnalazione anche l'antologica dell’austriaco Francesco Ciccolella, premiato come illustratore dell’anno 2019 dall’American Illustration and American Photography, la mostra «Labirinti. Umberto Eco, Franco Maria Ricci. Storia di un segno», la rassegna «You are Here. The cities of Spiekermann», in programma per ottobre all’Abbazia di Valserena, sede del CSAC – Centro studi e archivio della comunicazione, che omaggerà la figura di Erik Spiekermann, ideatore dell’iconica P, brand di «Parma 2020».
Per celebrare questo intenso anno all’insegna della cultura, Fabrica realizzerà, infine, un inedito reportage del territorio, curato da Oliviero Toscani, con l’intento di raccontare ogni singola iniziativa in programma.
«Points of view», questo il titolo del progetto, sarà la più grande chiamata a raccolta di fotografi di tutti i tempi. Professionisti, grandi maestri e amatori saranno invitati a raccontare Parma e il suo progetto di valorizzazione della cultura. Cultura come «metronomo della vita della città». Cultura come strumento per il «benessere della comunità, veicolo di sviluppo sociale ed economico, luogo di libertà e democrazia, spazio e tempo di inclusione e di crescita individuale e comunitaria». Cultura come sguardo rivolto al passato, alla storia della città, per creare un futuro migliore, scommettendo, anche e soprattutto, sulla «carta dell’inclusione e della sostenibilità».



Didascalie delle immagini
Le immagini di Parma pubblicate sono di Edoardo Fornaciari. In ordine è possibile vedere: il teatro Regio, il teatro Farnese, il parco di Palazzo Ducale, il teatro dei burattini, la Galleria nazionale e il Museo Bodoni. Nella prima immagine è visibile il logo di Erik Spiekermann per Parma 2020
Si ringrazia l'ufficio stampa Delos di Milano (delos@delosrp.it) per le fotografie

Per saperne di più
www.parma2020.it