Diego Velázquez (1599-1660), Donna in cucina con cena in Emmaus, c.1617-1618. © National Gallery of Ireland |
Il prezioso focus di ricerca rivela prospettive inedite di critica e approfondimento, collocando la mostra in quel filone dedicato allo sguardo degli artisti stranieri sulla Città Eterna a cui il museo dedica da tempo una parte consistente della sua attività di studio.
Diego Velázquez visitò Roma ben due volte nel corso della vita e come Rubens, che incontrò a Madrid nel 1629, ebbe un rapporto privilegiato con l’Urbe, cosa che lo inserisce di fatto in quella schiera di artisti stranieri che dalla città e dai suoi maestri trassero insegnamento e ispirazione.
La pittura di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610) fu rivoluzionaria per le sorti artistiche di tutto il Seicento. Fin dalle prime tele svelate al pubblico nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma nel 1600, il «rumore» (come scrisse Baglione) attorno alla sua opera fu eclatante, spingendo numerosi artisti a imitarne lo stile e copiare i suoi dipinti. Nacque così il fenomeno del caravaggismo, che nel giro di pochi anni divenne di portata europea, e i cui esiti più alti fiorirono spesso lontano dall’Italia, grazie a pittori fiamminghi, olandesi, francesi e spagnoli.
Questi artisti stranieri giungevano a Roma e in altre città italiane per vedere e imparare l’arte italiana, e anche la pittura di Caravaggio, esercitandosi nella riproduzione dei loro capolavori, in un viaggio di formazione che anticipava di un secolo il Grand Tour.
A Siviglia, nella calda e assolata Andalusia, si accese forse la luce più brillante di questa corrente artistica, con l’opera di Diego Velázquez (1599-1660), il cui legame a distanza con Caravaggio è di grande fascino e intensità.
Questi artisti stranieri giungevano a Roma e in altre città italiane per vedere e imparare l’arte italiana, e anche la pittura di Caravaggio, esercitandosi nella riproduzione dei loro capolavori, in un viaggio di formazione che anticipava di un secolo il Grand Tour.
A Siviglia, nella calda e assolata Andalusia, si accese forse la luce più brillante di questa corrente artistica, con l’opera di Diego Velázquez (1599-1660), il cui legame a distanza con Caravaggio è di grande fascino e intensità.
La «Donna in cucina con Cena in Emmaus» è tra le prime opere del pittore spagnolo, dipinta intorno al 1618-1620 quando era da poco uscito dalla bottega di Francisco Pacheco, pittore sivigliano di cui sposò la figlia Juana nel 1618.
Il dipinto rientra nel genere dei bodegón, filone di pittura spagnolo che ritraeva persone delle condizioni sociali più umili, in cucina o vicino a cibi e oggetti poveri.
Protagonista del dipinto è una giovane domestica affaccendata in cucina, che sembra aver appena finito di mettere in ordine dopo una cena, come dimostrano la brocca e le ciotole rovesciate a scolare e il panno bianco in primo piano. La natura morta degli oggetti è dipinta con grande realismo e vividezza, la luce rifulge nella pentola di rame e nel mortaio, accarezza la cesta di paglia appesa al muro e accende le brocche di ceramica che fanno pensare già alle opere di Giorgio Morandi. Sullo sfondo a sinistra, come fosse un quadro nel quadro, vediamo da una finestra una scena con l’episodio evangelico della Cena in Emmaus, che era stato celato da ridipinture ed è riemerso grazie a un restauro nel 1933.
Si tratta del momento in cui due discepoli riconoscono il Cristo risorto che si era presentato loro come un mendicante, nell’istante esatto in cui spezza il pane e lo benedice. La giovane domestica è immobile e trasognata, sembra aver percepito la sacralità dell’avvenimento, come se stesse ascoltando le parole pronunciate alla mensa sullo sfondo.
Protagonista del dipinto è una giovane domestica affaccendata in cucina, che sembra aver appena finito di mettere in ordine dopo una cena, come dimostrano la brocca e le ciotole rovesciate a scolare e il panno bianco in primo piano. La natura morta degli oggetti è dipinta con grande realismo e vividezza, la luce rifulge nella pentola di rame e nel mortaio, accarezza la cesta di paglia appesa al muro e accende le brocche di ceramica che fanno pensare già alle opere di Giorgio Morandi. Sullo sfondo a sinistra, come fosse un quadro nel quadro, vediamo da una finestra una scena con l’episodio evangelico della Cena in Emmaus, che era stato celato da ridipinture ed è riemerso grazie a un restauro nel 1933.
Si tratta del momento in cui due discepoli riconoscono il Cristo risorto che si era presentato loro come un mendicante, nell’istante esatto in cui spezza il pane e lo benedice. La giovane domestica è immobile e trasognata, sembra aver percepito la sacralità dell’avvenimento, come se stesse ascoltando le parole pronunciate alla mensa sullo sfondo.
Quest’opera è stata messa in relazione a un passo di santa Teresa d’Avila, la mistica spagnola del Cinquecento, che avrebbe detto alle sue sorelle monache: «Figlie mie non sconfortatevi se l’obbedienza vi porta a occuparvi di cose esteriori, sappiate che anche in cucina si trova il Signore, e tra le pentole vi aiuta nelle cose interiori e in quelle esteriori».
Così quella che potrebbe apparire come una consueta e semplice «scena di genere» assume significati più alti e spirituali, proprio come le opere giovanili di Caravaggio, come «Autoritratto in veste di Bacco», tra le prime opere note del Merisi, custodito fin dal Seicento nella Galleria Borghese. Nel rigoglioso grappolo poggiato sul piano e in quello tenuto in mano in cui si intravedono degli acini appassiti, nella foglia riarsa come in quella verde del serto, si sono visti significati allegorici e morali. Anche il dipinto spagnolo con la giovane e pudica domestica mostra una straordinaria natura morta ed entrambe, benché quella caravaggesca sia biologica («umile dramma biologico», secondo Longhi) e l’altra inanimata, sono fortemente drammatiche.
Velázquez soggiornò in Italia ben due volte, la prima nel 1629, per circa un anno e mezzo, e la seconda dal 1649 al 1651. Entrambi i viaggi furono di enorme importanza per la sua pittura, che fu nutrita dai grandi maestri veneti, lombardi ed emiliani. Come solo Raffaello prima di lui, il grande pittore spagnolo fu in grado di assimilare ogni cosa vista, di farla propria e reinterpretarla in una maniera unica. Tiziano, i Carracci, Caravaggio, Guido Reni e persino Bernini rivivono nei ritratti e nelle grandi tele storiche e mitologiche di Velázquez, che tiene assieme classicismo e naturalismo. Bisogna osservare però come la «Donna in cucina con Cena in Emmaus» sia stata eseguita oltre un decennio prima del suo soggiorno italiano, ed è, quindi, lecito domandarsi come gli sia giunta questa forte eco caravaggesca. Si può facilmente immaginare che le opere del Caravaggio fossero arrivate in Spagna per mezzo di alcune copie, che circolavano allora in grandi quantità, e che egli possa aver visto una replica della «Cena in Emmaus» a lungo conservata nella Galleria Borghese e oggi alla National Gallery di Londra.
È ad ogni modo certo che fin da subito i suoi esordi pittorici furono sotto il segno di Caravaggio, entrambi cercarono la verità nei bassifondi delle rispettive città, nelle strade, nelle taverne e nelle locande, collocando il sacro all’interno di ambientazioni umili e quotidiane.
Didascalie delle immagini
[Figg. 2, 3, 4 e 5] Un Velazquez in Galleria. Installation view. Ph A. Novelli. Credit: Galleria Borghese, Roma
Informazioni utili
Un Velazquez in Galleria. Galleria Borghese, Piazzale Scipione Borghese, 5 - Roma. Orari: dal martedì alla domenica, dalle 9.00 alle 19.00. Ultimo ingresso alle ore 17.45Ingresso: € 13,00* (ultimo turno € 8,00*) | *in Occasione della mostra Raffaello, Tiziano, Rubens. Capolavori dalla Galleria Borghese a Palazzo Barberini i biglietti subiscono una riduzione di € 2,00; ridotto 18-25 anni € 2,00; gratuito per i minori di 18 anni | prenotazione obbligatoria per tutte le tipologie di biglietto € 2,00. Sito internet: https://galleriaborghese.beniculturali.it. Fino al 23 giugno 2024
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