Dalle origini nella Maremma Toscana ai primi concerti come musicista-cantante «colorati» di battute e aneddoti, fino ad arrivare ai monologhi che lo hanno reso una delle star di «Zelig»: Sergio Sgrilli si racconta a tutto tondo sul palco del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio.
Venerdì 17 novembre, alle ore 21, la stagione 2017/2018 della sala di via Calatafimi, intitolata ancora una volta «Mettiamo in circolo la cultura» e inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro», apre le porte a «20 in poppa», uno show celebrativo di vent’anni di carriera o -come dichiarano dall’agenzia Ridens, che distribuisce lo spettacolo- «una sorta di Bignami di quasi tutto ciò che è e ha fatto Sgrilli comico».
Il risultato è un racconto di più di trent’anni, quarantotto alla anagrafe, dedicati alla creatività e a uno stile di vita che il comico toscano, sul palco anche nelle vesti di musicista e cantautore, definisce: «sbarcare il lunario al meglio che si può!».
«In scena l’essenziale: una sedia, una chitarra e tante, tante cose da raccontare -assicurano dalla distribuzione dello spettacolo- per risate a crepapelle intervallate da momenti introspettivi», che fanno di «20 in poppa» uno spettacolo interattivo e mutevole, capace di instaurare con il pubblico un rapporto diretto, dialettico ed entusiasmante. Gli affezionati abbonati del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio ne sanno già qualcosa. «Quello di Sergio Sgrilli nella nostra sala -racconta, infatti, Marco Bianchi, direttore organizzativo della realtà di via Calatafimi- è un gradito ritorno. L’artista toscano è stato nostro ospite anche due stagioni fa, in primavera, con «Prendila così non possiamo farne un dramma...», una performance che ha parlato d’amore attraverso le canzoni di Tenco, Capossela, Bennato, Dalla e De Gregori».
Questa volta a tessere la trama dello show saranno il racconto di viaggi e collaborazioni, stralci di vecchi e nuovi spettacoli, pezzi popolari fatti in tv e qualche brano del disco «Dieci venti d’amore», uscito nel 2012.
Sergio Sgrilli racconterà così dei suoi inizi in Toscana, quando Faso di «Elio e Le Storie Tese» gli disse: «tu sei bravo a cantare, ma come cabarettista saresti un fenomeno!». Parlerà, poi, dei tanti eventi che, nel tempo, lo hanno visto affiancarsi a grandi del cabaret come Cochi e Renato, Enzo Iannacci e Claudio Bisio, al quale si deve anche il soprannome «uomo del blues», un ricordo di quando negli anni d’oro di «Zelig» il comico toscano faceva le sue entrate suonando un blues orecchiabile alla chitarra, per poi incentrare i suoi sketch su parodie musicali. Tecnica artistica e fantasia si uniranno così in una «serata da ricordare», assicurano dall’agenzia Ridens, che vedrà Sergio Sgrilli vestire i tanti abiti che gli sono congeniali: musicista, cantautore, autore, attore, narratore o, come ama definirsi lui, «mente pensante».
Si apre, dunque, alla comicità e alla musica d’autore la stagione 2017/2018 del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea, da Lorella Cuccarini a Giampiero Ingrassia, da Geppi Cuccari a Ivano Marescotti, passando per Debora Caprioglio, Vanessa Gravina, Gianfraco Jannuzzo, Valentina Lodovini e Max Pisu. Un’occasione per passare una serata all’insegna del sorriso e della riflessione.
Per saperne di più
https://issuu.com/teatromanzonidibustoarsizio/docs/opuscolo_stagteatrale_2017-2018_24
Informazioni utili
«20 in poppa», show con Sergio Sgrilli. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio. Quando: venerdì 17 novembre 2017, ore 21.00. Ingresso: € 33,00 per la poltronissima, € 30,00 (intero) o € 27,00 (ridotto) per la poltrona, € 28,00 (intero) o € 25,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00. Botteghino: dal lunedì al sabato, dalle ore 17 alle ore 19. Prevendita on line: I biglietti sono già comodamente acquistabili anche on-line, tramite il circuito Crea Informatica, sul sito www.cinemateatromanzoni.it. Informazioni: cell. 339.7559644, tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì), info@cinemateatromanzoni.it.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
sabato 11 novembre 2017
giovedì 9 novembre 2017
«Restituzioni», al museo civico archeologico di Bologna si restaura un sarcofago egizio
C’è anche l’Istituzione Bologna Musei | Museo civico archeologico tra i musei, i siti archeologici e i luoghi di culto selezionati per «Restituzioni», il programma biennale di interventi volti alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio pubblico del nostro Paese, ideato e curato da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con gli enti ministeriali preposti alla tutela dei beni archeologici e storico-artistici.
Avviato nel 1989 dall’allora Banca cattolica del Veneto, con obiettivi e finalità legati al territorio di competenza di quell’Istituto, il progetto ha gradualmente ampliato il proprio raggio di azione, di pari passo con la crescita della banca, ed ha raggiunto oggi dimensione e importanza nazionali.
In quasi trenta anni di operatività, «Restituzioni» è riuscito a coinvolgere pressoché l’intero territorio nazionale ed è in continua espansione, come testimoniano i numeri della passata edizione, la diciassettesima, che ha visto la restituzione al pubblico di oltre centoquaranta singoli manufatti e il coinvolgimento di trentasei enti ministeriali attivi in dodici regioni italiane e l’inclusione per la prima volta di un Paese straniero con il restauro di tre rilievi lignei provenienti dal Calvario Di Banská Štiavnica in Repubblica Slovacca.
Dal 1989 a oggi, sono ormai più di un migliaio le opere “restituite” alla collettività: una sorta di ideale museo, con testimonianze che spaziano dalle epoche proto-storiche fino all’età contemporanea, dall’archeologia all’oreficeria, alle arti plastiche e pittoriche.
A queste opere, ora, se ne aggiungono altre duecento per un totale di quarantanove enti di tutela coinvolti e cinquantanove enti proprietari, tra musei, chiese, siti archeologici. Tra questi c’è il Museo archeologico di Bologna che, per la terza volta consecutiva, vedrà restaurata un’opera della sua collezione.
La proposta presentata per la diciotto edizione del progetto prevede l’intervento conservativo del sarcofago antropoide ligneo di un alto funzionario egiziano chiamato di «Unmontu», attribuibile per tipologia, apparato iconografico e testuale all'epoca della XXV dinastia (746 – 655 a.C.).
Il prezioso manufatto è giunto a Bologna attraverso un lascito del pittore bolognese Pelagio Pelagi che donò alla sua città natale un'immensa collezione di reperti comprendente anche 3109 antichità egiziane acquistate sul mercato antiquario negli anni tra il 1824 e il 1845, successivamente confluite nel patrimonio del Museo civico archeologico come uno dei principali nuclei originari.
Sin dal suo arrivo in città nel 1861 questo sarcofago attirò l'attenzione degli studiosi e dei cittadini bolognesi per la vivace policromia, il raffinato apparato iconografico e la ricchezza dei testi funerari in caratteri geroglifici che si distribuiscono in colonne sull’intera superficie esterna sia della cassa sia del coperchio.
Nelle scorse settimane è stata avviata la valutazione dello stato conservativo del manufatto attraverso un complesso studio conoscitivo condotto sotto la direzione scientifica di Daniela Picchi, funzionario egittologo del museo, e a cura del Consorzio Croma (Conservazione e restauro di opere e monumenti d'arte) di Roma, con il supporto scientifico di esperti in diverse discipline operanti in vari atenei e istituzioni, dall’Alma Mater Studiorum alla Carlo Bo di Urbino.
L'articolato progetto diagnostico, finalizzato a fornire le conoscenze preliminari agli interventi di restauro, è stato supportato dalle più avanzate tecnologie non distruttive. Accanto all’analisi tomografica computerizzata con raggi X e alla datazione con il metodo del radiocarbonio sono state effettuate analisi anatomiche per determinare la specie legnosa e uno studio relativo alla policromia mediante indagini non invasive e micro-invasive; approcci diagnostici tesi ad un’analisi accuratissima del manufatto, che hanno permesso di individuare i materiali costitutivi, le tecniche esecutive, le diverse fasi di lavorazione ed eventuali interventi conservativi di epoca moderna.
Le risultanze delle indagini hanno evidenziato un precario stato conservativo del sarcofago e la necessità di un nuovo intervento, dopo un precedente restauro effettuato negli anni sessanta del Novecento.
Come già sperimentato in passato, il Museo civico archeologico condividerà con il pubblico questo importante momento di ricerca e conservazione aprendo le porte del cantiere per seguire gli interventi di restauro fino al termine previsto nel dicembre 2017.
In corrispondenza delle fasi più significative del lavoro sarà infatti possibile assistere “in diretta” alle pazienti operazioni degli esperti grazie ad un box/laboratorio posizionato tra le teche espositive della sezione egizia, la terza in Italia per importanza. Una modalità di fruizione, quella del cantiere aperto, particolarmente efficace coma pratica di divulgazione e valorizzazione dei beni culturali, per favorire la conoscenza del patrimonio artistico conservato negli spazi museali attraverso un'emozionante esperienza di coinvolgimento.
La restituzione del sarcofago, che ne salvaguarderà correttamente la futura fruizione all'interno del percorso espositivo, verrà così assicurata da una virtuosa sinergia tra le competenze scientifiche attivate dal Museo Civico Archeologico e l'impegno di Intesa Sanpaolo nella difesa dei beni artistici nazionali.
Al termine dei lavori, domenica 18 febbraio 2018, Daniela Picchi ed Emiliano Antonell del Consorzio Croma presenteranno gli esiti dell'importante operazione in una conferenza aperta al pubblico.
Inoltre, a conclusione della campagna di restauri finanziati per la XVIII edizione di «Restituzioni», il sarcofago di «Unmontu», unitamente ad altre duecento opere salvate, sarà esposto Sanpaolo dal 27 marzo al 16 settembre 2018 alla Venaria Reale di Torino, in una grande mostra organizzata da Intesa Sanpaolo.
Informazioni utili
Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio 2 - 40124 Bologna, tel. 051.2757211 o mca@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/archeologico
Avviato nel 1989 dall’allora Banca cattolica del Veneto, con obiettivi e finalità legati al territorio di competenza di quell’Istituto, il progetto ha gradualmente ampliato il proprio raggio di azione, di pari passo con la crescita della banca, ed ha raggiunto oggi dimensione e importanza nazionali.
In quasi trenta anni di operatività, «Restituzioni» è riuscito a coinvolgere pressoché l’intero territorio nazionale ed è in continua espansione, come testimoniano i numeri della passata edizione, la diciassettesima, che ha visto la restituzione al pubblico di oltre centoquaranta singoli manufatti e il coinvolgimento di trentasei enti ministeriali attivi in dodici regioni italiane e l’inclusione per la prima volta di un Paese straniero con il restauro di tre rilievi lignei provenienti dal Calvario Di Banská Štiavnica in Repubblica Slovacca.
Dal 1989 a oggi, sono ormai più di un migliaio le opere “restituite” alla collettività: una sorta di ideale museo, con testimonianze che spaziano dalle epoche proto-storiche fino all’età contemporanea, dall’archeologia all’oreficeria, alle arti plastiche e pittoriche.
A queste opere, ora, se ne aggiungono altre duecento per un totale di quarantanove enti di tutela coinvolti e cinquantanove enti proprietari, tra musei, chiese, siti archeologici. Tra questi c’è il Museo archeologico di Bologna che, per la terza volta consecutiva, vedrà restaurata un’opera della sua collezione.
La proposta presentata per la diciotto edizione del progetto prevede l’intervento conservativo del sarcofago antropoide ligneo di un alto funzionario egiziano chiamato di «Unmontu», attribuibile per tipologia, apparato iconografico e testuale all'epoca della XXV dinastia (746 – 655 a.C.).
Il prezioso manufatto è giunto a Bologna attraverso un lascito del pittore bolognese Pelagio Pelagi che donò alla sua città natale un'immensa collezione di reperti comprendente anche 3109 antichità egiziane acquistate sul mercato antiquario negli anni tra il 1824 e il 1845, successivamente confluite nel patrimonio del Museo civico archeologico come uno dei principali nuclei originari.
Sin dal suo arrivo in città nel 1861 questo sarcofago attirò l'attenzione degli studiosi e dei cittadini bolognesi per la vivace policromia, il raffinato apparato iconografico e la ricchezza dei testi funerari in caratteri geroglifici che si distribuiscono in colonne sull’intera superficie esterna sia della cassa sia del coperchio.
Nelle scorse settimane è stata avviata la valutazione dello stato conservativo del manufatto attraverso un complesso studio conoscitivo condotto sotto la direzione scientifica di Daniela Picchi, funzionario egittologo del museo, e a cura del Consorzio Croma (Conservazione e restauro di opere e monumenti d'arte) di Roma, con il supporto scientifico di esperti in diverse discipline operanti in vari atenei e istituzioni, dall’Alma Mater Studiorum alla Carlo Bo di Urbino.
L'articolato progetto diagnostico, finalizzato a fornire le conoscenze preliminari agli interventi di restauro, è stato supportato dalle più avanzate tecnologie non distruttive. Accanto all’analisi tomografica computerizzata con raggi X e alla datazione con il metodo del radiocarbonio sono state effettuate analisi anatomiche per determinare la specie legnosa e uno studio relativo alla policromia mediante indagini non invasive e micro-invasive; approcci diagnostici tesi ad un’analisi accuratissima del manufatto, che hanno permesso di individuare i materiali costitutivi, le tecniche esecutive, le diverse fasi di lavorazione ed eventuali interventi conservativi di epoca moderna.
Le risultanze delle indagini hanno evidenziato un precario stato conservativo del sarcofago e la necessità di un nuovo intervento, dopo un precedente restauro effettuato negli anni sessanta del Novecento.
Come già sperimentato in passato, il Museo civico archeologico condividerà con il pubblico questo importante momento di ricerca e conservazione aprendo le porte del cantiere per seguire gli interventi di restauro fino al termine previsto nel dicembre 2017.
In corrispondenza delle fasi più significative del lavoro sarà infatti possibile assistere “in diretta” alle pazienti operazioni degli esperti grazie ad un box/laboratorio posizionato tra le teche espositive della sezione egizia, la terza in Italia per importanza. Una modalità di fruizione, quella del cantiere aperto, particolarmente efficace coma pratica di divulgazione e valorizzazione dei beni culturali, per favorire la conoscenza del patrimonio artistico conservato negli spazi museali attraverso un'emozionante esperienza di coinvolgimento.
La restituzione del sarcofago, che ne salvaguarderà correttamente la futura fruizione all'interno del percorso espositivo, verrà così assicurata da una virtuosa sinergia tra le competenze scientifiche attivate dal Museo Civico Archeologico e l'impegno di Intesa Sanpaolo nella difesa dei beni artistici nazionali.
Al termine dei lavori, domenica 18 febbraio 2018, Daniela Picchi ed Emiliano Antonell del Consorzio Croma presenteranno gli esiti dell'importante operazione in una conferenza aperta al pubblico.
Inoltre, a conclusione della campagna di restauri finanziati per la XVIII edizione di «Restituzioni», il sarcofago di «Unmontu», unitamente ad altre duecento opere salvate, sarà esposto Sanpaolo dal 27 marzo al 16 settembre 2018 alla Venaria Reale di Torino, in una grande mostra organizzata da Intesa Sanpaolo.
Informazioni utili
Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio 2 - 40124 Bologna, tel. 051.2757211 o mca@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/archeologico
martedì 7 novembre 2017
Luigi Crespi, un ritrattista bolognese del Settecento
È noto principalmente per essere l’autore del terzo tomo della «Felsina Pittrice – Vite de’ pittori bolognesi», edito nel 1769 in prosecuzione dei due volumi pubblicati da Carlo Cesare Malvasia nel 1678. Ma fu anche un apprezzato ritrattista del Settecento bolognese, in relazione al clima di rinnovamento culturale favorito dall'illuminata opera pastorale del cardinale Prospero Lambertini (1731-1754). Stiamo parlando di Luigi Crespi (1708-1779), figlio del celebre pittore Giuseppe Maria detto lo Spagnolo (1665-1747), a cui i Musei civici d’arte antica dell'Istituzione Bologna musei dedicano, in questi giorni, un'ampia mostra nelle sale della Galleria Davia Bargellini.
L'esposizione, a cura di Mark Gregory D'Apuzzo e Irene Graziani, presenta il nucleo più significativo di dipinti dell'artista conservati nel museo di Strada Maggiore, apprezzato soprattutto per la sua pregevole quadreria senatoria di dipinti bolognesi dal XIV al XVIII secolo, in dialogo con altre sue opere provenienti dalle collezioni comunali e con prestiti di altre importanti istituzioni cittadine e di collezionisti privati, in un percorso antologico articolato in sette sezioni tematiche che, per la prima volta, consente di ricostruire le fasi più rilevanti della sua vicenda artistica.
Luigi Crespi iniziò a dipingere nella bottega paterna fra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Settecento. Molti anni più tardi, nella biografia del padre (1769), sosterrà di essersi cimentato in questa attività «per divertimento», quasi significare il privilegio accordato al prestigioso ruolo, assunto a partire dagli anni Cinquanta, di scrittore e critico d’arte, che gli frutterà importanti riconoscimenti come l’aggregazione alle Accademie di Firenze (1770), di Parma (1774) e di Venezia (1776).
Grazie all’amicizia del padre Giuseppe Maria con Prospero Lambertini, Luigi sostenne la carriera clericale e venne nominato «segretario generale della visita della città e della diocesi», canonico della collegiata di Santa Maria Maggiore ed infine, dopo l'elezione al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIV (1740-1758), suo cappellano segreto.
La sua produzione figurativa, in particolar modo quella rappresentata dal più congeniale genere del ritratto, rivela un autore sensibile al dialogo con la scienza moderna e con la libera circolazione delle idee dell’Europa cosmopolita. Nonostante l’impegno applicato anche all’ambito dell’arte sacra, cui Luigi Crespi si dedica almeno fino agli inizi degli anni Settanta, è soprattutto nella ritrattistica che egli raggiunge esiti di grande finezza ed efficacia, molto apprezzati dalla committenza. «Ebbe un particolare dono di ritrarre le fisionomie degli Uomini, e ne fece una serie di Ritratti di Cavaglieri e Damme», scrive infatti l'erudito del tempo Marcello Oretti, celebrandone l’abilità nell’adattare la formula del codice ritrattistico alle esigenze della clientela.
Come dimostrano il «Ritratto di giovane dama con cagnolino», o i tre ritratti dei Principi Argonauti in origine nel collegio gesuitico di San Francesco Saverio, la pittura di Crespi junior, già addestrato dal genitore Giuseppe Maria ad un fare schietto, attento al naturale e al «vero», evolve verso un nitore della visione che risalta i dettagli, in un’analitica investigazione della realtà, memore di certi esempi virtuosistici (Balthasar Denner e Martin van Meytens, in primis) osservati nel 1752 durante un viaggio fra Austria e Germania, dove visita le Gallerie delle corti di Dresda e Vienna. Dal confronto con il «grande mondo» –per utilizzare un’espressione di Prospero Lambertini– Luigi Crespi deriva la conferma della validità del genere del ritratto ufficiale, che gli consente di rappresentare i personaggi, qualificandone i gusti sofisticati, le abitudini raffinate, i comportamenti eleganti e disinvolti da assumere nella vita di società, dove si praticano i rituali di quella «civiltà della conversazione» che nella moderna Europa riunisce aristocratici e intellettuali in un dialogo paritario, dettato dalla condivisione di regole e valori comuni.
La prossimità con la cultura lambertiniana lo conduce inoltre a sperimentare, dapprima ancora con il sostegno del padre, poi autonomamente, nuove invenzioni compositive in cui lo sguardo incrocia i volti di individui del ceto borghese: talvolta sono gli oggetti a raccontare con la loro perspicuità di definizione la dignità del lavoro (è il caso del «Ritratto di Antonio Cartolari»), altre volte sono invece i gesti caratteristici, l’inquadratura priva di infingimenti (come avviene nel «Ritratto di fanciulla»), la resa confidenziale del modello, quasi al limite della caricatura (si veda il «Ritratto di Padre Corsini»), a fare emergere il valore umano di quella parte della società, cui papa Lambertini riconosceva un ruolo fondamentale nella riforma dei rapporti con le istituzioni ecclesiastiche.
La mostra, per la quale è previsto anche un ciclo di incontri e di visite guidate, è accompagnata da un volume, il primo monografico nella bibliografia sull'artista, edito da Silvana Editoriale, corredato da un apparato iconografico che documenta la produzione ritrattistica, una presentazione di Massimo Medica e saggi di Gabriella Zarri, Giovanna Perini Folesani, Irene Graziani e Mark Gregory D'Apuzzo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Crespi, Autoritratto. Bologna, Pinacoteca Nazionale, 1771. Olio su tela, cm 87,5x68,5 (Inv. 6414); [fig. 2] Luigi Crespi, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi. In Roma, in Marco Pagliarini stamperia, 1769. Biblioteca Igino Benvenuto Supino, Alma Mater Studiorum Università di Bologna – Dipartimento delle Arti; [fig. 3] Giuseppe Maria e Luigi Crespi, Ritratto di Antonio Cartolari. ASP Città di Bologna, in prestito presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, 1730 ca. Olio su tela, cm 93x75
Informazioni utili
Luigi Crespi ritrattista nell’età di papa Lambertini. Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini, Strada Maggiore, 44 - Bologna. Orari: dal martedì al sabato, ore 9.00–14.00; domenica e festivi, ore 9.00 – 13.00; chiuso i lunedì feriali. Ingresso libero. Informazioni: tel. 051.236708 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito web: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 3 dicembre 2017
Luigi Crespi iniziò a dipingere nella bottega paterna fra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Settecento. Molti anni più tardi, nella biografia del padre (1769), sosterrà di essersi cimentato in questa attività «per divertimento», quasi significare il privilegio accordato al prestigioso ruolo, assunto a partire dagli anni Cinquanta, di scrittore e critico d’arte, che gli frutterà importanti riconoscimenti come l’aggregazione alle Accademie di Firenze (1770), di Parma (1774) e di Venezia (1776).
Grazie all’amicizia del padre Giuseppe Maria con Prospero Lambertini, Luigi sostenne la carriera clericale e venne nominato «segretario generale della visita della città e della diocesi», canonico della collegiata di Santa Maria Maggiore ed infine, dopo l'elezione al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIV (1740-1758), suo cappellano segreto.
La sua produzione figurativa, in particolar modo quella rappresentata dal più congeniale genere del ritratto, rivela un autore sensibile al dialogo con la scienza moderna e con la libera circolazione delle idee dell’Europa cosmopolita. Nonostante l’impegno applicato anche all’ambito dell’arte sacra, cui Luigi Crespi si dedica almeno fino agli inizi degli anni Settanta, è soprattutto nella ritrattistica che egli raggiunge esiti di grande finezza ed efficacia, molto apprezzati dalla committenza. «Ebbe un particolare dono di ritrarre le fisionomie degli Uomini, e ne fece una serie di Ritratti di Cavaglieri e Damme», scrive infatti l'erudito del tempo Marcello Oretti, celebrandone l’abilità nell’adattare la formula del codice ritrattistico alle esigenze della clientela.
Come dimostrano il «Ritratto di giovane dama con cagnolino», o i tre ritratti dei Principi Argonauti in origine nel collegio gesuitico di San Francesco Saverio, la pittura di Crespi junior, già addestrato dal genitore Giuseppe Maria ad un fare schietto, attento al naturale e al «vero», evolve verso un nitore della visione che risalta i dettagli, in un’analitica investigazione della realtà, memore di certi esempi virtuosistici (Balthasar Denner e Martin van Meytens, in primis) osservati nel 1752 durante un viaggio fra Austria e Germania, dove visita le Gallerie delle corti di Dresda e Vienna. Dal confronto con il «grande mondo» –per utilizzare un’espressione di Prospero Lambertini– Luigi Crespi deriva la conferma della validità del genere del ritratto ufficiale, che gli consente di rappresentare i personaggi, qualificandone i gusti sofisticati, le abitudini raffinate, i comportamenti eleganti e disinvolti da assumere nella vita di società, dove si praticano i rituali di quella «civiltà della conversazione» che nella moderna Europa riunisce aristocratici e intellettuali in un dialogo paritario, dettato dalla condivisione di regole e valori comuni.
La prossimità con la cultura lambertiniana lo conduce inoltre a sperimentare, dapprima ancora con il sostegno del padre, poi autonomamente, nuove invenzioni compositive in cui lo sguardo incrocia i volti di individui del ceto borghese: talvolta sono gli oggetti a raccontare con la loro perspicuità di definizione la dignità del lavoro (è il caso del «Ritratto di Antonio Cartolari»), altre volte sono invece i gesti caratteristici, l’inquadratura priva di infingimenti (come avviene nel «Ritratto di fanciulla»), la resa confidenziale del modello, quasi al limite della caricatura (si veda il «Ritratto di Padre Corsini»), a fare emergere il valore umano di quella parte della società, cui papa Lambertini riconosceva un ruolo fondamentale nella riforma dei rapporti con le istituzioni ecclesiastiche.
La mostra, per la quale è previsto anche un ciclo di incontri e di visite guidate, è accompagnata da un volume, il primo monografico nella bibliografia sull'artista, edito da Silvana Editoriale, corredato da un apparato iconografico che documenta la produzione ritrattistica, una presentazione di Massimo Medica e saggi di Gabriella Zarri, Giovanna Perini Folesani, Irene Graziani e Mark Gregory D'Apuzzo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Crespi, Autoritratto. Bologna, Pinacoteca Nazionale, 1771. Olio su tela, cm 87,5x68,5 (Inv. 6414); [fig. 2] Luigi Crespi, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi. In Roma, in Marco Pagliarini stamperia, 1769. Biblioteca Igino Benvenuto Supino, Alma Mater Studiorum Università di Bologna – Dipartimento delle Arti; [fig. 3] Giuseppe Maria e Luigi Crespi, Ritratto di Antonio Cartolari. ASP Città di Bologna, in prestito presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, 1730 ca. Olio su tela, cm 93x75
Informazioni utili
Luigi Crespi ritrattista nell’età di papa Lambertini. Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini, Strada Maggiore, 44 - Bologna. Orari: dal martedì al sabato, ore 9.00–14.00; domenica e festivi, ore 9.00 – 13.00; chiuso i lunedì feriali. Ingresso libero. Informazioni: tel. 051.236708 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito web: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 3 dicembre 2017
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