ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 19 novembre 2021

#notizieinpillole, le cronache d'arte della settimana dal 15 al 21 novembre 2021

ELOGIO ALL’ANTICO: QUATTRO IMPERDIBILI ASTE DA CAMBI
Porcellane, argenti, cornici, dipinti, arredi: sono pezzi che raccontano una storia quelli che vanno in scena dal 19 al 22 novembre a Genova, nelle sale del Castello Mackenzie, prima di essere battuti all'incanto. La casa d’aste Cambi chiude, infatti, questo mese con tre giorni di aste dedicate al collezionismo tradizionale, presentando più di milletrecento lotti, che spaziano dalla mise en place di lusso agli Old Masters.
Si inizierà il 23 novembre con «L’art de la table», un appuntamento diventato ormai una tradizione da Cambi, che presenterà raffinatissimi servizi da tavola preziosi cristalli, rari argenti, oltre a qualche bizzarro oggetto decorativo che rende gli appuntamenti conviviali ancora più eleganti.
Tra i servizi saranno all’asta anche le celebri creazioni Herend, Flora Danica, Royal Copenaghen ed Hermès; mentre per i bicchieri saranno in catalogo molti cri-stalli Saint-Louis e Baccarat, il tutto arricchito da rari argenti e da preziose tovaglie ricamate a mano.
La giornata successiva, il 24 novembre, si dividerà tra una selezione di circa trecento cornici del XVI-XVII-XVIII secolo e un catalogo di dipinti antichi. Tra i pezzi più pregevoli che verranno battuti nel pomeriggio spiccano «Davide e Betsabea» del sarzanese Domenico Fiasella (stima: 10.000 – 15.000 euro), uno dei principali esponenti della scuola barocca in Liguria, e un grande olio su tela attribuito al senese Niccolò Tornioli raffigurante l’«Apparizione della Madonna con il Bambino a un santo sacerdote mentre celebra una funzione» (stima: 10.000 – 15.000 euro), di-pinto che accoglie influenze emiliane in un palinsesto di rigore compositivo e che ricorda le esperienze del tardo manierismo senese.
Le tornate dedicate all’antico si concluderanno giovedì 25 novembre con l’ultimo imperdibile ap-puntamento: «Dimore italiane», una raccolta di opere e arredi provenienti da importanti collezioni. Tra i lotti in asta, come il nucleo di arazzi fiamminghi e l'importante monetiera, spicca la collezione di Terry Vaina, interior designer di fama internazionale, conosciuta soprattutto per i suoi interventi a Capri e a Roma. La raccolta di opere presentata da Cambi descrive la sua straordinaria vita e carriera da creativa, in continuo movimento tra Roma, Parigi e il Messico.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito cambiaste.com

Nelle foto: 1. Niccolò Tornioli (attribuito a), Apparizione della Madonna con il Bambino a un santo sacerdote mentre celebra una funzione; 2. Scuola romana del XVIII secolo, Madonna con Bambino. Stima: 6.000 - 8.000 euro

«ROMA ARTE IN NUVOLA»: ALL’EUR UNA NUOVA FIERA D’ARTE
È una delle architetture più scenografiche e avanguardistiche della capitale a ospitare la prima edizione di «Roma Arte in Nuvola», la fiera internazionale di arte moderna e contemporanea, diretta da Adriana Polveroni, in programma dal 18 al 21 novembre nel quartiere Eur.
La Nuvola, progettata da Massimiliano Fuksas;, accoglie nello spazio di 7.000 metri quadrati un centinaio di gallerie italiane e straniere specializzate nel Novecento e nelle tendenze emergenti di oggi con opere che includono pittura, scultura, installazione, video, performance. L’offerta espositiva è suddivisa in tre sezioni: «Main section», «New entries», «Solo show». L’arte moderna si sviluppa al «General Floor (piano terra) mentre il contemporaneo al «Forum» (primo livello).
A sottolineare la vocazione internazionale della capitale, ogni anno la fiera ospita l’arte di un Paese straniero. Si inizia con la mostra «Israel Landscape», curata da Ermanno Tedeschi e Vera Pilpoul, che presenta le opere di diciassette artisti, nati o attivi in Israele, che operano tra scultura, pittura, fotografia e ricamo: dall’israeliana di origine etiope Michal Mamit Worke all’artista proveniente da un villaggio druso Fatma Shanan, fino a esponenti della comunità ortodossa come Chana Goldberg.
Gli ampi spazi della Nuvola hanno, inoltre, consentito l’allestimento di più di una trentina di progetti speciali: mostre ed exhibit realizzati da artisti, istituzioni culturali e collezioni, che proporranno lungo il percorso opere, installazioni e video, tra cui «L’omaggio a Lucio Dalla» di Domenica Regazzoni o «Carta bianca. Una nuova storia. 49 artisti x 49 copertine», un progetto di Valentina Ciarallo per «Vogue».
Sono, inoltre, in cartellone i talk «Ripensando Roma. E non solo», con una trentina di ospiti tra direttori di musei, artisti, critici collezionisti, rappresentanti di spazi indipendenti, che faranno il punto sulla situazione post pandemica e sulle prospettive future. «L’arte a Roma: un affare pubblico e privato», «Diritto e mercato, tra Art Bonus, fiscalità, Iva», «Arte e comunicazione: new media, social media ed editoria» sono gli argomenti al centro degli appuntamenti.
Durante la fiera saranno assegnati anche quattro premi: «The Best» per la migliore presentazione d’artista per stand, allestimento, comunicazione e grafica; «Rock» per l’allestimento più originale dello stand; «Young» per la migliore galleria under 5 (ovvero le gallerie appena nate) e «Absolute Modern» per il migliore allestimento tra le gallerie di arte moderna.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.romaarteinnuvola.eu.

Nelle foto: 1. Iakovos Volkov, Tear the system apart (Resist), 2021. Fluorescent lights, VHS tapes and nails, 375x200cm. Alibi Gallery,Atene; 2. Claudio Costa, Il nido dell'ambra, 1981. Tecnica mista, 90 x 60 cm. Galleria Michela Rizzo,Venezia 
 
«BUONGIORNO SIGNOR MORANDI», QUINDICI PROTAGONISTI DELLA CULTURA ITALIANA NEI DISEGNI DI GIORGIO LODI
Ci sono i ritratti degli storici dell’arte Francesco Arcangeli, Cesare Brandi, Palma Bucarelli e Roberto Longhi, ma anche di personaggi del cinema come Michelangelo Antonioni, Vittorio De Sica e Monica Vitti nella mostra «Buongiorno, signor Morandi», allestita fino al prossimo 9 gennaio a Bologna, negli spazi di Casa Morandi.
Il titolo dell’esposizione, curata da Carlo Zucchini, racchiude l’essenza del progetto: ricostruire, attraverso una selezione di ritratti, ma anche lettere, fotografie e altri materiali, la costellazione di persone illustri - amici e conoscenti - che hanno incontrato l’artista nel corso della sua vita.
Documentare questo aspetto della vita di Giorgio Morandi permette di scardinare l’immagine più volte erroneamente veicolata di un artista isolato e di testimoniare come la riservatezza e la discrezione dietro cui l’artista si è sempre trincerato non gli abbiano impedito di intrattenere ricche relazioni intellettuali con artisti, letterati, critici, collezionisti e personalità del mondo del cinema.
I ritratti, in tutto quindici, sono stati realizzati da Giorgio Lodi, con un tratto al limite del naif e del fumetto. Sono disegni che stupiscono per la precisione del tratto e la cura del dettaglio che raggiunge la sua massima espressione nella trama dei vestiti e delle stoffe. Questi volti, attraverso un sapiente uso del chiaroscuro e un’attenzione quasi maniacale alla verosimiglianza, ci raccontano la dimensione intima e quotidiana dell’artista.
L’esposizione, a ingresso gratuito, è aperta il sabato, dalle ore 14 alle ore 17 e la domenica, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 14 alle ore 17. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.mambo-bologna.org/museomorandi/.

DA FORTUNATO DEPERO A ANDY WARHOL: LE MOSTRE DEL SALONE DELLA CULTURA
Da Fortunato Depero a Bruno Munari, senza dimenticare Andy Warhol: è ricco di mostre il Salone della cultura, in programma il 20 e il 21 novembre all’interno del nuovissimo spazio di Superstudio Maxi a Milano (sabato e domenica, dalle ore 10:00 alle ore 20.00; ingresso € 7,00). In questa quinta edizione - che si tiene negli stessi giorni di BookCity, manifestazione dedicata alla lettura che ha scelto come tema portante la parola «Dopo» - saranno presenti oltre duecento espositori che presenteranno circa 400mila titoli: dall’incunabolo (volume manoscritto antecedente al 1455) al libro d’artista, senza dimenticare vere e proprie chicche per i collezionisti. Tra i pezzi in visione si segnalano una rarità come il «Varon Milanes» di Giovanni Capis (1606), esistente in pochissimi esemplari, e la «Storia genuina del Cenacolo insigne dipinto da Leonardo da Vinci», pubblicata da padre Domenico Pino, prima monografia del 1796.
Sei le mostre in programma. Si omaggerà Dino Buzzati, a cinquant’anni dalla scoperta, con un’esposizione delle prime edizioni delle sue opere letterarie: dal «Deserto dei Tartari» alle varie ristampe dell’«Invasione degli orsi in Sicilia», fiaba della quale verrà esposta anche la prima pubblicazione, quella del 1945 sul mitico «Corriere dei Piccoli». Lettere, edizioni straniere e alcuni quadri completeranno il percorso espositivo a cura di <Marco Perale. Di Fortunato Depero sarà, invece, visibile per la prima volta il manoscritto «Il pubblico e l'artista», redatto tra il 1946 e il 1947. Attraverso uno stratagemma – quello di un dialogo immaginario con tre visitatrici presenti a una sua mostra, nel 1946 a Milano –, il maestro roveretano espone la sua concezione artistica, l’impatto che l’arte del Novecento ha avuto con il Futurismo, il suo modo di vedere la creatività e la vita. Mentre di Bruno Munari sarà in mostra l’intera collana «I satelliti», inventata all’inizio degli anni 70 per l’editore Bompiani, in un percorso che spazia da «L’uomo come fine» di Alberto Moravia a «La scienza e la classe operaia» di Bogdanov.
Andy Warhol, il papà della Pop art, verrà omaggiato con una selezione di una quarantina di sue copertine per LP, alcune delle quali entrate nella storia dell’arte e del costume, come quella di «Sticky fingers» dei Rolling Stones (1971), con una vera cerniera lampo per jeans montata sulla cover.
Altra mostra da non perdere è «War Rugs», con venti straordinari esemplari di tappeti afghani, provenienti dalle raccolte – complementari per gusto e genere di manufatti - di Luca Emilio Brancati e Amedeo Vittorio Bedini, che insieme hanno firmato il volume «Tappeti delle guerre afghane» (Luni Editrice).
Non mancherà, infine, un tributo alla Croce rossa italiana con la rassegna «Dalla Grande guerra e dalla Spagnola al Covid -19», nella quale potrà essere visto anche un campo di primo soccorso del primo conflitto bellico.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.salonedellacultura.it.  

«GHIRIBIZZI», ALLA FONDAZIONE CINI DI VENEZIA VENTUNO DISEGNI INEDITI DI GILLO DORFLES
La Fondazione Giorgio Cini di Venezia rende omaggio al genio creativo di Gillo Dorfles (1910-2017), pietra miliare nella critica d'arte del Novecento, con la mostra «Ghiribizzi», a cura di Aldo Colonetti e Luigi Sansone. Nella Sala mostre della Biblioteca in Manica Lunga sono esposte fino al 31 gennaio ventidue opere, di cui ventuno disegni inediti e il dipinto «Vitriol».
Tra i lavori in mostra, tutti pubblicati nel catalogo pubblicato per l’occasione da Electa, si segnalano: «Tra le onde», un segno continuo che delinea due figure amorfe tentacolari che fluttuano divertite in mare, «La gara dei seni», dove due esseri femminili mettono apertamente in mostra le loro forme, e «Ripulsa», in cui un uomo di spalle si allontana tristemente dopo avere ricevuto un rifiuto dalla sua ‘bella’. Si possono anche vedere «Un cane fedele», una divertente scenetta con un cane che segue fedelmente il suo ‘padrone’ dalle sembianze luciferine; «Al sole dei tropici», dove domina un’atmosfera di calura estiva resa dal sole e dall’albero sfrondato, e «Lavata di testa» con il suo intreccio convulso di segni.
In mostra c’è anche il quadro «Vitriol» (2010, nella foto) acronimo della frase latina «Visita interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem» (Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra nascosta). L’opera rappresenta una figura amorfa grigio-verde definita dal curatore Luigi Sansone «inquietante ed enigmatica, i cui occhi accesi, penetranti e ipnotici scrutano e incantano da lontano». Al centro della figura appare racchiusa in sequenza la scritta latina e si notano le sette lettere scritte in nero a grandi caratteri che formano la parola «Vitriol».
Per maggiori informazioni: www.cini.it.

AL CINEMA UN DOCUMENTARIO SU FRIDA KAHLO DI ALI RAY
Chi era veramente Frida Kahlo? Prova a rispondere a questa domanda il nuovo documentario di Ali Ray, prodotto da Phil Grabsky e distribuito da Adler Entertainment, nelle sale cinematografiche italiane dal 22 al 24 novembre.
Girato per la maggior parte nella celebre abitazione dell’artista, Casa Azul (Casa Blu), a Città del Messico, il film offre un accesso privilegiato alle opere di Frida Kahlo e mette in evidenza la fonte della sua febbrile creatività, la sua resilienza e la sua ineguagliabile passione per la vita, la politica, gli uomini e le donne.
Una serie di interviste e commenti qualificati di esperti di fama mondiale scavano nei meandri del mondo della pittrice messicana, restituendoci un ritratto personale e intimo, che va oltre i colori brillanti dei suoi abiti, le grandi sopracciglia, le corone di fiori tra i capelli, ovvero tutto ciò che l’ha resa un’icona del Novecento.
«Dirigere questo film – racconta Ali Ray - ha cambiato totalmente la mia visione di Frida Kahlo come artista. Prima non le avevo prestato molta attenzione, sentendomi un po' scoraggiata dall'onnipresenza della sua immagine come icona sulle copertine di cuscini e magliette. Ora, avendo studiato le sue opere più da vicino e comprendendo il loro contesto di tempo e luogo, ne sono completamente affascinata. Avere accesso alle sue lettere personali è stata una parte fondamentale della realizzazione del film e nella mia comprensione del suo lavoro. Mi ha permesso di vedere come la fragilità e le insicurezze rivelate nelle sue lettere siano state elaborate attraverso l'atto della pittura. Le sue tele meticolosamente dipinte erano il suo modo di interpretare il mondo, la sua politica, le sue passioni ed emozioni, trasformandole in immagini di forza, sfida e comprensione».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.adler-ent.com/.



A BOLOGNA UNA MOSTRA IMMERSIVA SU FRIDA KAHLO
Abiti sgargianti, monili di ispirazione etnica e tribale, esuberanti fiori tropicali, colorati teschi di zucchero per il Giorno dei morti: l’iconografia del Messico ha la sua musa in Frida Kahlo, una delle artiste più amate del Novecento. Tutto questo rivive fino al prossimo 27 febbraio a Bologna, negli spazi di Palazzo Belloni (in via de’ Gombruti 13/ a), con la mostra immersiva «Ojos que no ven corazón que no siente» («Occhio non vede, cuore non duole»), promossa dalla star up torinese Next Exibition e curata da Alejandra López.
Nelle sale storiche della dimora felsinea, risalente al periodo a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, sono allestite trentotto immagini, non stampe originali ma riproduzioni moderne, che ripercorrono le varie fasi della vita dell’artista: l’infanzia, la giovinezza con la sua voglia di ribellione, l’incontro con il marito Diego Rivera, i legami con i surrealisti León Trotsky e André Breton, la passione per gli animali.
Nel percorso sono presenti anche riproduzioni di abiti e monili, oltre alle ricostruzioni di due ambienti cari a Friga Kahlo: la camera da letto e lo studio di Casa Azul. In mostra si possono, poi, vedere proiezioni multimediali che trasportano e coinvolgono ancora di più il visitatore nel mondo della pittrice messicana, come un corridoio di farfalle e luci arcobaleno, e un documentario di Sky Arte sul rapporto d’amore con Diego Rivera, dal titolo «Artists in Love».
Per maggiori informazioni sulla mostra, sugli orari di apertura e sui costi dei biglietti è possibile consultare la pagina https://fridakhaloexperience.com/.

«I GATTI NELL'ARTE», UN LIBRO POP-UP CON LE ILLUSTRAZIONI DI SUSAN HERBERT
È da poco uscito in libreria «I gatti nell’arte» (cartonato 16 x 20 cm, 16 pagine pop-up interamente illustrate, € 12,90, codice ISBN: 978-88-6648-461-5), un libro pop-up di 24 Ore Cultura che celebra lo straordinario talento di Susan Herbert, illustratrice britannica diventata famosa per le sue reinterpretazioni in chiave felina dei grandi capolavori della storia.
Dal «Ritratto dei coniugi Arnolfini» di van Eyck a «La nascita di Venere» di Botticelli, da «Las Meninas» di Velázquez all’«Ofelia» di Millais, il volume racchiude alcune tra le illustrazioni più belle realizzate dall’artista, le cui opere fanno ormai parte dell’immaginario collettivo fin dagli anni Novanta. Susan Herbert è infatti conosciuta come una delle «cat artist» più rinomate del mondo, con un tratto raffinato e molto attento ai particolari.
Ogni opera del libro è accompagnata da piccoli testi ironici e valorizzata dall’effetto tridimensionale, che sembra quasi portare il lettore nella camera matrimoniale dipinta da van Eyck, davanti al bancone del bar parigino Folies-Bergère o ancora sull’altalena insieme alla fanciulla protagonista del quadro di Fragonard.
Le splendide illustrazioni rivelano non solo un sottile umorismo, ma anche una rara capacità di catturare quegli atteggiamenti felini così immediatamente riconoscibili per tutti gli amanti dei gatti.
Per maggiori informazioni: www.24orecultura.com.

AL VIA I RILIEVI PER LA REALIZZAZIONE DEL GEMELLO DIGITALE DELL’ORATORIO DI SAN GIORGIO A PADOVA
Dopo aver dato nuova luce, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di Iguzzini, agli affreschi di Altichiero da Zevio, inseriti dall’Unesco tra i patrimoni dell’umanità, la Veneranda Arca di S. Antonio punta ora, grazie alle nuove tecnologie, alla realizzazione di un modello digitale dell’oratorio di San Giorgio, situato in piazza del Santo a Padova.
Il gemello digitale, grazie alla messa a disposizione delle competenze e metodologie di Geomapping 3D ad alta precisione dell’azienda Geolander.it di Conselve (Pordenone), rappresenterà l’edificio storico in ogni suo elemento, dando la possibilità di fruire nel tempo dei dati raccolti in modo da mantenere immutata la sua identità originaria anche durante futuri ed eventuali lavori di restauro.
Il lavoro messo in atto prevede una prima fase di rilievo, che vedrà l’utilizzo delle moderne tecnologie della fotogrammetria digitale ad alta definizione e della rilevazione laser scanner, dalle quali saranno ricavate le cosiddette nuvole di punti. A partire dall’elaborazione e fusione dei dati raccolti verrà poi ricostruito digitalmente l’edificio, arrivando alla realizzazione del modello digitale gemello nella sua interezza.
Il progetto rientra nelle azioni promosse nell’ambito del comitato di pilotaggio che presiede, sotto l’egida del Comune e la partecipazione degli enti proprietari, la gestione dei siti affrescati del Trecento, ora inseriti nella World Heritage List, e va pienamente nel senso delle raccomandazioni dell’organismo internazionale, per una conservazione e una valorizzazione attenta dei beni ora riconosciuti patrimonio dell’umanità, come è appunto l’oratorio di San Giorgio.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.arcadelsanto.org. Vedi anche: https://foglidarte.blogspot.com/2021/03/padova-oratorio-san-giorgio-altichiero-da-zevio.html

ANCORA DUE MESI PER VEDERE LA MOSTRA «TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA»
È stata prorogata fino a domenica 23 gennaio la mostra «Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba» al Museo del tessuto di Prato. Per l’occasione il percorso espositivo si arricchisce di una nuova opera: un inedito bozzetto eseguito a matita da Galileo Chini su un foglio di carta dell’hotel Splendid di Milano, albergo in cui l’artista soggiornava quando doveva mostrare i bozzetti delle scenografie della «Turandot» a Casa Ricordi.
Dell’opera, databile tra il 1924 e il 1926, si erano perse le tracce dal 1964, quando Gianni Vianello l’aveva pubblicata nella monografia «Galileo Chini e il liberty in Italia». L’attuale proprietario si è spontaneamente proposto di prestare al museo pratese il bozzetto, importante per gli studi sui costumi della Turandot perché presenta dettagli di scenografie, di costumi e di copricapi.
Un’altra novità è l’ingresso in mostra del dipinto «Figura femminile vestita con costume orientale - ricordo del Siam» (1935), olio di Galileo Chini, che va a sostituire la «Danzatrice siamese». Il nuovo dipinto è un ulteriore testimonianza di come il pittore, anche a distanza di tempo dal suo viaggio in Siam, ripensa costantemente all’Oriente, citando nei suoi dipinti gli oggetti della sua collezione. La corona con cui è raffigurato il personaggio, infatti, è simile a quella esposta al Museo del Tessuto insieme al costume Thai.
Nell’ambito delle attività collaterali, che prevedono anche visite guidate ogni domenica pomeriggio, è in programma una conferenza on-line dal titolo «I gioielli di Turandot. Documenti storici e restauro», incentrata sull’ornamento da testa del primo atto e sulla fastosa corona del secondo atto. L’appuntamento è in programma per martedì 15 dicembre, alle ore 17:30, su Facebook e YouTube. Presenta Daniela Degl’Innocenti, conservatrice del Museo del tessuto di Prato e curatrice della mostra; intervengono Elisabetta Franchi dell’Archivio Corbella di Milano, ed Elena della Schiava, restauratrice che ha eseguito il restauro sui gioielli.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.museodeltessuto.it/mostra-turandot/.

«NAUFRAGHI SENZA VOLTO», AL PICCOLO DI MILANO UNA LETTURA TEATRALE SULLE TRAGEDIE DEL MEDITERRANEO
È raro soffermarsi a pensare alla sofferenza di chi ha visto una persona cara partire alla ricerca di un futuro migliore senza sapere se ce l’abbia fatta, se stia bene o se lo rivedrà mai. Questo sentimento ha un nome. Si chiama «ambiguous loss» («perdita ambigua») e lo si prova quando il silenzio fa rumore e instilla un dubbio. Chi è partito, forse, non ce l’ha fatta, ma rielaborare un lutto in assenza di un corpo a confermarne la morte è difficile, se non impossibile.
Se alla sofferenza personale si aggiungono carenze di carattere tecnico, come vuoti normativi e inadempienze da parte di enti e istituzioni, il dolore si trasforma in rabbia e il problema diventa anche sociale. Lo sanno bene a Labanof, Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Cristina Cattaneo, che, attraverso le analisi autoptiche, restituisce identità e dignità ai profughi morti in mare.
Da questa esperienza è nato un libro, «Naufraghi senza volto» (Raffaello Cortina Editore, Premio Galileo 2019), che lunedì 29 novembre, alle ore 20:30, va in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano in una lettura teatrale con Angela Finocchiaro e Renato Sarti.
Il libro, scritto da Cristina Cattaneo, e lo spettacolo raccontano i naufragi dell’ottobre 2013 e, soprattutto, la tragedia del 18 aprile 2015. In quest’ultimo caso, la nave affondò con circa novecento persone a bordo e l’equipe del Labanof effettuò sui 566 corpi recuperati le analisi autoptiche, la catalogazione dei vestiti e degli oggetti ritrovati e mise i risultati al servizio dei familiari dei dispersi, per permettere loro il riconoscimento delle vittime. Il Labanof è riuscito a realizzare un piccolo miracolo: restituire alle vittime senza nome dei naufragi del Mediterraneo «una storia, un’identità e perfino la dignità».
Il costo dei biglietti varia dai 33 ai 26 euro. Per informazioni è possibile consultare il sito www.piccoloteatro.org.

«SECOND LIFE: TUTTO TORNA»: UN CONCORSO D’ARTE PER RACCONTARE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Nuovi linguaggi per parlare di salvaguardia del pianeta e di sostenibilità ambientale: ecco quanto cerca «Second life: tutto torna», un concorso per giovani artisti under 29 lanciato da Alia Servizi Ambientali Spa, l’azienda toscana che gestendo il ciclo integrato dei rifiuti urbani nelle province di Firenze, Prato e Pistoia, offre una seconda vita ai nostri scarti.
Gli artisti si dovranno misurare con qualsiasi materiale - pittura, scultura, fotografia, audiovideo - sui temi della salvaguardia del pianeta, della sostenibilità ambientale, del riciclo, riuso e recupero della materia, della valorizzazione degli scarti che ogni giorno produciamo nelle nostre case che, se ben differenziati e valorizzati attraverso una moderna rete impiantistica, possono avere una seconda vita e tornare ad essere utili limitando il nuovo spreco di risorse, inquinamento, emissioni.
Curatore del progetto, che intende diventare un appuntamento annuale, è Marco Meneguzzo, docente di storia dell’Arte all'Accademia di Brera con una straordinaria esperienza da curatore di mostre per le più importanti istituzioni pubbliche e private italiane. In giuria ci saranno anche Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, Valentina Gensini, direttore artistico di Murate Art District, Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento di Firenze, Alexander Pereira, sovrintendente del Maggio musicale fiorentino, Monica Preti, direttrice di Pistoia Musei, ed Emanuele Lepri, segretario generale del Museo Pecci di Prato.
La call è aperta fino al 26 novembre; le opere selezionate saranno esposte in prestigiose sedi tra Pistoia, Prato e Firenze, a partire da dicembre e verranno pubblicate in un catalogo di Mandragora.
Tra i progetti selezionati, ne saranno scelti tre che Alia si impegna ad acquisire con un premio in denaro rispettivamente di 2500 euro al primo classificato, 1500 euro al secondo e 1000 euro al terzo.
Il bando è scaricabile nella sezione Educational del portale www.aliaserviziambientali.it o sul sito www.secondlifecontest.it.

MILANO DRAWING WEEK: QUATTORDICI GALLERIE PER UN PERCORSO ALLA SCOPERTA DEL DISEGNO MODERNO E CONTEMPORANEO
Non solo disegni, ma anche acquerelli, collages, gouaches e pastelli: le opere su carta saranno protagoniste, dal 20 al 28 novembre, della prima edizione di Milano Drawing Week, nuovo appuntamento annuale ideato dalla Collezione Ramo.
Per nove giorni il pubblico potrà sperimentare un percorso attraverso le varie sfumature del disegno, facendo tappa in quattordici gallerie della città: Cabinet Studiolo, Castiglioni Fine Arts, Galera San Soda, Francesca Minini, Galleria Fumagalli, Galleria Monica De Cardenas, Galleria Raffaella Cortese, kaufmann repetto, Loom Gallery, M77 Gallery, Mega, OPR Gallery, Schiavo-Zoppelli Gallery e Studio Guenzani.
Al suo debutto Milano Drawing Week vede le opere degli artisti contemporanei Riccardo Beretta, Marco Pio Mucci, Miss Goffetown, Dennis Oppenheim, Francesco Simeti, Marco Belfiore, Marcello Maloberti, Magdalena Suarez Frimkess, Marco Andrea Magni, Braco Dimitrijevic, Costanza Candeloro, Ettore Tripodi, Andrea Sala e Stefano Arienti dialogare con quelle di grandi maestri del secolo scorso come Domenico Gnoli, Filippo de Pisis, Carol Rama, Mario Merz, Enrico Baj, Alighiero Boetti, Giorgio Morandi, Carla Accardi, Luciano Fabro, Giorgio de Chirico, Dadamaino e Ugo La Pietra.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina milanodrawingweek.com.
 
Nella foto: Filippo de Pisis, Senza titolo (Natura morta con oggetti, penna e fiore), 1944. Acquerello su cartoncino, 31.9 x 45.3 cm. Courtesy Collezione Ramo, Milano

mercoledì 17 novembre 2021

«Fuori dai cori»: fra’ Damiano Zambelli da Bergamo e l’arte dei «quadri di tarsia»

Ci fu un momento storico in cui Bologna fu caput mundi. L’episodio risale a cinque secoli fa, più precisamente al 24 febbraio 1530, quando Carlo V d’Asburgo, uno dei più importanti imperatori del Sacro romano impero, veniva incoronato da papa Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici, con una solenne cerimonia nella basilica di San Petronio, dopo essere stato cinto della Corona ferrea di re d' Italia due giorni prima, il 22 febbraio, nel Palazzo pubblico. Per preparare l’evento, che si sarebbe tenuto nello stesso giorno del suo compleanno, l’imperatore partì con una flotta navale da Barcellona alla volta di Genova nel mese di luglio del 1929 e giunse a Bologna quattro mesi dopo, il 5 novembre, facendo prima tappa nei centri di Piacenza, Reggio Emilia, Castelfranco Emilia e Borgo Panigale.
Nei mesi precedenti all’incoronazione, la città si trasformò in un cantiere febbrile: le fonti descrivono archi trionfali dipinti, scenografie con architetture classiche, finte statue, sculture effimere che non esistono più. Tutto ciò faceva parte di una strategia: l’arte italiana era, per Carlo V, il linguaggio adatto a celebrare un dominio «su cui non tramontava mai il sole» («in meinem Reich geht die Sonne niemals unter», diceva l’imperatore) e Bologna doveva diventare una seconda Roma. Per questo motivo, vennero chiamati in città i più capaci architetti, artisti, artigiani del tempo e tra loro c’erano pittori e scultori di grande fama, come Aspertini, Vasari, Parmigianino e Tiziano. Proprio in quei mesi, al convento di San Domenico, si stavano realizzando i «quadri di tarsia» per il dossale del presbiterio, ora visibile sul fondo della cappella maggiore. L’opera era stata commissionata al converso domenicano fra’ Damiano Zambelli (Bergamo, 1480 circa - Bologna, 1549), il «principe degli intarsiatori» rinascimentali, trasferitosi nel 1528 a Bologna, dove rimase attivo per circa un ventennio.
Carlo V – racconta una cronaca autografa, recentemente ritrovata nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna - fece visita all’artista e vide quelle opere «così misteriosamente lavorate, e così ben colorite senza punta di pennello, ma si bene coloriti legnami». In quell’occasione il frate domenicano fece dono al sovrano di una Crocifissione e incise anche il nome dell’imperatore in uno dei riquadri del registro inferiore del dossale, dove ancora oggi è visibile.
Questo racconto, già noto alla storiografia, è in parte pubblicato nel catalogo di Éditions Ligéa di Parigi che accompagna la mostra «Fuori dai cori. Tre «quadri di tarsia» di fra Damiano Zambelli da Bergamo», allestita fino al 5 dicembre al Museo Davia Bargellini, in occasione delle celebrazioni internazionali per l’ottavo centenario della morte di San Domenico.
La piccola esposizione bolognese - curata da Mark Gregory D’Apuzzo, Lorenzo Mascheretti e Massimo Medica - presenta per la prima volta al pubblico due nuovi «quadri di tarsia» di collezione privata - in passato nella raccolta di Longari Arte Milano - rappresentanti una Flagellazione e una Crocifissione, affiancati per la prima volta al commesso ligneo conservato, almeno dal 1851, al Museo Davia Bargellini, anch’esso raffigurante una Crocifissione (1530-1540). L’intento dei curatori è stato quello di raccogliere manufatti affini per dimensione e destino, così da raccontare una tecnica artistica posta all’«incrocio di tutte le arti» - per usare le parole di André Chastel - e particolarmente diffusa nel corso del Quattrocento e del Cinquecento, che consisteva nel realizzare mosaici con tasselli di essenze lignee differenti, per colore e texture, che raffiguravano scorci architettonici o paesaggi naturali.
Completa il percorso espositivo un focus, attraverso pannelli esplicativi, all’interno del coro della basilica di San Domenico a Bologna, capolavoro del frate artista bergamasco, eseguito con aiuti a partire dal 1541 e terminato poco dopo la morte dell’artista.
La carriera di fra’ Damiano coincise con la stagione più esuberante, seppur terminale, della pratica artistica dei «quadri di tarsia». Come documenta la mostra bolognese, la sua produzione non si limitò alla realizzazione tradizionale di arredi liturgici e mobili presbiteriali, ma «uscì dai cori» attraverso l’esecuzione di veri e propri lavori destinati a un precoce collezionismo privato. Tra i primi estimatori dell’arte di fra’ Damiano, accanto ai grandi nomi di Carlo V, Alfonso d’Este e Paolo III, si registrano quelli di Francesco Guicciardini, Leandro Alberti e Sabba da Castiglione. Le opere esposte a Bologna sono un esempio di questa fortuna collezionistica e dimostrano la larga richiesta di simili oggetti da parte della committenza aristocratica.
Oltre a creare l’occasione per riflettere sul fenomeno di collezionismo di tale tipologia di prodotti artistici a partire dal XVI secolo, riunire le tre tarsie offre il pretesto per un ragionamento sulle loro tecniche di produzione: l’eccezionale accostamento dei due pezzi gemelli raffiguranti la Crocifissione consente di meditare sulla pratica del riuso dei cartoni preparatori, assai diffusa all’interno delle botteghe coeve.
Infine, si segnala una curiosità. Non è possibile, al momento, correlare la Crocifissione presente in mostra a quella che fra’ Damiano Zambelli donò a Carlo V durante la visita al Convento di San Domenico. Ma la straordinaria ricchezza del manufatto, composto da essenze diverse e dalla presenza di ornamenti in peltro, fa pensare a una destinazione prestigiosa. La riscoperta provenienza del «quadro a tarsia» - la rinomata collezione Krupp von Bohlen und Halbach, famiglia di imprenditori siderurgici tedeschi legata alla dinastia imperiale germanica – fa correre la fantasia.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2 ,3 e 4] Fra Damiano Zambelli (1480 circa - 1549) Crocifissione, 1530 circa (dettaglio) cm 80 x 55,5 Milano, collezione privata Foto Roberto Serra;  [fig. 5]Fra Damiano Zambelli (1480 circa - 1549) Crocifissione, 1530-1540 cm 87 x 63 Bologna, Museo Davia Bargellini Foto Roberto Serra Courtesy Istituzione Bologna Musei  

Informazioni utili 
«Fuori dai cori. Tre «quadri di tarsia» di fra Damiano Zambelli da Bergamo». Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini, Strada Maggiore, 44 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì, giovedì, ore 10:00 – 15:00, venerdì, ore 14:00 – 18:00; sabato, domenica, festivi, ore 10:00 – 18:30; chiuso lunedì non festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. +39.051.236708 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet. www.museibologna.it/arteantica. Fino al 5 dicembre 2021.

martedì 16 novembre 2021

«Anatomia umana», un’opera di Salvatore Astore per Torino

«Da bambino, quando mi chiedevano cosa avrei voluto fare da grande, io candidamente rispondevo che non avrei voluto fare ma essere Leonardo da Vinci, perché vedevo la sua figura in modo fiabesco, come un mago buono alla Merlino con tanto di barba lunga e bianca, con il pennello e la matita che apparivano ai miei occhi strumenti magici con cui creare pitture incantate e disegni che sembravano formule alchemiche». Così, con la passione per il genio toscano nel cuore e l’interesse per la natura e la condizione dell’essere umano in testa, Salvatore Astore (San Pancrazio Salentino, Brindisi, 1957) inizia il suo viaggio nel mondo dell'arte sperimentando soprattutto tecniche e materiali legati al contesto urbano industriale e realizzando principalmente sculture di medie e grandi dimensioni in ferro o in acciaio saldato.
«Minimalismo organico» e «moderno antropocentrismo» sono i termini usati per definire questo stile, che trova ulteriore linfa dall’incontro, a metà degli anni Novanta, con l’artista americano Sol Lewitt.
In questo solco si muove anche l’ultimo lavoro dello scultore pugliese di nascita e torinese d’adozione: il gruppo scultoreo «Anatomia umana», un regalo della galleria Mazzoleni alla sua città, Torino.
Il lavoro è composto da una coppia di grandi sculture verticali in acciaio inox (altezza 5,20 - 5,50 metri, larghezza della base circa 3,6 metri), simili fra loro ma con sviluppi formali diversi, appositamente studiate e realizzate per instaurare un dialogo con lo spazio urbano circostante.
Nei giorni scorsi, le due strutture verticali sono state incardinate al suolo, senza piedestallo, una di fronte all’altra in posizione leggermente asimmetrica, nello spazio pedonale lastricato in pietra, contornato da due bande erbose, in corso Galileo Ferraris, all' incrocio con via Cernaia. L’essenzialità enigmatica e minimale delle forme scultoree si impone, dunque, in uno degli incroci cardine della viabilità torinese, di fronte al Mastio della Cittadella, maestosa fortezza militare, rimando all’illustre passato di capitale della città di Torino.
Le sculture acquistano, inoltre, uno specifico senso urbanistico e diventano segni plastici che valorizzano esteticamente l’inizio della lunga prospettiva dove svetta sullo sfondo il monumento a Vittorio Emanuele II.
La dimensione degli spazi concavi interni delle opere, in contrapposizione alle superfici convesse esterne, si impone come protagonista e si inserisce all’interno di una dinamica dove l’alternanza tra vuoto e pieno viene scandita dal nostro immaginario.
L’artista, in una sapiente retorica concettuale, sperimenta geometrismo e volumi, giungendo a una frontiera labile dove svanisce l’intervento umano e prosegue quello della natura, dando nascita a nuove forme, nuove anatomie, delle sorte di calotte craniche, la cui compattezza è attraversata da profonde saldature. 
«Le saldature – racconta Francesco Poli - diventano un analogo delle strutture ossee con scansioni e connessioni di armonica simmetria: le curvature hanno una tensione adeguata; le superfici fredde sono allo stesso tempo cariche di una particolare energia; le convessità esterne danno forza di suggestione alle cavità interne». 
«Questo recente mio lavoro scultoreo in cui volutamente risaltano due enormi fori sagomati a forma di calotta cranica, sono – a mio modo di vedere – la traduzione plastica di concetti come materia, peso, forma, vuoto che ho sempre indagato nel mio fare scultura - racconta Salvatore Astore -. Il tentativo di mettere in relazione la parte con il tutto, la forma visibile delle cose con l’aspetto immateriale della conoscenza, così come l’urgenza di ricercare l’organicità della forma, è il mio modo di proseguire la ricerca sull’uomo e sul rapporto fra l’uomo e il mondo. In questo, «Anatomia umana», è sicuramente un omaggio personale al grande genio del Rinascimento, l’artista che, più di ogni altro, ha messo l’uomo in relazione alla conoscenza». Leonardo e i suoi disegni anatomici sono, dunque, ancora il modello di Salvatore Astore, il faro luminoso di un’arte dalla sapiente retorica concettuale e dallo sperimentalismo geometrico.

Didascalie delle immagini
Le fotografie sono di Cecilia Allemandi 

Informazioni utili 
www.mazzoleniart.com

lunedì 15 novembre 2021

Tra fragilità e trasparenza, tra eleganza e eccentricità: alla scoperta dei vetri della collezione Cappagli Serretti

Sono i primi anni Sessanta quando Bruno Cappagli e Liana Serretti, passeggiando per una strada di Modena, comprano il primo pezzo della loro collezione: un vasetto di vetro di Murano, secondo l’antiquario risalente al XVI- XVII secolo. Quell’acquisto è l’inizio di un viaggio alla scoperta delle meraviglie alchemiche del vetro, fatto di ricerche in biblioteche, librerie e bancarelle e di acquisizioni tra mercati antiquari, rigattieri e case d’asta.
Quando, nel 2013, Liana Serretti, toscana di origine e bolognese di adozione, si ritrova sola decide che quel patrimonio non deve essere disperso e, sicura di interpretare anche il pensiero del marito, sceglie di farne dono ai Musei civici di arte antica di Bologna, quale segno di ringraziamento e riconoscenza verso la città che ha ospitato la sua famiglia con «gentilezza, capacità di inclusione e spirito di accoglienza». 
L’intera raccolta diventa di proprietà del Comune felsineo nel 2020, assicurando così alla fruizione e alla valorizzazione pubblica un nucleo collezionistico composto da 117 vetri - per oltre 150 pezzi tra manufatti singoli, coppie e servizi – databili dal XVII al XIX secolo. 
La donazione si completa con la cessione di oltre cinquanta pubblicazioni specialistiche sulla storia dell'arte vetraria acquistate nel corso di oltre quarant’anni di passione collezionistica, ora consultabili alla Biblioteca dei Musei civici d’arte antica, situata al primo piano del Lapidario del Museo civico medievale.
Per l’occasione è stata organizzata, con la preziosa collaborazione della Fondazione Musei civici di Venezia, la mostra «Vetri dal Rinascimento all’Ottocento. La donazione Cappagli Serretti per i Musei civici d’arte antica di Bologna», a cura di Mark Gregory D’Apuzzo, Massimo Medica e Mauro Stocco, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Silvana editoriale.
La raccolta si distingue non solo per l’indubbia qualità artistica dei suoi manufatti, frutto di un preciso e raffinato gusto estetico, ma anche e soprattutto per la capacità di offrire un'ampia ed esaustiva panoramica su tutte le principali manifatture europee dal Seicento all’Ottocento. La collezione allarga, infatti, lo sguardo ben oltre gli orizzonti italiani facendo conoscere ai visitatori anche il mondo vetrario anglosassone e spagnolo del Settecento, documentati rispettivamente da calici decorati a spirali di lattimo e da motivi decorativi di matrice islamica dalla brillante tavolozza cromatica, nonché dalla colorata produzione boema del periodo Biedermeier, caratterizzato da una vasta produzione di vetri smaltati e incisi, che molto influenzò la produzione della Real Fábrica de La Granja di San Ildefonso, fondata nel 1727 a Segovia, nei pressi di Madrid, ma anche di altre manifatture europee.
Le varie fabbriche sparse nel continente non costituivano, infatti, mondi a sé stanti, isolati gli uni dagli altri; erano in realtà in stretta relazione condividendo tecniche, forme e motivi decorativi, pur mantenendo sempre caratteri specifici, in relazione alle differenti condizioni storiche, sociali e politiche di ogni singolo Paese.
Spicca per unicità e qualità tecnica il gruppo di opere del Seicento veneziano, noto per lo stile fantasioso, talvolta addirittura bizzarro, che ama sperimentare nuove tecniche decorative, caratterizzate da un virtuosismo che predilige la funzione decorativa a quella d’uso. Raro e curioso, in collezione, ed esemplificativo di questo stile, è il calice con gambo a stelo di fiore, un tipo vetrario risalente alla fine del XVII o all’inizio del XVIII secolo di cui si conservano ben pochi esemplari nelle raccolte pubbliche, a motivo della loro estrema fragilità.
Nata nel XVI secolo sulla scia del successo del vetro veneziano in Europa e in conseguenza della massiccia diaspora dei vetrai muranesi verso Paesi Bassi, Germania, Inghilterra e Spagna, la vasta produzione à la façon de Venise prosegue per circa due secoli, risentendo sempre di più delle tradizioni del luogo di origine.
Ben documentato dalla collezione è anche il fenomeno, ancora poco studiato, della produzione veneziana ed europea settecentesca a imitazione di quella boema, che testimonia la progressiva crisi economica dell’industria muranese e l’affermazione di nuovi centri produttivi che stimolano un cambiamento di gusti e forme. La grande svolta settecentesca nella storia del vetro è rappresentata dal diffondersi di nuove tecniche originate nell’Europa settentrionale, che già verso la fine del XVII secolo segnano la fine della supremazia del vetro veneziano dopo secoli di incontrastato predominio. Il superamento dell’influenza muranese si deve principalmente all’innovazione del processo di composizione delle paste vitree con l’utilizzo di nuovi materiali, come il piombo e il potassio. Fanno così la loro comparsa soffiati incisi a rotina prodotti per il mercato interno della Repubblica, che rivelano la loro origine veneziana nelle forme memori della tradizione rinascimentale, nel tipo di intaglio più superficiale e nel diverso gusto decorativo. Motivi vegetali e floreali, animali, scene di caccia e motivi geometrici affollano le superfici di bicchieri, calici, piatti, ampolle e oliere.
Accanto a oggetti pregiati presenti nelle tavole aristocratiche o borghesi come alzate, bottiglie, calici, fiaschi, bicchieri da vino o da liquore, è presente nella collezione un notevole gruppo di oggetti «popolari» o di uso più corrente, utilizzati nelle spezierie come strumenti da laboratorio (storte, imbuti, versatoi).
C’è anche un gruppo di oggetti legati al settore dell’illuminazione come la settecentesca lanterna veneziana in legno dorato, le cui pareti sono costituite da lastrine di vetro dipinte con motivi a candelabra e tralci di fiori e foglie, o la splendida lampada «fiorentina» a tre becchi in vetro e metallo argentato, risalente al XVIII-XIX secolo. Il lume a olio con corpo di forma sferica e gambo a balaustro era, invece, un modello prodotto in larga misura sia in Europa sia negli Stati Uniti nel corso del XVIII secolo.
Oltre a determinare un ingente incremento del patrimonio civico, la donazione della collezione Cappagli Serretti ha consentito lo sviluppo di collaborazioni virtuose sia sul piano della ricerca che della didattica. Grazie alla preziosa consulenza tecnico-scientifica della direzione e dello staff curatoriale del Museo del vetro di Murano, tutti i pezzi della collezione sono stati studiati e catalogati, con il fine di ricostruirne epoca di costruzione, manifattura di produzione, area di provenienza, materiali costitutivi, caratteristiche stilistiche e formali. La progettazione dei materiali di comunicazione visiva dedicati alla mostra è, invece, stata realizzata coinvolgendo oltre cinquanta allievi del quinto anno del Liceo artistico «Arcangeli» di Bologna.
La collezione Cappagli Serretti dona, dunque, valore aggiunto alle raccolte museali bolognesi, che nelle sedi del Museo civico medioevale e del Museo Davia Bargellini ospitano alcuni pregevoli capolavori dell’arte vetraria, come il rarissimo calice blu decorato a smalto e dorature con l’«Adorazione dei Magi», considerato uno dei vetri più antichi e preziosi del Rinascimento italiano e attribuito alla mano del muranese Angelo Barovier (1405- 1460), celebre inventore del vetro cristallino simile al cristallo di rocca.
Per una circostanza tanto singolare quanto fortuita, nello stesso periodo di apertura della mostra dedicata alla collezione Cappagli Serretti, alcuni di questi vetri sono esposti nella mostra «Émailler le verre à la Renaissance. Sur les traces des artistes verriers, entre Venise et France», organizzata dal Musée du Louvre al Musée national de la Renaissance - Château d’Écouen, alle porte di Parigi. Un riconoscimento importante, questo, per una storia collezionista, quella di Bologna e dei suoi donatori, che parla il linguaggio della fragilità e delle trasparenze, dell’eleganza e dell’eccentricità.

Didascalie delle immagini
1. Copertina catalogo (Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2021); 2. Manifattura inglese, Calici con stelo a spirali di lattimo, 1760 circa. Vetro incolore soffiato; fili di vetro lattimo h 14 cm, diam. base 6 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 28°. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 3. Manifattura europea (Venezia?), Sei bicchieri dorati, seconda metà del XVIII secolo. Vetro incolore soffiato e dorato h 16 cm, diam. base 7,1 cm. Bologna, Musei Civi-ci d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 56. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 4. Manifattura veneziana, Bottiglietta a costolature, fine del XVII - inizio del XVIII secolo o seconda metà del XIX secolo. Vetro incolore soffiato a stampo h 19,5 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 12. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Mu-sei; 5. Manifattura veneziana, Reliquiario con coperchio, inizio del XVII secolo. Vetro incolore soffiato a stampo e a mano libera; applicazioni a caldo h 22 cm (con coperchio h 35 cm), diam. piede 11,8 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 6. Foto Roberto Serr. Courte-sy Istituzione Bologna Musei; 6. Manifattura centroeuropea, Zuccheriera e cinque tazzine in vetro latti-mo dipinto a smalti, inizio del XIX secolo. Vetro lattimo soffiato, dorato e dipinto a smalti zuccheriera: h 7,7 cm, diam. base 9,4 cm; tazzine: h 6,5 cm, diam. 4,3 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 70. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 7. Manifattura veneziana, Calice con stelo a forma di fiore, fine del XVII - inizio del XVIII secolo. Vetro in-colore soffiato a mano libera e a stampo; applicazioni h 19,5 × 9,5 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 5

Informazioni utili
Vetri dal Rinascimento all’Ottocento. La donazione Cappagli Serretti per i Musei civici d’arte antica di Bologna. Museo civico medievale, Via Manzoni 4 – Bologna. Orari: martedì e giovedì, ore 10:00-14:00; mercoledì, venerdì, ore 14:00-19:00; sabato, domenica, festivi, ore 10:00-19:00; chiuso i lunedì non festivi e a Natale. Ingresso: intero € 6 | ridotto € 3 | ridotto speciale giovani tra 18 e 25 anni € 2 | gratuito possessori Card Cultura. Informazioni: tel. +39.051.2193916 / 2193930 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito web: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 18 aprile 2022

sabato 13 novembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dall'8 al 14 novembre 2021

«THE DRAWING HALL», A BERGAMO UN NUOVO SPAZIO DEDICATO AL DISEGNO
«L’arte italiana, attraverso i secoli, ha sempre affondato le sue radici nel disegno: da Cimabue a Giotto, dal Rinascimento ai grandi maestri incisori, da Morandi a Boetti la matita è, con grazia, leggerezza e potenza, una chiave di lettura del reale». Parte da questa riflessione il lavoro di «The Drawing Hall», nuovo spazio indipendente di Grassobbio (Bergamo), interamente dedicato al disegno e alle sue declinazioni nell’arte contemporanea, fortemente voluto dall’artista Andrea Mastrovito, con Walter Carrera, visual designer e fotografo, e Marco Marcassoli, regista e fondatore di Yanzi Srl.
Il nuovo spazio, in via Boschetti 87, si presenta al pubblico sabato 13 e domenica 14 novembre (ore 12:30-19:00), in occasione dell’undicesima edizione del festival «Art Date» di Bergamo: quattro giorni di incontri, proiezioni, visite guidate, mostre nelle gallerie cittadine, a cui fa da filo rosso il tema «Tempo sospeso», e che ha il suo clou nella collettiva «Statements» al Palazzo della Ragione.
«The Drawing Hall» debutta con «GV 19,30», mostra nella quale sono esposti venticinque tra le centinaia di disegni che Andrea Mastrovito ha realizzato nei giorni del suo progetto per la Chiesa dell’Ospedale San Giovanni XXIII a Bergamo. La mostra è accompagnata da «Accarezzare con la matita», un «Quaderno» che prende spunto dal video-documentario «Un luogo una carezza» di Marco Marcassoli, visibile in mostra, per raccontare le grandi vetrate che dal 2014 ornano l’abside della chiesa bergamasca, realizzate dal maestro vetraio Lino Reduzzi su disegno di Andrea Mastrovito.
Per saperne di più su «Art Date» è possibile visitare la pagina https://www.theblank.it/artdate-2021/. Per saperne di più su «The Drawing Hall» è possibile telefonare al numero 393.9078715 o scrivere a info@thedrawinghall.it. 

«CALEIDOSCOPICA»: A REGGIO EMILIA IL MONDO ILLUSTRATO DI OLIMPIA ZAGNOLI
Forme sinuose e colori saturi, figure bidimensionali e illusioni ottiche, immagini semplici e fulminee, che attingono tanto al Futurismo quanto al mondo dei Beatles: è un vero e proprio caleidoscopio quello che Olimpia Zagnoli (Reggio Emilia, 29 febbraio 1984) mette in scena nella sua città natale, Reggio Emilia.
Le sale dei Chiostri di San Pietro allineano, fino al prossimo 16 gennaio, disegni, stampe, neon, tessuti, sculture in ceramica, legno e plexiglas, oggetti di uso comune, realizzati dall’illustratrice nei suoi primi dieci anni di carriera. Tra i lavori esposti ci sono illustrazioni iconiche come il manifesto per l'azienda dei trasporti Mta di New York e le copertine per «The New Yorker», ma anche disegni giovanili inediti e bozzetti.
Curata da Melania Gazzotti, «Caleidoscopica» - questo il titolo dell’esposizione, che si avvale di un catalogo di Lazy Dog Press - permette così di conoscere le innumerevoli sfaccettature del lavoro dell’artista emiliana, le cui immagini vivaci hanno fatto da cornice a campagne di clienti come Google, Apple, Barilla, Perugina e Fiat, ma anche a libri per bambini come e progetti editoriali come il «New York Times», «Vanity Fair», Taschen e Penguin Books.
Per l’occasione, Olimpia Zagnoli ha creato un progetto site-specific: un «giardino di sculture» per i cinquecenteschi chiostri di San Pietro, composto da sei opere di grande formato dalle linee sinuose e dai colori pieni e brillanti.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://www.palazzomagnani.it/

«LANARCHICO», ALL’EX ANONIMA CALAMAI DI PRATO LO STUDIO DI MARCO BISCARDI
La nuova vita del Società anonima lanificio Calamai di Prato, uno degli esempi più interessanti di archeologia industriale in Toscana, è all’insegna dell’arte contemporanea. Dopo gli interventi di Tai – Tuscan Art Industry, il complesso nel quartiere di San Paolo, costruito alla fine dell’Ottocento per iniziativa di Brunetto Calamai e restaurato nel 1930 dall’ingegner Pier Luigi Nervi, che vi realizzò in cemento armato i capannoni delle tintorie, caratterizzate da un suggestivo sistema di coperture a capriate, apre le porte a «LAnarchico». Sabato 13, con un’inaugurazione a inviti, e domenica 14 novembre, con un’apertura al pubblico prevista dalle ore 11 alle ore 18, Marco Biscardi, artista pugliese, classe 1986, trapiantato in Toscana, svelerà il suo studio-galleria.
Il nuovo contenitore culturale, che si estende su un’area di quattrocento metri quadrati, è stato concepito come un luogo di aggregazione e innovazione che, di volta in volta, potrà diventare atelier, showroom, sala conferenze, coworking, ospitando mostre, eventi di moda, concerti, presentazioni di libri e persino corsi di pittura, scultura, cucito, yoga, meditazione.
Lo spazio sarà impreziosito dalle opere di Marco Biscardi, dai primi lavori a quelli più recenti, passando per il periodo americano e la residenza a Shanghai, che nel 2018 ha visto l’artista ospite di un programma di quaranta giorni finanziato dal governo cinese e dalle università più prestigiose dell’Asia.
In occasione dell'apertura dello spazio, l’artista entrerà nel mercato NTF, il mondo dei Non-Fungible Token, ovvero degli oggetti digitali certificati, unici e non riproducibili, presentando sulla piattaforma FabriikX un drop di quattro opere che raccontano in modo sarcastico, critico e ironico la società attuale, permeata da status, lusso, televisione e social network.
Lo spazio sarà aperto dal lunedì al venerdì, dalle ore 10:30 alle ore 18; si consiglia di telefonare al numero 3313664642 prima della visita. Per maggiori informazioni è possibile scrivere a lanarchicoprato@gmail.com.

DUE NUOVE OPERE DI GIOVANNI DI FRANCESCO TOSCANI NEL PATRIMONIO DELLA GALLERIA DELL’ACCADEMIA DI FIRENZE
La collezione della Galleria dell’Accademia di Firenze si arricchisce di due nuove opere. Si tratta di due preziosissimi pinnacoli raffiguranti l’«Angelo annunciante» e la «Vergine annunciata» del pittore fiorentino Giovanni di Francesco Toscani (1371/1372 – 1430), parte di un polittico del Quattrocento che si trovava sull’altare della Cappella Ardinghelli, nella Basilica di Santa Trinita a Firenze. I dipinti, che saranno sottoposti a un accurato restauro, sono stati acquistati dagli eredi di Nicolò Carandini ed Elena Carandini Albertini per l’importo complessivo di quattrocentomila euro.
L’opera è l’unico dipinto su tavola documentato di Giovanni di Francesco Toscani. Fu commissionato nel 1423 per il matrimonio di Piero di Neri Ardinghelli con Caterina, nipote di Palla Strozzi, all’epoca l’uomo più ricco a Firenze, che già possedeva una magnifica cappella nella stessa basilica, disegnata da Lorenzo Ghiberti. Strozzi aveva fornito Caterina di una dote di circa 2000 fiorini che in parte furono utilizzati per rinnovare la cappella Ardinghelli. Al centro della pala d’altare realizzata da Toscani, al posto della tradizionale Madonna con Bambino, fu collocato un crocifisso ligneo che fungeva da reliquario e che, in alcuni periodi dell’anno, veniva esposto alla pubblica devozione attraverso una grata su via del Parione.
Il polittico venne smembrato nella seconda metà del XVIII secolo e i vari pannelli riapparvero, in anni e luoghi diversi, solo a partire dalla metà dell’Ottocento. Nel 1966 col fondante contributo critico di Luciano Bellosi è stato possibile identificare Giovanni di Francesco Toscani come autore dell’opera, nonché chiarire quale era la sua struttura originaria. 
Dei dipinti che componevano questo bellissimo capolavoro, quattro tavole sono già di proprietà della Galleria dell’Accademia, mentre lo scomparto destro della predella con «Il battesimo di Cristo e il martirio di San Giacomo maggiore» è conservato al Philadelphia Museum of Art e il pannello principale laterale destro con i «Santi Giovanni Battista e Giacomo Maggiore» si trova al The Walters Art Museum di Baltimora. Mancano ancora all’appello, il pannello principale laterale sinistro, in cui erano raffigurati i «Santi Francesco e Nicola», e i tre tondi, sottostanti i tre pinnacoli.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.galleriaaccademiafirenze.it.

«SANI!», DEBUTTA A MILANO IL NUOVO SPETTACOLO DI MARCO PAOLINI
Ai piedi delle Alpi, nella valle del Piave, si saluta con una bella espressione: «Sani!». È un augurio, una benedizione, un viatico, che deriva dal termine latino «salus» e che significa «salute, stiamo in salute». Quel modo di congedarsi, tipico della tradizione montanara bellunese, è stato scelto da Marco Paolini come titolo del suo nuovo spettacolo che, dopo l’anteprima friulana dello scorso fine settimana al Verdi di Pordenone, debutta il prossimo 16 novembre a Milano, negli spazi del Piccolo teatro Strehler, per rimanere in cartellone fino al 5 dicembre.
Fondato su un canovaccio autobiografico, che cuce insieme storie vecchie e nuove, il progetto, concepito nei giorni del secondo lockdown, si è arricchito via via di canzoni e musiche, scritte da Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi. Lo spettatore viene così condotto per mano in un viaggio che parte dalla memoria e arriva fino al presente, dove il vissuto personale dell’artista si intreccia con la storia di tutti noi. «Dall’epico-comico incontro-scontro tra Carmelo Bene e Marco Paolini nel 1983 all’incontro-scontro tra Reagan e Gorbačëv, al vertice di Reykjavík a Höfði, in Islanda nel 1986, dalla ricostruzione dopo il terremoto del ’76 in Friuli alla ripartenza dopo la pandemia»: questi – si legge nella sinossi - sono alcuni degli argomenti che l'autore, attore e regista bellunese, conosciuto per lavori come «Il racconto del Vajont» o «I-TIGI Canto per Ustica», tratta in forma di ballata.
Quello che Marco Paolini propone a Milano è ancora un «teatro fra parentesi» perché il senso di provvisorietà di questi tempi che stiamo vivendo permane. Ma è anche un teatro che trova nello scambio interpersonale, nella capacità di portare il pubblico dentro una storia, la sua forza. Senza esagerazioni né proclami, l'attore veneto indica così a tutti noi una via per tornare allo spettacolo dal vivo: «In questo tempo di teatro fra parentesi - dice - non tutto dipende dalle norme, dipende dal buon senso, dal coraggio e dalla fiducia, dipende da noi. Per convenzione, il biglietto venduto a teatro corrisponde a una sedia o a una poltrona; secondo me corrisponde invece a un diritto: quello di poter vivere un’esperienza da dentro, non di guardarla da fuori».
Il costo del biglietto varia dai 33 ai 26 euro. Lo spettacolo sarà in cartellone con i seguenti orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19:30; mercoledì e venerdì, ore 20:30; domenica, ore 16. Per informazioni e prenotazione è possibile telefonare al numero 02.21126116 o consultare il sito www.piccoloteatro.org.

Le foto sono di Gianluca Moretto

«THE HOMO SAPIENS»: ARTURO DELLE DONNE RACCONTA IL MONDO ATTRAVERSO I COSTUMI TIPICI
Si intitola «The Homo Sapiens» il nuovo progetto fotografico e antropologico di Arturo Delle Donne, attualmente esposto in anteprima a Parma, negli spazi del Museo d’arte cinese, realtà voluta nel 1901 dal fondatore dei missionari saveriani Guido Maria Conforti, proclamato santo nel 2011. Venti fotografie di grandi dimensioni raccontano, fino al prossimo 8 marzo, le diversità culturali del mondo, immortalando alcuni gruppi di persone con i propri abiti tradizionali, simbolo del loro legame con la terra natia.
«The Homo sapiens», progetto in fieri che attualmente si articola in una ottantina di scatti, focalizza, dunque, l’attenzione sui valori di rispetto e fratellanza attraverso l’abbigliamento, o meglio quell’insieme di vestiti, accessori e acconciature che sono la prima forma di comunicazione di un popolo.
In questo progetto, - raccontano gli organizzatori - «il vestito viene indossato come ricordo, come legame alla propria patria di origine. Il vestito diventa cioè appartenenza, consapevolezza e orgoglio. Indossarlo rappresenta un atto evocativo dei legami e delle proprie radici». Mentre Arturo Delle Donne precisa: «Il mio lavoro di fotografo prosegue. Sto continuando a realizzare ritratti per questo ambizioso progetto che potenzialmente non ha una fine. Il mio ruolo di fotografo è indissolubile dalla ricerca e sto continuando a cercare. Questo lavoro aspetta di essere condiviso con altre persone e ospitato in altri luoghi».
Il museo è aperto dal martedì al sabato, dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 19 e la domenica, dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 19, con un biglietto di ingresso di 3,00 euro per gli adulti e di 1,50 euro per i giovani fino ai 18 anni. Per prenotazioni, visite guidate e laboratori didattici è possibile scrivere all’indirizzo e-mail info@museocineseparma.org. 

AL VIA «BITE&GO»: UN NUOVO PROGETTO ITINERANTE DI NICOLETTA RUSCONI ART PROJECTS
Parte da Milano «Bite&Go», il nuovo progetto itinerante internazionale di Nicoletta Rusconi Art Projects, che offre inedite vetrine di esposizione per l’arte contemporanea così da coinvolgere un pubblico il più ampio e diversificato possibile, dai collezionisti ai giovani.
Dall'11 al 13 novembre (giovedì, dalle ore 18:30 alle ore 21; venerdì e sabato, dalle ore 10 alle ore 21), in via San Fermo 7, sarà possibile immergersi in un’inedita wunderkammer dove scoprire e vedere più di sessanta opere, pezzi unici in piccolo formato di artisti emergenti, mid-career ed established, selezionati da Nicoletta Rusconi, collezionista, ex-gallerista e mecenate dell’arte.
Lavori di pittura, scultura, ceramica, vetro, collage, disegno e design scorreranno così sotto gli occhi dei visitatori. Letizia Cariello, Giovanni Chiamenti, Giulia Dall’Olio, Giulio Frigo, Genuardi/Ruta, Franco Guerzoni, Eduard Habicher, Jana Kasalová, Jean-Baptiste Maitre, Jacopo Mazzonelli, Pierre-Etienne Morelle, Federico Pepe, Alice Ronchi, Vanessa Safavi, Franz Schmidt, Davide Sgambaro e Henrik Strömberg sono alcuni degli artisti in mostra.
Tutte le opere saranno accomunate dalla caratteristica di essere accessibili a un pubblico allargato, grazie a un range di prezzo che varia fra i 300 e i 3.000 euro, consentendo di acquistare e collezionare arte anche con un investimento contenuto.
Dopo Milano, «Bite&Go» approderà a Montecarlo nel 2022, per poi raggiungere nuove località dove intercettare il crescente interesse verso il collezionismo d’arte contemporanea.
All’interno di questo panorama itinerante, il progetto manterrà una sede permanente negli spazi di Cascina I.D.E.A. ad Agrate Conturbia, in provincia di Novara, uno spazio espositivo e progettuale, immerso nella natura dove il dialogo tra arte, architettura e design si fa intimo e raccolto.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.nicolettarusconi.com.

La foto è di Agnese Bedini 

FIRENZE, UNA NUOVA GUIDA PER PALAZZO MEDICI RICCARDI
Palazzo Medici Riccardi
 si dota di una nuova guida (15 x 21 cm, 112 pp., brossura con alette, 100 illustrazioni a colori,14 euro), a cura di Valentina Zucchi, che permetterà di conoscere e approfondire la storia e le bellezze di uno dei più importanti musei della città di Firenze, prima dimora dei Medici, dove vissero Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico. Edita da Officina Libraria, il volume, disponibile anche in lingua inglese e francese, è già acquistabile presso il bookshop di Palazzo Medici Riccardi e nei maggiori store on-line.
Corredato di numerose illustrazioni a colori, lo scritto accompagna il lettore passo dopo passo, alla scoperta delle meraviglie del palazzo. A partire dalla facciata e dai prospetti esterni, il testo prosegue con il raffinato Cortile di Michelozzo, il giardino, il percorso archeologico nei sotterranei, salendo poi la scala monumentale verso il piano nobile con la Cappella dei Magi, sapientemente affrescata da Benozzo Gozzoli a metà Quattrocento, la sala di Carlo VIII e gli altri ambienti, fino alla splendida sala dei Bassorilievi e alla Galleria degli specchi di età riccardiana, con volta dipinta da Luca Giordano. Non mancano schede di approfondimento su temi importanti e specifici, a complemento della lettura, come quelli dedicati allo stemma Medici e le insegne medicee e alla «Madonna con Bambino» di Filippo Lippi.
Attraverso le sue pagine, la guida permette anche di approfondire le vicende che hanno portato alla nascita dell’edificio – per volontà di Cosimo de’ Medici e su progetto di Michelozzo – ed esplorarne gli sviluppi nel corso dei secoli, dall’età d’oro rinascimentale al passaggio del palazzo alla famiglia Riccardi nel Seicento, fino all’acquisizione della Provincia di Firenze e ai giorni nostri. Il testo si pone così come un affascinante viaggio fra ambienti, personaggi ed epoche storiche, offrendo gli elementi utili per comprendere la storia di un palazzo che tuttora è leggenda e per apprezzarne i celebri capolavori.
Per maggiori informazioni: http://www.palazzomediciriccardi.it/

UN’«EDIZIONE DELIVERY» PER IL FESTIVAL DELLA PESTE DI MILANO
Cosa può diventare un festival senza la presenza fisica delle persone? Come si può restare in dialogo anche se distanti? Partendo da queste domande è nata la quarta edizione del Festival della Peste, promosso dalla Fondazione «Il Lazzaretto» di Milano.
Quest'anno la manifestazione ha un inedito formato «da asporto» per portare la cultura direttamente a casa. Come? Attraverso una speciale scatola d’artista numerata, dal design che richiama il più classico cartone della pizza, ma che nella realtà racchiude un breve estratto dei lavori realizzati per l’occasione dalla live artist Sara Leghissa, dal collettivo fotografico Cesura, dall’illustratrice catalana Luci Gutiérrez, dagli studenti della Scuola Mohole e dallo staff creativo della Fondazione «Il Lazzaretto».
Al suo interno il «cartone da asporto» - ordinabile esclusivamente tramite l’apposito form sul sito ilfestivaldellapeste.com, a partire dalla mattina di martedì 9 novembre - contiene una serie di oggetti che raccontano in maniera originale i vari progetti, legati tra loro dal tema «Ordine/Disordine». Tutti gli oggetti inclusi nella scatola, che andava ritirata entro le ore 20 di mercoledì 10 novembre, potranno essere fruiti comodamente a casa propria, senza limiti di tempo, e verranno presentati sul sito ufficiale del festival attraverso approfondimenti.
Durante questa edizione del Festival della Peste è stato presentato anche il vincitore del Premio Lydia, Daniele Costa, che nella sua opera di videoarte «Trapezia» concentra la propria attenzione sulla pratica «Drag» e sui nuovi luoghi di espressione della performance e dello spettacolo dal vivo tra piattaforme e spazio domestico.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet www.ilfestivaldellapeste.com.
 
UN'EDIZIONE «EUROPEA» PER IL DECENNALE DEL TORINO FRINGE FESTIVAL. AL VIA L’OPEN CALL PER GLI ARTISTI 
Sono aperte fino al 15 novembre le candidature per partecipare alla prossima edizione del Torino Fringe Festival, manifestazione multidisciplinare di arti performative che negli anni ha coinvolto oltre duecentosettantaquattro compagnie nazionali e internazionali per un totale di millesettecentosettanta repliche in sessanta spazi della città al chiuso e trentadue all’aperto per un totale di oltre 80mila spettatori.
Quella in programma dal 17 al 29 maggio 2022 sarà la decima edizione e «proporrà - afferma la presidente Cecilia Bozzolini -spettacoli, performance, residenze artistiche, conferenze in un cartellone che spazia dalla performance site specific al monologo».
Il bando è rivolto ad artisti e compagnie italiane e internazionali, che potranno proporre spettacoli «indoor» (della durata di più di quarantacinque minuti e disponibili per sei repliche), ma anche eventi all’aperto e site specific. Sono ammessi tutti i generi di spettacolo dal vivo, in produzioni esclusivamente animate da artisti professionisti.
Il tema di questa edizione, che si avvale del contributo della Compagnia di San Paolo nell'ambito del bando «Art Waves», non è stato ancora scelto, ma Cecilia Bazzolini spiega che si stanno ricercando «proposte tematiche molto vicine al pubblico per creare quel fil rouge indispensabile affinché l'esperienza diventi unica e immersiva». L'obiettivo del 2022 è, inoltre, quello di selezionare più spettacoli internazionali per dare un maggiore respiro europeo alla manifestazione torinese, portandola ai livelli e agli standard dei Fringe Festival internazionali come Avignone ed Edimburgo.
La direzione artistica – composta da Cecilia Bozzolini, Lia Tomatis, Pierpaolo Congiu, Michele Guaraldo, Valentina Volpatto e Costanza Frola - opererà una selezione secondo criteri di valore artistico e di natura tecnico-logistica e già dal 6 dicembre contatterà gli artisti e le compagnie vincitrici del bando.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina: www.tofringe.it/partecipa.

INTITOLATO A LUIGI GHIRRI IL PREMIO «GIOVANE FOTOGRAFIA ITALIANA». AL VIA LA OPEN CALL
Rimarrà aperta fino al prossimo 1° dicembre la call del premio «Giovane fotografia italiana», con cui il comune di Reggio Emilia vuole valorizzare i migliori talenti under 35 presenti sul territorio italiano.
Gli artisti interessati a partecipare al premio, che in questa edizione viene per la prima volta intitolato a Luigi Ghirri, sono invitati a presentare un proprio progetto inedito realizzato attraverso diversi media, dalla fotografia alla videoinstallazione, sulla piattaforma Picter (https://www.picter.com). Ogni proposta, come si legge nel bando presente sulla pagina https://gfi.comune.re.it/open-call-2022/, dovrà essere corredata da una serie di immagini, da una presentazione e da una proposta di allestimento.
«Possibile» è il tema scelto per questa edizione, a partire dall’ultimo saggio di Leonardo Caffo, «Essere Giovani. Racconto filosofico sul significato della adolescenza», nel quale si spiega che l’«essere giovani» rappresenta quello stato che permette di non farsi ingabbiare dalle regole e dalle convenzioni, di saper vedere sé stessi e il mondo circostante fuori dei ruoli già assegnati e dai destini già scritti.
I sette progetti finalisti saranno presentati a Reggio Emilia in una mostra collettiva nei Chiostri di San Domenico, nell’ambito dell’edizione 2022 del festival Fotografia europea (29 aprile - 12 giugno 2022), per il quale è stato scelto il titolo «Un’invincibile estate», ispirato a una frase dello scrittore e filosofo francese Albert Camus: «imparavo finalmente, nel cuore dell’inverno, che c’era in me un’invincibile estate».
I sette vincitori saranno selezionati da una giuria, che comprende i curatori della mostra finale, Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, assieme a Krzysztof Candrowicz del Fotofestiwal Łódź, Chiara Fabro del festival Panoràmic di Granollers a Barcellona, e Shoair Mavlian del Photoworks Festival di Brighton.
I risultati della selezione verranno comunicati via e-mail e pubblicati sul sito gfi.comune.re.it entro il prossimo 6 gennaio.
Per maggiori informazioni è possibile consultare i siti www.gfi.comune.re.it | www.fotografiaeuropea.it.

ARTHLETES, ALL’ASTA IL BURGMAN 400 DEI VAN ORTON PER SOSTENERE LA FONDAZIONE MATALON
Giunge alla sua ultima tappa il progetto ARThletes: la sfida che Suzuki aveva lanciato a quattro illustratori italiani che, supportati dalla gallerista Lorenza Salamon e dall’artista Ale Giorgini, si erano messi alla prova per interpretare alcune doti dell’iconico Burgman 400 con richiami a sport olimpici. Grazie al talento degli artisti Gianluca Folì, Riccardo Guasco, Francesco Poroli e dei gemelli Van Orton sono nate illustrazioni colorate ed eleganti, al centro di un concorso social per decretare la preferita della community.
A conquistare il pubblico è stato lo schermitore dei Van Orton, con le sue linee marcate e i colori pop, che è diventato la livrea dell’iconico scooter della casa nipponica. Il motociclo wrappato con la grafica esclusiva realizzata dai Van Orton è ora messo all’asta sulla piattaforma CharityStars (http://www.charitystars.com/Burgman), insieme alla stampa nr. 1.
Tutto il ricavato sarà devoluto alla Fondazione Matalon di Milano (Foro Buonaparte 67), che si occupa di giovani artisti, dove fino al prossimo 17 novembre sarà in mostra lo speciale scooter.
La creazione dei Van Orton sarà esposta anche a Eicma 2021, in programma dal 25 al 28 novembre a Milano. All’appuntamento internazionale, imperdibile per gli appassionati delle due ruote, Suzuki concluderà il progetto e annuncerà il vincitore dell’asta, consegnandogli ufficialmente il Burgman 400 griffato: una vera e propria opera d’arte da collezione.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.suzuki.it.

«FEDRIGONI TOP AWARD», QUANDO L’ARTE INCONTRA IL SUPPORTO PERFETTO
Editoria, pubblicità, packaging: dal 1888 Fedrigoni significa eccellenza nella produzione di carte speciali. Da tredici anni a questo marchio è collegato un concorso internazionale, il «Fedrigoni Top Award», riservato a designer, stampatori, editori, brand e clienti finali che abbiano utilizzato come supporto carta, etichette e materiali autoadesivi del gruppo per le loro creazioni e i loro prodotti.
Questa nuova edizione, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino al 31 gennaio, premierà progetti realizzati tra il luglio del 2020 e il gennaio del 2022. Le categorie in concorso sono cinque: Publishing, che comprende volumi, riviste ed edizioni d’arte; Corporate Communication, che va dai cataloghi di prodotti e servizi ai coordinati grafici, dai calendari ai diari e alla regalistica di cartotecnica; Labels, riservata a etichette di vini, liquori e alimenti di alta gamma; Packaging, cioè scatole, astucci, shopping bag, espositori da banco e contenitori rivestiti; e la nuova Large Format Communication, ovvero progetti di visual communication per edifici, mezzi di trasporto, mostre ed eventi.
A valutare le creazioni sarà una giuria composta da Simon Esterson, art director di «Eye Magazine» e «Pulp», Han Jiaying, tra i designer più famosi in Cina, Laurent Hainaut, fondatore e presidente di «ForceMajeure Design», Marion Trossart di «Interparfums Paris», Ivan Bell di «Stranger & Stranger», Elodie Boyer, fondatrice e direttrice di «Éditions non Standard», e la graphic designer Silvana Amato.
Insieme all’originalità grafica, alla funzionalità, al grado di innovazione, all’accuratezza di esecuzione e all’uso appropriato dei materiali, la giuria dovrà tenere conto anche della sostenibilità del progetto, considerandone tutto il ciclo di vita, inclusa la qualità della comunicazione al consumatore sugli aspetti green.
Il concorso si chiuderà nell’autunno 2022 a Parigi con una mostra internazionale, dove saranno esposti ben ottanta tra i migliori progetti pervenuti, mentre i vincitori, proclamati in quella stessa sede, verranno coinvolti in due giorni di approfondimento con interviste, tavole rotonde, talk e workshop.
Tutte informazioni sul concorso sono reperibili al link www.fedrigonitopaward.com.

«PROTOPLASMIC FLOW» E «MONNULA – DOLLS WHO MIGRATE»: DUE NUOVE PERFORMANCE A DOMICILIO PER SAMARA EDITIONS
Nasceva l’anno scorso, nei giorni del secondo lockdown della cultura, «Samara editions», un progetto che si proponeva di sperimentare modalità innovative di connessione tra artisti e spettatori, spedendo a domicilio scatole con tutto il necessario per attivare un’esperienza performativa. A ideare il progetto, che debuttava con «Fionde» di Chiara Bersani, erano stati la curatrice indipendente Eva Neklyaeva, la manager e produttrice culturale Lisa Gilardino e Marco Cendron, art director dello studio di comunicazione Pomo di Milano.
Un anno dopo, «Samara editions» è pronta a offrire due nuove performance: «Protoplasmic Flow» di Jenna Sutela (nella foto) e di «Monnula – Dolls who migrate» di Tamara Cubas.
La prima scatola contiene al suo interno un campione essiccato di Physarum polycephalum – una muffa gialla e policefala di origini antiche – insieme a tutto l’occorrente per farla crescere. Questo microrganismo, considerato un computer naturale, processa dati senza avere un sistema nervoso, operando attraverso comunità di nuclei che possiedono un’intelligenza spaziale avanzata.
Il secondo lavoro esplora la questione dei viaggi migratori attraverso migliaia di bambole, tutte corredate da un diario di viaggio, dove viene raccontata la storia delle donne che animano la comunità Com aac di Punta Chueca, in Messico, ideatrici del manufatto. Queste pagine sono anche uno spazio per raccontare il proprio incontro con la bambola, prima che questa raggiunga un nuovo destinatario.
Le performance possono essere sperimentate ovunque, creando una comunità diffusa di spettatori al di là di ogni confine geografico. Ogni scatola che si riceve per posta – il cui contenuto non viene svelato in anticipo per dare vita a un incontro con l’inaspettato – cambia a seconda della natura della performance e della visione dell’artista.
Accompagna il progetto il canale di notizie @samaraeditions su Telegram, nato con lo scopo di offrire approfondimenti sulla scena performativa contemporanea attraverso articoli di artisti e curatori.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.samaraeditions.com.

«SOTTO LA LENTE», UN PROGETTO SOCIAL DELLA PEGGY GUGGENHEIM SUL RESTAURO DELLA SUA COLLEZIONE

Che cosa hanno in comune Pablo Picasso, Piet Mondrian e Jackson Pollock? Sono i tre protagonisti di «Sotto la lente», il nuovo progetto social della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, sede della raccolta creata, con fiuto e lungimiranza, dalla mecenate americana Peggy Guggenheim tra la fine degli anni ’30 e il corso degli anni ’40 del Novecento.
A partire dall'11 novembre e per i successivi giovedì, Luciano Pensabene Buemi racconterà i progetti di conservazione e restauro che hanno visto e vedono protagoniste «Lo studio» (1928) di Picasso, «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» (1938 – 39) di Mondrian, «Alchimia» (1947) di Pollock, tre magistrali esempi di Cubismo, astrazione ed Espressionismo astratto americano.
Le tre monumentali tele verranno illustrate nei minimi dettagli; contemporaneamente saranno raccontati aneddoti e criticità legate allo studio di ricerca e conservazione che ciascuna opera ha portato con sé. I progetti legati alle tre tele, quello di «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» ancora in corso, vedono la preziosa collaborazione, oltre che del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, dei laboratori Cnr dell'Istituto di scienze del patrimonio culturale e dell'Istituto di scienze e tecnologie chimiche, appartenenti alla piattaforma Molab dell'Infrastruttura di ricerca per le scienze del patrimonio E-Rihs, nonché dell’Opificio delle pietre dure e Laboratori di restauro di Firenze, che ha ospitato il restauro dell’iconica opera di Pollock.
Per maggiori informazioni: www.guggenheim-venice.it.

[Foto di Matteo De Fina]

TRA PERFORMANCE E VIDEO, A ROMA LA PRESENTAZIONE DELLA MONOGRAFIA SUL LAVORO DI FRANCESCA FINI
Verrà presentato alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma il volume «Francesca Fini / Cyborg Fatale – performance e video tra reale e virtuale (2011-2021)» (80 pp., 172 ill. a colori, formato 220x170mm, isbn 9788874903115), a cura di Bruno di Maino, pubblicato da Postmedia Books. L’appuntamento è in programma per martedì 16 novembre, alle ore 18:30, e vedrà la presenza, oltre che dell’artista e del curatore, di Lori Adragna, Adriano Aprà e Giacomo Ravesi.
Il libro racconta dieci anni della ricerca artistica di Francesca Fini, tra le protagoniste più significative della cyber performance in Italia, il cui lavoro è stato presentato al Maxxi e al Macro di Roma, al Guggenheim di Bilbao, al Georgia Tech di Atlanta e al Japan Media Arts Festival di Tokyo.
L’artista si muove nel territorio del contemporaneo dove le arti si ibridano, tra performance, tecnologia dell'interazione, sound design, sperimentazione cinematografica, animazione digitale e pittura.
I progetti di Francesca Fini riproducono e analizzano il rapporto tra spazio pubblico e privato, tra spettacolo e spettatore, tra rappresentazione e interazione, riflettendo sulle influenze della società sulle questioni di genere e sulla distorsione nella percezione della bellezza prodotta dal mercato e dai media mainstream.
Il volume vuole essere un’articolata monografia e si suddivide in tre grandi sezioni tematiche. Ogni sezione è affidata ad uno studioso che ha seguito il lavoro di Francesca Fini nel corso del tempo. Così, dopo l’introduzione dello storico dei media Bruno Di Marino, che ha curato il libro, segue il saggio di Lori Adragna che riguarda la pratica performativa, quello di Giacomo Ravesi sulla video arte e, a chiudere, le riflessioni di Adriano Aprà sui lungometraggi dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.francescafini.com o la pagina http://www.postmediabooks.it/2021/311cyborg/9788874903115.htm.

venerdì 12 novembre 2021

«Il legno e la carne», il Pinocchio di Mìles in un libro e in una mostra

«C'era una volta... -Un re!- diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno […]». Era il luglio 1881 e il «Giornale dei bambini», inserto settimanale del quotidiano «Il Fanfulla», pubblicava la prima puntata di «Storia di un burattino», romanzo di Collodi (pseudonimo dello scrittore Carlo Lorenzini) destinato a diventare, con il titolo «Le avventure di Pinocchio», il libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia.
Esuberante fino allo sfinimento, intollerante a qualsiasi regola, bugiardo di fronte all’evidenza, ma anche fiducioso nel prossimo, disposto a fare ammenda dei propri errori e ingenuo come solo i sognatori sanno essere, il «burattino più discolo di tutti i discoli» ha conquistato generazioni di piccoli lettori. Agli albori del Novecento, «Le avventure di Pinocchio» contavano, infatti, ben trecentomila copie stampate; oggi il libro può essere letto in oltre duecentosessanta lingue (latino ed esperanto compresi) e dialetti, stando agli studi della Fondazione Collodi basati sui dati Unesco. 
A partire dal 1883, data della sua prima pubblicazione a volume, il capolavoro collodiano ha, inoltre, solleticato la fantasia di tanti artisti, da Enrico Mazzanti a Sergio Tofano, da Milo Manara a Benito Jacovitti, da Lorenzo Mattioli a Lele Luzzati e molti altri ancora. Il motivo di questo successo può essere trovato nelle parole di un grande della letteratura italiana come Benedetto Croce, che affermò: «il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità», con i suoi pregi e i suoi difetti. Il libro mette, cioè, nero su bianco – sempre per usare le parole del filosofo abruzzese - «le vie del cuore, di umana debolezza, di dirittura morale, di gratitudine, di commozione, di furberia, di forza morale della bontà».
Su questa scia si muove lo street artist e illustratore Mìles, nome d’arte di Simone Miletta, protagonista della mostra «Il legno e la carne», allestita dal 14 al 5 dicembre negli spazi dell’ARTiglieria di Firenze, un edificio industriale in disuso. L'esposizione è organizzata per iniziativa della Street Levels Gallery e con il prezioso contributo della casa editrice indipendente Contrabbandiera, ideatrice di una nuova collana dedicata all’arte urbana che vedrà i migliori artisti della scena fiorentina illustrare fiabe e altri classici.
La collana sarà inaugurata proprio dal libro «Pinocchio. Il legno e la carne», la cui presentazione è in programma giovedì 18 novembre, dalle 18 alle 21:30. Mìles dialogherà con Marco Tangocci e Davide di Fabrizio; la serata sarà arricchita dalle performance di Luca Provenzani e Amerigo Bernardi, musicisti dell'Orchestra della Toscana.
La mostra fiorentina allinea, nello specifico, settantacinque tavole, che ripercorrono i momenti salienti della fiaba e ci mettono davanti alle avventure di un burattino i cui sentimenti non sono lontani da quelli di un uomo, di qualunque uomo, con le sue meschinità, generosità e compassione, con i suoi affetti e i suoi inganni. L’artista lametino, classe 1979, si dimostra, infatti, «poco interessato ai tòpoi legati ai personaggi collodiani, optando – afferma Alessandra Arpino - per un’analisi degli stati d’animo e degli impulsi comportamentali dettati dalle contingenze della favola come della vita».
L’allestimento della mostra è curato in modo tale da consentire allo spettatore di compiere un percorso continuativo nello spazio, che dia consequenzialità alle immagini e alla storia che narrano. Il percorso procede per sole immagini, ovvero senza didascalie, «in un lungo piano-sequenza – si legge nella nota stampa - in cui coesistono l’uomo e l’animale, la ragione e l’istinto, la realtà e le apparenze, tutto racchiuso in un equilibrio in cui i confini di una cosa e di un’altra si fanno sempre meno definiti».
Acquerello, china, inchiostro e spray su carta sono i linguaggi scelti da Miles per affrontare il racconto collodiano, del quale si dà voce sia ai personaggi che alle ambientazioni e a momenti specifici della narrazione. Geppetto, Mastro Ciliegia, Pinocchio, il Grillo parlante, Mangiafuoco, ma anche la Fata Turchina, il Gatto e la Volpe, la Lumaca, il Gorilla, il Pescecane, Lucignolo scorrono così sotto gli occhi del visitatore. «È interessante notare – racconta ancora Alessandra Arpino - che per Mìles lo stesso personaggio può essere rappresentato in modalità molto diverse a seconda del momento della storia. Su tutti, il Gatto e la Volpe ne costituiscono l’emblema: figure antropomorfe nell’ideazione dell’inganno, animali nell’atto di eliminare il nemico di turno, esseri dalle sembianze informi e cupe al momento del rapimento. In queste tavole è evidente l’intenzione dell’artista di non fermarsi alle maschere da commedia dell’arte, ma di scavare invece tra i comportamenti e le attitudini, a fronte delle situazioni che la vita presenta». 
Il percorso espositivo mette a confronto il visitatore anche con divertissement d’artista, come una tavola dedicata alla coltivazione degli zecchini degna di un manuale di botanica o alcuni lavori che mostrano rimandi cinematografici a scene celebri di Kubrick, Weir, Fincher e Spielberg.
È, dunque, un Pinocchio moderno e minimale, dai volumi definiti e dai chiaroscuri decisi, nel quale convivono luce e buio, sogno e realtà, quello che ci regala Mìles, da sempre interessato a raccontare il rapporto tra l’uomo e il suo tempo, «perché nella contemporaneità si trova tutto: la poesia, il sogno, la narrazione, l’incubo».

Informazioni utili 
Mìles. Il legno e la carne. ARTiglieria, via Cittadella 4 – Firenze. Orario mostra: dal martedì alla domenica, ore 10 – 13 e ore 15 – 19. Ingresso libero. Informazioni: tel. + 39 333 6745750. Sito internet: www.streetlevelsgallery.com. Dal 14 al 5 dicembre 2021