ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 19 gennaio 2021

Pompei, la «città viva» si svela in sei podcast gratuiti

«La città più antica del mondo vive nel presente e parla al futuro». Con queste parole Piano P, piattaforma italiana di podcast giornalistici, ha lanciato la prima puntata del progetto «Pompei. La città viva», sei episodi condotti da Carlo Annese, e realizzati con la collaborazione della casa editrice Electa, che raccontano la storia e l'evoluzione di una delle più grandi ricchezze del patrimonio culturale italiano. La scrittrice Valeria Parrella, il regista Pappi Corsicato, la giornalista Danda Santini, i professori Cesare De Seta e Anna Ottani Cavina, lo scrittore Maurizio De Giovanni, il giornalista Andrea Marcolongo e Luigi Farrauto, autore delle guide «Lonely Planet», sono alcuni dei ventisei intellettuali tra accademici, archeologi, artisti e scrittori che, insieme al direttore Massimo Osanna, contribuiranno a ricostruire la vita quotidiana, le arti e i costumi della città antica, mettendoli in relazione con i nostri tempi.
Dal cibo all'erotismo, dall'architettura delle domus ai giardini, sono svariati i temi trattati dai podcast ideati in occasione dell’apertura dell’Antiquarium, grazie ai quali sarà possibile ripercorrere l’intera vicenda di Pompei, dalla tragica eruzione del Vesuvio che nel 79 dopo Cristo fece scomparire una città intera sotto una coltre di cenere e lapilli alla scoperta casuale che diede inizio agli scavi nel 1748, fino all'ultimo straordinario rilancio del parco archeologico, definito dal ministro Dario Franceschini «il simbolo di una storia di riscatto».
Gli episodi - diffusi a cadenza settimanale su Spotify, Spreaker, Apple Podcast e su tutte le principali App gratuite per l’ascolto - hanno preso il via lo scorso venerdì 8 gennaio con il racconto di come il Parco archeologico di Pompei sia diventato negli ultimi anni, a partire dalla riqualificazione del 2014, dopo decenni di incuria e cattiva gestione, una delle mete più richieste del turismo mondiale.
Oggi la realtà archeologica campana è, infatti, un vero e proprio brand internazionale, che nel 2019 ha attirato l’attenzione di oltre quattro milioni di visitatori, ma è anche un luogo che non smette mai di rivelare nuove e sorprendenti testimonianze del passato, ultima delle quali il Thermopolim, un’antica bottega di street food in cui tutto è rimasto fermo al giorno dell’eruzione, fissato dalle ceneri che ne hanno mantenuto i colori e conservato i resti. 
Gli archeologi hanno rinvenuto, nello specifico, un bancone ad elle, decorato con vivaci immagini policrome perfettamente conservate, che raffigurano una ninfa marina a cavallo e alcuni animali, ovvero una coppia di oche germane e un gallo con un cane al guinzaglio. All’interno del locale sono stati rinvenuti anche i resti di pietanze e bevande prelibate vendute in strada: carne, pesce e lumache accompagnati da vino corretto con fave. 
Proprio allo street food è dedicato il secondo podcast di Piano P, che è stato diffuso nei giorni scorsi. Seguendo idealmente due uomini nel loro ultimo giorno, prima dell'eruzione del Vesuvio, gli ascoltatori potranno passeggiare tra le strade traboccanti di vita e scopriranno la Pompei delle botteghe e la Pompei città d'arte, le taverne e le domus affrescati, quegli edifici ancora intatti che all'inizio del '900 offrirono a Le Corbusier le basi per la sua idea di architettura.
Il terzo episodio, intitolato «Cinquantamila volte Hiroshima», analizzerà gli innumerevoli punti di contatto tra ieri e oggi, a cominciare dal rischio che corrono i 700.000 abitanti dei sette Comuni dell'area vesuviana che vivono all’ombra del vulcano. 
La tragica eruzione che in meno di venti ore, il 24 ottobre dell'anno 79, proiettò in aria dieci miliardi di tonnellate di magma, vapori e gas, seppellendo la città, ha influenzato la scienza, da Plinio il Giovane alla vulcanologia moderna, e ha dato origine a una filosofia del disastro che ha avuto in Rousseau e negli Illuministi i principali interpreti. Di questi argomenti si parlerà, tra gli altri, con la giornalista Maria Pace Ottieri, Francesca Bianco, direttore dell'Osservatorio vesuviano di vulcanologia di Napoli, e Andrea Tagliapietra, docente di Storia della filosofia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Il quarto episodio analizzerà «I volti della ricerca», uomini e donne che hanno restituito Pompei alla vita: da Giuseppe Fiorelli, l'inventore della celebre tecnica dei calchi, a Vittorio Spinazzola, che ebbe l'intuizione del museo diffuso, da Amedeo Maiuri, il «principe degli archeologi» (secondo la definizione di Guido Piovene), ad Annamaria Ciarallo, che ha ricostruito la flora del tempo, fino a Massimo Osanna, che ha traghettato il Parco archeologico in una nuova dimensione.
Seguirà, quindi, un podcast su uno degli ultimi ritrovamenti di Pompei: un piccolo, splendido affresco, sulla parete di una ricca domus, che ritrae Leda sedotta da Zeus. Per poterla avvicinare, il dio ha assunto l’aspetto di un cigno e si protende verso di lei quasi a chiederle un bacio. A partire da quest’opera Ria Berg, Pappi Corsicato, Valeria Parrella e Danda Santini parleranno di Pompei città del piacere, dove la vanità veniva alimentata da gioielli, profumi e unguenti. Fra verità e leggenda, si entrerà nei luoghi che da sempre colpiscono l'immaginario popolare e degli studiosi: il lupanare, le terme pubbliche, ma anche gli spazi privati dove si svolgeva la prostituzione.
Mentre nell’ultimo episodio, insieme a Cesare De Seta e Anna Ottani Cavina, si analizzerà l'influenza che Pompei ha esercitato sulla cultura degli ultimi tre secoli, dal pensiero illuminista sulla catastrofe alla fascinazione dei viaggiatori romantici del Grand Tour fino ai best-seller sugli ultimi giorni prima della tragedia. Da Edward Bulwer-Lytton a Robert Harris, da Giovanni Pacini a Sergio Leone, letteratura, musica e cinema hanno visto Pompei come un generatore inesauribile di storie, che parla non solo del passato, ma anche dell’oggi dell’area vesuviana. 
«Le rovine di Pompei ci dicono che siamo sostanzialmente gli stessi - racconta, a tal proposito, il popolare scrittore napoletano Maurizio De Giovanni-. Quella città, con i suoi mercati e le sue case, con la sua divisione tra una borghesia commerciale e i suburbi popolari, ricalca nella stessa identica maniera quella che sarebbe oggi la città, se la si fotografasse in una situazione simile. E speriamo non avvenga mai».

Per saperne di più
http://pompeiisites.org/comunicati/pompei-la-citta-viva-episodio-1-il-primo-podcast-dedicato-al-parco-archeologico-di-pompei/

lunedì 18 gennaio 2021

Covid-19, in zona gialla riaprono i musei. Al Mart di Rovereto inaugura la mostra su Giovanni Boldini

Basilicata
, Campania, Toscana, Molise, Provincia autonoma di Trento e Sardegna: sono queste le sei aree geografiche, inserite nella fascia gialla, che, in base all’ultimo Dpcm, quello firmato il 14 gennaio 2021, potranno riaprire per prime mostre e musei.
Ingressi contingentati con prenotazione obbligatoria, mascherina, distanziamento sociale e apertura nei soli giorni feriali, dal lunedì al venerdì, sono le regole fissate per questa timida ripartenza dei luoghi della cultura, che vede ancora chiusi su tutto il territorio nazionale teatri e cinema.
Tra i primi musei ai nastri di partenza, dopo oltre due mesi di serrata, a causa delle restrizioni per contrastare il diffondere del Coronavirus, c’è il Mart di Trento e Rovereto, dove sabato 16 gennaio è stata presentata, in presenza e on-line, la mostra «Giovanni Boldini. Il piacere», a cura di Beatrice Avanzi e Tiziano Panconi.
Pandemia permettendo, dopo la tappa italiana, l’esposizione volerà in primavera al Petit Palais di Parigi, consentendo anche al pubblico d’Oltralpe di rivivere la storia artistica del pittore emiliano, ma anche di ricostruire i suoi rapporti con il poeta Gabriele d’Annunzio e con la «divina marchesa» Luisa Casati, nobildonna colta e trasgressiva, interprete per antonomasia dell’eccentricità del periodo a cavallo tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento.
Ideata in occasione del novantesimo anniversario della morte dell’artista, uno tra i più celebri ritrattisti della Belle Époque, la rassegna allinea, in ordine cronologico, oltre centocinquanta opere provenienti da collezioni pubbliche e private, molte delle quali appartenenti al patrimonio del Museo Boldini di Ferrara, chiuso al pubblico dopo il terremoto del 2012.
In questa carrellata di opere, così come nell’intera produzione, l’artista fissa sulle sue tele il fascino senza tempo di una società raffinata ed elegante come fu quella della Parigi fin de siècle con i suoi caffè mondani, gli abiti da capogiro, l’eleganza della borghesia e le donne dalla femminilità «suprema e irresistibile», ma anche «ingenuamente pudica», come scrissero i cronisti dell’epoca. Tra i tanti volti in mostra, si possono riconoscere i celebri ritratti della contessa Gabrielle de Rasty, dell’attrice Alice Regnault, di Emiliana Concha de Ossa, di Madame Veil-Picard, della contessa de Leusse e della principessa Eulalia di Spagna.
«Dal punto di vista pittorico, -raccontano i curatori - l’artista persegue continue innovazioni e repentine trasformazioni: con i suoi vortici di pennellate lunghe e vibranti, le cosiddette sciabolate, ferma sulla tela immagini simili a fotogrammi. Scatti mossi, ripresi in divenire, fissano la dinamicità del passaggio fra un’azione appena compiuta e un’altra appena cominciata».
Per favorire l’immersione del visitatore nelle atmosfere che resero unica la Ville Lumière con il suo culto per il bello e la sua vita vivace tra Montmartre e place Pigalle, il percorso di visita è accompagnato da una sonorizzazione site-specific realizzata per il Mart dal pianista e compositore Cesare Picco e dal violinista Luca Giardini.
Oltre all’omaggio a Giovanni Boldini riaprirà al pubblico anche la mostra «Caravaggio. Il contemporaneo», visitata, pur nei limiti del contingentamento, da più di 12mila persone nel primo mese di apertura.
Ideata da Vittorio Sgarbi, l’esposizione offre ai visitatori l'opportunità di contemplare il «Seppellimento di Santa Lucia», la prima opera siciliana di Michelangelo Merisi, normalmente collocata a Siracusa, nella chiesa di Santa Lucia alla Badia.
Seguendo il filo rosso delle affinità, viene raccontata anche l’attualità spirituale di Caravaggio. Lungo il percorso espositivo si trovano, infatti, una selezione di capolavori di Alberto Burri, il grande dipinto «I naufraghi» (1934) di Cagnaccio di San Pietro, opere dell'artista Nicola Verlato e del fotografo Massimo Siragusa, alcune fotografie sulla vita e la morte di Pier Paolo Pasolini.
La mostra sarà, inoltre, arricchita nei prossimi giorni dall’arrivo di un'importante opera attribuita all’artista: la «Maddalena in estasi».
«Di questo capolavoro – ha raccontato Vittorio Sgarbi in conferenza stampa - esistono diverse copie, al Mart arriverà da Londra quella che a parere mio e di molti importanti studiosi è l'originale, la più bella versione conosciuta e recentemente ritrovata in una collezione privata».
In contemporanea sono visibili due nuovi progetti outdoor, ubicati rispettivamente nella piazza ideata da Mario Botta e nel parcheggio sotterraneo: «Sol Invictus» di Luciano e Ivan Zanoni e «Twingo Monument» di Daniele Nicolosi. Proseguono, inoltre, i focus espositivi dedicati a Nicola Samorì, Luciano Ventrone, Guido Iannuzzi e Velasco Vitali.
Nei prossimi giorni, il Mart aprirà anche le altre sue sedi: martedì 19 toccherà alla Galleria civica di Trento, dove è allestita una mostra sull'architetto trentino Gian Leo Salvotti; da mercoledì 20 saranno, invece, fruibili gli spazi della Casa d'arte futurista Depero e di Palazzo delle Albere, dove si inaugurerà una rassegna dedicata all'artista trentino Umberto Moggioli
Nonostante la gioia per la riapertura, il Mart è consapevole che gran parte del suo pubblico non potrà recarsi a Rovereto e a Trento, visto il divieto di spostarsi tra le regioni, e che la continuità dell’offerta espositiva è legata alla permanenza in zona gialla e al mantenimento dell’indice Rt sotto l’1 (questo, forse, è il vulnus più grande delle modalità di riapertura scelte dal Governo Conte, insieme con l'obbligo di chiusura dei musei nelle giornate di sabato e domenica). 
Proseguiranno, pertanto, le attività digitali. Per la grande mostra dedicata a Giovanni Boldini è già on-line l'audiogiuda gratuita disponibile sulla piattaforma izi.travel o sull'omonima app. Si tratta di un percorso in dieci tappe che ripercorre la vita del celebre ritrattista ferrarese; la narrazione è intervallata da cinque brani musicali composti per altrettante opere dal pianista e compositore Cesare Picco e dal violinista Luca Giardini
Nei prossimi giorni verrà pubblicata anche una speciale video visita guidata condotta da Vittorio Sgarbi, presidente del Mart, e non mancheranno altre sorprese e contenuti culturali.
Da IGTV a Facebook, i follower del Mart potranno, inoltre, approfondire la conoscenza del museo attraverso la tecnologia di Google Art Camera, dialogando con Alexa, l’assistente vocale di Amazon, o esplorando il museo su Messenger e Telegram. Anche Spotify permetterà di conoscere il Mart in un modo inedito e differente, attraverso playlist settimanali.
I biglietti di accesso al museo trentino sono acquistabili on-line sul sito https://biglietti.mioticket.it/, gli ingressi verranno contingentati, il distanziamento fisico garantito e la temperatura misurata. Sicurezza e bellezza si uniscono, dunque, nelle sale del Mart, uno dei primi musei italiani a riaprire i battenti nella giornata di lunedì 18 gennaio insieme ai siti archeologici di Pompei ed Ercolano, alla Reggia di Caserta, alla rete fiorentina dei Musei civici, al Museo e Real Bosco di Capodimonte, al Museo nazionale di Matera, al MACTE – Museo di arte contemporanea di Termoli (che propone un nuovo allestimento della sua collezione permanente) e molti altri spazi. Si spera che queste riaperture siano – per usare le parole del ministro Dario Franceschini- «un primo passo, un piccolo passo» verso la ripartenza dell’intero settore culturale, uno dei più penalizzati dalla pandemia.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giovanni Boldini, Giovane donna in déshabillé (La toilette), 1880 ca.Collezione privata; [fig. 2] Giovanni Boldini, La treccia bionda, 1891 ca.. Galleria d'Arte Moderna, Milano; [Figg. 3, 4 e 5] Allestimento della mostra su Boldini al Mart di Rovereto. Foto di Jacopo Salvi; [fig. 6] Caravaggio (Michelangelo Merisi), Seppellimento di Santa Lucia, 1608 ca.. Fondo Edifici di Culto, Ministero dell'Interno

Informazioni utili

venerdì 15 gennaio 2021

Rimini, un video-percorso virtuale fra duemila anni di arte e storia

Non solo mare e sole, ma anche cultura e storia. Negli ultimi anni Rimini ha scoperto la sua vocazione di città d’arte, assumendo anche il ruolo di ambasciatrice del bello nel mondo come hanno dimostrato i recenti restauri al teatro Amintore Galli e al Palazzi del Podestà e dell’Arengo, all’interno dei quale ha oggi sede il Part, casa della collezione d’arte della Fondazione San Patrignano.
In attesa di poter tornare ad assaporare il piacere del viaggio e della scoperta, appena gli effetti dell’emergenza sanitaria lo consentiranno, l’Amministrazione comunale ha predisposto un video-percorso fra le sue bellezze, che permetterà al pubblico di passeggiare virtualmente fra i mosaici millenari di una Domus romana, fra le antiche sale di una delle più belle biblioteche storiche al mondo, fra le atmosfere felliniane di un antico borgo di pescatori rinato tra colori e murales.
Al momento sono disponibili sei video nei quali archeologi e storici dell’arte, come in una visita guidata a distanza, accompagnano il visitatore alla scoperta di un luogo o di un'opera andando così a comporre una sorta di viaggio a tappe nella storia della città, che spazia dall'archeologia all’arte contemporanea, passando per la Rimini del Rinascimento, intensa stagione caratterizzata dalla signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, che portò alla sua corte pittori, poeti, architetti tra i più importanti del tempo, da Leon Battista Alberti a Piero della Francesca, da Matteo Nuti ad Agostino di Duccio.
Il percorso può partire da una preziosa testimonianza di epoca romana, considerata uno dei più importanti ritrovamenti archeologici nazionali: la Domus del chirurgo, un’abitazione della seconda metà del II secolo dopo Cristo, riemersa nel 1989 dalla terra e dalla storia nel cuore dell'attuale piazza Ferrari, all’interno della quale è stato trovato un ricco corredo di strumenti chirurgici. 
 In un video della durata di circa trenta minuti, la storica dell’arte Monia Magalotto accompagna i visitatori alla scoperta del sito archeologico e dei suoi straordinari mosaici, realizzati prevalentemente con la tecnica dell'opus tessellatum e dell'opus reticulatum, tra i quali si segnalano «Orfeo tra gli animali», ritrovato nella taberna medica, e un pannello di pasta di vetro dove su sfondo blu sono raffigurati tre pesci: un delfino, un'orata e uno sgombro.
Con un salto temporale, la seconda video tappa è dedicata al Trecento riminese e alla sua scuola pittorica, una delle più importanti e innovative nel panorama artistico del tempo. Il giornalista e storico dell’arte Alessandro Giovanardi conduce alla scoperta dell'imponente «Giudizio Universale», affresco di Giovanni da Rimini attualmente ospitato nella Sala dell'Arengo, all’interno del Part - Palazzi dell'arte Rimini, dove mostra al pubblico il suo inconfondibile e affascinante stile giottesco. 
L’opera, di proprietà della Diocesi, ha una storia da romanzo. Con ogni probabilità fu realizzata tra il 1315 e il 1318 per la chiesa di Sant’Agostino, dove rimase visibile fino al 1719, quando in seguito a un restauro fu coperta da una pesante controsoffittatura. Solo nel 1916, a causa del terremoto che sconvolse la città romagnola, riaffiorò sotto gli intonaci settecenteschi della chiesa. Gaetano Nave ne curò il distacco, il restauro, il riposizionamento su tela e la collocazione nella Sala dell’Arengo, dove il dipinto rimase quasi ininterrottamente dal 1926 al 1985, ‘vegliando’ sulle sedute del Consiglio comunale, per poi trovare parziale collocazione, nel 1991, nell’allestimento dell’allora nuovo Museo della Città di Rimini.
Dal Medioevo si fa tappa, quindi, nel Rinascimento con il video della storica dell'arte Michela Cesarini, che parla della «Pala di San Vincenzo Ferrer», capolavoro di Domenico Ghirlandaio, conservato all’interno dei Musei civici. 
I santi Vincenzo Ferrer, Rocco e Sebastiano, realizzati nelle forme classiche tipiche dello stile rinascimentale, sono legati sia al motivo di realizzazione dell’opera, che fu voluta quale ex-voto per lo scampato pericolo della peste, sia all’originaria collocazione del dipinto nella chiesa riminese dei domenicani, ora non più esistente. Realizzata nel 1493, la tela raffigura, oltre ai santi, il committente Pandolfo IV Malatesta, ultimo signore di Rimini, insieme al fratello minore Carlo, alla madre e alla giovane moglie, la bolognese Violante Bentivoglio.
Quarta tappa di questo video-viaggio è l'abitazione di Alessandro Gambalunga, oggi biblioteca pubblica della città. Michela Cesarini presenta l'attività di mecenatismo del ricco signore riminese e il suo lascito più grande alla città: il fondo librario donata nel 1619 alla libera consultazione della cittadinanza, di fatto una delle prime biblioteche pubbliche italiane. Oggi «la Gambalunga», con le sue sale storiche arricchite da eleganti scansie, leggii, mappamondi artistici e la nutrita collezione di antichi manoscritti miniati, è considerata una delle più belle biblioteche storiche al mondo.
Il quinto video è un omaggio a Federico Fellini, uno dei figli più noti di Rimini. Passeggiando fra le stradine colorate dell'antico borgo marinaro di San Giuliano, Monia Magalotti mostra i luoghi cari al regista e fa ascoltare le parole del maestro che, meglio di chiunque altro, ha spiegato la città al mondo.
Per completare questo viaggio fra le strade e la storia della città romagnola, in un percorso attraverso duemila anni d’arte, non si poteva che giungere nel nuovissimo Part, allestito nei palazzi dell'Arengo e del Podestà, meraviglioso scrigno antico del volto moderna. Ilaria Balena presenta l'opera forse più rappresentativa della collezione del nuovo sito museale, la «Madonna bianca» di Vanessa Beecroft. 
Il video-tour è destinato ad arricchirsi nelle prossime settimane con nuove visite guidate virtuali, alle quali sono possibile assistere anche in diretta streaming - tutti i sabato di gennaio, alle ore 18 - sulle pagine social di Rimini Musei. Sabato 16 Michela Cesarini presenterà le opere del Centino e del Guercino, capolavori del 600 presenti al Museo della città. Il 23 gennaio Ilaria Balena illustrerà altre opere del Part - Palazzi d’arte Rimini. La settimana successiva Monia Magalotti ci farà entrare con un virtual tour all’interno del teatro Galli
Rimini incuriosisce così il pubblico dei social e si gioca la carta del Web per dare nuova linfa alla sua promozione turistica in vista dei mesi a venire, quando – si spera – sarà possibile tornare a viaggiare.

Per saperne di più

giovedì 14 gennaio 2021

«Cinema Nervi», cinque opere di video-arte per raccontare l’architettura di Pier Luigi Nervi

Sono tante le mostre rimaste alla fase di progetto per colpa della pandemia. Tra queste c’è l’esposizione internazionale «Pierluigi Nervi. La struttura e la bellezza», che avrebbe dovuto inaugurare lo scorso novembre a Firenze, negli spazi di Manifattura Tabacchi.
In attesa di capire quali spazi culturali potrebbero riaprire il 16 gennaio, la data fissata dal Governo per la ripartenza dei musei nelle zone gialle, l’esposizione dedicata al grande ingegnere novecentesco, che ci ha lasciato architetture come lo Stadio comunale di Firenze o l’Aula Paolo VI in Vaticano, vive on-line.
A partire dal prossimo 19 gennaio prende, infatti, il via «Cinema Nervi», un progetto di video-arte realizzato con Parasite 2.0, collettivo con base a Milano, Londra e Bruxelles, che, nell’ambito del progetto «NAM - Not A Museum», rilegge l’architettura nerviana in chiave contemporanea e interdisciplinare attraverso il digitale e la contaminazione dei linguaggi espressivi.
Parasite 2.0 prende ispirazione da una delle opere più care al maestro lombardo, il cinema-teatro Augusteo di Napoli, coinvolgendo cinque diversi studi di architetti, designer e artisti internazionali per reinterpretare alcune architetture nerviane: il Palazzo del lavoro a Torino, l’Ambasciata italiana a Brasilia, la sede Unesco a Parigi, lo Stadio G. Berta (oggi Artemio Franchi) a Firenze e, ovviamente, la Manifattura Tabacchi.
Attraverso il video e i linguaggi digitali, strumenti inconsueti per la progettazione nel periodo di Pierluigi Nervi, Lucia Tahan (Berlino), Clube (San Paolo), The Pleasure Paradox (Milano, Amsterdam, Amburgo, Rotterdam), Anabel Garcia-Kurland (Londra) e Alessio Grancini (Los Angeles) ipotizzeranno nuovi possibili scenari di integrazione dell’eredità nerviana nel tessuto sociale e culturale delle città attuali.
Il progetto «Cinema Nervi» sarà fruibile on-line ogni martedì, sulla IGTV di NAM - Not a Museum e sul canale YouTube di Manifattura Tabacchi, a partire dall’opera realizzata da Lucia Tahan, che reinterpreta il Palazzo del lavoro di Torino del 1959.
L’artista ha registrato il suo video in un quartiere periferico di Madrid costruito negli anni ’60, tra architetture moderne e case popolari.
Inserendo l’effetto di realtà aumentata che riproduce la struttura modulare iconica del Palazzo del lavoro, la designer mostra il contrasto tra l’eclettica banalità dell’area e la sua geometria.
«Imponente per scala ed espressività strutturale, - racconta, a tal proposito, Lucia Tahan- l’architettura di Nervi mi ha colpito per il suo carattere deciso che lo separa dall’ambiente in cui è stato costruito. La premessa del palazzo è semplice: una ripetizione di un enorme elemento strutturale a cantilever, alto trenta metri, che crea una tettoia circondata da una delicata copertura di vetro. Con il mio lavoro volevo esprimere la natura energetica e indipendente dell’opera strutturale, dislocandola. Ho creato così un effetto di realtà aumentata che permette alle persone di usare il proprio telefono per posizionare la struttura virtuale ovunque siano. La struttura può essere nel loro giardino, nella loro città, o sulla loro scrivania. La natura del virtuale permette una presenza ubiquitaria, una risposta alla promessa modernista di metà secolo riguardo un linguaggio architettonico universale».
L’operazione include, dunque, due livelli successivi e complementari: la creazione e l’applicazione di un effetto Instagram dedicato all’opera di video-arte e l’invito al pubblico a utilizzare e a condividere il filtro in ulteriori e personali creazioni. «L’idea - ha dichiarato ancora Lucia Tahan - richiama il design del palazzo, una ripetizione modulare che trova una controparte anche nel mondo digitale, dove le infinite repliche sono generate e distrutte continuamente a una velocità impressionante».
Rispetto ai soliti effetti di Instagram, la designer ha creato un’opzione di scala, così che gli utenti possano scegliere di posizionare la struttura 1:1, 1:20, 1:50, 1:100. Infatti, se nella realtà aumentata la topologia domina sulla geometria, l’architetto ha voluto riportare le preoccupazioni architettoniche in scala e geometria nel calcolo spaziale. Per provare l’effetto, l’utente potrà cercare «Cinema Nervi» nella sezione Filtri di Instagram o scannerizzare il codice QR dal pannello informativo esposto in mostra, una volta aperta al pubblico. Se l’utente sceglierà di condividerlo taggando @luciatahan, @parasiteparasite, @nam_notamuseum e e @manifatturatabacchifi sarà parte attiva dell’opera grazie al suo contributo.
«Cinema Nervi» proseguirà il 26 gennaio con «A bruta flor do querer», un video-collage di Clube, creato in collaborazione con Martinica Space, che riprende e rimescola Brasilia e le sue contraddizioni, come l’architettura di Nervi nell’Ambasciata italiana, grazie all’uso di metaforiche grafiche sovrapposte.
Il 2 febbraio sarà la volta dello studio The Pleasure Paradox con «Digital Rationalism», opera che indaga l’influenza accelerata del fenomeno digitale sulle implicazioni socio-economiche collegate alla conservazione dei monumenti moderni del XX secolo, a partire dallo stadio Artemio Franchi (ex Berta) di Firenze. 
A seguire, il 9 febbraio, Alessio Grancini proporrà «Indexing the city», una breve sequenza di video-arte, composta da immagini fotografate in tempo reale nell’«Urban Campus» di Manifattura Tabacchi, a partire da due sequenze di esperienze virtuali. «Attraverso l’intelligenza artificiale come narratore che esamina il concetto di IoT, -si legge nella nota stampa- il lavoro riflette sulla forza e l’importanza dei dati come una nuova valuta, linguaggio ed energia che dà potere alle nostre scelte, ai movimenti e alle percezioni». 
Il progetto si chiuderà il 16 febbraio con la proposta di Anabel Garcia-Kurland, che reinterpreterà con una serie di animazioni 3D l’edificio per l’Unesco a forma di Y, precoce esempio dell’espressione estetica di Nervi.
Così la Manifattura Tabacchi tiene i riflettori accesi sulla sua proposta espositiva, in attesa di vedere plastici, copie dei disegni originali, immagini di cantiere e foto di attualità che racconteranno dodici opere iconiche nel percorso di Nervi, il primo progettista ad adottare la prefabbricazione nelle grandi strutture, un precursore del futuro.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3,4,5, 6] Frame del video di Lucia Tahan

mercoledì 13 gennaio 2021

Ancona nella shortlist delle città candidate a Capitale italiana della cultura 2022


Manca poco all’attribuzione del titolo di Capitale italiana della cultura 2022. In lizza sono rimaste dieci città: Ancona, Bari, Cerveteri (Roma), L’Aquila, Pieve di Soligo (Treviso), Procida (Napoli), Taranto, Trapani, Verbania e Volterra (Pisa).
«La cultura tra l'altro»
è il titolo del dossier di candidatura presentato da Ancona, un progetto nato dalla consapevolezza che oggi più che mai l’identità, l’inclusione, l’uguaglianza, la coesione sociale sono temi centrali nel dibattito del pensiero contemporaneo e che le varie arti sono la membrana attraverso cui i cambiamenti possono essere filtrati guadagnando così un senso per migliorare l’individuo e la collettività.
Oltre ottanta le iniziative ideate da enti, associazioni pubbliche e private, istituzioni del territorio, ma anche da artisti e pensatori della cultura nazionale che hanno deciso di scommettere sulla città dorica, che ha nel proprio DNA di città di mare il rapporto con gli altri popoli. Partenza e approdo, scambio e mercato, viaggio ed esplorazione sono parole che hanno da sempre intessuto la storia di Ancona, fondata nel 387 a.C. dai greci di Siracusa e che, nel corso dei secoli, è stata sede di un grande porto romano, rivale di Venezia e Ragusa in Adriatico, Repubblica marinara, assediata, controllata da imperatori, papi, eserciti e mercanti, roccaforte militare dopo il Risorgimento, focolaio anarchico, repubblica indipendente. Ma l’incontro con l’«Altro» è stato anche, più volte, ingovernabile. È il caso dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, del disastroso terremoto del 1972 e della frana del 1982.
Il tema al centro del dossier è declinato in tre grandi sezioni.  «L’altro come incontro» racchiude progetti che mettono al centro la relazione e la scoperta dell’altro nell’esistenza individuale e collettiva: mostre, occasioni sociali, concerti, spettacoli con grande interazione con il pubblico, pensati da grandi personaggi della cultura italiana, tra i quali Marco Baliani, Manuel Agnelli e Mauro Ermanno Giovanardi«L’altro come trauma» riflette, invece, sulle cicatrici, i conflitti, le complessità, le intrusioni che, sempre, derivano dall’incontro con l’altro. Trauma è conflitto, ma anche gestione del conflitto, confronto che permette a una comunità di crescere, nella coscienza della differenza. Tra i pensatori che porteranno i loro contributi, c’è il filosofo Federico Leoni«L’altro come cura» comprende, infine, i progetti animati da un forte spirito sociale, che si impegnano per la riqualificazione di spazi e che cercano di ricucire un tessuto sociale sfibrato, animati da personalità come lo psicoanalista Massimo Recalcati. Prendersi cura – dell’altro, della comunità, della propria città, del pianeta – è ciò che determina una civiltà.
Ancona si immagina Capitale della cultura progettando non solo una città nuova, ma anche un sistema culturale inedito. Questo impianto progettuale si lega al Piano strategico pluriennale, ideato nel 2013 per aiutare la città a uscire dalla crisi e articolato attorno a tre punti focali: Città-mare, che valorizza la sua posizione nell’Adriatico e l’elemento naturale che le è proprio, Città-Mole perché ad Ancona si trova uno dei più affascinanti complessi monumentali del Paese, la Mole Vanvitelliana, e Città-Capoluogo, per rivendicare un ruolo centrale nel territorio.
La crisi del 2020 colpisce, dunque, un’Ancona in trasformazione, impegnata in un cambiamento a livello sociale, economico e urbanistico, che affida alla cultura la costruzione di significati nuovi nel tessuto sociale.
Una Capitale di cultura deve interrogarsi sui tre grandi temi emersi con la pandemia: il ruolo della città oggi, in un’epoca di radicale trasformazione delle relazioni sociali e personali, il ruolo del corpo e dell’incontro tra corpi, e il ruolo della cultura. Per rispondere a questi interrogativi, Ancona ospita già dal 2021 un processo di formazione biennale a Palazzo Camerata, nel cuore del centro storico: enti di formazione, festival, soggetti scientifici e culturali danno vita a un centro estemporaneo di formazione per giovani, con incontri, workshop, percorsi didattici e laboratoriali di filosofia, scienza, tecnologia digitale, scienze sociali, arte, per dare un senso e un’intensità al percorso di candidatura e alle iniziative in programma per il 2022.
Assieme alle persone, anche la città prosegue il suo cammino di preparazione con importanti interventi di rigenerazione urbana. Si sta, per esempio, per concludere il restauro della Mole Vanvitelliana, con l’apertura di una nuova ala di 6.000 mq, che porta il complesso monumentale a raggiungere i 22.000 mq totali.
Anche lo spazio esterno della settecentesca Mole si trasforma, per l’anno della cultura: i vecchi binari in disuso saranno coperti dal prato e da allestimenti e il mare e le barche ormeggiate nello specchio d’acqua che circonda il monumento diverranno scene per attività ed eventi e per la comunità. Si riallaccia così il legame tra Ancona e il Porto antico, che diventerà la grande arena per spettacoli all’aperto. La linea della costa torna ad essere unita, in un paesaggio che parla di arte, di archeologia, di lavoro, di scambio e confine: una realtà unica, pedonale e ciclabile, collegata attraverso mezzi pubblici sostenibili, protesa nel mare eppure allacciata senza soluzione di continuità al centro cittadino.
Accanto a questo grande centro di cultura lungo il mare, si lavora in parallelo per rivitalizzare, attraverso la cultura, le periferie: le istituzioni, i festival, le associazioni e i grandi progetti urbanistici ricostruiscono le identità e gli spazi di incontro, riconnettendo le periferie al centro città.
Il progetto di Ancona si estende, poi, oltre i confini cittadini. Sono stati, infatti, rafforzati legami virtuosi e sviluppate idee con altre città marchigiane, a sostegno della candidatura del capoluogo: Loreto con la Santa Casa; Macerata, città del celebre Sferisterio; Recanati, la patria di Leopardi; Senigallia; Camerano e anche Fano, candidata anch’essa a Capitale della cultura e pronta ora a lavorare con Ancona per il territorio marchigiano.
Per raccontare e divulgare l’ampio e articolato progetto e dare notizia in tempo reale delle iniziative è stata ideata la piattaforma www.ancona2022.com.
È uno strumento pensato per condividere con cittadini e visitatori come, concretamente, il piano strategico e culturale anima la candidatura di Ancona e ridisegna la geografia culturale della città, fino a comprendere la periferia, le altre città vicine e l’intera regione.
Fondamentale, in questo senso, è il ruolo della mappa, che mostra lo spostamento del baricentro culturale, normalmente focalizzato sui canonici luoghi della cultura, che ora si apre per includere un intero territorio e accogliere anche persone che normalmente non abitano i luoghi culturali.
La piattaforma restituirà tali contenuti attraverso una narrazione immersiva fatta di voci, suoni, immagini e pensieri che insieme racconteranno il tema della candidatura a Capitale, le varie proposte progettuali che sono nate, la ripartenza di una città e di un intero territorio.

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martedì 12 gennaio 2021

«La forma dell’oro», un anno di mostre in vetrina per Buildingbox. Si inizia con Paolo Canevari

L’oro è considerato da sempre uno dei metalli più preziosi. Emana luce e trasmette calore. Per questo motivo è stato utilizzato sin dall’antichità, e più precisamente dall’epoca degli antichi egizi, nel mondo dell’arte ora come simbolo di regalità ora come metafora di una dimensione sacra e ultraterrena, priva di tempo. Ma che tipo di fascino esercita oggi questo metallo? E a quali scopi se ne serve l’arte contemporanea? Risponde a queste domande «La forma dell'oro», il nuovo progetto espositivo di «Buildingbox», un ciclo in dodici appuntamenti a cadenza mensile, a cura di Melania Rossi, che vuole dare una panoramica sull’utilizzo del «re dei metalli» attraverso installazioni dalle modalità e dalle pratiche diverse.
Definito «carne degli dei» dagli antichi egizi e oggetto simbolo della discordia nel mito greco, l’oro diviene nell’interpretazione cristiana sia emblema della manifestazione divina sia incarnazione della vanità terrena e dei vizi umani, conservando nel corso dei secoli un alto valore espressivo tanto nella sfera del sacro quanto in quella del profano.
Nella tradizione rappresentativa, l’oro è definito da una polifonia di metafore che vanno dal divino al demoniaco, dallo spirituale al materiale, dalla perfezione alla corruzione. Lo spettro della sua potenza simbolica è tale da arrivare persino ad alludere all’assenza, alla negazione dello spazio-tempo e della gravità.
I pittori d’epoca medievale e del primo Rinascimento se ne servivano per rappresentare ciò che eccede la realtà materiale e supera l’uomo.
L’aura mistica propria di tecniche antiche quali il fondo oro, il lustro e la doratura rappresentano l’imprescindibile punto di partenza per tutti gli artisti che ancora oggi scelgono di inserire questo elemento nella loro prassi artistica.
La contemporaneità non può non guardare a una storia tanto importante e ricca di significati. Tutti lucenti nella loro doratura, le opere e i lavori site-specific degli artisti selezionati da Melania Rossi (in oro vero o falso, oppure in bronzo, ottone, plastica, ceramica, vetro, carta) richiamano inevitabilmente la tradizione storico-artistica, portando al contempo la personale ricerca di ogni autore. Ciascun artista offre, infatti, un punto di vista diverso sul metallo nobile, osservato con seduzione alchemica o volontà dissacratoria. Alcuni, considerandolo un colore, ne hanno studiato le proprietà pittoriche; altri, considerandolo un materiale plastico, ne hanno indagato le potenzialità scultoree. Altri artisti, invece, hanno operato dei ribaltamenti di senso rispetto ai significati mitici, filosofici e letterari assunti dall’oro lungo le epoche.
«La forma dell’oro» è, dunque, una mostra fatta di eccezioni: «qui, -racconta Melania Rossi- è tutto oro quel che luccica».
Le dodici installazioni selezionate saranno visibili sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro nella vetrina «Buildingbox» a Milano, in via Monte di Pietà 23, proponendo un confronto senza pause tra diversi ed eccellenti modi di intendere l’aurum, metallo nobile, eterno e incorruttibile nella sua natura più pura.
Ad aprire il progetto è Paolo Canevari (Roma, 1963) che presenta una serie di «Golden Works», opere appartenenti al ciclo «Monumenti della Memoria», iniziato dall'artista tra il 2011 e il 2012 per rispondere in maniera radicale all'inquinamento visivo quotidiano a cui è sottoposto anche il territorio dell’arte.
In questi monocromi oro, l'artista, che parla per la sua opera di minimalismo barocco, si allontana da qualsiasi autocompiacimento, affidando a un artigiano la lavorazione manuale a foglia oro, tecnica antichissima usata sia in Europa sia in Asia. 
Le silhouette di questi lavori richiamano le antiche pale d'altare in cui però non viene rappresentata nessuna storia di santi, nessuna parabola; lo sguardo non ha alcun appiglio tranne il lieve riflesso della nostra stessa immagine; sembra quasi un’eco pittorica, il ricordo del quadro.
Paolo Canevari sceglie di non partecipare alla Babele di immagini contemporanea, piuttosto cerca il contenuto dell’opera nell’assenza di immagine, sembra voler evocare lo spirito delle cose in un dorato silenzio visivo. Quello che potrebbe sembrare un paradosso rende, invece, l'opera libera da condizionamenti e messaggi precostituiti, dove la forma diventa contenuto e la materia - l'oro - dà essa stessa il senso. Privata di informazioni, la tavola a foglia oro ci obbliga ad esercitare la nostra fantasia, diventa uno spazio di libertà dove rievocare mentalmente immagini, esperienze, sogni. «La mia ambizione -afferma a tal proposito l'artista- è quella di far scomparire, come un’illusionista, il possesso fisico dell’arte, e riportare l’arte alla sua essenza spirituale, all’elevazione del pensiero come opera».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 142 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein; [fig. 2] La vetrina di BUILDINGBOX in via Monte di Pietà 23, a Milano; [fig. 3] Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019, oro su tavola, 140 x 90 cm. Ph. Agostino Osio courtesy l’artista e Galleria Christian Stein

Informazioni utili 
La forma dell'oro. BUILDINGBOX, via Monte di Pietà, 23 - Milano. Le dodici mostre in calendario nel 2021 sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Primo appuntamento: Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works), 2019. Dal 12 gennaio al 10 febbraio 2021. Sito internet: www.building-gallery.com

lunedì 11 gennaio 2021

«Venezia e lo Studio Glass americano»: artisti ed esperti internazionali raccontano il movimento che ha rivoluzionato l’arte del vetro

Verso la metà del XX secolo, all’interno dei laboratori del Toledo Museum of Art, nacque un impulso crescente nei confronti della tecnica della soffiatura del vetro, spinta che predispose le basi per la nascita dell’importante movimento conosciuto con il nome di Studio Glass. A quel tempo in America la produzione vetraria era interamente industrializzata e molte abilità manuali erano andate perdute; un gruppo di artisti decise di riportare questa lavorazione all’interno degli atelier e guardò all’Europa, in particolare a Venezia, come guida. Le tecniche tradizionali muranesi finirono così per esercitare un ruolo importante sull’arte vetraria americana, anche grazie al lavoro di maestri come Dale Chihuly, Benjamin Moore, Paul Marioni, William Morris e Lino Tagliapietra, che indirizzarono la ricerca verso percorsi non tradizionali, incentivando una progressiva vivacità di linguaggi.
A questa storia guarda l’ultima mostra allestita a «Le stanze del vetro», centro di ricerca fondato nel 2012 all’interno dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. In occasione dell’esposizione, visitabile fino al prossimo marzo grazie a un virtual tour 3D (a disposizione su prenotazione anche visite guidate online gratuite), l’ente lagunare propone per la serata di lunedì 11 gennaio, alle ore 18, un convegno in diretta streaming sul suo canale You Tube.
Dopo i saluti di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini, i curatori della rassegna, Tina Oldknow e William Warmus, daranno il via al simposio introducendo la mostra «Venezia e lo Studio Glass americano» e intervistando il maestro Lino Tagliapietra, uno dei primi vetrai muranesi ad andare negli Stati Uniti, e la gallerista Katya Heller.
Seguiranno poi le conversazioni con alcuni artisti americani che hanno esposto a Le stanze del vetro: Kim Harty modererà il dialogo tra Norwood Viviano e Deborah Czeresko; William Warmus quello tra Preston Singletary e Raven Skyriver; Tina Oldknow sarà, infine, la moderatrice dell’incontro con Flora Mace, Joey Kirkpatrick, Tina Aufiero e Kait Rhoads. Concluderà il simposio l’intervento del collezionista e storico dell’arte David Landau.
L’esposizione veneziana allinea più di centocinquanta eccezionali pezzi tra cui vasi, sculture e installazioni in vetro create da sessanta artisti, americani e veneziani. Tra i pezzi più significativi proposti un posto d’onore spetta a «Laguna Murano Chandelier», la spettacolare opera in vetro realizzata a Murano nel 1996 da Dale Chihuly insieme ai maestri Pino Signoretto e Lino Tagliapietra ed esposta - per la prima volta al di fuori degli Stati Uniti - nella Sala Carnelutti della Fondazione Giorgio Cini.
Testimonianza tangibile della lunga collaborazione e contaminazione avvenuta tra artisti americani e veneziani nel vetro americano contemporaneo, il «Laguna Murano Chandelier» fu realizzato per il progetto «Chihuly Over Venice», che consisteva nell’installare una serie di sculture sia all’esterno che all’interno della città lagunare: nonostante il lampadario fosse stato creato per l’occasione, non è mai stato esposto al di fuori degli Stati Uniti.
Formato da cinque enormi componenti, di cui due appese al soffitto e tre montate su armature fisse, lo Chandelier incorpora elementi scultorei che rimandano alla laguna veneziana con simboli quali un granchio, una medusa, una stella marina, un’anguilla, un polpo, un pesce palla, degli squali, una sirena e il Dio del mare, Nettuno, oltre all’esplosione di viticci ambrati che ne compongono l’intera massa.
La mostra, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Skira, Mette sotto i riflettori i lavori di artisti pionieristici come Dale Chihuly e Benjamin Moore, che a Venezia hanno imparato le tecniche e poi hanno invitato i maestri veneziani negli Stati Uniti per insegnare. Mentre Chihuly ha realizzato alcune serie di ispirazione veneziana nel corso della sua lunga e prolifica carriera, il corpus di Moore invece si concentra in particolare sulle idee veneziane. Richard Marquis, che pure è stato a Venezia, ha, invece, sviluppato usi completamente nuovi per la tecnica del mosaico veneziano, conosciuta come murrina, per i suoi oggetti ispirati alla bandiera americana, le teiere e i vasi «Marquiscarpa».
Altri artisti, come Dante Marioni, Nancy Callan e James Mongrain hanno imparato dai pionieri del vetro dello Studio Glass, ma soprattutto sono entrati in contatto con le tecniche dei maestri veneziani all'inizio delle loro carriere. Ciascuno di loro attinge in modi molto diversi alla storia del vetro veneziano per creare nuovi interessanti vasi, oggetti e installazioni. Mentre alcuni artisti si sono concentrati solo su vasi, altri si sono dedicati alla scultura, come William Morris e Martin Blank, che hanno studiato le tecniche di scultura veneziana. Partiti dalla realizzazione di vasi, Flora Mace e Joey Kirkpatrick hanno poi ampliato la loro visione cimentandosi nella realizzazione di grandi sculture, portando le tradizionali decorazioni veneziane in ambiti nuovi.
Josiah McElheny, Katherine Gray e Norwood Viviano rappresentano una nuova generazione di artisti che lavorano in stile veneziano affrontando il vetro in modo più narrativo, usando gli oggetti per raccontare paesaggi e storie.
Questo dimostra che gli artisti di oggi – sia che lavorino esclusivamente con il vetro, sia che approccino questo materiale pur provenendo da altri settori – grazie all’accesso libero agli studi, continuano a spingere in avanti i tradizionali confini dell'arte del vetro. 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Laguna Murano Chandelier, di Dale Chihuly, ph. Enrico Fiorese; [fig. 2 e 3]  Installation view, ph. Enrico Fiorese; [fig. 4] John Kiley, Halo, 2018. H. 48,3 cm. Photo: Ben VanHouten; [fig. 5]  Stephen Rolfe Powell, Lascivious Torrid Cleavage (detail), 2003. H. 104,8 cm. Photo: Stephen Rolfe Powell; [fig. 6]  Harvey K. Littleton, Blue Projectile Impact, 1984. H. 61.6 cm. Courtesy Maurine Littleton Gallery

Per saperne di più 

Informazioni utili 
Centro studi del vetro - Istituto di storia dell’arte - Fondazione Giorgio Cini, tel. +39.041.2710306, centrostudivetro@cini.it. www.cini.it - www.lestanzedelvetro.org

venerdì 8 gennaio 2021

«Colors», a Torino si va alla ricerca del colore tra musica e arte

Musica e colore si incontrano nelle sale di quattro prestigiose realtà culturali di Torino: Palazzo Madama, il Mao – Museo d’arte orientale, la Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea e il Conservatorio «Giuseppe Verdi».
Grazie all’accordo tra la Fondazione Torino Musei e l’OFT- Orchestra filarmonica di Torino, la città sabauda propone, per il terzo anno consecutivo, un raffinato cartellone di eventi artistico-musicali, che trae linfa e suggestioni dall’inedito dialogo tra differenti linguaggi del mondo culturale.
A fare da filo rosso tra i nove concerti in programma e il ciclo di visite a essi ispirato, proposto a rotazione da tre musei torinesi, è il tema del colore. Da qui il titolo dell’iniziativa, «Colors», raccontata anche attraverso nove quadri astratti di Elena Giannuzzo realizzati recentemente per OFT.
«Così come per i concerti proposti dalla Filarmonica che, se nei giorni di programmazione le sale e i teatri non fossero aperti al pubblico a causa dalle norme anti Covid-19 saranno trasmessi in streaming, - raccontano dalla Fondazione Torino Musei - allo stesso modo i percorsi guidati saranno offerti in duplice forma: solo in digitale se il museo è chiuso oppure in digitale e presenza se il museo è aperto. In questo modo saranno disponibili tre appuntamenti per ogni concerto».
Ad aprire il programma musicale sarà l’Orchestra filarmonica di Torino con il concerto «Red», in programma martedì 12 gennaio, che prevede l’esecuzione della «Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485» di Franz Schubert e della «Serenata n. 9 in re maggiore K 320 Posthorn» di Wolfgang Amadeus Mozart.
Per l’occasione venerdì 8 (alle ore 21) e sabato 9 gennaio (alle ore 18.30) la Gam proporrà due visite guidate in digitale all’interno della sua collezione dedicata al Novecento.
Il rosso come simbolo di passione, sperimentazione, violenza e sensualità sarà esaminato nelle sue tonalità e gradazioni attraverso esempi importanti tra i quali la «Ragazza rossa» di Amedeo Modigliani, «Le basier» di Francis Picabia,«Apocalisse» di Scipione o l’insolito omaggio di Pino Pascali alla cantante afroamericana Billie Holiday.
Dal 7 al 9 febbraio, sotto la direzione di Sergio Lamberto, i fiati dell’Orchestra filarmonica si esibiranno, quindi, in uno sfaccettato concerto di musiche di Amilcare Ponchielli, Antonio Vivaldi, Antonín Dvořák e del compositore contemporaneo Davide Sanson, del quale verrà proposto in prima esecuzione assoluta il suo nuovo brano «Sarabanda e salterello». L’appuntamento musicale vedrà la presenza di Devid Ceste all’eufonio, strumento appartenente alla famiglia degli ottoni.
A questo arcobaleno musicale la Gam risponderà con la serie di visite guidate dal titolo «Rainbow. Sette colori per sette opere», in programma venerdì 5 (alle ore 21) e sabato 6 febbraio (alle ore 16 e alle ore 18.30).
«Inizialmente -raccontano dalla Fondazione Torino Musei- i colori dell’arcobaleno erano rosso, giallo, verde, blu e violetto a cui, in seguito, furono aggiunti l'arancione e l'indaco, così da arrivare a sette colori, come le note musicali. Queste suggestioni ci accompagneranno in una passeggiata tra sette opere della collezione del Novecento. Il percorso prenderà avvio dal quadro variopinto di Otto Dix, «Il marinaio Fritz Müller», per poi seguire la successione dei colori dell’arcobaleno e incontrare così artisti come Felice Casorati, Lucio Fontana, André Masson».
Dal 28 febbraio al 2 marzo, l’Orchestra filarmonica di Torino si esibirà quindi, sotto la guida di Giampaolo Pretto, in tre dei sei Concerti brandemburghesi di Johann Sebastian Bach e nel «Concerto in mi bemolle Dumbarton Oaks» di Igor Stravinskij. Nei giorni antecedenti all’appuntamento musicale, il 26 e il 27 febbraio, a Palazzo Madama si terrà la visita guidata «Ice Blue. Vetri e ghiacci eterni», un percorso dedicato alla ricerca della trasparenza e al desiderio di ottenere oggetti la cui limpidezza ricordasse la purezza del ghiaccio: dall’uso del cristallo di rocca per oggetti usati nella liturgia o sulla tavola principesca, si arriverà a una selezione di esemplari di vetri del bacino del Mediterraneo e alle manifatture di Murano.
Dal 14 al 16 marzo l’Orchestra filarmonica, sotto la direzione di Giampaolo Pretto, proporrà un concerto di musiche di Gustav Mahler nell’adattamento per ensemble da camera di Klaus Simon. Per l’occasione, il 12 e il 13 marzo, il Mao – Museo d’arte orientale porterà il pubblico alla scoperta della sua collezione di vasellame e di piastrelle invetriate per la decorazione architettonica, che vanno dal IX al XVII secolo, conservata all’interno della galleria dedicata ai Paesi Islamici dell’Asia, con un ciclo di visite guidate dal titolo «Light Blue».
Ad aprile, dall’11 al 13, l’Orchestra filarmonica, o meglio il suo settore Archi, proporrà, sotto la direzione di Sergio Lamberto, un concerto con musiche di Johan Sebastian Bach, Johannes Brahms e Ludwig van Beethoven. L’appuntamento musicale sarà preceduto nelle giornate del 9 e del 10 aprile dalla visita guidata «Gold. La luce dell’oro» all’interno delle sale di Palazzo Madama. Il percorso accompagnerà i partecipanti alla scoperta dei motivi che portarono a privilegiare nel corso del Medioevo l’uso di questo materiale allo scopo di ottenere, a seconda dei casi, effetti naturalistici, simbolici o di pura ostentazione sociale.
Dal 25 al 27 aprile le note del «Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129» (versione per violoncello e archi)» di Robert Schumann e della «Serenata in mi maggiore per archi op. 22» di Antonín Dvořák allieteranno gli spettatori dell’Orchestra filarmonica; mentre alla Gam, il 23 e il 24 aprile, si terrà il ciclo di visite «Platinum. Valore, rarità e unicità nell’arte», un percorso che racconterà la storia dell’architettura del museo, la valorizzazione delle sue collezioni con importanti acquisizioni come «Dans mon pays» di Marc Chagall o «Orange Crash» di Andy Warhol e opere “preziose” per i particolari materiali impiegati come per esempio «Portrait Relief of Claude Pascal» di Yves Klein.
Palazzo Madama ospiterà quindi, nelle giornate del 7 e 8 maggio, gli appuntamenti «Green. Natura», che indagheranno l’uso del colore verde in pittura e focalizzeranno l’attenzione sulla presenza di motivi decorativi naturali all’interno delle collezioni e del palazzo per concludersi con una visita al Giardino medievale. Il concerto abbinato, in cartellone dal 9 all’11 maggio, prevede l’esecuzione di musiche di Antonio Vivaldi, Carl Philipp Emanuel Bach, Georg Friedrich Händel e del giovane compositore Nicola Campogrande, le cui partiture -ha detto il direttore inglese Paul Daniel- «comunicano un senso di ottimismo pieno di emozioni». Lo si sperimenterà grazie all’ascolto di «Soffio Blu(es)», una brezza di contemporaneità all’interno di un concerto che si aprirà con le suggestioni barocche del «prete rosso».
Sarà, quindi, la volta di «Black and White». Il 14 e il 15 maggio al Mao – Museo d’arte orientale si terrà un percorso visita nella galleria dedicata al Giappone e ci si soffermerà in particolare sui kakemono, rotoli verticali che incorniciano eleganti dipinti e calligrafie su carta o su seta e sulla pittura a inchiostro nero. Il relativo concerto, in programma dal 16 al 18 maggio, vedrà l’esecuzione del «Concerto in re minore per violino e archi» di Felix Mendelssohn, dell’«Amitié» (versione per due violini solisti e orchestra d’archi) di Eugène Ysaÿe e dell’«Ottetto in mi bemolle maggiore op. 20» di Felix Mendelssohn, per la direzione di Marco Rizzi e Sergio Lamberto, violini solisti e concertatori.
A chiudere il cartellone sarà, il 4 e il 5 giugno, il ciclo di visite guidate «Orange. Grandi maestri e molteplici figure divine», un percorso all’interno della galleria dedicata alla regione himalayana che si soffermerà in particolare sulle thanga-ka, dipinti su stoffa che rappresentano maestri e diverse figure del buddhismo tantrico. Il rispettivo concerto, in programma dal 6 all’8 giugno, vedrà esibirsi al pianoforte Gianluca Cascioli nella sua composizione «Secondo Trio per violino, violoncello e pianoforte» e in due brani di Wolfgang Amadeus Mozart: il «Concerto n. 13 in do maggiore per pianoforte e orchestra K 415» (versione per pianoforte e archi) e la «Sinfonia n. 29 in la maggiore K 201».
Ad aprire tutti gli appuntamenti musicali saranno i testi del giornalista e musicista Lorenzo Montanaro; la loro lettura sarà affidata all’associazione liberipensatori «Paul Valéry» e alla Scuola di teatro «Sergio Tofano» di Torino: un’occasione in più, questa, per addentrarsi nel magico mondo dei colori, che danno forma e luce non solo all'arte, ma anche alla musica.

Didascalie delle immagini
[Fig. 2] Immagine guida del concerto Light Blue; [fig. 3] Immagine guida del concerto Rainbow; [fig. 3] «Apocalisse» di Scipione; [fig. 4] Dans mon pays» di Marc Chagall;  [fig. 5] «Orange Crash» di Andy Warhol; [fig. 6]  «Portrait Relief of Claude Pascal» di Yves Klein
 
Informazioni utili 
COLORS 2021
OFT 
La Filarmonica prevede due ipotesi alternative, che saranno applicate mese per mese in base alla normativa vigente: a) qualora i concerti ricadano in un periodo in cui le sale da concerto sono aperte, OFT propone due turni di concerto in Conservatorio alle ore 21 - uno il lunedì, uno il martedì - in modo da ampliare la possibilità di accesso alla sala, a fronte di tutte le norme e i protocolli imposti dal distanziamento. In questo caso, OFT prevede come di consueto anche le prove aperte a Più SpazioQuattro e gli incontri di Leggere la classica al Circolo dei lettori; b) qualora i concerti ricadano in un periodo in cui le sale sono chiuse al pubblico, OFT intende realizzare comunque i concerti, trasmettendoli gratuitamente in streaming il martedì alle 21 sul canale YouTube di OFT e raggiungibili anche tramite le pagine social di OFT e il sito www.oft.it In questo caso, tutte le proposte con pubblico in presenza sono invece annullate.
CONCERTI IN PRESENZA (in seguito all'eventuale riapertura degli spazi della cultura): c/o Conservatorio Giuseppe Verdi, piazza Bodoni - Torino. I concerti si terranno il lunedì e il martedì, alle ore 21. Biglietto singolo, poltrona numerata, intero 25 euro, ridotto 15 euro, giovani nati dal 1985 e UniTre 8 euro, studenti del Conservatorio Verdi di Torino 3 euro. I biglietti possono essere prenotati, a partire da un mese prima la data prevista per il concerto, per via telefonica (011.533387) o via mail (biglietteria@oft.it).
IN STREAMING Qualora non sia possibile realizzare gli eventi con pubblico in presenza a causa delle norme per il contenimento dell’epidemia Covid-19, i concerti saranno trasmessi in streaming gratuito, il martedì previsto per l’evento alle ore 21, sul canale YouTube di OFT e raggiungibili anche tramite le pagine social di OFT e il sito www.oft.it
Fondazione Torino Musei
Percorso in digitale: 8,00 € intero; ,00 7€ ridotto (abbonati OFT e possessori di Abbonamento Musei). Percorso in presenza: 5,00 € tariffa unica (attivato solo se il museo è aperto) + biglietto di ingresso al museo secondo regolamento (ingresso libero per possessori di Abbonamento Musei e Torino Card). Informazioni e prenotazioni: tel. 011.5211788 o info@arteintorino.com; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico, oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line: www.arteintorino.com/2-visite-guidate-torino/162-connessioni-d-arte.html. Le visite saranno attivate a raggiungimento di un numero minimo di partecipanti