ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 3 giugno 2011

54° Biennale d’arte di Venezia, Tintoretto illumina la contemporaneità

«Historia magistra vitae est». Il vecchio adagio ciceroniano sembra aver sedotto Bice Curiger, curatrice della 54. Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Si apre, infatti, all’insegna dell’’antico’ e del già conosciuto la mostra «ILLUMInazioni», con la quale la studiosa svizzera, anima curatoriale della Kunsthaus di Zurigo e capo-redattrice della rivista «Parkett», lascia il suo segno nella storia, ormai più che centenaria, della Biennale, una delle poche (se non l’unica) manifestazione artistica di rilevanza internazionale che il nostro Paese è ancora in grado di produrre. Ad accogliere il visitatore sono, dunque, tre gigantesche e teatralissime tele del Tintoretto, uno degli artisti più sperimentali della nostra storia dell’arte. Si tratta della sconvolgente «Ultima Cena» (1592), del «Trafugamento del corpo di San Marco» (1562-1566) e della «Creazione degli animali» (1550-1553), opere di solito collocate tra la Basilica di San Giorgio Maggiore e le Gallerie dell’Accademia, caratterizzate da un singolare luminismo e da modernità compositiva rivoluzionaria per l’epoca, la cui violenta bellezza lascia senza fiato chiunque entri nelle sale del Padiglione centrale ai Giardini. Si sfata così il mito che l’arte contemporanea non abbia a che fare con quella del passato, anche se questo punta i riflettori sulla distanza abissale che esiste tra i suadenti bagliori del Tintoretto e la modesta luminosità di alcuni tra gli ottantatré artisti internazionali selezionati da Bice Curiger, dei quali trentadue sono under 35 e, per una strana coincidenza delle statistiche, trentadue sono donne.
Poco convincente (e, di sicuro, sgradita agli animalisti) è, per esempio, l’operazione di Maurizio Cattelan, che, auto-citando la sua partecipazione alla Biennale del 1997 (quella in cui si presentò con l’opera «Tourists») porta in Laguna «Others», un plotone di duemila piccioni imbalsamati e ne dissemina finti escrementi sui pavimenti del lungo percorso espositivo biennalesco, distribuito su ben dieci mila metri quadrati.
«Un commento all’incretinimento artistico o al crescente numero dei visitatori?», si domanda, seria, la guida breve di Marsilio editore, presentando l’opera. Ci piace pensare, piuttosto, che l’incontro-scontro tra gli asfissiaci uccelli catteliani e la «luce febbrile» del Tintoretto sia un invito a meditare sulla persistenza dell’antico e sulla volatilità, sulla transitorietà del contemporaneo. Un invito, questo, che ci viene rivolto anche da una delle opere più belle e chiacchierate di questa Biennale: la grande scultura in cera dello svizzero Urs Fischer, riproduzione 1:1 del noto «Ratto delle Sabine» (1583) del Giambologna. L’opera, esposta all’Arsenale, è destinata a consumarsi come una candela, trasformandosi in massa informe fino a sciogliersi del tutto, durante i cinque mesi di apertura della kermesse veneziana, in programma dal 4 giugno al 27 novembre, dopo i tre giorni di vernice per addetti ai lavori e stampa.
Poco distante, negli spazi delle Corderie, si trova un altro piccolo gioiello: il film «The clock» di Christian Marclay, un flusso di immagini, della durata di ventiquattro ore, che riunisce sequenze tratte da migliaia di pellicole, più o meno famose come «American gigolò» e «C’era una volta il west», nelle quali personaggi tra i più svariati, da Robert De Niro a Marcello Mastroianni, da Marilyn Monroe a Marlon Brando, si interrogano sul concetto di tempo. Quasi ogni inquadratura mostra un orologio, un campanile, una pendola o una sveglia, la cui ora segnalata coincide con quella reale, creando così una sincronicità incantatoria nel quale tutti siamo in attesa di veder scoccare il minuto successivo.
«Tempus fugit» sembra dirci Christian Marclay, ma qualche volta «perdere tempo», magari per una fila, regala un’emozione indescrivibile: è il caso di «Ganzfeld Piece», un’installazione di James Turrell, all’Arsenale, che inonda gradualmente due camere vuote di luce colorata, creando un’esperienza sensoriale e spirituale che lo stesso autore definisce «vedere nel sentire» e nella quale, per usare le parole di Bice Curiger, «i concetti spaziali di vicinanza e di lontananza si dileguano». Ci sono, poi, opere che è proprio impossibile non vedere e non ricordare per la loro dimensione o per la LORO stranezza, come il grande pipistrello del sudafricano Nicholas Hlobo per l’installazione «Iimpundulu Zonke Ziyandilandela», riflessione sul mito dell’uccello vampiro limpundulu descritto nei canti xhosa, i bidoni dell’immondizia di Klara Lidén, i soggetti religiosi e coloratissimi della scultura «Stilleben» di Katharina Fritsch o, ancora, la magnifica balena spiaggiata (diciassette metri di lunghezza, tre di altezza e due di larghezza) dell’opera «The Geppetto Experience» Loris Gréaud.
Alla Biennale si respira voglia di impegno sociale, ma anche di memoria, di sentimenti e di famiglia. Lo documentano bene, nell’ordine e in un percorso per exempla, le fotografie di David Goldblatt sul sistema di valori morali e sociali che hanno guidato la politica del Sudafrica durante gli anni dell’apartheid, l’omaggio a Gianni Colombo, con il ritorno in Biennale del suo splendido «Spazio elastico» (1967, )e i parapadiglioni, quattro nuove strutture scultoree realizzate ai Giardini e all’Arsenale per ospitare il lavoro di altri artisti e favorire nuove forme di collaborazione, a partire dai temi dell’identità e dell’appartenenza. In queste strutture, nate da un’intuizione felice di Bice Curiger per rendere più dinamico il percorso espositivo, la cinese Song Dong ricrea consunti luoghi abitati e stanze foderate da logori armadi, al cui interno è, tra l’altro, possibile vedere il lavoro di Yto Barrada, composto da assemblaggi di taccuini e di libri di ricette della nonna analfabeta, che si inventò un commovente codice di segni per comunicare. Franz West porta, invece, alla Biennale la ricostruzione del suo studio-cucina nella casa di Vienna.
Accanto alla mostra centrale, i Giardini e l’Arsenale offrono una selezione delle proposte espositive presentate dagli ottantanove Stati (nell’ultima Biennale erano settantasette) che hanno deciso di partecipare a questa edizione della kermesse veneziana, alcuni dei quali al loro debutto: Andorra, Arabia Saudita, Repubblica popolare del Bangladesh e Haiti.
Gli Usa sono rappresentati da Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, autori, tra l’altro, dell’opera «Track and Field», un carro-armato a grandezza naturale, rovesciato e posto di fronte al loro padiglione nazionale, i cui cingoli si trasformano in un tapis roulant per far allenare la squadra nazionale d’atletica. La Francia punta, invece, sul consolidato Christian Boltanski, che mette in mostra «Change», una riflessione su quanto la vita sia dominata dal caso e dal fato. Nel padiglione della Gran Bretagna va in scena uno spettacolare caravanserraglio di Mike Nelson, minuziosa ricostruzione di un mercato medio-orientale dalle atmosfere thriller. Mentre nel vicino padiglione della Germania si ricorda la figura di Christoph Schlingensief, morto nell’agosto del 2010, con una chiesa della paura, nella quale è raccontata la sua lotta, persa, contro il cancro, ma dove si è invitati anche a riflettere anche su temi quali la xenofobia, il senso di colpa, la paura dell’ignoto e «dello sconosciuto in me». Stanchi della ressa e stressati dal continuo bombardamento di immagini, non resta che immergersi nelle atmosfere silenziose e incantate dell’ateniese Diohandi, che per il padiglione della sua patria, la Grecia, ha pensato ad un’opera site specific abitata da acqua e luce. Una vera poesia!

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Jacopo Robusti detto Tintoretto, «La creazione degli animali» (The Creation of the Animals), 1550-1553. Gallerie dell'Accademia, Venezia. Courtesy: Ministero per i beni e le attività culturali [fig. 2] Maurizio Cattelan, «Turisti», 1997. Courtesy: Maurizio Cattelan Archive; [fig. 3]James Turrell, «Skyspace Zuoz», 2005. Courtesy:James Turrell. Foto:Florian Holzherr; [fig. 4] Gianni Colombo, «Spazio elastico», 1967-68. Courtesy: Archivio Gianni Colombo, Milano; fig. 5]Song Dong, «S«ong Dong’s Parapavilion – Sketch of the Main Space», 2011. © Song Dong. Courtesy:  The Pace Gallery, Beijing

Informazioni utili
«ILLUMInazioni». 54. Esposizione internazionale d'Arte. Giardini  e  Arsenale - Venezia.Orari: 10.00-18.00; chiuso il  lunedì, escluso il 6 giugno, 15 agosto, 31 ottobre e il 21 novembre. Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 16,00, studenti/under 26 € 12,00, family formula € 40,00 (2 adulti + 2 under 14), gruppo adulti € 13,00 (minimo 10 persone), gruppo studenti scuole secondarie € 8,00, gruppi studenti universitari € 10,00, permanent pass € 70,00, permanente pass per studenti under 26 € 45,00.  Catalogo ufficiale, catalogo breve e guida: Marsilio editore, Mestre. Informazioni: tel. 041.5218828. Sito internet: www.labiennale.org 2.Fino al 27 novembre 2012. 

lunedì 30 maggio 2011

Italia 150, completato a Firenze il restauro della statua di Dante

Firenze ritrova il suo Dante. Ritorna in piazza Santa Croce la statua del «sommo poeta», sottoposta, nei mesi scorsi, a un completo intervento di restauro, integralmente sostenuto dall'Unità tecnica di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri, in occasione dei centocinquanta anni dell'Unità d'Italia.
L’opera, uno dei cento monumenti italiani che ha subito un restyling nell’ambito del progetto «I luoghi della memoria», è stata realizzata da Enrico Pazzi (1819 -1899), scultore già allievo del Sarti a Bologna e molto attivo a Firenze attorno al 1860 dove, nello studio di Duprè, si accosterà al Romanticismo del maestro.
Nel 1851, l’artista aveva eseguito un piccolo modello della statua di Dante Alighieri con il proposito di farne una copia colossale in marmo da offrire al Municipio di Ravenna, sua città natale. L’offerta era stata, però, rifiutata a causa dell'enorme spesa che la città avrebbe dovuto sostenere anche se, successivamente, data l'ammirazione suscitata dal modello, era stato deciso di costituire un Comitato per aprire una pubblica sottoscrizione, al fine di realizzare l'opera ed offrirla al Comune di Firenze, affinché fosse collocata in una pubblica piazza come «espiazione dell'esilio dato al grande poeta dai suoi cittadini».
Raccolta la somma non rimaneva che eseguire l'opera e, a tal fine, venne utilizzato un blocco di marmo di Carrara di grandi dimensioni, che giunse a Firenze nell'estate del 1863.
Nell'aprile del 1865 la statua fu collocata sulla base dove fu, finalmente, completata.
Il Consiglio comunale aveva deliberato, con atto del marzo 1864, che, date le proporzioni (l'effige è alta quasi 10 metri e il manufatto ha una base quadrata di 4 metri e mezzo di lato), la scultura fosse collocata al centro di piazza santa Croce, anziché in piazza vecchia di santa Maria Novella, come in precedenza ipotizzato.
L'inaugurazione fu fissata per il 14 maggio 1865, in occasione del sesto centenario della nascita del poeta. Successivamente, con delibera del 15 giugno 1967, la Giunta municipale approvò i lavori per lo spostamento del monumento a Dante dal centro della piazza di Santa Croce, in modo da restituire a quello spazio il suo originario valore e consentire, così, lo svolgimento del calcio storico.
Per la sistemazione definitiva fu proposta, tra le altre, la collocazione su un'apposita piazzola realizzata sulla gradinata della basilica di santa Croce, nell'angolo con via san Giuseppe, ma questa soluzione suscitò numerose polemiche oltre all'opposizione dei frati francescani. Alla fine, comunque, tale sistemazione fu confermata e il progetto esecutivo, approntato dalla Belle arti, fu approvato dalla Soprintendenza nel febbraio 1969.
La crisi dell'Amministrazione comunale comportò un ritardo nella esecuzione dei lavori il cui inizio ebbe luogo il 19 maggio 1971, protraendosi fino al settembre quando la statua venne definitivamente ricollocata. L'inaugurazione della nuova collocazione avvenne il 7 ottobre 1971.
Da allora nessun intervento è stato più realizzato e lo stato del monumento, nelle sue componenti in marmo bianco di Carrara, rosso di Verona, marmo bardiglio e arenaria, mostrava non piccole problematiche. Per effetto dell'inquinamento atmosferico, dei turisti ma anche delle passate vicende del monumento.
Ad esempio, i silicati, quasi certamente impiegati nel restauro a fine anni Sessanta, interagendo negativamente con gli effetti delle escursioni termiche provocate dal clima sul monumento completamente esposto agli agenti atmosferici, potrebbero aver favorito il formarsi di fenomeni esfoliativi consistenti, evidenti in alcune porzioni più esposte, anche in concorso con l'azione acida dei depositi inquinanti presenti nell'atmosfera. Nelle porzioni dilavate dalle precipitazioni atmosferiche il modellato evidenziava una superficie opaca fortemente erosa e di consistenza zuccherina mentre, in tutte le porzioni in cui il particellato inquinante può accumularsi, erano evidenti croste nere di spessore anche consistente. Molte parti delle superfici scultoree del basamento, in particolare le teste dei marzocchi, apparivano soggette ad attacchi biologici e presentavano integrazioni anche estese e tassellature. La presenza di volatili andava aggiungendo agli strati inquinanti ulteriori depositi organici altamente corrosivi. A tutto ciò si andava ad aggiungere il degrado meccanico prodotto da un consistente flusso turistico verso la basilica di santa Croce, quindi tutt'intorno al basamento, spesso utilizzato come appoggio e talvolta addirittura oggetto di arrampicate.
Il piede in arenaria risultava consunto e soggetto alla classica rottura con esfoliazione della matrice in pietra. Inoltre già durante lo smontaggio del monumento, nel 1968, si era constato che la testa della statua presentava una grossa lesione all'attaccatura del collo con il busto, tanto da richiedere un consolidamento tramite l'inserimento di perni metallici.
Gli interventi di restauro, pur nella specificità dei diversi materiali impiegati nella realizzazione del monumento, hanno seguito una metodologia sostanzialmente omogenea. Alla fase di analisi, è seguito un intervento di eliminazione dei depositi e delle incrostazioni, seguito dal lavaggio con acqua deionizzata e dalla applicazione temporanea di un trattamento biocida, trattamento che dopo i tempi necessari di azione è stato eliminato. Alla nuova pulitura con bicarbonato d'ammonio in soluzione acquosa supportato da polpa di carta e sepiolite, è seguito un ulteriore lavaggio, per passare quindi ad una integrazione e alla stuccatura delle fessure, per completare il tutto con il consolidamento delle zone di distacco. Conclusa la fase di pulitura e consolidamento, là ove necessario, si è proceduto all'applicazione di un prodotto idrorepellente e di un secondo antiscritta, entrambi studiati ed applicati in modo da non alterare nel tempo le pietre sottostanti.

giovedì 26 maggio 2011

«Flussidiversi», poesia e poeti a Caorle

Palloncini colorati, altoparlanti da spiaggia, bigliettini tipo «Baci Perugina», incursioni in discoteca, reading teatrali tra i campielli: nei suoi tre anni di vita «Flussidiversi», il meeting della comunità dei poeti che vivono tra l’Adriatico e il nord delle Alpi, ha escogitato ogni genere di trovata per avvicinare più pubblico possibile al linguaggio poetico.
In occasione della quarta edizione, in programma da venerdì 27 a domenica 29 maggio nell’antica città veneta di Caorle, la manifestazione farà tappa addirittura in chiesa, nella Cattedrale di santo Stefano. Tra le pareti romaniche di questo imponente edificio sacro, che accoglie al suo interno la famosa Pala d'Oro donata -secondo la leggenda- dalla regina cipriota Caterina Cornaro, sabato 28, intorno alle 19.15, Patrizia Valduga e il poeta magiaro Geza Szocs, padrino di questa edizione di «Flussidiversi», prenderanno parte alla Messa serale, dove leggeranno due odi sacre: «La Pentecoste» di Alessandro Manzoni e il «Mio Corpo» dello stesso Geza Szocs.
Poesia, dunque, come preghiera nella tre giorni lagunare, che, tra l’altro, renderà omaggio alla figura di Ernest Hemingway, il premio Nobel statunitense che passò due momenti diversi della sua vita in Veneto, negli anni del primo conflitto bellico (nelle trincee di Fossalta di Piave) e tra il 1952 e il 1954 (ospite di famiglie aristocratiche della zona). In queste verdi terre, l’autore de «Il vecchio e il mare» ambientò anche il suo romanzo «Across the River and into the Trees» («Di là dal fiume e tra gli alberi»), pubblicato in Italia nel 1965. Dovuto, dunque, l’omaggio di «Flussidiversi» e dei poeti dell’Alpe Adria, che sabato 28 maggio, alle ore 11.00, partiranno sulla «Nave dei Poeti», da Marina del Rio, alle Fondamente della Pescheria, disseminando per la laguna i versi dello scrittore americano. Gran nocchiero: Augusto Debernardi.
La quarta edizione del meeting caorlotto permetterà, inoltre, di confrontarsi con i più grandi disegnatori di libri per bambini e ragazzi, grazie alla rinnovata collaborazione con la «Mostra internazionale d’illustrazione per l’infanzia» di Sàrmede, che porterà, negli spazi del Centro culturale Bafile, una novantina di opere originali di autori che hanno partecipato alla rassegna «Echi di mari lontani», tenutasi nel 2009.
E’ questo uno dei tanti appuntamenti che «Flussidiversi» dedicherà ai più piccoli. Oltre agli incontri per le scuole primarie di Caorle, promossi sempre dall’associazione trevigiana, nel pomeriggio di sabato 28 maggio, in piazza Matteotti, si terranno, infatti, l’«Angolo della fiaba», con il cantastorie Giacomo Bizzai, lo spettacolo di associazione culturale «Maga Camaja» di Cadoneghe.
In questa angolo del centro storico, farà tappa anche la musica dell’«Orchestra jazz di Alpe Adria», mentre la trentina di poeti protagonisti di «Flussidiversi 2011» sarà in piazza Vescovado, al Palazzo municipale, al Centro culturale «Bafile» e persino tra i fiori del vivaio «Bejaflor» di Portogruaro, dove venerdì 27 maggio, alle 12.30, si terrà la preview del festival. Un festival che avrà il profumo della lavanda di Venzone, in mostra in più luoghi della città.

La chiusura della manifestazione si terrà, invece, domenica 29 maggio, alle ore 16.30, sul lungomare di Caorle, all'altezza di piazza del Vescovado, dove il poeta, Géza Szőcs, che è anche viceministro alla cultura del Governo di Budapest, “firmerà” la sua annata culturale, incidendo sulla scogliere dei versi composti per l’occasione. Versi, questi, che andranno ad affiancarsi a quelli fissati sulla pietra, negli anni passati, da Andrea Zanzotto, Christoph Wilhelm Aigner e Patrizia Valduga.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina di «FluSSidiverSi 4 – 2011»; [fig. 2] Veduta della piazza del Vescovado di Caorle (Venezia);
[fig. 3] Veduta del lungomare di Caorle (Venezia).

Informazioni utili
«FluSSidiverSi 4 – 2011». Poesia e poeti di Alpe-Adria. Sedi varie -Caorle (Venezia). Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero e gratuito. Informazioni: Comune di Caorle, Ufficio Cultura, tel. 0421.219254. Sito web: http://flussidiversi.jimdo.com. Da venerdì 27 a domenica 29 maggio 2011.