ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 16 giugno 2011

«Stanze»: arte e storia in un video sui rapporti Somalia-Italia

Anteprima torinese per la video-installazione «Stanze» di Gianluca e Massimiliano De Serio. Il lavoro, che ha ricevuto la menzione speciale della giuria internazionale al premio «Italia arte contemporanea 2010» e che è entrato nella collezione del Maxxi di Roma grazie alla donazione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, sarà visibile, fino domenica 26 giugno, al Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, nell’ambito della mostra «Turin-Earth. Città e nuove migrazioni».
L’anteprima, in programma martedì 21 giugno, alle ore 18.00 (ingresso libero), sarà tenuta a battesimo da una tavola rotonda alla quale prenderanno parte Beatrice Merz, Suad Omar, Lisa Parola ed Elena Volpato.
«Stanze» riprende, attualizzandola, la tradizione orale somala, in cui la poesia era lo strumento di dibattito pubblico e politico del Paese, prima dell’avvento della scrittura negli anni Settanta. Interpreti di questa video-installazione sono alcuni giovani rifugiati politici somali a Torino, all’interno di quella che è stata la loro ultima “casa”: la caserma «La Marmora» di via Asti. Un edificio, questo, fondato durante il primo periodo coloniale italiano nel corno d’Africa e diventato, negli anni del fascismo, sede della Guardia nazionale repubblicana (qui si compirono efferate torture ai partigiani) e, in tempi più recenti, luogo di accoglienza.
Grazie al contributo di Suad Omar, scrittrice, attrice e mediatrice culturale, è nato un lavoro collettivo, in cui alcuni giovani somali hanno interpretato in versi la propria vicenda, la condizione di sradicamento a cui sono costretti e l’inadeguatezza del nostro Paese ad accogliere i rifugiati, ma hanno anche raccontato la storia dell’edificio che li ha ospitati. Nel film, la caserma è, dunque, narrata dai suoi ex-abitanti attraverso un percorso di sdoppiamento, storico ed esistenziale, mediante il quale i soggetti si sono fatti carico della nostra stessa storia e delle sue mancanze e allo stesso tempo hanno rielaborato le esperienze di sradicamento dai loro Paesi d’origine, attraverso lo strumento della propria cultura orale e poetica.
L’opera di Gianluca e Massimiliano De Serio pone, pertanto, domande sulla situazione italiana di oggi, come terra spesso inadeguata all’accoglienza dei rifugiati. In questo senso dimostra come l’arte possa avere una funzione politica, laddove può creare uno spazio di dibattito pubblico, solo però se è in grado di mettere l’uomo al centro del discorso.
Il filmato è, dunque, un’ulteriore tappa di riflessione sui cambiamenti urbanistici, sociali e culturali che l'immigrazione più recente ha prodotto sul tessuto urbano, tema, questa, al centro della mostra «Turin-Earth. Città e nuove migrazioni», proposta fino al prossimo 27 novembre in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia.
Nell’ambito di questo progetto si inserisce anche la mostra «Volti nuovi», che raccoglie una scelta di fotografie tratte dall’omonima rubrica del settimanale «Internazionale». Molte di queste immagini, visibili negli spazi torinesi fino al prossimo 11 settembre (l’inaugurazione è fissata per il 1° luglio, alle ore 18.00), sono state scattate da fotografi dell’agenzia Contrasto. Benzinai, impiegati, liberi professionisti, manovali, rigattieri, cuochi, interpreti, studenti ed estetiste, tutti di origini straniere e residenti nel nostro Paese, si sono messi davanti all’obiettivo fotografico per raccontare tante storie di migrazione e integrazione del quale sono protagonisti i «nuovi italiani».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Un frammento del video «Stanze» di Gianluca e Massimiliano De Serio.

Per saperne di più
www.museodiffusotorino.it

Informazioni utili
«Stanze» di Gianluca e Massimiliano De Serio. Museo diffuso della Resistenza, Deportazione, Guerra, Diritti e della Libertà - Palazzo dei Quartieri Militari, corso Valdocco 4/A - Torino. Orari: martedì 21 giugno, ore 18.00 (ingresso libero); da mercoledì 22 a domenica 26 giugno (ingresso con il biglietto alla mostra «Turin-Earth»). Calendario delle proiezioni: mercoledì 22, sabato 25 e domenica 26: ore 11.00 –15.30 –17.00; giovedì 23: ore 20.00 e ore 21.00; venerdì 24: ore 11.00. Ingresso: intero € 4,50, ridotto € 3,00. Informazioni: tel. 011.4361433 o info@museodiffusotorino.it. Dal 21 al 26 giugno 2011.

domenica 12 giugno 2011

Pinacoteca di Brera, restaurata «La Samaritana al pozzo» di Carracci

La Pinacoteca di Brera ritrova una delle gemme più preziose della sua sezione dedicata alla pittura emiliana del Cinquecento e del Seicento. E' da poco ritornata, nella sala XXVIII, «La Samaritana al pozzo» di Annibale Carracci, soggetta nei mesi passati a un delicato intervento conservativo, che ha visto in prima linea Credit Suisse. L'istituto di credito svizzero ha, infatti, deciso di finanziare il recupero dell'intero ciclo dei tre dipinti provenienti dalla collezione Sampieri di Bologna.
Dopo il restauro della tela «Cristo e la Cananea» di Ludovico Carracci, avvenuto qualche anno fa, la Pinacoteca di Brera potrà, dunque, veder tornare alla sua antica bellezza anche la tela «Cristo e l'adultera» di Agostino Carracci, il cui intervento conservativo dovrebbe essere terminato per la la fine dell'estate.
«Si concluderà così - afferma Sandrina Bandera, direttore della Pinacoteca di Brera e Soprintendente per i Beni storici, Roberta Grazioli, è stato diretto da Ede Palmieri, responsabile della Scuola emiliana della Pinacoteca di Brera, e conclude un suo interessantissimo lavoro di attenta direzione dell'intero ciclo, coronato da interessanti ricerche, approfondimenti e scoperte. Per l'importanza delle opere in questione, si è voluto affiancare al restauro una serie di analisi non invasive eseguite da Simone Cagli e Gianluca Poldi, fisici esperti in ricerche nel campo della storia dell'arte e ricercatori raffinati, condotte attraverso indagini fotografiche specialistiche, al fine di approfondire le conoscenze e costruire una banca dati dedicata a questo particolare settore della pittura dei Carracci. Sono state condotte anche limitati microprelievi al fine di effettuare le necessarie indagini chimiche, condotte da Silvia Bruni ed Eleonora De Luca».
«I risultati ottenuti, che evidenziano la differenza sostanziale nella tecnica pittorica dei tre Carracci, hanno per altro confermato quanto gli storici dell'arte avevano notato già a livello stilistico e queste due tele rappresentano una risposta personale e ricca di suggestioni poetiche (soprattutto in Annibale) alla grande tradizione classica, che a partire dal soggiorno romano avrebbe travolto i due artisti, destinati a diventare i grandi campioni del classicismo e considerati a tutti gli effetti continuatori di Raffaello», annota Sandrina Bandera.
«Per Brera si tratta di un recupero importante, su opere - afferma Ede Palmieri, che ne ha diretto il restauro - che hanno sempre goduto dell'ammirazione degli studiosi e dei visitatori, e un eccezionale momento di studio: il tempo del restauro costituisce sempre un'occasione importante per gli studi storico artistici, e non solo dal punto di vista della migliore conoscenza della tecnica pittorica e dell'iter creativo dell'artista. In questo caso è stato possibile ipotizzare una nuova lettura iconografica dei dipinti in relazione agli affreschi presenti in palazzo Sampieri, quale svolgimento di un complesso e coltissimo programma iconografico. Nella «Samaritana» incantano inoltre la dolcissima ambientazione pastorale della scena, derivata dal clima culturale suggerito dai poemi del Tasso, la sospesa solennità del momento, la calibratura dei gesti e degli affetti, la piacevolezza della armonia cromatica».
«Entrambi i dipinti - racconta ancora Ede Palmieri- erano già stato sottoposti ad un intervento di restauro più di mezzo secolo fa, nel 1956 in occasione dell'esposizione alla mostra dei Carracci a Bologna. Si è deciso di sottoporli ad una nuovo intervento, finanziato da Credit Suisse, perché le opere presentavano una vernice offuscata e ossidata, una crettatura a maglie larghe con pericolosi sollevamenti e numerosi fenomeni di deadesione e piccole cadute di colore. Oltre che sulla tela si è intervenuti anche sulla cornice in foglia d'oro intagliata, che si è scoperto essere di provenienza Sampieri».
«Una serie di indagini scientifiche a carattere non invasivo, in diverse lunghezze d'onda, sono state effettuate preliminarmente all'intervento conservativo sul dipinto. Hanno permesso - continua Ede Palmieri - sia di confortare e supportare con dati tecnici le scelte operative effettuate in sede di restauro, sia di meglio comprendere l'iter creativo e la tecnica pittorica di Annibale. Neanche con le analisi riflettografiche e le transilluminazioni in infrarosso, che permettono di leggere particolari celati al di sotto della pellicola pittorica, è stato possibile individuare un disegno preparatorio: la stesura di Annibale risulta fresca e sciolta; proprio per questo però molti, e ben visibili soprattutto in IR, sono stati i ripensamenti in corso d'opera, in particolare nella figura del Cristo. Le analisi in infrarosso falso colore (IRC) hanno evidenziato, tra l'altro, un particolare raffinato uso dei pigmenti azzurri minerali: ad esempio nel manto del Cristo l'azzurrite e il più prezioso blu di lapislazzuli sono usati fianco a fianco per arricchire l'effetto cromatico finale. I due pigmenti blu vengono usati in modo complementare anche nel paesaggio: il cielo appare in falso colore rosa in presenza di blu di lapislazzuli, e blu in presenza di azzurrite. E le analisi chimiche effettuate hanno confermato i risultati delle indagini fotoradiografiche».

venerdì 3 giugno 2011

54° Biennale d’arte di Venezia, Tintoretto illumina la contemporaneità

«Historia magistra vitae est». Il vecchio adagio ciceroniano sembra aver sedotto Bice Curiger, curatrice della 54. Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Si apre, infatti, all’insegna dell’’antico’ e del già conosciuto la mostra «ILLUMInazioni», con la quale la studiosa svizzera, anima curatoriale della Kunsthaus di Zurigo e capo-redattrice della rivista «Parkett», lascia il suo segno nella storia, ormai più che centenaria, della Biennale, una delle poche (se non l’unica) manifestazione artistica di rilevanza internazionale che il nostro Paese è ancora in grado di produrre. Ad accogliere il visitatore sono, dunque, tre gigantesche e teatralissime tele del Tintoretto, uno degli artisti più sperimentali della nostra storia dell’arte. Si tratta della sconvolgente «Ultima Cena» (1592), del «Trafugamento del corpo di San Marco» (1562-1566) e della «Creazione degli animali» (1550-1553), opere di solito collocate tra la Basilica di San Giorgio Maggiore e le Gallerie dell’Accademia, caratterizzate da un singolare luminismo e da modernità compositiva rivoluzionaria per l’epoca, la cui violenta bellezza lascia senza fiato chiunque entri nelle sale del Padiglione centrale ai Giardini. Si sfata così il mito che l’arte contemporanea non abbia a che fare con quella del passato, anche se questo punta i riflettori sulla distanza abissale che esiste tra i suadenti bagliori del Tintoretto e la modesta luminosità di alcuni tra gli ottantatré artisti internazionali selezionati da Bice Curiger, dei quali trentadue sono under 35 e, per una strana coincidenza delle statistiche, trentadue sono donne.
Poco convincente (e, di sicuro, sgradita agli animalisti) è, per esempio, l’operazione di Maurizio Cattelan, che, auto-citando la sua partecipazione alla Biennale del 1997 (quella in cui si presentò con l’opera «Tourists») porta in Laguna «Others», un plotone di duemila piccioni imbalsamati e ne dissemina finti escrementi sui pavimenti del lungo percorso espositivo biennalesco, distribuito su ben dieci mila metri quadrati.
«Un commento all’incretinimento artistico o al crescente numero dei visitatori?», si domanda, seria, la guida breve di Marsilio editore, presentando l’opera. Ci piace pensare, piuttosto, che l’incontro-scontro tra gli asfissiaci uccelli catteliani e la «luce febbrile» del Tintoretto sia un invito a meditare sulla persistenza dell’antico e sulla volatilità, sulla transitorietà del contemporaneo. Un invito, questo, che ci viene rivolto anche da una delle opere più belle e chiacchierate di questa Biennale: la grande scultura in cera dello svizzero Urs Fischer, riproduzione 1:1 del noto «Ratto delle Sabine» (1583) del Giambologna. L’opera, esposta all’Arsenale, è destinata a consumarsi come una candela, trasformandosi in massa informe fino a sciogliersi del tutto, durante i cinque mesi di apertura della kermesse veneziana, in programma dal 4 giugno al 27 novembre, dopo i tre giorni di vernice per addetti ai lavori e stampa.
Poco distante, negli spazi delle Corderie, si trova un altro piccolo gioiello: il film «The clock» di Christian Marclay, un flusso di immagini, della durata di ventiquattro ore, che riunisce sequenze tratte da migliaia di pellicole, più o meno famose come «American gigolò» e «C’era una volta il west», nelle quali personaggi tra i più svariati, da Robert De Niro a Marcello Mastroianni, da Marilyn Monroe a Marlon Brando, si interrogano sul concetto di tempo. Quasi ogni inquadratura mostra un orologio, un campanile, una pendola o una sveglia, la cui ora segnalata coincide con quella reale, creando così una sincronicità incantatoria nel quale tutti siamo in attesa di veder scoccare il minuto successivo.
«Tempus fugit» sembra dirci Christian Marclay, ma qualche volta «perdere tempo», magari per una fila, regala un’emozione indescrivibile: è il caso di «Ganzfeld Piece», un’installazione di James Turrell, all’Arsenale, che inonda gradualmente due camere vuote di luce colorata, creando un’esperienza sensoriale e spirituale che lo stesso autore definisce «vedere nel sentire» e nella quale, per usare le parole di Bice Curiger, «i concetti spaziali di vicinanza e di lontananza si dileguano». Ci sono, poi, opere che è proprio impossibile non vedere e non ricordare per la loro dimensione o per la LORO stranezza, come il grande pipistrello del sudafricano Nicholas Hlobo per l’installazione «Iimpundulu Zonke Ziyandilandela», riflessione sul mito dell’uccello vampiro limpundulu descritto nei canti xhosa, i bidoni dell’immondizia di Klara Lidén, i soggetti religiosi e coloratissimi della scultura «Stilleben» di Katharina Fritsch o, ancora, la magnifica balena spiaggiata (diciassette metri di lunghezza, tre di altezza e due di larghezza) dell’opera «The Geppetto Experience» Loris Gréaud.
Alla Biennale si respira voglia di impegno sociale, ma anche di memoria, di sentimenti e di famiglia. Lo documentano bene, nell’ordine e in un percorso per exempla, le fotografie di David Goldblatt sul sistema di valori morali e sociali che hanno guidato la politica del Sudafrica durante gli anni dell’apartheid, l’omaggio a Gianni Colombo, con il ritorno in Biennale del suo splendido «Spazio elastico» (1967, )e i parapadiglioni, quattro nuove strutture scultoree realizzate ai Giardini e all’Arsenale per ospitare il lavoro di altri artisti e favorire nuove forme di collaborazione, a partire dai temi dell’identità e dell’appartenenza. In queste strutture, nate da un’intuizione felice di Bice Curiger per rendere più dinamico il percorso espositivo, la cinese Song Dong ricrea consunti luoghi abitati e stanze foderate da logori armadi, al cui interno è, tra l’altro, possibile vedere il lavoro di Yto Barrada, composto da assemblaggi di taccuini e di libri di ricette della nonna analfabeta, che si inventò un commovente codice di segni per comunicare. Franz West porta, invece, alla Biennale la ricostruzione del suo studio-cucina nella casa di Vienna.
Accanto alla mostra centrale, i Giardini e l’Arsenale offrono una selezione delle proposte espositive presentate dagli ottantanove Stati (nell’ultima Biennale erano settantasette) che hanno deciso di partecipare a questa edizione della kermesse veneziana, alcuni dei quali al loro debutto: Andorra, Arabia Saudita, Repubblica popolare del Bangladesh e Haiti.
Gli Usa sono rappresentati da Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, autori, tra l’altro, dell’opera «Track and Field», un carro-armato a grandezza naturale, rovesciato e posto di fronte al loro padiglione nazionale, i cui cingoli si trasformano in un tapis roulant per far allenare la squadra nazionale d’atletica. La Francia punta, invece, sul consolidato Christian Boltanski, che mette in mostra «Change», una riflessione su quanto la vita sia dominata dal caso e dal fato. Nel padiglione della Gran Bretagna va in scena uno spettacolare caravanserraglio di Mike Nelson, minuziosa ricostruzione di un mercato medio-orientale dalle atmosfere thriller. Mentre nel vicino padiglione della Germania si ricorda la figura di Christoph Schlingensief, morto nell’agosto del 2010, con una chiesa della paura, nella quale è raccontata la sua lotta, persa, contro il cancro, ma dove si è invitati anche a riflettere anche su temi quali la xenofobia, il senso di colpa, la paura dell’ignoto e «dello sconosciuto in me». Stanchi della ressa e stressati dal continuo bombardamento di immagini, non resta che immergersi nelle atmosfere silenziose e incantate dell’ateniese Diohandi, che per il padiglione della sua patria, la Grecia, ha pensato ad un’opera site specific abitata da acqua e luce. Una vera poesia!

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Jacopo Robusti detto Tintoretto, «La creazione degli animali» (The Creation of the Animals), 1550-1553. Gallerie dell'Accademia, Venezia. Courtesy: Ministero per i beni e le attività culturali [fig. 2] Maurizio Cattelan, «Turisti», 1997. Courtesy: Maurizio Cattelan Archive; [fig. 3]James Turrell, «Skyspace Zuoz», 2005. Courtesy:James Turrell. Foto:Florian Holzherr; [fig. 4] Gianni Colombo, «Spazio elastico», 1967-68. Courtesy: Archivio Gianni Colombo, Milano; fig. 5]Song Dong, «S«ong Dong’s Parapavilion – Sketch of the Main Space», 2011. © Song Dong. Courtesy:  The Pace Gallery, Beijing

Informazioni utili
«ILLUMInazioni». 54. Esposizione internazionale d'Arte. Giardini  e  Arsenale - Venezia.Orari: 10.00-18.00; chiuso il  lunedì, escluso il 6 giugno, 15 agosto, 31 ottobre e il 21 novembre. Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 16,00, studenti/under 26 € 12,00, family formula € 40,00 (2 adulti + 2 under 14), gruppo adulti € 13,00 (minimo 10 persone), gruppo studenti scuole secondarie € 8,00, gruppi studenti universitari € 10,00, permanent pass € 70,00, permanente pass per studenti under 26 € 45,00.  Catalogo ufficiale, catalogo breve e guida: Marsilio editore, Mestre. Informazioni: tel. 041.5218828. Sito internet: www.labiennale.org 2.Fino al 27 novembre 2012.