È senz’altro uno tra gli eventi più interessanti che la città di Bologna propone nei giorni di Arte Fiera la mostra «Cartoni. Disegni smisurati del ‘900 italiano», ideata da Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli per lo Spazio Sympò, nell’ex Chiesa di Santa Maria del Buon Pastore. L’esposizione, allestita dal 25 al 31 gennaio, inanella ben venti cartoni di maestri come Adolfo De Carolis, Mario Sironi, Duilio Cambellotti, Giulio Bargellini, Achille Funi, Gino Severini, Galileo Chini, Publio Morbiducci, Achille Capizzano e Ottone Rosai.
Il cartone, com’è noto, è un disegno grande quanto l’opera o la parte di opera che l’artista intende realizzare. Debba essere questa un quadro, un affresco, una vetrata, un mosaico o un arazzo, il cartone è una realizzazione necessaria affinché l’opera sia portata a termine dall’artista stesso o dalle maestranze specializzate che devono materialmente compierla. E poiché questi cartoni spesso si riferiscono a realizzazioni di grandi e grandissime dimensioni, richiedono uno spazio espositivo altrettanto ragguardevole.
Ad essere qui svelata è la preziosissima raccolta, vera e propria collezione da grande museo, che la galleria del Laocoonte di Roma ha riunito, ricercando queste opere o sul mercato dell’arte o dagli eredi degli artisti. Per costituire una sorta di pinacoteca di disegni smisurati che evidenzi l’alto livello dell’esercizio del disegnare nella prima metà del secolo scorso.
Si va dal dannunziano Adolfo De Carolis, di cui si espone il grande foglio preparatorio del dipinto «Primavera» (1903), a una monumentale figura di Mario Sironi che pare scolpita nella roccia a colpi di grafite. Del poliedrico Duilio Cambellotti è esposto il cartone per il rosone realizzato in vetri colorati per la Cattedrale di Teramo, oltre a due disegni preparatori per i manifesti del film «Fabiola», peplum cristiano che fu uno dei primi kolossal italiani del immediato dopoguerra.
Due maestosi cartoni per gli affreschi dello scalone del palazzo dell’Ina a Roma – ora proprietà dell’Ambasciata americana – sono opera del quasi dimenticato Giulio Bargellini (Firenze, 1875- Roma, 1936), frescante instancabile di terme, banche e ministeri dove andò traducendo in italiano le archeologie viventi di Alma Tadema e le bellezze femminili che Klimt aveva trasformato in sontuose carte da parati.
Grande protagonista della rassegna bolognese, della quale rimarrà documentazione in un catalogo delle Edizioni De Luca, è Achille Funi (Ferrara, 1890 – Appiano Gentile, Como, 1972) non solo un formidabile frescante, ma anche un restauratore in chiave moderna dell’arte di Giotto e Piero della Francesca, rivisitata con l’intento di ridar vita nell’Italia contemporanea alla storia antica, al Medioevo e al Rinascimento, raccontandola ai contemporanei come una favola mitologica. L’artista è in mostra con due schiere di soldati romani disegnati per il «Martirio di S.Giorgio» dell’omonima chiesa milanese, le figure di Didone e della sorella Anna per la sala dell’«Eneide», affresco effimero eseguito per la Triennale di Monza del 1930, una «Zuffa di Cavalieri» per la Sala consiliare del Municipio di Bergamo e la «Vergine annunciata», cartone colorato a pastello per la pittura della chiesa di San Francesco a Tripoli.
Di Gino Severini è una «Madonna con Bambino» per la Cattedrale di Losanna; di Galileo Chini una delle virtù, che ornavano il Padiglione delle Esposizioni della Biennale di Venezia. Il cartone di carta lucida, perforato per il trasferimento a spolvero, ha assunto con il tempo l’aspetto di un’antica pergamena, mentre la figura, i cui contorni sono definiti dalla polvere di carboncino rimasta nei fori, ha l’aspetto di un apparizione irreale.
Publio Morbiducci (1889-1963), l’autore del «Monumento al Bersagliere a Porta Pia», firma in mostra una serie di disegni con trionfi di spoglie militari in cui le armi dell’antichità classica sono commiste con quelle moderne dell’ultima guerra. Del calabrese Achille Capizzano, al quale si devono alcuni mosaici del Foro italico, sono presentate due scene dalla «Divina Commedia» ispirate ad antiche xilografie.
Infine di Ottone Rosai è un «Giovinetto crocifisso» sospeso quasi a grandezza naturale su un vasto foglio, in cui il rovello del disegno per rendere l’anatomia del corpo si traduce in un’apparenza espressionista di grande pathos, in cui l’immagine sacra è anche sacra rappresentazione della propria tormentata omosessualità.
«Non deve stupire – afferma Marco Fabio Apolloni - che nel Novecento italiano sopravvivano questi grandi fogli su cui l’ispirazione dell’artista, già spesa in studi, schizzi, modelli e bozzetti, ha saputo trovare finalmente la vera misura e le linee definitive della forma del proprio lavoro. […] Il cartone è l’ultimo luogo delle incertezze, dei ripensamenti, dei cambiamenti improvvisi in corso d’opera. Sono le cancellature, le correzioni, ciò che rendono il cartone una sorta di sindone di carta di tutta la passione e le sofferenze di un artista nel corso della creazione del proprio capolavoro. È questa qualità del cartone in cui l’opera d’arte e il documento di lavoro si confondono che costituiscono la sua maggiore attrattiva. Se imperturbabile nella sua durevolezza è il buon fresco, brillante il mosaico, splendente la vetrata, il cartone invece non mostra solo gli accidenti occorsi durante la lavorazione, ma il tempo anche lo rende fragile come un antico documento autografo. Da qui la sua preziosità, la reverenza con cui esso va trattato e mostrato».
Informazioni utili
«Cartoni. Disegni smisurati del ‘900 italiano». Sympò (ex Chiesa di Santa Maria del Buon Pastore), via delle Lame, 83. Bologna. Orari: ore 10.00 – 19.00. Ingresso gratuito. Informazioni: Galleria del Laocoonte di Roma tel. 06.68308994 e laocoontegallery@libero.it. Dal 25 al 31 gennaio 2017.
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