Definitivamente superato un vecchio topos che li considerava invasori rozzi e sanguinari - Alessandro Manzoni, nella tragedia «Adelchi» (1822), li definì, per esempio, «rea progenie» e scrisse che per loro «fu gloria il non aver pietà» -, oggi sappiamo di essere debitori nei confronti di questi guerrieri di stirpe germanica per alcune parole della nostra lingua e per parte del nostro patrimonio storico, artistico e architettonico, quello realizzato fra il VI e l’VIII secolo, sintesi esemplare tra tradizione romana, spiritualità cristiana, influenze bizantine e valori mutuati dal mondo germanico. La recente storiografia ha, infatti, messo fine a quei concetti di «decadenza» e «barbarie» che venivano generalmente associati all’età che va dalla caduta dell’Impero romano alla nascita di quello carolingio affermando invece l’idea di un continuum del processo storico caratterizzato dalla positiva compenetrazione di civiltà diverse.
Da dieci anni, dal 25 giugno 2011, la cultura della gens dalle lunghe barbe - per usare un’espressione del monaco Paolo Diacono, autore dell’«Historia Longobardorum» (789 d.C.) – viene, inoltre, celebrata anche dall’Unesco che ha inserito il sito seriale «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)» nella sua World Heritage List. Fanno parte di questa rete l’area della Gastaldaga e il complesso episcopale a Cividale del Friuli (Udine), l’area monumentale con il Monastero di San Salvatore e Santa Giulia a Brescia, il Castrum con la Torre di Torba e la chiesa di Santa Maria Foris Portas a Torba e a Castelseprio (Varese), la Basilica di San Salvatore a Spoleto (Perugia), il Tempietto del Clitunno a Campello sul Clitunno (Perugia), il Complesso di Santa Sofia a Benevento e il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo (Foggia).
In occasione del decimo anniversario del prestigioso riconoscimento di Unesco, l’Umbria diventa una vetrina privilegiata per chi volesse avvicinarsi alla conoscenza della civiltà longobarda con due esposizioni, entrambe curate dall’associazione Italia Langobardorum. A Campello sul Clitunno, nelle sale di Palazzo Casagrande, è stata allestita la mostra «Trame longobarde. Tra architettura e tessuti», uno straordinario lavoro di ricostruzione, sulla base di dati archeologici e di fonti letterarie come il testo di Paolo Diacono, della vita quotidiana di questo popolo, che ha lasciato tracce del suo passaggio anche a Pavia (capitale del regno dai tempi di Alboino) e a Monza (dove è custodita la corona ferrea). Mentre a Spoleto, nelle sale della Rocca Albornoz, è ospitata la mostra «Toccar con mano i Longobardi», realizzata in collaborazione con il Museo tattile statale Omero di Ancona.
La prima rassegna, aperta fino al 20 febbraio, è curata da Glenda Giampaoli e Giorgio Flamini, con il confronto scientifico di Donatella Scortecci, ed è inserita nel progetto «Musei che hanno la stoffa» della Regione Umbria.
L’allestimento propone un’accurata lettura delle tecniche antiche di tessitura attraverso una ricostruzione di stoffe, abiti e telai verosimilmente in uso tra VI e VIII se-colo d. C., che ha visto all’opera i detenuti del corso di tessitura, presente nella Casa di reclusione di Spoleto.
«Tutti i vestiti esposti - raccontano gli organizzatori - sono stati realizzati per metà con tessuti fatti rigorosamente a mano su telai orizzontali a licci riproducendo esattamente il numero dei fili di ordito e trama nonché lo spessore degli stessi fili e le torsioni. L’altra metà degli abiti è stata, invece, realizzata impiegando una tela di cotone industria-le proprio per sottolineare che il modello dell’abito riproposto è il frutto di contaminazioni scientifiche e di elaborazioni dei curatori».
La mostra «Toccar con mano i Longobardi», visibile fino al 6 marzo, propone, invece, un percorso tattile tra i beni longobardi di Unesco riprodotti in sette modellini tridimensionali, ma anche in altrettanti modellini relativi alle aree in cui sono situati i monumenti, per permettere l'esplorazione dei loro contesti di provenienza.
A rendere il percorso ancor più accessibile sono le audio descrizioni (in italiano e inglese), registrate dagli attori della Compagnia #SIneNOmine della Casa di reclusione di Maiano a Spoleto, da ascoltare tramite Nfc e Qr code, nonché un catalogo in Braille e uno in large print in libera consultazione, infine, per consentire una fruizione dei modelli inclusiva, sono stati realizzati dei video con la tecnica del compositing nella Lis - Lingua dei segni italiana, insieme ad immagini e animazioni, sottotitoli e audio.
Le due mostre sono anche l’occasione giusta per visitare i due beni longobardi dell’Unesco presenti in Umbria. A Spoleto c’è la Basilica di San Salvatore, un edificio eccezionale per il linguaggio romano classico con cui è stata concepito che conserva la ricca trabeazione con fregio dorico, impostata su colonne doriche nella navata e corinzie nel presbiterio. A Campello sul Clitunno troviamo, invece, invece il Tempietto del Clitunno, un piccolo sacello in forma di tempio corinzio tetrastilo in antis con due portici laterali. La progettualità e la pe-rizia nell’impiego degli spolia antichi accomunano il Tempietto, al San Salvatore di Spoleto. All’interno si conservano dipinti murali di notevole qualità.
Didascalie delle immagini
1. Tempietto del Clitunno a Campello sul Clitunno (Perugia); 2. Basilica di San Salvatore a Spoleto (Perugia); 3. Complesso episcopale a Cividale del Friuli (Udine); 4. Complesso di Santa Sofia a Benevento; 5. Torre di Torba a Torba (Varese)
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