Prodotto nelle tipologie secco (indicato per le carni rosse e la cacciagione) e passito (ottimo con la pasticceria), questo rosso autoctono ha una storia antica. Seppure non esistano documenti che ne testimonino la produzione prima del XVI secolo, molti reputano che quest’uva dalle bacche nere sia giunto in Umbria, dall’Asia Minore o dalla Spagna, tra il Trecento e il Quattrocento grazie a qualche seguace di San Francesco d’Assisi desideroso di vivere l’esperienza monastica. Secondo questa narrazione, il nome Sagrantino deriverebbe, dunque, dai termini latini «sacer» e «sacramentum», visto che i frati francescani ricavavano dal loro prezioso vitigno, caratterizzato da una maturazione tardiva e da un’eccezionale ricchezza di polifenoli, un passito destinato alle funzioni religiosi.
Altri, invece, per risalire alle origini di una storia che ha conquistato il mondo con la sua eccellenza fanno riferimento alla figura di Federico II di Svevia che, intorno al 1240, trasformò il borgo di Coccorone in Montefalco dopo che il suo prezioso falco sacro, ferito durante una battuta di caccia, fu salvato con un medicamento a base di vino locale, una bevanda tratta dall’uva «Itriola», già citata nel I secolo d.C. dallo scrittore e naturalista Plinio il Vecchio in un passo della sua opera enciclopedica «Naturalis Historiae», che da allora fu denominata «Saqr-ans», ovvero «vino che cura il falco sacro».
È, invece, quasi certo che sia un Sagrantino la bottiglia di vino rosso sulla mensa del cavaliere da Celano dipinta da Benozzo Gozzoli negli affreschi che ornavano l’abside della chiesa francescana di Montefalco. Non è, dunque, un caso che all’interno di questo luogo, oggi uno dei musei civici più importanti del Centro Italia per la sua preziosa testimonianza della pittura rinascimentale dei secoli XV e XVI, sia stata inaugurata - grazie a una vincente sinergia tra pubblico e privato - una nuova sezione immersiva dedicata al «nettare degli dei» prodotto a Montefalco.
La visita al Museo del Sagrantino, collocato nel Complesso museale san Francesco, in spazi recentemente rinnovati sotto la supervisione dell’architetto Bruno Gori, è un’esperienza visiva e sensoriale, che si avvale di un accurato allestimento a cura di Stefano Mosconi e Michele Giuseppe Onali.
Temi chiave del nuovo spazio, gestito da Maggioli cultura e turismo, sono: vitigno, vino, territorio, tradizione, cultura. La visita parte dalle antiche cantine, scoperte nel 2006 in seguito ad alcuni lavori di restauro e già allestite con oggetti della tradizione contadina locale grazie alla collaborazione di Luigi Gambacurta e Giulia Rotoloni. Nel percorso sono esposti, poi, materiali del XVIII e XIX secolo legati alla lavorazione delle uve e alla produzione in cantina, documenti, fotografie e video illustrativi: un insieme di manufatti utili per scoprire un territorio e la sua storica tradizione vitivinicola, frutto di «amore, dedizione, intelligenza e caparbietà».
Sempre in Umbria compie mezzo secolo un altro museo dedicato al vino, quello di Torgiano, finito anche sulle pagine del «New York Times» per la sua particolarità e per la qualità delle sue collezioni.
Nato da un’idea di Giorgio e Maria Grazia Lungarotti, lui fondatore dell’omonima azienda vitivinicola che ha reso l’Umbria del vino famosa nel mondo, lei storica dell’arte e archivista, questo museo aprì le proprie porte il 23 aprile del 1974, nella suggestiva notte di San Giorgio, tradizionalmente caratterizzata dall’accensione di falò propiziatori tra le vigne.
Ospitato nei seicenteschi del monumentale Palazzo Graziani-Baglioni, dimora estiva gentilizia del XVII secolo, lo spazio conserva oltre tremila manufatti distribuiti lungo venti sale. Si tratta di reperti archeologici, attrezzi e corredi tecnici per la viticoltura e la vinificazione, contenitori vinari in ceramica di varie epoche (dal Medioevo a oggi), incisioni e disegni dal XV al XX secolo, testi di viticoltura ed enologia, manufatti d’arte orafa, tessuti e altre testimonianze che documentano l’importanza del vino nell’immaginario collettivo dei popoli che hanno abitato, nel corso dei millenni, il bacino del Mediterraneo e l’Europa continentale. Mantegna, Guttuso, Picasso, ma anche Josef Hoffmann, Cocteau, Joe Tilson;, Fornasetti, Dorazio, Venini sono alcuni degli artisti in esposizione, che si sono cimentati con una propria interpretazione del «nettare di Bacco».
Per festeggiare i cinquant’anni dal taglio del nastro è stata ideata un’edizione limitata del Brut millesimato di Lungarotti, impreziosita da un’etichetta ispirata all’«Infantia de Bacho» di Giorgio Andreoli (Gubbio, 1528). È stata inaugurata anche una mostra fotografica, visitabile fino al 31 ottobre, che ripercorre i momenti più significativi di questi dieci lustri di divulgazione della cultura della vite e del vino attraverso l’evoluzione delle collezioni, le visite di personaggi illustri, i convegni a tema, le pubblicazioni, le mostre in sede e nel mondo, da New York a Shanghai, da Tokyo a Osaka, da Kyoto a Mosca, da Bordeaux a Milano.
L’esposizione fotografica è soltanto la prima di una serie di iniziative che si svolgeranno durante tutto il 2024 per celebrare l’arte e la cultura del vino e del «buon bere». Fino al 28 aprile, il museo ospita, per esempio, la mostra «Convivial vessels», con opere in ceramica realizzate degli studenti della Franklin University Switzerland. Tra maggio e luglio si terrà una mostra grafica dell’artista polacco Andrzej Kot (Lublino 1946-2015), famoso in patria per i suoi gatti declinati in centinaia di fantasiose raffigurazioni sul filo dell’ironia e presente con suoi ex libris nella raccolta del museo di Torgiano. Durante l’estate i grandi acquerelli dell’artista inglese Richard di San Marzano faranno eco alle colorate ceramiche da vino conservate nel museo con «Vinum inundas», un tributo alla bellezza e al mistero del «nettare di Bacco». Concluderà l’anno espositivo una mostra di pittura contemporanea dell’artista irlandese Anne Donnelly, in programma per novembre.
A completare il cartellone celebrativo ci sono un convegno di studi sull’importanza strategica del turismo museale nella promozione di un territorio, e nella tutela e difesa dell’ambiente, in agenda a ottobre, e la pubblicazione, entro l’anno, del catalogo ragionato delle collezioni. È previsto, inoltre, l’ampliamento della sezione dedicata agli Etruschi grazie a prestiti e depositi realizzati nell’ambito del progetto TraMusei, marchio della Fondazione Lungarotti che identifica una rete di sinergie tra diversi istituti museali.
Didascalie delle immagini
1,Gio Ponti-Cooperativa Ceramica di Imola, Bottiglia mamma, Imola, 1994 - MUVIT Museo del Vino, Fondazione Lungarotti, Torgiano (PG); 2. Museo del Sagrantino di Montefalco (PG); 3. Affresco di Benozzo Gozzoli per la Chiesa di San Francesco a Montefalco; 4. Museo del Sagrantino di Montefalco; 5. Mastro Domenico Veneziano, Vaso da farmacia a palla, Venezia, 1560-1570 - MUVIT Museo del Vino, Fondazione Lungarotti, Torgiano (PG); 6. Jean Cocteau, Piatto con satiro, 1959 - MUVIT Museo del Vino, Fondazione Lungarotti, Torgiano (PG); 7. 1598 Pablo Picasso, Baccanale. MUVIT Museo del Vino, Fondazione Lungarotti, Torgiano (PG)
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