L'iniziativa - a cura scientifica di Federica Guidi e Marinella Marchesi, archeologhe della realtà museale felsinea diretta da Paola Giovetti - è stata avviata nell'ottobre 2024 in stretta collaborazione culturale con il Rotary Club Bologna Est in occasione del sessantesimo anniversario dalla sua fondazione, sotto la presidenza dell’avvocato Silvia Stefanelli.
Dopo otto mesi lo sgabello in avorio è tornato a essere visibile nella Sala X, quella dedicata alla Bologna etrusca, con un nuovo supporto e un nuovo apparato multimediale che ne illustra la struttura e il contesto di rinvenimento, con una narrazione più stimolante e coinvolgente nel rispetto del rigore metodologico.
Il Museo civico archeologico di Bologna è riconosciuto come uno degli Istituti museali più importanti per la conoscenza della civiltà dei Rasna, il nome in cui i popoli etruschi si riconoscevano. Le sue raccolte comprendono una ricchissima documentazione derivante sia dalla raffinata tradizione collezionistica di antichità propria della storia culturale della città, sia soprattutto dalle testimonianze archeologiche rivenute durante le campagne del XIX e XX secolo che hanno messo in luce il passato etrusco di Bologna, quella Felsina sviluppatasi tra IX e IV secolo a.C. e definita da Plinio il Vecchio «princeps Etruriae».
Il manufatto è parte del ricco corredo rinvenuto nella tomba 173 portata alla luce nel 1887 dall’allora direttore del Museo archeologico Edoardo Brizio (Torino, 1846 - Bologna, 1907) nel parco dei Giardini Margherita a Bologna, in occasione dei lavori di sistemazione per accogliere i padiglioni dell’Esposizione emiliana del 1888. Già in precedenza l’area aveva restituito 172 tombe di epoca etrusca e, dopo lo scavo di Brizio, le indagini archeologiche proseguirono fino agli anni Ottanta del XX secolo, per restituire complessivamente oltre 230 tombe databili tra la seconda metà del VI e gli inizi del IV secolo a.C..
Lo sgabello è formato da due coppie di gambe incrociate, fissate fra loro con perno metallico e raccordate nella parte superiore da due traverse, cui era fissata la seduta, che doveva probabilmente essere in cuoio, così da consentirne la chiusura.
Mentre sono piuttosto frequenti le attestazioni in epoca etrusca di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, la scelta dell’avorio rende questo elemento un reperto di eccezionale rilevanza nel panorama non solo dell’area bolognese ma dell’Etruria in generale. La manifattura particolarmente preziosa ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una sella curulis, il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese.
Il restauro e le analisi diagnostiche
Informazioni
Mentre sono piuttosto frequenti le attestazioni in epoca etrusca di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, la scelta dell’avorio rende questo elemento un reperto di eccezionale rilevanza nel panorama non solo dell’area bolognese ma dell’Etruria in generale. La manifattura particolarmente preziosa ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una sella curulis, il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese.
Il restauro e le analisi diagnostiche
L’intervento di restauro è stato realizzato dalla ditta Kriterion e sono state eseguite anche indagini diagnostiche per meglio comprendere la struttura del raro manufatto.
Il reperto presentava una fragilità elevata dovuta ad un degrado molto avanzato, che aveva comportato fratturazione, frammentazione e disgregazione di alcune parti, oltre al dislocamento parziale di porzioni e a un generale inaridimento della superficie. Nel corso dei precedenti restauri l’avorio era stato pulito, consolidato e incollato, ma in alcuni punti gli adesivi avevano ceduto, provocando altri distacchi di materiale.
Prima di procedere allo smontaggio dei frammenti dal supporto in plexiglass sono state eseguite la documentazione fotografica e la mappatura descrittiva dei frammenti. Una volta smontati, le singole porzioni di avorio e gli elementi metallici sono stati puliti e consolidati. Poi si è effettuata un’attenta ricerca degli attacchi tra i frammenti già in opera e quelli non assemblati, esclusi dalla ricostruzione precedente. In questa fase è stato possibile ricondurre all’esatta pertinenza e alle giuste connessioni le porzioni, che non sempre erano state collocate correttamente.
L’attento esame dei frammenti ha anche premesso di individuare alcuni elementi relativi all’originario sistema di montaggio (piccoli fori con tracce di chiodi, tasselli di avorio, ecc.). Le indagini radiografiche hanno dato un ulteriore contributo allo studio del sistema di assemblaggio delle parti di avorio per mezzo di elementi metallici. Per quanto riguarda la giunzione tra le coppie di gambe, una boccola in ferro alloggia i due perni in bronzo con una estremità decorata in argento, permettendo così allo sgabello di richiudersi con naturalezza e senza attrito.
Un’altra interessante novità riguarda proprio l’avorio che costituisce la quasi totalità del mobile. Le analisi effettuate dall’archeozoologo Fabio Fiori di ArcheoLaBio – Centro di ricerche di bioarcheologia dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna hanno permesso di ricondurre con certezza l’avorio ad un proboscidato, escludendo quindi l’utilizzo dell’avorio di altre specie animali, quali l’ippopotamo, il tricheco e alcuni cetacei.
Inoltre, contrariamente a quanto presupposto in passato, si è confermato che non si tratta di zanne intere ma di porzioni di esse e, anche se lo stato precario di conservazione non consente una lettura precisa sul metodo di intaglio, tutti i pezzi potrebbero essere stati realizzati anche da una singola zanna.
Sono attesi nei prossimi giorni i risultati delle analisi di spettrometria LC-MS/MS, una tecnica analitica molto sensibile e precisa che combina cromatografia liquida (LC) e spettrometria di massa tandem (MS/MS). Con questa analisi, condotta dal Laboratorio ArchaeoBiomics dell’Università di Torino, si spera di identificare l'origine dell'avorio, definendo con certezza il proboscidato come elefante africano o asiatico, grazie all’esame dei profili delle proteine specifiche per specie.
L’intervento di restauro è stato, infine, completato dalla progettazione e realizzazione di un nuovo supporto espositivo sul quale sono stati fissati i frammenti. Il supporto in plexiglass presenta una robusta stabilità che permette di movimentare l’oggetto archeologico senza che vibrazioni nocive ne alterino la struttura e l’integrità.
L’esperienza interattiva
Il reperto presentava una fragilità elevata dovuta ad un degrado molto avanzato, che aveva comportato fratturazione, frammentazione e disgregazione di alcune parti, oltre al dislocamento parziale di porzioni e a un generale inaridimento della superficie. Nel corso dei precedenti restauri l’avorio era stato pulito, consolidato e incollato, ma in alcuni punti gli adesivi avevano ceduto, provocando altri distacchi di materiale.
Prima di procedere allo smontaggio dei frammenti dal supporto in plexiglass sono state eseguite la documentazione fotografica e la mappatura descrittiva dei frammenti. Una volta smontati, le singole porzioni di avorio e gli elementi metallici sono stati puliti e consolidati. Poi si è effettuata un’attenta ricerca degli attacchi tra i frammenti già in opera e quelli non assemblati, esclusi dalla ricostruzione precedente. In questa fase è stato possibile ricondurre all’esatta pertinenza e alle giuste connessioni le porzioni, che non sempre erano state collocate correttamente.
L’attento esame dei frammenti ha anche premesso di individuare alcuni elementi relativi all’originario sistema di montaggio (piccoli fori con tracce di chiodi, tasselli di avorio, ecc.). Le indagini radiografiche hanno dato un ulteriore contributo allo studio del sistema di assemblaggio delle parti di avorio per mezzo di elementi metallici. Per quanto riguarda la giunzione tra le coppie di gambe, una boccola in ferro alloggia i due perni in bronzo con una estremità decorata in argento, permettendo così allo sgabello di richiudersi con naturalezza e senza attrito.
Un’altra interessante novità riguarda proprio l’avorio che costituisce la quasi totalità del mobile. Le analisi effettuate dall’archeozoologo Fabio Fiori di ArcheoLaBio – Centro di ricerche di bioarcheologia dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna hanno permesso di ricondurre con certezza l’avorio ad un proboscidato, escludendo quindi l’utilizzo dell’avorio di altre specie animali, quali l’ippopotamo, il tricheco e alcuni cetacei.
Inoltre, contrariamente a quanto presupposto in passato, si è confermato che non si tratta di zanne intere ma di porzioni di esse e, anche se lo stato precario di conservazione non consente una lettura precisa sul metodo di intaglio, tutti i pezzi potrebbero essere stati realizzati anche da una singola zanna.
Sono attesi nei prossimi giorni i risultati delle analisi di spettrometria LC-MS/MS, una tecnica analitica molto sensibile e precisa che combina cromatografia liquida (LC) e spettrometria di massa tandem (MS/MS). Con questa analisi, condotta dal Laboratorio ArchaeoBiomics dell’Università di Torino, si spera di identificare l'origine dell'avorio, definendo con certezza il proboscidato come elefante africano o asiatico, grazie all’esame dei profili delle proteine specifiche per specie.
L’intervento di restauro è stato, infine, completato dalla progettazione e realizzazione di un nuovo supporto espositivo sul quale sono stati fissati i frammenti. Il supporto in plexiglass presenta una robusta stabilità che permette di movimentare l’oggetto archeologico senza che vibrazioni nocive ne alterino la struttura e l’integrità.
L’esperienza interattiva
Il progetto «Nelle terre dei Rasna» si è posto anche l’obiettivo di rendere l’esperienza di visita e la fruizione museale inclusiva, accessibile e interattiva. Proprio per questo si è scelto di creare una narrazione completa, offrendo al pubblico un’esperienza interattiva che narra non solo il restauro dello sgabello, ma anche il contesto storico e culturale da cui proviene.
La ditta Genera ha realizzato un applicativo digitale composto da tre moduli tematici, liberamente fruibile attraverso un’apposita postazione con touch screen installata al lato della vetrina che custodisce il corredo della tomba 173 nota come «tomba dello Sgabello».
Il primo modulo tematico permette ai visitatori del Museo civico archeologico di ripercorrere le fasi fondamentali del restauro, attraverso un video-racconto realizzato sia in lingua italiana che in lingua inglese con un filmato, appositamente progettato nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone ipoudenti o non udenti.
Il secondo modulo consente al pubblico di entrare virtualmente all’interno della tomba etrusca, di acquisire informazioni dettagliate sui singoli oggetti e di ricollocarli nella loro posizione originaria, grazie ad una esperienza digitale interattiva ideata e sviluppata secondo i principi del gaming e dell’edutainment. Tutti i reperti sono stati accuratamente digitalizzati in versione tridimensionale grazie all’utilizzo di scanner professionali a luce strutturata: i modelli ottenuti non assolvono solo alla funzione educativa ma sono di grande importanza anche per la tutela e conservazione dei beni stessi.
Infine, il terzo modulo tematico contiene i reperti del corredo nella versione 3D, per consentire agli utenti di interagire con essi ruotandoli a 360° così da apprezzarne meglio dettagli e caratteristiche.
La ditta Genera ha realizzato un applicativo digitale composto da tre moduli tematici, liberamente fruibile attraverso un’apposita postazione con touch screen installata al lato della vetrina che custodisce il corredo della tomba 173 nota come «tomba dello Sgabello».
Il primo modulo tematico permette ai visitatori del Museo civico archeologico di ripercorrere le fasi fondamentali del restauro, attraverso un video-racconto realizzato sia in lingua italiana che in lingua inglese con un filmato, appositamente progettato nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone ipoudenti o non udenti.
Il secondo modulo consente al pubblico di entrare virtualmente all’interno della tomba etrusca, di acquisire informazioni dettagliate sui singoli oggetti e di ricollocarli nella loro posizione originaria, grazie ad una esperienza digitale interattiva ideata e sviluppata secondo i principi del gaming e dell’edutainment. Tutti i reperti sono stati accuratamente digitalizzati in versione tridimensionale grazie all’utilizzo di scanner professionali a luce strutturata: i modelli ottenuti non assolvono solo alla funzione educativa ma sono di grande importanza anche per la tutela e conservazione dei beni stessi.
Infine, il terzo modulo tematico contiene i reperti del corredo nella versione 3D, per consentire agli utenti di interagire con essi ruotandoli a 360° così da apprezzarne meglio dettagli e caratteristiche.
Didascalie delle immagini
1. e 2. Sgabello pieghevole (dopo il restauro). Provenienza: Bologna, Necropoli dei Giardini Margherita, tomba 173 nota come “tomba dello Sgabello”
Datazione: fine del VI sec.
Materiale: avorio
Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 17274
Courtesy Kriterion, Bologna; 3. e 4. Vetrina con il corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello”
Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X
; 5. e 6. Postazione multimediale sul corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello”
Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X
Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio 2 - 40124 Bologna. Orari di apertura estivi [dal 9 giugno 2025]: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Orari di apertura invernali [dal 4 novembre 2024 all’8 giugno 2025]: Lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì 9.00 - 18.00; sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Informazioni: tel. +39 051 2757211 o mca@comune.bologna.it. Sito web: https://www.museibologna.it/archeologico