ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 28 novembre 2024

«Paw Chew Go Festival», a Milano una due giorni sull’illustrazione

Compie nove anni «Paw Chew Go Festival», la manifestazione sulla comunicazione visiva ideata nel dicembre 2014 da Fortuna Todisco e Federico Demartini che sabato 30 novembre e domenica 1° dicembre animerà gli spazi di Base Milano, in via Bergognone 34, con talk, workshop per grandi e bambini, incontri con autori e autrici, show creativi, presentazioni di portfolio, dj set, animazioni live, una mostra e un’area mercato con centoventi firme tra quelle più in voga del momento.

Elisa Macellari, Luca D'Urbino, Alberto Casagrande, Diari di Brodo, Riccardo Guasco, Jim Stoten, Ratigher, Bolo Paper, Timidessen, Familia Povera, Francesco Cavallo, Giulia Cavaliere, Olimpia Zagnoli, Livia Satriano e Bianca Bagnarelli sono alcuni degli autori che sarà possibile incontrare realmente o virtualmente - durante i vari appuntamenti o negli stand espositivi - in questa intensa due giorni, che presenterà anche un focus su Massimiliano Aurelio, illustratore, prematuramente scomparso lo scorso giugno, dal segno retrò dal gusto moderno, celebre per le collaborazioni con importanti media digitali internazionali.

Le attività prenderanno il via sabato 30 novembre con «Palco Incontri»: Livia Satriano presenterà il suo progetto «Libri Belli» (alle ore 11:30), nato nel 2017 su Instagram, e Alessandro Ripane proporrà lo show «Storia di un disegno rubato» (alle ore 14:30), sulla vita «bizzarra» e incredibile di un’opera. Nella stessa mattinata inizieranno anche gli eventi sul «Palco Presentazioni», con autori e autrici disponibili per i firmacopie: Bianca Bagnarelli (alle ore 11:00) presenterà, con Elisa Lipari, il suo ultimo lavoro «Animali domestici», edito da Coconino Press, che esplora quei piccoli eventi che possono cambiare una vita, traumi rimossi portati a galla con spietata sincerità, inquietudini del quotidiano.
A seguire (alle ore 12:30) è prevista la presentazione di «Lontano dalla vita degli altri» (Marinoni Books), un libro, con le illustrazioni di Gabriella Giandelli e i testi di Giovanna Canzi, che invita a entrare in silenzio fra le mura di un carcere e conoscere da vicino quelle persone che non sono solo il reato che hanno commesso e ci accompagna a conoscere gli studenti della casa circondariale.

Nel pomeriggio (alle ore 15:30) Percy Bertolini presenterà, con Enea Brigatti, il suo libro «Scuola di Butch vol.3» (Eris Edizioni). Poi (alle 17) ci sarà un incontro sul volume «La novella dell’avventuriero» di Andrea Settimo e Alessandro Tota, edito da Coconino Press, trasposizione a fumetti del racconto di Arthur Schnitzler, scritto tra il 1928 e il 1930 e pubblicato postumo, ambientato nell’Italia del 1520, nel quale si racconta la storia del giovane Anselmo che, venuto a conoscenza della data esatta della propria morta, fa di tutto per sfuggire al proprio destino. Infine (alle 18.30), verrà presentato «Pastil» di Francesca Ghermandi (Eris Edizioni).

Tra le attività di giornata, ci saranno anche i workshop per adulti «Dipingere con le matite colorate», con Marco Mazzoni (dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 16), e «Piante fantastiche», con Elenia Beretta (dalle 13 alle 17), alle «Officine Paciugo»; mentre nell’area «Piccoli Paciughi» ci sarà spazio per il disegno libero con tutti i bambini e le loro famiglie.

Nella sezione «Portfolio Review» sono, invece, previsti gli incontri con Serena Di Bruno, direttrice creativa di Dlv Bbdo (dalle 11.30 alle 13.30), e con Massimo Lafronza di XXY Studio (dalle 14.30 alle 16.30). In serata, arriverà la musica, in collaborazione con Le Cannibale.

Domenica 1° dicembre, ritorneranno gli appuntamenti al «Palco Incontri» con l’evento «Loss, Grief, Mourning and the fun inbetween», con Lorenzo Fonda (alle ore 11:30), e con lo show «How to help your brain by losing your mind» con Jim Stoten (alle 14:30), spettacolo (in lingua inglese) che esamina temi rilevanti nella vita di una persona creativa come la fiducia in se stessi, l'incertezza finanziaria, la paura, l'invidia e la competizione, in equilibrio con la salute mentale, la sperimentazione creativa e la libertà personale.
A seguire (alle ore 16:30) ci sarà «Storie spaziali per maschi del futuro», nel quale Francesca Cavallo presenterà la raccolta delle dodici fiabe originali ambientate su altrettanti pianeti immaginari, ciascuna delle quali affronta un tema cruciale per la formazione dell’identità maschile. Ci saranno, poi, nuove presentazioni di libri. Si partirà (alle ore 11) con «Potevo essere Giorgia» di Francesca Arena (Rizzoli Lizard), che offre un lucido ritratto dell’attuale classe dirigente e ride senza pietà della nostra disperata voglia di essere quello che non siamo. A seguire (alle ore 12:30) verrà presentato «Agro» di Zic Zic, un volume che racconta il territorio di Polignano, da un altro punto di vista, ponendo le spalle al mare e volgendo lo sguardo all’entroterra, attraversando contrade, piccole frazioni, percorrendo lame e sentieri. Si proseguirà (alle 15:30) con un incontro sul volume «La caverna degli abbracci» di Andrea De Franco (Canicola Edizioni), e un altro (alle 17) sul libro «Le vite delle altre», che vedrà la presenza di Giulia Cavaliere e Olimpia Zagnoli per presentare la collana Oilà di Electa, con i loro ultimi lavori, come quello sulla critica d’arte Francesca Alinovi, tra le prime a indagare il graffitismo e la street art. A chiudere il cartellone sarà (alle ore 18:30) la presentazione di «Pensi di stare meglio?» di Edo Massa (Minimum Fax), storia rocambolesca che ci racconta, tra una seduta dalla psicologa e l’altra, che è possibile reimparare a stare bene nei propri panni.

Nella giornata di domenica 1° dicembre proseguiranno anche i laboratori per i più piccoli con «Dipingi la tua Shopping Bag» e «Mi specchio nell’altro(ve)», condotti rispettivamente da Graziella Antonini e La Fille Bertha, e quelli per adulti con un workshop di disegno espressivo e «Scrivo per non *@#!rti! Workshop di Calligrafia rancorosa», con Valentina Casali e Thomas Cian. Le letture dei portfolio del secondo giorno di festival prevedono, invece, la presenza dell’art director Francesca Zucchi (alle 11:30) e di Martina Recchiuti, caporedattrice «Internazionale» e «Internazionale Kids» (alle 14:30).

A chiudere il festival sarà la cerimonia di premiazione del primo Pizza Box Award, riconoscimento, lanciato con Mare culturale urbano, che porterà il disegno premiato a illustrare oltre 30mila cartoni «a domicilio», stampati e distribuiti nelle migliori pizzerie dei clienti Molino Vigevano e Leffe, partner del progetto.

Un momento speciale del due giorni milanese dedicata alla comunicazione visiva sarà, inoltre, rappresentato dalla mostra «Vernice Paciugo», un’installazione con i lavori, sospesi tra il quotidiano e l’onirico, di Mara Cerri e Magda Guidi.

Un programma, dunque, articolato quello di «Paw Chew Go Festival», che «vuole dare forza ai professionisti» della comunicazione visiva in una città come Milano, «da decenni luogo di elezione per chi della creatività voglia fare una professione».

Didascalie delle immagini
Servizio sulle passare edizioni di «Paw Chew Go Festival», a cura dell'IFF Istituto Italiano di Fotografia. 1. Foto di Benedetta Della Rovere; 2. Foto di Roberta Gianfrancesco; 3. Foto di Marco Bertino; 4. Foto di Carlotta Leone; 5. Rossella Mele; 6. Foto di Carlotta Leone

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mercoledì 27 novembre 2024

«OTP – Orizzonte Terzo Paradiso»: alle Cinque Terre tre mostre sull’Arte povera

È il 27 settembre 1967 e a Genova, negli spazi della Galleria Bertesca, fondata dieci anni prima da Francesco Masnata, inaugura la collettiva «Arte Povera – Im spazio». In quella sera di inizio autunno, nelle sale di via SS. Giacomo e Filippo, al numero 13R, ci sono in mostra opere diventate, con il tempo, iconiche come «Catasta» (1967) di Alighiero Boetti (con sedici tubi in eternit a formare un alto parallelepipedo), «Lo spazio» (1967) di Giulio Paolini (con otto caratteri sagomati in compensato verniciati di bianco e appesi al muro), «Pavimento» (1967) di Luciano Fabro (un assemblaggio di riquadri di linoleum coperto da fogli di giornale disposti a rettangolo), e, ancora, «1 metro cubo di terra; 2 metri cubi di terra» di Pino Pascali (un parallelepipedo coperto da terriccio), «Perimetro di spazio» (1967) di Emilio Prini (con tubi al neon disposti ai quattro angoli di una stanza) e «Senza titolo» (1967) di Jannis Kounellis (un contenitore in metallo riempito di carbone). La curatela del progetto espositivo, che mette a confronto opere realizzate con materiali semplici e di uso quotidiano come prodotti industriali ed elementi naturali, è del genovese Germano Celant (1940-2020), che due mesi dopo pubblica il testo «Arte povera: appunti per una guerriglia», quello che di fatto diventerà il «manifesto programmatico» di uno dei principali movimenti artistici del secondo Novecento, la cui caratteristica peculiare è la critica radicale al consumismo e alla cultura mediatica.

Inizia così la storia quasi sessantennale, ricca di intrecci e connessioni, che lega la Liguria, quella «scarsa lingua di terra che orla il mare» (per usare una bella espressione di Camillo Sbarbaro), con l’Arte povera. All’ombra della Lanterna, nella casa di Germano Celant, in Salita Oregina, nasce anche, nel giugno del 1970, quello che di fatto è il primo archivio del movimento poverista: l’IDA – Information Documention Archives, che conserva, anche una ricca documentazione sull’Arte concettuale e la Land Art.
Sempre da Genova, e più precisamente dalla Samangallery in Vico Parmigiani, parte l’avventura artistica di Ida Gianelli che, dal 1990 al 2008 nel prestigioso incarico di direttrice del Castello di Rivoli, svolge un ruolo fondamentale per il sostegno e la promozione degli artisti poveristi; in quegli anni entrano, infatti, nella collezione del museo torinese opere di autori quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio.
Da Genova parte anche l’avventura artistica di Giulio Paolini (1940), uno dei decani del movimento, che ha appena presentato l’installazione permanente «A.R.S. Scenica» per i cinquant’anni dalla fondazione del teatro Franco Parenti di Milano e la mostra «Uno spazio vuoto» alla Galleria Studio G7 di Bologna. Mentre è originario di Sanremo un altro critico molto vicino agli esordi dell’Arte povera, Tommaso Trini (1938), che racconta quella stagione di innovazione e fermento dalle pagine di «Domus».

Un capitolo a parte in questa storia che va alla ricerca dei legami tra il movimento poverista e la Liguria meritano le Cinque Terre, che furono il luogo privilegiato delle vacanze di Alighiero Boetti, che nel 1965 acquistò una casa a San Bernardino, dove andò di frequente fino agli anni Ottanta, e di Michelangelo Pistoletto, che tuttora possiede una dimora a Corniglia, dove tenne molti spettacoli del suo gruppo di teatro sperimentale «Zoo». E proprio dalla produzione dell’autore biellese, internazionalmente conosciuto per un’opera iconica come «La Venere degli Stracci» (quella del 1967, conservata al Castello di Rivoli), è tratto il titolo del progetto multidisciplinare e didattico «OTP – Orizzonte Terzo Paradiso», a cura di Ilaria Bernardi, con tre mostre in programma fino alla fine dell’anno a Vernazza e a Corniglia. Il «Terzo Paradiso» è, infatti, un simbolo ideato da Michelangelo Pistoletto nel 2003 e più volte riprodotto, che riformula il segno matematico dell’infinito attraverso l’aggiunta di un cerchio centrale, emblema della rinascita che può generare la messa in dialogo di due mondi opposti: la natura e l’artificio.

Il percorso espositivo, inaugurato lo scorso settembre, dopo un’estate di concerti, spettacoli e conversazioni legate a otto parole-chiave per la storia del movimento (da natura ad azione), può partire dal Castello Doria di Vernazza, che ospita la mostra «Arte povera: la storia 1967-1971». Si tratta di uno strumento didattico per conoscere il movimento e per seguire gli sviluppi della sua parabola attraverso una cronologia illustrata delle collettive tenutesi tra il 1967 e il 1971, ovvero dall’anno in cui Germano Celant conia il termine Arte povera sino a quello in cui lo stesso studioso postula che quell’etichetta deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la propria singolarità. Completa il percorso un video-documentario a cura di Beatrice Merz e Sergio Ariotti (Hopefulmonster, Torino 2011).

Sempre a Vernazza, ma nelle sale del Convento di San Francesco c’è «Alighiero Boetti. In situ», una piccola esposizione, realizzata con la collaborazione di Agata Boetti, che allinea sei opere, tra cui una grande «Mappa» del 1972, gli «Aerei» del 1981 e altri arazzi più piccoli, di proprietà privata, provenienti principalmente dalle collezioni di persone del territorio che sono state legate all’artista da profondi rapporti di amicizia.

A chiudere il progetto è una mostra diffusa, «Oltre l’Arte povera», con sei interventi site-specific in luoghi all’aperto, estranei ai soliti circuiti turistici del parco delle Cinque Terre, realizzati da tre artisti contemporanei che riconoscono l’eredità di Alighiero Boetti e Michelangelo Pistoletto nella loro pratica artistica.

Stefano Arienti
(Asola, Mantova, 1961) si è interfacciato con gli esterni dei due spazi espositivi di Vernazza: per Palazzo Doria ha realizzato, sul terrazzino che domina dall’alto il borgo ligure, l’installazione calpestabile «Via mare». L’intervento – si legge nella cartella stampa – ha previsto «la rimozione e il parziale reimpiego di una porzione del pavimento in lastre di pietra scura, per delineare con esse le masse continentali e con un mosaico di ciottoli chiari l’immagine dei mari interessati del traffico mondiale delle merci: un planisfero che allude ai planisferi di Alighiero Boetti, ma che non ritrae tanto la terra quanto l’acqua e i flussi di merci e persone». Mentre al Convento di San Francesco c’è «Mappamondi dritti e rovesci», un altro omaggio all’artista torinese, un’installazione costituita da due grandi teli sui quali il nostro pianeta è raffigurato da più punti di vista.

Il duo artistico Vedovamazzei, formato da Simeone Crispino (Napoli, 1962) e Stella Scala (Napoli, 1964), è, invece, intervenuto a Corniglia con due installazioni luminose. Nella piazzetta di fronte a via Solferino 28, tra due alberelli, è esposta «Appliance» (2000/2024): una seduta, dal sapore metafisico, di cui una gamba poggia su una lampadina accesa, omaggio agli oggetti domestici reinterpretati di Alighiero Boetti («Sedia» e «Lampada annuale», entrambi del 1966). Mentre sull’arco di accesso al Belvedere, in via Fieschi 222, dal quale si può ammirare una meravigliosa veduta del mare, è esposta «Loading» (2006/2024), un pendolo inquietante, che termina con una lampadina che si muove senza posa scandendo il tempo e lo spazio.

Alla poetica di Michelangelo Pistoletto guarda, invece, Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, 1977), che espone: «Bodies in Alliance» (2022) e «We Rise by Lifting Others» (2022), due luminarie per Corniglia poste rispettivamente sul palazzo comunale, in via alla Stazione 5, e sulla facciata della torre del fosso, in via Solferino.
«Le luminarie - si legge nella cartella stampa - rinviano alle architetture di matrice barocca, a rosoni e portali. La loro principale funzione è circoscrivere attraverso la luce un luogo, una piazza universale per la condivisione. Sono anti-monumenti generatori di un’energia che si propaga nello spazio, lo modifica, e modifica gli individui presenti inducendoli ad agire e far succedere ‘cose’, anche grazie alle brevi citazioni da testi in esse inclusi».

L’intero progetto sarà racchiuso in un catalogo, cartaceo e digitale, che uscirà a dicembre, in occasione del finissage, ultima tappa di un lungo e sentito omaggio all’Arte povera, un altro movimento artistico che ha sentito la fascinazione per le Cinque Terre, per quei cinque borghi che vennero dipinti anche dal macchiaiolo Telemaco Signorini e da uno dei maestri di Corrente, Renato Birolli, e per quel mare che, chi arriva in treno, conosce – scrisse Eugenio Montale - «a guizzi, a spicchi, a frammenti fulminei e abbaglianti, dai pochi oblò che si aprono nel tunnel che porta da Levanto fin quasi alla Spezia».

Didascalie delle immagini 
1. OTP. Oltre l'Arte Povera. Vedovamazzei, Loading installation. Vista a Corniglia. Foto di Lucrezia Corciolani; 2. OTP.Oltre l'Arte Povera-Marinella Senatore, We rise by Lifting Others. Vista dell'installazione a Corniglia. Foto di Lucrezia Corciolani; 3. OTP_Oltre l'Arte Povera. Stefano Arienti, Via mare, 2024. Vista dell'installazione a Vernazza. Foto di Lucrezia Corciolani; 4, 5 e 6. OTP.Alighiero Boetti. In Situ. Vista dell'installazione a Vernazza. Foto di Lucrezia Corciolani; 7. OTP. Arte Povera.La Storia 1967-1971. Vista della mostra a Vernazz. Foto di Lucrezia Corciolani


Informazioni utili
Alighiero Boetti: In situ.
Convento di San Francesco, Via San Francesco - Vernazza
Da venerdì a domenica, ore 12-18 | Ingresso gratuito 
Dal 17 settembre al 31 dicembre 2024
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Arte Povera: La storia 1967-1971
Castello Doria, Via San Giovanni Battista - Vernazza
Tutti i giorni, ore 10-19 | Ingresso: 5€
dal 17 settembre al 31 dicembre 2024
a cura di Ilaria Bernardi
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Oltre l’Arte Povera: Stefano Arienti, Marinella Senatore, Vedovamazzei
Mostra diffusa tra Vernazza e Corniglia
Facciata del Palazzo in via della Stazione 5, Corniglia
Fosso, via Solferino, Corniglia
Piazzetta di fronte a via Solferino 28, Corniglia
Arco in via Fieschi 222, Corniglia
Facciata del Convento di San Francesco, via San Francesco, Vernazza
Piazzale del Castello Doria, Vernazza
Tutti i giorni, h24 | Ingresso gratuito
dal 17 settembre al 31 dicembre 2024

martedì 26 novembre 2024

«Restituzioni», Intesa Sanpaolo finanzia il restauro degli affreschi di Castelseprio

«Castrum Seprum destruatur, et destructum perpetuo teneatur et nullus audeat vel praesumat in ipso Monte habitare»
. «Castel Seprio sia smantellato e perpetuamente tenuto tale, né alcuno osi o presuma di potervi ancora abitare». Con queste parole, nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1287, l'arcivescovo Ottone Visconti, signore di Milano, dopo aver sconfitto la famiglia dei Torriani, proclamava la fine del castrum sorto, nel IV secolo d.C., lungo la via che collegava Como a Novara, a difesa dei confini al di qua delle Alpi.
Alla distruzione sopravvisse la sola chiesa di santa Maria foris portas, luogo sacro inserito dal giugno 2011 nella lista dei Patrimoni mondiali dell'Umanità di Unesco, insieme con altri sei siti densi di testimonianze architettoniche e pittoriche dell’età longobarda.
La fama di questo luogo, che fu scoperta il 7 maggio 1944 dallo storico e archeologo lombardo Gian Piero Bognetti, è legata al ciclo di affreschi che decora il vano dell'abside, considerato una tra le più alte testimonianze della pittura muraria nell'alto Medioevo.
Si rivela, dunque, prezioso l’intervento di monitoraggio e di manutenzione delle opere pittoriche in programma fino alla primavera del 2025, che vedrà al lavoro Luigi Parma e che è stato promosso nell’ambito di «Restituzioni», il programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio culturale italiano, a cura di Intesa Sanpaolo.
L’intervento conservativo, a cui potranno assistere i visitatori nei consueti orari di apertura della chiesa, consentirà una mappatura completa dello stato di conservazione degli affreschi, una spolveratura e una pulitura a secco, agendo con iniezioni di malta idraulica naturale laddove si rilevassero distacchi dell’intonaco.

Le origini del piccolo edificio religioso, ora sconsacrato, sono difficilmente ricostruibili: in passato si è pensato che l’edificazione della chiesa fosse databile al VII-VIII secolo; oggi, in seguito a un’accurata ricerca di Carlo Bertelli (supportata dall’esame della termoluminescenza), si è spostata l’epoca di fondazione intorno al secondo quarto del IX secolo, all’interno della temperie culturale carolingia. Sebbene edificata con materiali poveri e rinvenuti in zona, quali ciottoli di fiume, l'architettura è raffinata e mostra forti influenze mediorientali (siriache per la precisione), come ben documenta la pianta a trifoglio, non comune in Occidente.
Delle tre absidi, una sola sussiste, ed è quella dove si trovano le pitture rinvenute da Giampiero Bognetti e rimaste a lungo nascoste sotto uno strato d'intonaco quattrocentesco.

Il programma pittorico, la cui squisita ricchezza contrasta con la disadorna umiltà delle pareti dell’aula, racconta, con un linguaggio fortemente naturalistico e impressionistico, storie dell’infanzia di Gesù (dall’Annunciazione alla presentazione al tempio) e celebra il dogma dell’Incarnazione, tema caro alla teologia dei cristiani d’Oriente, nel quale si «parla» della consustanzialità di Cristo, ovvero della perfetta unione tra natura umana, implicita nei soggetti della vita di Cristo incarnato, e natura divina, come nella rappresentazione del Cristo pantocrator. Anche la fonte ha provenienza orientale: ai Vangeli canonici si è preferito un testo apocrifo, compilato in Egitto e diffuso con il nome di Protovangelo di Giacomo.
Difficile datare le pitture, che risalgono in ogni caso a prima della metà del X secolo, per via di un'iscrizione, graffita al di sopra della superficie pittorica, che ricorda Arderico, arcivescovo di Milano, eletto nel 936 e morto nel 948. Tre sono le principali ipotesi: l’età tardo antica (VI secolo), quando a seguito della guerra greco-gotica la penisola fu conquistata dai bizantini; l’età Longobarda (VII secolo) quando, per contrastare l’eresia ariana che negava la natura divina di Cristo, si ribadirono le miracolose storie legate al suo concepimento; e il IX secolo, nel contesto della contrapposizione tra Chiesa orientale e papato sul culto rivolto alle immagini sacre.

La straordinaria libertà nelle composizioni, l'uso di uno spazio illusionistico e scenografico, insieme alle figure allungate e a una tecnica rapida, di grande freschezza, giocata su una combinazione di pochi, essenziali colori (ocra, calce, nero di carbone) ci riportano a un'atmosfera anticheggiante, memore della grande pittura romano-classica.
La tecnica pittorica del frescante, conosciuto come Maestro di Castelseprio e forse originario di Costantinopoli dato che i nomi dei personaggi sono riportati in caratteri greci, appare sapiente: la sua mano sembra veloce e sicura (in alcuni casi il disegno dei contorni è fatto direttamente col colore), le velature danno una luminosità diffusa, le ombre sono ben definite e le lumeggiature appaiono pastose.
Il ciclo affrescato, disposto su due ordini e non diviso da riquadri, ha inizio, nell’emiciclo absidale, in alto a sinistra, con la scena dell’Annunciazione, dove l’angelo sorprende Maria intenta a filare, il tutto sotto lo sguardo comprensibilmente meravigliato di una giovane donna, forse un’amica della Vergine.
Seguono l’episodio della Visitazione, del quale una larga crepa ha purtroppo cancellato la figura di santa Elisabetta, e quello con la cosiddetta «Prova delle acque amare», prescritta dalla legge ebraica per accertare le gravidanze sospette e a cui anche Maria, secondo i Vangeli apocrifi, si sottopose. Dopo un tondo con il busto del Cristo benedicente, a cui ne corrispondeva uno oggi perduto con l’immagine del Battista, ci troviamo davanti all’Apparizione dell’angelo a san Giuseppe, scena maestosa e delicata al medesimo tempo, ricca di dettagli finissimi. La narrazione riprende con la raffigurazione del viaggio a Betlemme, con un tenero dialogo tra i due sposi, Maria sull’asino e Giuseppe che la segue a piedi.
Passando dalla fascia superiore a quella inferiore, si vedono raffigurate la Natività e l’annuncio ai pastori: su un fondo roccioso illuminato dalla cometa, la Madonna, adagiata su un giaciglio, ha di fronte a sé l’incredula levatrice Salomè, mentre in basso altre due donne lavano il Bambino. Giuseppe siede in disparte, in attesa pensosa; sopra di lui, dietro a una roccia, in vista di una città, l’angelo annuncia la nascita del Cristo. Solo un albero divide questa scena dalla successiva: l’Adorazione dei Magi. Ritornando verso il centro dell’abside, incontriamo, infine, la presentazione al tempio: la Vergine, attorniata da Giuseppe e da altri due personaggi, porge il Bambino al vecchio sacerdote Simeone che lo accoglie con la mano sinistra velata.

L’ultimo importante intervento di restauro sul ciclo di affreschi risale ai primi anni Novanta e fu eseguito dalla nota restauratrice lombarda Pinin Brambilla, il cui nome è legato agli interventi conservativi alle pitture di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e agli affreschi di Masolino da Panicale nel Battistero di Castiglione Olona, ma soprattutto all’impresa ventennale per salvare dall’incuria del tempo «Il Cenacolo» di Leonardo da Vinci, nel monastero del santuario di Santa Maria delle Grazie di Milano.

Quest’ultimo restauro degli affreschi di Castelseprio – racconta Luigi Parma - «rimane ancora molto valido e storicizzato» e «sarà preservato». L’intervento tecnico avrà, dunque, carattere conservativo e manutentivo. «Si procederà» – spiega, con precisione, il restauratore - «con un’attenta osservazione degli affreschi accompagnata da una documentazione fotografica preliminare con riprese a luce diffusa e in luce radente per verificare la complanarità dell’intonaco e la presenza di eventuali sollevamenti e decoesioni della materia pittorica. Tramite battitura sarà verificato lo stato di adesione dell’intonaco alle murature con la stesura di una mappatura di ogni scena, redatta digitalmente in formato editabile con relative legende, dove verranno segnalate eventuali zone di distacco, problemi di adesione o di coesione dell’intonachino con l’arriccio e tra l’arriccio e supporto murario. Si interverrà con una leggera spolveratura con pennellesse morbide allo scopo di rimuovere il materiale lipofilo superficiale senza intervenire sulle aree con decoesione ed eventuali sollevamenti della materia pittorica.
Successivamente si procederà con una pulitura a secco mediante spugne Wishab per rimuovere la stratificazione lipofila più tenace. Quindi si procederà con il consolidamento profondo delle zone di intonaco decoeso dal supporto murario con iniezioni di malta idraulica naturale tipo Ledan. Le eventuali zone di decoesione tra intonachino e arriccio verranno risolte con iniezioni di resina acrilica Primal. Le incongruenze materiche riscontrate sul supporto murario nelle zone inferiori saranno rimosse meccanicamente con micro-scalpelli. La successiva stesura materica sarà effettuata con malta a base di calce Lafarge e sabbia selezionata di granulometria e cromatismo simile all’intonaco. Eventuali decoesioni e sollevamenti di materia pittorica saranno risolte localmente mediante l’impiego di nanotecnologie».

La chiesa di santa Maria foris portas a Castelseprio, tra il verde lussureggiante della natura, è, dunque, pronta a vivere una nuova stagione, diventando anche scenario di un cantiere di restauro aperto, un’occasione sempre di grande interesse per il pubblico.

Didascalie delle immagini
[fig.1] Veduta esterna della chiesa di santa Maria foris portas, a Castelseprio; [fig. 2 e fig. 3] Veduta interna della chiesa di santa Maria foris portas, a Castelseprio; [fig. 4] Maestro di Castelseprio, «Cristo benedicente», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 5] Maestro di Castelseprio, «Presentazione al Tempio», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 6] Maestro di Castelseprio, «Sogno di san Giuseppe», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 7] Maestro di Castelseprio, «Andata a Betlemme», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas

Informazioni utili 
Chiesa di Santa Maria Foris Portas, via Castelvecchio, 1514 - Castelseprio (Varese). Orari: martedì e mercoledì, ore 9.00-14.00; giovedì, venerdì e sabato ore 13.30-18.30; domenica e festivi* ore 13.30-18-30 [*Per tutto il mese di Novembre e Dicembre 2024 il Parco Archeologico resterà chiuso domeniche e i festivi]. Informazioni: tel. +39 0331820438 e fax +39 0331855816, parcoarcheologico.castelseprio@beniculturali.it. Sito internet: http://www.antiquarium.castelseprio.beniculturali.it/