ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 7 luglio 2017

«Il mondo in una perla», la tradizione muranese in un volume di Antiga Edizioni

«Il vetro è un materiale pazzesco, molto misterioso trasparente, fragile […], come la ceramica del resto, ha una qualità strana: entra nel fuoco e non si sa cosa va dentro. Poi di colpo esce un oggetto puro perché bruciato dal fuoco, un oggetto di una purezza totale, di una intangibilità fisica totale. Come una visione. Si è veramente coinvolti in questo processo del vetro. Il vetro è uno spettacolo». Vengono in mente le parole di Ettore Sottsass junior (1917-2007), al quale in questi giorni la Fondazione Giorgio Cini dedica un'importante retrospettiva nell'ambito del progetto «Le stanze del vetro», sfogliando il libro «Il mondo in una perla», appena pubblicato dalla casa editrice Antiga di Treviso.
Il ricco tomo, edito grazie al contributo economico della Vistosi, è il risultato di un meticoloso lavoro di ricerca, condotto all’interno della preziosa collezione di perle di vetro del Museo di Murano, da Augusto Panini, appassionato collezionista comasco e curatore di mostre.
Disegni sempre diversi che si formano grazie alla magia del fuoco, colori unici e brillanti, forme e stili svariati, che spaziano dal rotondo all'irregolare, dal decorato al trasparente: tutto questo è documentato attraverso più di mille straordinarie immagini e quasi quattrocento pagine che rendono lo studio di Augusto Panini prezioso sia per il lettore comune che per gli specialisti, consentendo loro di addentrarsi nell’essenza stessa di questa affascinante produzione, cosmo poliedrico dove le mani, soprattutto quelle femminili, hanno traslato una concezione di grazia e perfezione dando vita, ogni volta, ad un mondo perfetto e ideale.
Raccolta tra il 1861 ed il 1883 dall’abate Vincenzo Zanetti e rappresentativa della produzione ottocentesca veneziana e muranese, nel corso degli anni Trenta del Novecento la collezione di perle venne progressivamente rimossa dalle vetrine del museo e relegata nei depositi laddove si perdono le informazioni relative alle attribuzioni dei singoli pezzi e quelli delle cartelle campionarie.
Dopo quasi cent’anni di oblio la raccolta, un cui consistente focus sulle perle veneziane e le murrine è stato inserito in una sala del rinnovato museo appositamente dedicata al tema -su input dello stesso Panini, che l’aveva nel frattempo acquisita- è divenuta oggetto di studio, anche in prospettiva di una sua adeguata ricollocazione espositiva.
Partendo dai saggi scritti dall’abate Zanetti sulle collezioni del Museo del vetro -realizzati in occasione di Esposizioni internazionali o per documentare le scoperte che valenti vetrai avevano sviluppato nella prima metà del 1800– Augusto Panini, in oltre cinque anni di lavoro, è riuscito dunque a ricostruire attribuzioni e paternità, contribuendo in maniera decisiva a riportare questi straordinari oggetti all’attenzione che meritano.
La collezione di perle del Museo del vetro di Murano, a cui sarà dedicata una mostra dal 15 dicembre al 18 maggio 2018, è oggi costituita da ottantacinque cartelle campionarie, contenenti quattordicimila perle, oltre che da tre pannelli in stoffa datati 1863, dono della Società delle Fabbriche unite, contenenti duemilaquindici perle e da duecentosessantasei mazzette di conterie, novantuno mazzi di perle a lume più o meno completi, oltre ottomila di perle sciolte, quattrocentonovantadue mazzi di conterie e qualche ulteriore oggetto con perle, dono delle più importanti vetrerie veneziane e muranesi attive nella metà dell’Ottocento.

Informazioni utili
Augusto Panini, «Il mondo in una perla. La collezione del Museo del Vetro di Murano», Antiga edizioni, Crocetta del Montello (Treviso) 2017. Collana: Fuori collana arte. Pagine: 376. Immagini: 1200 illustrazioni a colori. Formato: 23 x 28 cm. Confezione: brossura con alette. Prezzo: € 39,00. ISBN: 978-88-99657-60-4. Note: Disponibile anche l'edizione in lingua inglese. Informazioni: Grafiche Antiga, via delle Industrie, 1 - Crocetta del Montello (Treviso), tel. 0423.6388 o editoria@graficheantiga.it. Sito internet: www.antigaedizioni.it.

mercoledì 5 luglio 2017

Milano, quattro opere per un omaggio a Cola dell’Amatrice

Si fa interprete del desiderio di rinascita di un intero territorio, a partire dalla valorizzazione delle sue bellezze paesaggistiche e artistiche, la mostra «Ritorno a Cola dell'Amatrice. Opere dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno», allestita fino al 27 agosto negli spazi del Museo Bagatti Valsecchi di Milano, con un progetto espositivo firmato dallo Studio Lissoni Associati.
All’esposizione, curata da Vittorio Sgarbi, fa da corollario e completamento l’iniziativa «Adotta un museo», promossa da Icom Italia in sostegno delle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto, che vede la realtà milanese in prima linea nella raccolta di fondi per il restauro di una statua lignea della «Vergine», realizzata nel XV secolo, che usualmente è conservata nella chiesa di San Pellegrino a Norcia, ora si trova nel deposito del Santo Chiodo a Spoleto e, dopo il restauro, andrà al Museo diocesano di Milano.
Praticamente ignota sino agli anni Cinquanta del Novecento, quando venne riscoperta grazie agli studi di Federico Zeri nei territori appenninici oggi devastati dal sisma, la figura di Cola dell’Amatrice, nome d’arte di Nicola Filotesio (Amatrice, 9 settembre 1480 o 1489 – Ascoli Piceno, 31 agosto 1547 o 1559), pittore, scultore e architetto del Cinquecento, allievo di Dionisio Cappelli e sodale di Giulio Romano, che fu attivo tra Abruzzo e Marche firmando, tra l’altro, la facciata del Duomo di Ascoli e quella della chiesa di San Bernardino a L’Aquila, sta uscendo dall’oblio, un po’ com’è accaduto a inizio Novecento a Lorenzo Lotto.
Buon cultore della prospettiva e dello sfondo paesaggistico, Cola dell’Amatrice è citato anche da Giorgio Vasari nelle sue «Vite», in alcune righe al termine della sezione dedicata al pittore «Marco Calavrese» (Marco Cardisco). In queste pagine il biografo sottolinea che egli ebbe la «fama di un maestro raro, del migliore che fosse mai stato in quei paesi» e che sarebbe stato un artista ancora migliore, se il suo percorso creativo fosse stato meno appartato e se «avesse la sua arte esercitato in luoghi dove la concorrenza e l’emulazione l’avesse fatto attendere con più studio alla pittura, ed esercitare il bello ingegno di cui si vide che era stato dalla natura dotato».
Non interessato a competere a Roma con più grandi maestri, che studiò e ammirò, mostrandosi informato sui pensieri nuovi di Raffaello e Michelangelo, che aggiornarono così la sua formazione legata principalmente ai modelli umbro-laziali del tardo Quattrocento ben rappresentati dall’arte del Perugino e di Antoniazzo Romano, Cola dell’Amatrice si mosse sulla scia del classicismo, per giungere poi a un linguaggio antiaccademico ed eterodosso, che pone l’accento sulla drammatica espressività dei dolenti e sull’enfasi dei loro gesti, facendo spesso sottolineare alla critica l’«eccentricità» del suo percorso rispetto ai modelli normativi allora vigenti.
Il suo «Rinascimento distaccato e alternativo», documentato anche da un prezioso taccuino di disegni e appunti conservato alla Biblioteca comunale di Fermo, si respira negli affreschi per il palazzo Vitelli alla Cannoniera di Città di Castello e nelle svariate pitture di tema religioso lasciate sul territorio, tra cui si segnalano una «Sacra famiglia» (1527), miracolosamente scampata al terremoto di Amatrice, un’elegante «Comunione degli apostoli» commissionata dall’Oratorio della Confraternita del Corpus Domini di Ascoli Piceno, una «Disputa di Gesù con i Dottori» conservata a L’Aquila e la tela «Cristo in casa di Marta e Maria», di collezione privata, la cui spazialità ricorda Giulio Romano. La sua opera più ispirata è, però, senz’altro una «Dormitio Virginis», oggi ai Musei capitolini, nella quale si possono cogliere i moti dell’anima degli astanti riletti attraverso la lezione raffaelliana.
La mostra milanese vede esposte, al Museo Bagatti Valsecchi, quattro opere oggi custodite nelle sale della Pinacoteca civica di Ascoli. Si tratta di due «Angeli portacroce», facenti parte di un polittico ormai smembrato, in parte conservato National Gallery of Victoria di Melbourne e in parte disperso, e della coppia di tavole della «Vergine addolorata» e del «San Giovanni apostolo», provenienti dalla cappella del Crocifisso della chiesa dell’Annunziata nel monastero degli Osservanti, le cui figure a grandezza naturale sono di una toccante intensità emotiva e colpiscono l’attenzione per la loro luminosità cromatica.
La mostra, che sarà arricchita nella giornata del 13 luglio da un laboratorio per bambini che insegnerà a dipingere come in una bottega del Rinascimento, è completata da un filmato che ripropone, con riprese a volo d’uccello, immagini dei recenti terremoti che hanno colpito l’Italia centrale. Un’occasione, questa, per riflettere sulla precarietà del nostro vivere, ma anche per pensare al valore della nostra arte, un patrimonio da preservare «per ribaltare -come ha dichiarato Vittorio Sgarbi- la tristezza con l’euforia della bellezza».

Informazioni utili
Ritorno a Cola dell’Amatrice. Opere dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno. Museo Bagatti Valsecchi, Via Gesù, 5 - Milano. Orari: da martedì a domenica, ore 13.00–17.45; chiuso tutti i lunedì, il 2 giugno e il 15 agosto. Ingresso: intero € 9,00, ridotto € 6,00. Informazioni: tel.02.7600613 o info@museobagattivalsecchi.org. Sito internet: https://museobagattivalsecchi.org/. Fino al 27 agosto 2017.

lunedì 3 luglio 2017

Trento, la scultura contemporanea dialoga con il legno

Sono quindici gli artisti, tutti viventi e formatisi in Val Gardena, i protagonisti della mostra «Legno | Lën |Holz», con cui la Galleria civica di Trento, da oltre tre anni annessa al Mart di Trento e Rovereto, rende omaggio alla scultura lignea, una tradizione tramandata di generazione in generazione, ma adatta a confrontarsi anche con le istanze del contemporaneo.
Il progetto espositivo, per la curatela di Gabriele Lorenzoni, si avvale della partnership del Museum Ladin Ćiastel de Tor di San Martino in Badia e della Galleria Doris Ghetta, che ha la sua sede a Ortisei, ed è la prima esposizione che un museo italiano votato all’arte contemporanea dedica a questo genere di produzione artistica.
La tradizione secolare della scultura lignea, seppur con discontinuità, ha attraversato la storia dell’arte, raggiungendo il suo apice durante il Medioevo con le celebri madonne lignee romaniche e il Barocco con i fastosi altari policromi.
Nelle valli delle Dolomiti, dove abbonda la materia prima e nelle quali l’attaccamento alla storia locale è tenace, questa pratica artistica sopravvive e si rinnova, recuperando specificità culturali ed economiche. Qui, negli ultimi trent’anni, conosce un’inaspettata evoluzione, percorrendo nuove traiettorie di ricerca estetica, tematica e formale.
Dopo secoli di storia ininterrotta, accanto all’artigianato artistico, ai presepi, ai manufatti folcloristici, la scultura lignea approda a pieno titolo nell’arte contemporanea, divenendone una voce minoritaria ma autorevole, capace di riscuotere crescente interesse e attenzione da parte della critica, dei musei e del collezionismo, sia pubblico sia privato.
Per qualità e quantità della produzione, oggi la scuola gardenese dell’intaglio ligneo non ha eguali in Europa e occupa una posizione indipendente e originale nel panorama artistico internazionale.
Non segnata da confini amministrativi né cartografici, l’area ladina (Ladinia) ha come uniche frontiere quelle naturali: una regione culturale costituita da valli sudtirolesi, trentine e venete, nelle quali l’uso dell’antica lingua retoromanza diventa veicolo di coesione e trasmissione identitaria. Sulla base di queste premesse, nel riconoscimento delle peculiarità socioculturali del territorio di riferimento, il catalogo che rimarrà a documentazione della mostra, aperta fino al prossimo 17 settembre, sarà trilingue.
La scelta curatoriale di «Legno | Lën |Holz», che parte da una rigorosa selezione basata sull’uso della tecnica manuale dell’intaglio ligneo, si sofferma sulla figurazione del corpo umano in scala reale. Tema della mostra è, quindi, la ricerca sul corpo, che alla Civica viene indagato attraverso l’esposizione di circa quaranta tra sculture e installazioni i cui volumi si prestano a una dimensione museale. Un quarto dei lavori è inedito: diverse sono le opere realizzate espressamente per la mostra o mai esposte prima.
La preferenza data alla produzione figurativa sottolinea la vicinanza a una tradizione dalla quale contestualmente ci si allontana: coesistono da un lato una perizia tecnica sublime, dall’altro una straordinaria adesione ai linguaggi e alle sensibilità contemporanee.
In un percorso che esalta le differenze anziché nasconderle e che accosta maestri affermati a interpreti più giovani, gli scultori in mostra (Livio Conta, Giorgio Conta, Fabiano de Martin Topranin, Aron Demetz, Gehard Demetz, Peter Demetz, Arnold Holzknecht, Walter Moroder, Hermann Josef Runggaldier, Andreas Senoner, Peter Senoner, Matthias Sieff, Adolf Vallazza, Willy Verginer e Bruno Walpoth) interpretano in maniera assolutamente personale la tematica proposta.
Accomunati da un’incontestabile abilità, alcuni si avventurano in una profonda analisi psicologica dei personaggi raffigurati, altri osano con chiara ironia o surreale divertimento. Tra rappresentazioni drammatiche o spiritose, ritratti realistici, corpi alieni, totem divini, uomini, donne e bambini, le opere esposte finiscono per presentare una variegata umanità.
I visi e i corpi intagliati nel legno propongono riflessioni sui temi del doppio, dell’alterità e dell’autorappresentazione. Il parallelismo fra i volumi scultorei in scala 1:1 che invadono gli spazi della Galleria e il corpo dello spettatore che si aggirerà fra essi è decisamente suggestivo.
L’allestimento minimalista, firmato dallo studio Weber+Winterle di Trento, sottolinea questo dualismo mediante un gioco di superfici riflettenti che moltiplicano i punti di vista. Come tutto ciò che in qualche modo richiama il processo di mimesis, questo progetto contiene e propone, infatti, quale elemento imprescindibile di indagine, la questione dello sguardo dello spettatore nella sua accezione relazionale.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Aron Demetz, Iniziazione, 2004; [fig. 2] Walter Moroder, De Vita, 2012; [fig. 3]  Bruno Walpoth, Why not?, 2015; [fig. 4] Gehard Demetz, Senza titolo, 2013-16

Informazioni utili 
«Legno | Lën |Holz». Galleria Civica Trento, via Belenzani, 44 – Trento. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-18.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 2,00, gratuito per Mart Membership e bambini fino a 14 anni. Informazioni: tel. 0461.985511 o tel. 800 397760 o civica@mart.tn.it. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino al 17 settembre 2017.