ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 25 febbraio 2021

«Baci dal mondo», le Terre Malatestiane festeggiano on-line l’anno dantesco con il «Francesca Day»

Dalle tragedie di Silvio Pellico e Gabriele D’Annunzio alla «Fantasia sinfonica» di Pëtr Il'ič Čajkovskij, senza dimenticare l’opera scultorea di Auguste Rodin, il ciclo incisorio di Gustave Dorè e la parodia teatrale di Antonio Petito. Ma anche i disegni e le pitture di Jean Auguste Dominique Ingres, Dante Gabriele Rossetti, Mosè Bianchi e Gaetano Previati. Sono innumerevoli gli artisti che, dal Settecento a oggi, hanno rivolto la propria attenzione all’appassionante storia d’amore e di morte tra Francesca da Polenta e Paolo Malatesta. Tanto è vero che si stima l’esistenza di 1078 componimenti letterari, 85 tragedie, 599 opere d’arte visiva, 435 eventi musicali, una decina di film e persino un fotoromanzo dedicati alla coppia adulterina che Dante Alighieri rese immortale nelle pagine del Canto V dell’«Inferno», quello incentrato sui «peccatori carnali che la ragion sommettono al talento», puniti da una «bufera infernal che mai non resta».
La storia dell’avvenente e sfortunata fanciulla ravennate, per la quale Gabriele D’Annunzio coniò l’espressione «un fiore in mezzo a tanto ferro», e del suo amante, il giovane uomo che Giovanni Boccaccio definì «piacevole» e «costumato», non poteva non tornare sotto i riflettori nell’anno in cui si celebra il settecentesimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri.
Si aprirà, infatti, con il «Francesca Day», in programma l’8 marzo, il cartellone dei festeggiamenti danteschi promosso dai Comuni di Rimini e Gradara, con i territori malatestiani e le Regioni Emilia Romagna e Marche.
La scelta della data non è casuale. Si è, infatti, deciso di celebrare Francesca da Rimini nel giorno della festa della donna perché il suo «mito, che appare con Dante, -racconta Ferruccio Farina - esplode con l’Illuminismo e il Romanticismo per affermare una donna non più peccatrice, ma vittima innocente di inganni e di violenze, emblema di bellezza, libertà e coraggio». Francesca è, dunque, una donna a tutto tondo, «una donna guerriera», costretta a un matrimonio di interesse, per ragioni di guerra e potere, con il crudele e deforme signore di Rimini, ingannata anche dal padre che le fa credere che il suo futuro sposo sia «Paolo il bello», il cognato, e capace, con coraggio, di scegliere l’amore vero a costo della sua stessa vita.
«Baci dal mondo» è il titolo dell’iniziativa organizzata per l’occasione: un «flash mob ecumenico», nato da un’idea di Ferruccio Farina, che vedrà la regia del teatro Amintore Galli di Rimini e la partecipazione di ventuno università di tutto il mondo, «da Adelaide a Siena, da Parigi a San Paolo, da Quito a Ekaterinburg, da Friburgo a Buenos Aires, da Ravenna a Shanghai, da Santiniketan a New York, da Barcellona a Los Angeles, da Gottinga a Toronto, da Amsterdam a Johannesburg».
Insegnanti e universitari dai quattro angoli del pianeta reciteranno, animeranno e commenteranno, nella lingua del loro Paese, il canto V dell’«Inferno» con i versi più celebri al mondo dedicati alla passione e al bacio.
Le animazioni si susseguiranno on-line, in diretta streaming, a partire dalle ore 9.30 del mattino (UTC+1) e verranno diffuse attraverso il sito dedicato – www.bacidalmondo.com – e vari canali social. Dai filmati verrà ricavato un documentario e una pubblicazione a stampa da diffondere con finalità didattiche e divulgative.
Con «Baci dal mondo» si apre «Francesca 2021», un calendario di trenta appuntamenti all’insegna di Francesca da Rimini, uno dei personaggi più noti e amati della «Divina Commedia», che vedrà la straordinaria eroina d’amore e di passione invadere città e castelli delle vallate riminesi, con mostre, spettacoli teatrali, musicali e cinematografici, convegni, rievocazioni storiche e giornate di studio.
I vari appuntamenti, che verranno presentati entro il 28 febbraio, avranno per protagonista – si legge nella nota stampa - «Francesca non solo in veste di espressione poetica, di icona del bacio e della fedeltà, ma anche come simbolo di libertà e di affermazione di diritti, come, tra Otto e Novecento, l’hanno sentita, vissuta e descritta più di duemila artisti romantici d’ogni paese d’Europa e d’America». Emblematica, in tal senso, è la mostra «Rodin a Gradara», con «Il bacio», capolavoro dello scultore francese Auguste Rodin, in una fusione originale di proprietà della prestigiosa Fondazione Gianadda di Martigny, che avrà come sede la Rocca, scenario della passione infelice e contrastata tra Paolo e Francesca, di cui «galeotto fu ’l libro» sull’amore tra Ginevra e Lancillotto.
Multidisciplinarietà
, rigore scientifico, internazionalità, divulgazione e attenzione alla didattica sono le parole chiave che animeranno il programma, all’interno del quale ci saranno, tra l’altro, un convegno internazionale e numerose Lecturae Dantis con sessioni nei castelli della Valmarecchia, alle quali parteciperanno le più preparate autorità accademiche al mondo. Il tutto per raccontare il volto di una donna che è diventata, nei secoli, simbolo di valori positivi come l’amore, la passione, la fedeltà, il coraggio, la libertà, il rispetto della vita e dei diritti della persona, affascinando molti artisti, da Byron a Boccioni, da Keats a Guttuso, da Zandonai a Borges. (sam)

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina per il progetto Francesca 2021. Sullo sfondo: Gustave Doré, Paolo e Francesca,  disegno preparatorio della tavola Poeta volentieri dell’Inferno, inchiostro a guazzo bianco su carta, 1861. Strasbourg, Musée d’Art Moderne et Contemporain; [fig. 2] Locandina per l'iniziativa Baci dal mondo. Sullo sfondo: Auguste Rodin, Le baiser, Il bacio, già Paolo e Francesca, 1886. Scultura, marmo, ht. 182,2 cm. Realizzata nel 1904 da Rodin per l’archeologo inglese Edward Perry Warren. Londra, Tate Gallery; [fig. 3] Amos Cassioli (1832-1891), Il bacio, olio su tela, 1870 ca.  Replica della prima versione del dipinto oggi disperso. È l’immagine più popolare del bacio di Paolo e Francesca ; [fig. 4] Ary Scheffer, Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, 1855, olio su tela, cm 171 × 239. Parigi, Louvre. Provenienza: Legato del 1900 di Mme Marjolin-Scheffer, figlia dell’artista. E' una delle dieci repliche, almeno, della celebre tela del 1835; [fig. 5] Franz von Bayros, Francesca da Rimini, illustrazione per Dante Alighieri, Die Gottliche Komedie, Lipsia e Vienna, 1921

mercoledì 24 febbraio 2021

In mostra a Milano i tappeti di René Gruau, l’illustratore di moda che raccontò lo stile Dior

È stato uno dei più celebri illustratori italiani che hanno segnato la storia della moda. René Gruau, al secolo Renato Zovagli Ricciardelli delle Caminate (Rimini, 4 febbraio 1909 – Roma, 31 marzo 2004), ha collaborato con i più grandi stilisti del Novecento, da Dior a Yves Saint-Laurent, da Chanel a Balenciaga.
Il suo talento viene riconosciuto quasi subito, quando da Rimini si trasferisce prima a Milano, dove lavora per il mensile «Lidel», diretto da Vera Rossi Lodomez, e disegna figurini in stile Déco per varie case di moda, e, poi, a Parigi, dove il suo inconfondibile tratto conquista le pagine della rivista «Fémina», antagonista dell’edizione francese di «Vogue». È il 1937 e il nome di René Gruau con la sua inconfondibile firma – una G con sopra una macchiolina a forma di stella - inizia ad accompagnarsi a quello di altri già celebri illustratori del tempo: Pierre Mourgue, Bernard Blossac e Claude Simon.
In quegli stessi anni arriva la collaborazione con «Marie Claire», dove l’artista riminese rimane per tutto il periodo della Seconda guerra mondiale. Con la Liberazione sono «Vogue», «L’Officiel de la Couture», «Harper’s Bazaar», «Flair», «Très Chic» e ancora «Fémina» a richiedere il suo segno grafico, curvilineo e marcato, dai colori forti e contrastanti, con una predominanza di rosso, nero e bianco.
Sempre in quegli anni, «L’Album de la Mode du Figaro» pubblica per il suo sesto numero, uscito a cavallo tra il 1945 e il 1946, trentatrè disegni di René Gruau – che occupano più di un quarto della rivista da soli – illustrando le collezioni di trenta diversi stilisti tra cui Marcel Rochas, Nina Ricci, Jean Patou e Lucien Lelong.
Il passo verso le grandi maison di moda è breve. Arrivano, infatti, le collaborazioni con i più grandi couturier del tempo, da Pierre Balmain a Cristóbal Balenciaga, da Hubert de Givenchy a Yves Saint-Laurent, da Christian LacroixChanel, senza dimenticare l’italiana Laura Biagiotti, per cui l’illustratore riminese studia il logo e l’immagine coordinata.
Fin dalla sfilata d'esordio nell'immediato Dopoguerra, quella del 12 febbraio 1947, René Gruau è accanto a Christian Dior, l’artefice della rinascita della moda francese, con il quale condivide la stessa visione stilistica sulla femminilità, dando così vita al leggendario New Look, che dimentica la cupezza e le restrizioni degli anni appena trascorsi, quelli del conflitto bellico, con abiti dalle spalle arrotondate e dalla vita stretta, con gonne ampie e lunghe simili a corolle, con orli svolazzanti in un turbinio di sete e chiffon.
È con lo stilista francese che René Gruau inizia a occuparsi di un nuovo settore: la pubblicità. Tutto ha inizio con il profumo «Miss Dior», per cui l’illustratore riminese disegna anche la boccetta. Arrivano, poi, le affiches per la Martini, per le case produttrici di cosmetici Pajor ed Elizabeth Arden, per i tessuti di Dormeuil e Rodier, per la biancheria di Scandale e Léjaby, per gli ombrelli e gli impermeabili del marchio Ortalion. Non manca, poi, nel curriculum la cartellonistica per le fodere Bemberg, per le camicie Pancaldi, per i guanti Perrin, per i cappelli Montezin, per le auto della Maserati, per le scarpe dei Fratelli Rossetti, per il profumo «Schu-Schu» di Schuberth e per il centocinquantesimo anniversario dei Bagni di Rimini.
René Gruau dedica il suo tratto anche al mondo dello spettacolo, collaborando con famosi locali di Parigi quali Moulin Rouge e il Lido, disegnando l’affiche per il film «La dolce vita» di Federico Fellini, realizzando le scenografie per l’Opéra Comique e per il Theâtre du Palais Royal.
Dalla sua matita esce un mondo elegante, sensuale, gioioso e pieno di humor, che crea atmosfere più che ritrarre la realtà. Le figure femminili vaporose e danzanti, emblemi delle eleganti viveuses dell’epoca, strizzano l'occhio a Giovanni Boldini ed Henri de Toulouse-Lautrec: sono donne consapevoli del proprio fascino e della loro capacità di seduzione. La cartellonistica, essenziale e raffinata, non può, poi, fare a meno di riferimenti importanti come Leonetto Cappiello, Jules Chéret e Marcello Dudovich, maestri di un’epoca d’oro per il settore dell’affiche come la Belle Époque.
Da vent’anni, dal 2000, René Gruau è protagonista di una mostra permanente al Museo della Città di Rimini. Litografie, schizzi, disegni, bozzetti, dipinti, riviste di moda, pagine e affiche pubblicitarie, oggetti in tessuto, cartoline, opuscoli, piatti in ceramica e libri documentano la parabola creativa dell’illustratore, a partire dagli anni Venti per giungere agli anni Novanta del XX secolo. Il museo romagnolo, che conserva in archivio oltre quattrocento opere dell’artista, è, dunque, un ottimo punto di partenza per conoscere la storia di un uomo «nato con la matita in mano», per usare un’espressione cara allo stesso René Gruau, che con il suo stile inconfondibile ci ha lasciato un mondo lussuoso e sognante, dal fascino intramontabile.
L’illustratore riminese è protagonista, in questi giorni, anche di una mostra a Milano, negli spazi dello showroom Amini, dove sono esposti, fino al 13 marzo, i tappeti nati dai suoi disegni tratti dall’archivio storico di Fede Cheti. Già presentati a Parigi nel 2020, in occasione della Paris Déco Home, questi manufatti consegnano al visitatore uno stile dalle suggestioni orientaliste, dal tratto grafico e dal gusto tipico dei primi anni del Novecento.
«À la mode de Gruau» - così si intitola l'esposizione milanese - allinea una selezione di disegni, scritti e fotografie accanto a tre tappeti figurativi, realizzati in un blend pregiato di lana e seta annodati a mano: «Cap», «Man» e «Woman». «Come in un frame cinematografico, - raccontano allo spazio di via Borgogna - le tre figure sembrano dialogare attraverso un passaggio veloce di sguardi, divertiti, educati».
Questi tappeti rappresentano, dunque, bene la strategia comunicativa dell’epoca: «i primissimi piani dei soggetti, le inquadrature e lo sviluppo del disegno su linee diagonali – raccontano ancora dallo showroom di Amini - sono espedienti per catturare l’attenzione dell’osservatore e guidarne lo sguardo, per animare così la rappresentazione».
Nello specifico, «Cap» raffigura un corpo colto nel gesto scanzonato e divertito di coprirsi con un cappello; una realtà gioiosa, libera da imposizioni e stereotipi, racconta un’immagine che evoca con forza il gusto di un’epoca. «Man» è, invece, la rappresentazione di un uomo e allo stesso tempo di un’atmosfera; il segno incisivo di René Gruau illustra meglio di una fotografa una figura maschile, emblema di un immaginario di vizi e virtù tipico delle località balneari del XX secolo. Con «Woman», infine, emerge tutta la dedizione e l’attenzione dell’illustratore nella raffigurazione della figura femminile. La donna è, infatti, rappresentata con l’obiettivo di coglierne i tratti più sensuali e maliziosi; la sua posa è ammiccante. René Gruau ci rimanda così tutta l’allure degli anni del Dopoguerra, con le sue donne di classe, i grandi cappelli, la bocca sinuosa, i guanti lunghi, le schiene nude allusive, la vita che sembra un’opera d’arte.

Vedi anche 

Informazioni utili 
# Spazio Gruau - Museo della Città di Rimini, via Tonini, 1 - Rimini. Informazioni: tel. 0541.793851, musei@comune.rimini.it. Sito internet: www.museicomunalirimini.it
# À la mode de Gruau. Amini, via Borgogna, 7 - Milano- Informazioni: tel. 02.45391455, info@amini.it. Sito web: www.amini.it. Fino al 13 marzo 2021

martedì 23 febbraio 2021

A Brera «Le fantasie» di Mario Mafai, ventidue dipinti contro la guerra

Era il 2018 quando l’ingegnere Aldo Bassetti donava alla Pinacoteca di Brera «Le fantasie», ventidue dipinti di Mario Mafai (Roma, 12 febbraio 1902 – Roma, 31 marzo 1965), uno degli esponenti della cosiddetta «Scuola di via Cavour», insieme con Scipione e Antonietta Raphaël. Quelle opere - destinate a far parte della collezione di arte moderna che sarà ospitata a Palazzo Citterio, il futuro Brera Modern – sono esposte dallo scorso 17 febbraio nella sala diciotto del museo milanese, in un progetto espositivo a cura di Alessandra Quarto e Marco Carminati
Visti i nostri tempi incerti, caratterizzati dal Coronavirus e nei quali la continuità dell’offerta di ogni singolo museo è legata al mantenimento dell’indice RT sotto l’uno nella regione di appartenenza, la Pinacoteca di Brera ha pensato di trasformare la mostra in un documentario, visibile dal 29 marzo sulla piattaforma BreraPlus+.
Di piccolo formato, ma di enorme importanza per la storia dell’arte del Novecento, «Le fantasie» sono un atto di denuncia dei massacri della guerra e del nazifascismo. Dipinte con pennellate veloci e colori allucinati di derivazione espressionista, queste tavole raffigurano scene di atrocità, violenza, stupri, esecuzioni di massa, orrori.
Mario Mafai iniziò a dipingerle nel periodo del suo soggiorno a Genova, dove si era trasferito da Roma con la famiglia, nel 1939, per timore delle discriminazioni nei confronti della moglie Antonietta Raphaël, ebrea, all’indomani dell’approvazione delle leggi razziali del 1938. Ci lavorò, poi, fino al 1944.
L’intero ciclo, nella sua integrità, si è visto molto di rado in ottant’anni dalla sua realizzazione. Ancora più preziosa si rivela, dunque, l’occasione offerta dalla Pinacoteca di Brera, che -racconta il direttore James Bradburne - nel 2021 celebrerà con una serie di appuntamenti «la generosità e la sensibilità dei donatori che hanno contribuito ad arricchire le collezioni del museo».
Aldo Bassetti acquistò il ciclo pittorico da Giovanni Pirelli, figlio primogenito dell’industriale, che però scelse di rinunciare a un destino nell’impresa di famiglia per diventare comandante partigiano prima, scrittore poi.
Giovanni Pirelli aveva comprato queste tavole direttamente dal pittore, nel 1957.
Il mio acquisto e il mio regalo — ha spiegato Aldo Bassetti, che dal 2007 al 2020 è stato presidente degli «Amici di Brera» — hanno un significato strettamente politico. Questi lavori rappresentano un uomo, Mario Mafai, che come artista aveva avuto la priorità di descrivere le tristezze e le infamie dei campi di concentramento. Qui c'è il mio pensiero, un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto è accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre».
La vicenda di queste opere è, infatti, parte integrante dell’esistenza di Aldo Bassetti e ha inizio da lontano, da quando il collezionista aveva appena 14 anni e un episodio tragico segnò profondamente la sua vita: la strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore nel 1943. 
Vittime di una retata tedesca, compiuta su tutta la costa novarese del Lago Maggiore, sedici ebrei ospiti dell’Albergo Meina di Meina vennero prima identificati e trattenuti per alcuni giorni in una stanza e poi, in due notti successive (quelle del 22 e del 23 settembre 1943), furono uccisi e gettati con zavorre nel lago. Tra le vittime figurava Lotte Froehlich Mazzucchelli, di anni 38, la zia di Aldo Bassetti. Il giovane fu chiamato a riconoscerne il cadavere. Quell’esperienza - ricorda il collezionista - «ha cambiato completamente la mia sensibilità morale, politica e sociale. Ecco allora che Mafai diventa un simbolo della mia vita».
Quella di Aldo Bassetti è una donazione importante, «testimonianza - raccontano alla Pinacoteca di Brera - di argomenti sempre attuali». Un donazione «che riafferma il ruolo di un grande museo, che è davvero tale non solo se ha una grande collezione, ma se riesce ad agire nel proprio tempo, nel presente, riflettendo sul passato e provando a costruire il futuro, continuando a informare e a formare coscienze».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mario Mafai, Vinti e vincitori (Fantasia n. 8), olio su tavola, cm 36,5 × 61,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 2] Mario Mafai, Fucilazione (Fantasia n. 1), olio su tavola, cm 38,5 × 52,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 3] Mario Mafai, Interrogatorio (Fantasia n. 7), olio su tavola, cm 36,5 × 47. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 4] Mario Mafai, Massacro (Fantasia n. 14), olio su tavola, cm 35 × 78. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 5] Mario Mafai, Corteo (la guerra è fnita) (Fantasia n. 22), olio su tela, cm 34,5 × 54,7. Pinacoteca di Brera, Sala 18 

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