ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 30 gennaio 2015

Venezia, la Chiesetta del Doge torna al suo antico splendore

Un altro luogo d’arte e un altro brano di storia si sono da poco aggiunti alla già corposa offerta culturale della Fondazione musei civici di Venezia. Lo scorso ottobre Palazzo Ducale, il monumento più noto della città e il museo che meglio racconta la grandezza e lo splendore della Serenissima negli anni dei commerci con l’Oriente e dell’attività di grandi artisti come Tiziano, Tintoretto o Tiepolo, ha visto portare a compimento il lungo restauro conservativo della Chiesetta e dell’Antichiesetta del Doge. Si tratta due siti suggestivi e di notevole pregio per la qualità artistica e architettonica dei loro ambienti, da anni chiusi al pubblico o impiegati in mondo inadeguato, ovvero utilizzati, in epoca austriaca, come aule d’udienza e uffici del Tribunale generale di appello e, nel passato più recente, come magazzini e locali di deposito, dopo essere stati spogliati delle opere che li adornavano.
L’intervento di riqualificazione, durato sette anni (dal 2006 al 2013), è stato reso possibile grazie alla fattiva sinergia tra il Comune, la Fondazione musei civici e le due Soprintendenze competenti e attive in città, quella per i beni architettonici e quella per il patrimonio storico-artistico.
Il recupero di questi spazi, condotto sotto l’alta sorveglianza della dottoressa Annalisa Bristot e del restauratore Alessandro Longega, con la direzione degli architetti Daniela Andreozzi e Arianna Abbate, è, poi, frutto di un virtuoso processo di mecenatismo che ha visto in prima linea il Comitato italiano per la salvaguardia di Venezia, posto sotto l’egida dell’Unesco, grazie alla generosità della Maison Cartier.
A dare concretezza al progetto di riqualificazione dei festosi apparati decorativi ad affresco dei due siti, opera realizzata fra il 1766 e il 1767 dal maestro figurista Jacopo Guarana e dai pittori quadraturisti Girolamo e Agostino Mengozzi Colonna nei modi della lezione pittorica del tardobarocco-rococò, è stato l’Istituto veneto per i beni culturali con una sessantina di suoi studenti, nel contesto dei propri corsi di formazione. Un’ altra importante collaborazione, tesa al recupero dei dossali lignei presenti nella Chiesetta, ha visto, invece, in prima linea gli allievi del Centro di formazione professionale «Giuseppe Terragni» di Meda, realtà formativa specializzata nel recupero del mobile e dei legni antichi.
Nella cappella sono stati, infine, riportati al loro originario splendore anche l'altare in marmi policromi, realizzato da Vincenzo Scamozzi durante il dogado di Antonio Cicogna (1585-1595), e il gruppo scultoreo «Madonna col bambino» di Jacopo Sansovino (1536-1537); le due stanze hanno visto, inoltre, un ammodernato dell’impianto di illuminazione, con il ripristino delle torciere originarie in legno policromo.
La Chiesetta e l’Antichiesetta verranno inserite dalla prossima primavera in un nuovo itinerario di Palazzo Ducale che comprenderà l’appartamento del Doge e le sale Foscari e del Tesoro; nel frattempo per ammirare la bellezza di questi ambienti, scoprirne la storia e le varie fasi dell’intervento conservativo si può sfogliare un volume della trevigiana Antiga edizioni, a cura di Camillo Tonini, con saggi di Daniela Andreozzi, Annalisa Bristot, Alberto Craievich, Paolo Delorenzi, Lorenzo Lazzarini e Camillo Tonini.
È attraverso queste pagine che si può ripercorrere l’avventura costruttiva della Chiesetta, un ambiente destinato a scopi devozionali che nel Cinquecento venne sistemato al terzo piano del palazzo su progetto di Vincenzo Scamozzi. L’intervento principale dell’architetto consistette nella creazione di un sontuosissimo altare ornato di marmi preziosi ed elementi bronzei, sopra la cui mensa, in una profonda nicchia, venne collocata la già citata statua di Jacopo Sansovino. In quell'occasione le pareti della Chiesetta furono abbellite con la tavola «La Madonna con il bambino tra San Marco, San Giovanni Battista e il doge Leonardo Loredan in adorazione» (post 1501-1510) di Vincenzo Catena, tuttora custodita a Palazzo Ducale, con un «Cristo al limbo» e una «Sommersione di Faraone» (1510 circa) di Andrea Previtali, entrambe alle Gallerie dell’Accademia e, infine, con la «Cena in Emmaus» (1530 circa), un capolavoro di Tiziano oggi appartenente alla collezione dell’Earl of Yarborough e in deposito alla Walker Art Gallery di Liverpool. Nell’antichiesetta si poteva, invece, ammirare una «Resurrezione di Cristo» di Jacopo Tintoretto, oggi perduta.
Nella seconda metà del Settecento, i senatori vollero rinnovare le decorazioni del luogo sacro, facendolo affrescare dai pittori quadraturisti Girolamo e Agostino Mengozzi Colonna, padre e figlio, e dal maestro figurista Jacopo Guarana. La nuova composizione, incentrata sul tema della «Pubblica Felicità», univa scene di intonazione religiosa con allegorie della virtù civile. «San Marco e l’occhio trinitario –racconta Camillo Tonini, direttore del Museo di Palazzo Ducale- campeggiano al centro della volta ad accogliere le invocazioni di Venezia attorniata dalle figurazioni della «Mercanzia», dell’«Agricoltura» e della «Navigazione». Lo stesso messaggio si ripropone anche nel registro inferiore dell’affresco, in cui al centro delle pareti maggiori appaiono le immagini statuarie realizzate ad affresco monocromo del «Consiglio» e della «Prudenza». Le due figure, che volgono lo sguardo benevolmente ammonitore al centro della sala dove presumibilmente sostava il doge in preghiera, sono raffigurate l’una in sembiante senile mentre sorregge una civetta e l’altra, secondo l’iconografia tradizionale, in aspetto di giovane donna che porta una serpe e uno specchio».
Efficace prologo allo splendore e alle tematiche iconografiche dello spazio sacro è il non meno arioso ambiente dell’Antichiesetta, progettato nel 1774 dall’architetto Bernardino Maccaruzzi, della cui decorazione si occuparono lo stuccatore Francesco Re e il frescante Jacopo Guarana, che diede forma al tema del «Buon Governo», attorniato da quattro ovati che ne fanno corona nei quali si ribadisce la reiterata celebrazione delle virtù politiche della Serenissima: «Scienza», «Dominio», «Giustizia», e «Salute Pubblica». (sam)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Chiesetta del Doge a Venezia, veduta di insieme; [fig. 2] Chiesetta del Doge a Venezia, altare realizzato da Vincenzo Scamozzi durante il dogado di Antonio Cicogna (1585-1595), con gruppo scultoreo «Madonna col bambino» di Jacopo Sansovino (1536-1537); [fig. 3] Chiesetta del Doge a Venezia, soffitto con il dettaglio dell'affresco sulla Pubblica Felicità; [fig. 4] Chiesetta del Doge a Venezia, soffitto con il dettaglio dell'affresco di San Marco in Gloria; [fig. 5] Antichiesetta del Doge a Venezia, particolare del soffitto   

Informazioni utili 
Palazzo Ducale, San Marco, 1 - Venezia, tel. 041.2715911 o info@fmcvenezia.it. Sito internet: http://palazzoducale.visitmuve.it.

Camillo Tonini (curatore) e AA.VV., «La chiesetta del Doge a Palazzo Ducale di Venezia», Antiga Edizioni, Crocetta del Montello - Treviso 2014. Dati: 128 p., brossura. Prezzo: € 20,00. Informazioni: tel. (+39)0423.6388 o info@graficheantiga.it. Sito internet: www.graficheantiga.it.

giovedì 29 gennaio 2015

Pesaro, tutto il bianco delle collezioni di Palazzo Mosca

Per i nostri antenati era uno dei tre colori basilari insieme con il rosso e il nero. Le sue prime tracce si trovano, infatti, nelle grotte paleolitiche dove veniva usato per dare forma alle figure degli animali; mentre nel Medioevo era impiegato per schiarire le pergamene dalle tinte guscio d’uovo dei manoscritti miniati.
Con il passare dei secoli, il bianco ha finito per assumere nell’immaginario sociale svariati significati, diventando –ricorda lo storico Michel Pastoureau nel libro «I colori del tempo» (Ponte delle Grazie, Milano 2010)- simbolo di purezza, castità, innocenza, candore, pulizia, freddo, vecchiaia, spiritualità, speranza e divino.
A questa tinta, data dalla somma di tutte le cromie esistenti nello spettro solare, guarda la mostra studiata da Alessandro Marchi (funzionario della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici delle Marche) e Benedetta Montevecchi, con il contributo di Francesca Banini ed Erika Terenzi, per i Musei civici di Palazzo Mosca a Pesaro.
«Bianco - Dalle stanze segrete al candore della luce», questo il titolo della rassegna, allinea oltre duecento opere diverse per materia, tecnica, funzione, forma, periodo, ambito culturale e collezione, ma accomunate dalla provenienza: i depositi delle collezioni civiche pesaresi, uno scrigno di tesori ancora poco conosciuto al grande pubblico. Si spazia così dal candore del marmo e dell'alabastro all'iridiscenza della madreperla, dal bianco tipico della porcellana all'eleganza di pizzi e merletti, fino alla raffinatezza assoluta di manufatti in avorio.
Il percorso espositivo, visitabile fino al prossimo 31 maggio, si suddivide in tre sezioni. La prima sala ospita tessuti ricamati e oggetti da cucito in avorio, eleganti porcellane di soggetto profano o di culto, terraglie pesaresi dell'Ottocento. Nella seconda stanza trovano, invece, posto sculture in marmo ed alabastro del XVIII e XIX secolo, quasi tutte di arredo e all’antica, come imponevano l’etichetta e le mode dei nobili dell'epoca. Busti di imperatori romani, profili aristocratici, mitologici e tondi devozionali a sfondo religioso scorrono così sotto gli occhi del visitatore prima di arrivare all’ultima tappa del percorso, nella quale sono visibili oggetti devozionali provenienti dai laboratori dediti alla lavorazione della madreperla promossi dai Francescani di Terra Santa fin dal Seicento.
In mostra ci sono anche ritratti nei quali l'abbigliamento dei personaggi di alto lignaggio raffigurati, con colletti ornati da trine, richiama i manufatti esposti e quadri con capricci architettonici accostati a modelli di tempietti marmorei, in origine eleganti centrotavola che sovrastavano le tavole principesche tra il Seicento e l'Ottocento.
Alla base di tutto il bianco, colore che in Occidente si è caricato di implicazioni simboliche diverse e che, a partire dall'età moderna e in particolare nell'estetica neoclassica, viene adottato per esprimere ideali di perfezione formale. È, infatti, lo storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann nei suoi «Pensieri sull'imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura» (1755) che consacra definitivamente il mito di questo colore elevando i candidi capolavori della statuaria greca a modelli di bellezza ideale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Coppa con decoro vegetale, alabastro. Fabbrica Inghirami (?).Volterra, sececolo XIX. Provenienza: collezione Mosca, Pesaro; [fig. 2] Necessaire per cucito, avorio tornito e intagliato. Artigianato francese, inizio secolo XIX. Provenienza: collezione Mosca, Pesaro; [fig. 3] Gian Domenico Cerrini (Perugia, 1609 - Roma, 1681), «Allegoria della scultura». Olio su tela, XVII secolo.  Provenienza: collezione Mosca, Pesaro

Informazioni utili 
«Bianco. Dalle stanze segrete al candore della luce». Musei civici di Palazzo Mosca, piazza Toschi Mosca, 29 - Pesaro. Orari: martedì-giovedì, ore 10.00-13.00; venerdì-domenica e giorni festivi, ore 10.00-13.00 e ore 15.30–18.30.Ingresso: intero € 9,00(include la mostra, le collezioni permanenti dei Musei civici e Casa Rossini) ridotto € 7,50 (gruppi minimo 20 persone; over 65; soci Fai, Touring club, Coop Adriatica, Italia nostra);€ 5,00 possessori Card Pesaro Cult (la card ha validità annuale e si acquista al prezzo di 3,00 euro alla biglitteria dei Musei civici); ingresso libero fino ai 19 anni. Informazioni: tel. 0721.387541 o pesaro@sistemamuseo.it. Siti web: www.pesaromusei.it o www.pesarocultura.it. Fino al 31 maggio 2015.

mercoledì 28 gennaio 2015

«Kids Creative Lab», ad Expo Milano 2015 con la collezione Peggy Guggenheim

550.000 bambini, 22.000 classi, 2.800 scuole: sono questi i numeri della terza edizione di «Kids Creative Lab», progetto ideato nel 2012 dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, insieme con la catena di abbigliamento Ovs, il più noto retailer di fast fashion italiano di proprietà del gruppo Coin, che quest’anno si avvale della collaborazione del Padiglione Italia a Expo Milano 2015.
L'iniziativa, che ha preso il via in autunno con le iscrizioni delle scuole, ha, infatti, deciso di rinnovarsi e di intrecciare i suoi consueti contenuti di arte e creatività con le tematiche della manifestazione milanese intitolata «Nutrire il pianeta, Energia per la vita»: agricoltura, alimentazione, biodiversità e sostenibilità.
«Arte-Coltura» è, dunque, il titolo del laboratorio di questa edizione del «Kids Creative Lab», che vedrà i partecipanti alla prese con la creazione di un vero e proprio orto.
Grazie all’azienda Fratelli Ingegnoli, sponsor tecnico dell’iniziativa al quale si deve la fornitura gratuita delle sementi, i bambini hanno potuto ritirare in queste ultime settimane il proprio «Kit d’artista» nei negozi Ovs, insieme a un manuale d’istruzioni completo di spunti tematici e approfondimenti multidisciplinari.
I partecipanti potranno ora sperimentare la coltivazione dei semi, in classe o a casa, e osservare la crescita di piante come il girasole, la barbabietola, il cavolo o il pomodoro.
Nel luogo dove verrà piantato il germoglio, i piccoli agricoltori dovranno realizzare una grande forma ben visibile dall’alto utilizzando unicamente materiali naturali quali pietre, rami, foglie, sabbia o erba. Seguendo i canoni della Land art e i principi della prossima esposizione universale, i segni lasciati sul territorio saranno, dunque, a impatto ambientale zero, in quanto realizzati senza alcun materiale di scarto.
Le installazioni create, manifestazione visibile di tutti gli alberi che verranno piantati nell’ambito di «Kids Creative Lab», saranno documentate attraverso uno scatto fotografico e daranno così origine all’«eARTh-DAY», esperimento di arte partecipata realizzato dalle scuole e totalmente inedito in Italia.
Grazie alle soluzioni tecnologiche offerte da Google for Work sarà possibile geo-localizzare su una mappa tutti i diversi progetti che aderiranno all’iniziativa didattica della collezione Peggy Gueggenheim. Non solo, per tutti gli istituti sarà possibile anche utilizzare gli strumenti Google Apps for Education, e in particolare Google Classroom, per favorire la comunicazione e la collaborazione.
Dopo l’enorme successo delle prime due edizioni, che hanno coinvolto complessivamente 3.200 scuole, 19.000 classi e 460.000 bambini in tutta Italia, i «Kids Creative Lab» sbarcano, dunque, ad Expo. Il 1° maggio, in concomitanza con l’apertura dell'esposizione universale, il Padiglione Italia ospiterà, infatti, una grande video-installazione interattiva dove saranno visibili le composizioni realizzate dalle classi nell’ambito del progetto. Congiuntamente al laboratorio, i partecipanti svolgeranno una ricerca linguistico-lessicale su parole chiave legate ai temi dell'agricoltura e dell'alimentazione, che darà vita a un gigantesco archivio-glossario utile per scoprire il mondo di Expo Milano 2015.

Informazioni utili 
«Kids Creative Lab 2015» - «Arte-Coltura». Numero verde: 800172534. Sito internet: http://kidscreativelab.ovs.it