ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 25 maggio 2015

«Art Hub Carrara», nasce in Toscana il primo incubatore italiano delle professioni dell’arte

Al gotico le fabbriche delle cattedrali, al Rinascimento le botteghe dei maestri, al pop la Factory del marketing: di fatto in arte l’unione ha fatto la forza lavoro. Giotto o Warhol che fossero, ingegni e mani si sono nei secoli incrociati (tra loro) nella -e per la- creazione, attraversando figurativismi e concetto, fondi oro e arti povere, ma sempre e comunque nel segno della collaborazione, disponendo di eccellenza e virtù di ciascuno. Oggi il co-working si chiama hub, ma il principio basale rimane lo stesso. Da questo pensiero è nato a Carrara, per iniziativa dell’associazione BlitzArt, il primo incubatore delle professioni dell’arte, che si avvale del partenariato dell’Amministrazione comunale carrarese e della collaborazione del Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci», nell’ambito del progetto regionale «Cantiere Toscana contemporanea».
L'iniziativa -che verrà presentata alla stampa e al pubblico con una tre giorni di conferenze e incontri, in programma dal 28 al 30 maggio- nasce da un’idea di Giorgia Passavanti e Christian Marinari, con il critico Cinzia Compalati, lo storico dell’arte Sebastiano Collu, l’artista Andrea Ferrari e Andrea Pugliese, esperto in politiche del lavoro.
L’obiettivo di questo nuovo incubatore di professioni, denominato «Art Hub Carrara», è quello di colmare un gap, quello che vede la città toscana votata per tradizione millenaria, con le sue cave di marmo e il loro indotto, all’arte, ma non del tutto capace di mettere in relazione tradizione e contemporaneità, manifatturiero e digitale in una logica di arricchimento e di accrescimento reciproco. In sostanza, a Carrara sculture e scultori ci sono: mancano i contatti tra loro e i mestieri nuovi. Eppure sono indispensabili, in un mondo come quello della creazione artistica sempre più gestito da registrar di collezioni e collezionisti, social media strategist, web editor, curatori e specialisti di bandi europei, figure professionali che muovono oggi globalmente l’arte a servizio del manufatto facendo dell’opera un’esperienza totale che scavalca la sola percezione estetica e concettuale.
Con «Art Hub Carrara» si costruisce, dunque, un ponte tra lab (inteso come laboratorio) e hub, creando uno spazio di co-working e di socialità professionale, in cui profili diversi, ma complementari –spesso così insoliti e nuovi da non figurare nei percorsi formativi ufficiali- si relazionino e collaborino alla creazione e progettazione di iniziative culturali contemplandone la produzione e l'esito a 360°: dal manufatto all'hashtag, per dirla con un tweet.
Ad aprire le attività di questo progetto pilota in Italia, che avrà luogo al Cap - Centro arti plastiche di Carrara, convento secentesco riconvertito in museo dal 2006, saranno una serie di conferenze con esperti del settore, tra i quali si segnalano Fabio Cavallucci (direttore del Centro «Luigi Pecci» di Prato), Francesca Alix Nicoli (producer, tra gli altri, di Vanessa Beecroft), Salvatore Filippini La Rosa (avvocato, esperto in legislazione sui beni e le attività culturali), la crowdfunder Chiara Spinelli, Sara Dolfi Agostini (contributor del dorso «Art Economy» del quotidiano «Il Sole 24 Ore»), lo scultore Filippo Tincolini di Torart (l’innovatore che realizza sculture con robot 3D per Gormley, Zaha Hadid e altri ancora), l’addetto stampa Rosi Fontana e la gallerista Renata Bianconi. In tutto saranno quindici gli esperti che racconteranno riti e virtù del loro lavoro e lo presenteranno a un pubblico vario per il quale probabilmente certe professioni sono ancora inusuali, quando non ignote.
Fase attuativa di «Art Hub Carrara» sarà il «Summer CAmP» , un corso di progettazione culturale, in programma dall’8 al 12 settembre, in cui studenti e giovani lavoratori saranno affiancati da tutor e professionisti del circuito del contemporaneo nell'ideazione di progetti ed eventi da proporre a istituzioni pubbliche e private.
Prima, però, si terrà, dal 10 luglio al 4 ottobre, l'«Hub exhibition», in cui le opere della collezione permanente del Cap – Centro arti plastiche saranno rilette in chiave lavorativa, evidenziando quanti e quali braccia e menti -oltre a quelle dello scultore- abbiano lavorato su uno stesso lavoro. Kounellis, Aldo Mondino, Nunzio, Perino e Vele, Vangi, Aldo Mangiarotti, Guadagnucci, Kenneth Armitage, Viani e altri sono gli autori al centro del progetto, che sarà arricchito dalle video-testimonianza di Whatchado, web tv svizzero/tedesca alla quale è stato affidato il compito di fare la cronaca di quanto succederà dal 28 al 30 maggio a Carrara.
Ad affiancare la fase preliminare del progetto -che si propone come incubatore vivo e attivo nel quale maestri e maestranze possano misurarsi in concreto e nell’immediato, passando a strettissimo giro dalla formazione al lavoro vero, dal contatto al contratto- ci sarà, inoltre, una campagna di affissioni giocata sul paradosso lessicale.

Informazioni utili
Art Hub Carrara. Cap - Centro arti plastiche, via Canal del Rio - Carrara. Case History: giovedì 28 – venerdì 29 – sabato 30 maggio 2015. Hub Exhibition: dal 10 luglio al 4 ottobre 2015. Summer Camp: dall’8 al 12 settembre 2015. Informazioni: arthubcarrara@gmail.com o cell. 331.7671163. Sito internet: arthubcarrara.wordpress.com. Facebook: Art Hub Carrara. Twitter: @arthubcarrara

venerdì 22 maggio 2015

«Mended Cups» e «Unbroken Cup»: una nuova illy Art Collection per Yoko Ono

La tensione verso la perfezione, la passione per il bello e il ben fatto hanno spinto illy ad amplificare il piacere sensoriale dato dal caffè coinvolgendo anche la vista e l’intelletto, attraverso l’arte. Sono nate così nel 1992 le illy Art Collection, celebri tazzine d’artista che hanno trasformato un oggetto quotidiano in una tela bianca su cui, negli anni, si sono cimentati oltre settanta noti e apprezzati artisti di fama internazionale: da Michelangelo Pistoletto a Marina Abramović, da Anish Kapoor a Daniel Buren, da Robert Rauschenberg a Jeff Koons, da Jan Fabre a James Rosenquist, da Jannis Kounellis a Julian Shnabel, da Louise Bourgeois a William Kentridge.
Quest’anno a disegnare le celebri tazze nate, più di venti anni fa, da un’idea di Francesco Illy è Yoko Ono. In occasione della grande mostra in corso fino al 7 settembre al MoMa di New York l’artista presenta, infatti, la serie «Mended Cups», sei tazzine che mostrano delle crepe aggiustate con l’oro, accompagnate da altrettanti piattini, tutti diversi tra loro, che raccontano sei eventi catastrofici che hanno colpito la terra: Nanchino, Guernica, Dresda, Hiroshima, Mai Lai e l'8 dicembre 1980, sotto il Dakota. Alcuni hanno avuto un impatto diretto sulla vita di Yoko Ono, altri solo indiretto, portando la morte a milioni di persone. Ogni piattino riporta la data e il luogo del tragico evento e chiude con le parole «... riparato nel 2015».
La settima tazzina della collezione, denominata «Unbroken Cup», è intatta, senza crepe né riparazioni ed esprime pace e speranza con le parole di Ono scritte sul piattino: «This cup will never be broken as it will be under your protection» («Questa tazza non si romperà mai finché sarà sotto la tua protezione»). Per questa nuova serie, l’artista ha fatto propria la metafora dell’antica arte giapponese del Kintsugi, una tecnica di riparazione delle ceramiche rotte o incrinate che usa l’oro come collante: una filosofia, questa, che concepisce la rottura e la riparazione come parti integranti della storia di un oggetto, un dettaglio prezioso, importante e non un elemento da nascondere.
Lo spirito di questo progetto è stato compreso pienamente da Carlo Bach, direttore creativo di illycaffè, che ha dichiarato ai giornalisti: «Quando ho visto per la prima volta il progetto che Yoko Ono aveva ideato ho sentito un brivido lungo la schiena. Basta avere questa illy Art Collection davanti agli occhi per pensare subito alla fragilità del mondo, alla possibilità del perdono e alla speranza in un futuro migliore che dipende in buona parte dalle nostre azioni».
Il set completo della serie «Mended Cups», in vendita da settembre on-line e nei negozi illycaffè, è composto da sette tazzine da espresso con i relativi piattini, firmate dall’artista e numerate, oltre che da un booklet sulla collezione. Ma già da questa estate la nuova illy Art Collection sarà in vendita nei Design Store del MoMa agli indirizzi 11 e 44 West 53rd Street, e 81 Spring Street. Un’occasione, questa, in più per visitare la mostra americana di Yoko Ono, unone woman show in bilico tra poesia e guerrilla art.


Informazioni utili 
«Yoko Ono: Mended Cups – illy Art Collection». Set completo: € 120,00; sola tazzina «Unbroken Cup» € 25.00. In vendita da settembre 2015. Sito internet: www.illy.com.

giovedì 21 maggio 2015

Milano, al Museo dei Cappuccini una mostra su nutrimento e conservazione

Nutrimento e mantenimento sono i due temi al centro del progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology), promosso da Andrea B. Del Guercio, docente dell’Accademia di Belle arti di Brera, con l’intento di focalizzare l’attenzione sulla questione dell'alimentazione e dell'importanza del cibo, concentrandosi sul tema della sua conservazione, condivisione e consumo. Figura iconica centrale della proposta espositiva, che si articola tra Milano e Venezia, è il frigorifero, raccontato attraverso le idee creative di trentasei artisti, tra cui dodici giovani emergenti, coinvolti nell’iniziativa da Banca Sistema, che ha lavorato in collaborazione con Lops ritratti d'arredo e Meson's, leader rispettivamente nel settore dell'arredamento e delle cucine.
In occasione di Expo Milano 2015, il progetto trova casa anche al Museo dei cappuccini, dove martedì 26 maggio, alle ore 18.30, verranno inaugurate due opere, alla presenza di padre Maurizio Annoni, presidente dell’Opera San Francesco per i poveri di Milano, dell’architetto Carlo Capponi, dell’ufficio Beni culturali della Diocesi di Milano, di don Marco Scarpa, del Patriarcato di Venezia, di don Cesare Pagazzi, della Facoltà teologica di Milano e del professor Andrea B. Del Guercio.
Si tratta di «Sant'Acqua» di Luca Ovani (Pesaro, 1995) e di «3 Piani» di Gianmaria Milani (Savigliano – Cuneo, 1995), due frigoriferi che, grazie alla loro singolare realizzazione, fungeranno da conduttori della relazione tra il concetto di cibo materiale e cibo spirituale, connesso con l’attività dei frati cappuccini e con la vicina mensa dell’Opera San Francesco per i poveri.
L’opera di Luca Ovani è rappresentata da un monolite bianco pieno di bottiglie d'acqua sigillate con l’etichetta del brand «Sant'Acqua», creato dall’artista per l'occasione. «Il suo frigorifero –si legge nella presentazione- è una metafora della Chiesa. Come il fedele, desideroso di conforto, apre le porte della Casa del Signore, così l’assetato apre lo sportello del frigorifero e trova bottiglie di Sant’Acqua (ironico rimando a quella benedetta), per dissetarsi e sopravvivere».
«3 Piani» di Gianmaria Milani racconta, invece, come l’elemento tecnologico rappresenti l’evoluzione del genere umano, la sua voglia di governare la natura e riprodurla. Nello specifico, oltre alla conservazione del cibo, funzione principale, di fatto l’elettrodomestico riproduce un elemento climatico naturale: il freddo.
Da qui muove lo studio dell’opera, in cui coesistono tre aree: la sezione inferiore (il congelatore), dipinta di giallo, rappresenta l’energia solare, la luce, fonte di vita. C’è, poi, un frigorifero, un paesaggio martoriato e modificato per mano dell’uomo; il terzo elemento è la scala che unisce le due precedenti sezioni e simboleggia il passaggio da una vita spirituale ad una vita terrena e, contestualmente, l’indomabile voglia dell’uomo di raggiungere vette sempre più alte, fino a voler governare la natura.
Il progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology) si va ad affiancare ad un’altra iniziativa in corso in questi giorni al museo: «l’arte nutre lo spirito e il corpo», che permette al pubblico di unirsi ai frati cappuccini nell’impresa di dare nutrimento alle persone più disagiate attraverso una donazione facoltativa di 3,50 euro che sarà devoluta alla mensa di Opera San Francesco per i poveri come offerta per un pasto ai più bisogni.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] «Sant'Acqua» di Luca Ovani - Ph Andrea Sartori. Courtesy Banca Sistema; [Fig. 2] «3 Piani» di Gianmaria Milani - Ph Andrea Sartori. Courtesy Banca Sistema 

Informazioni utili 
Progetto A.R.T. (Advanced Refrigeration Technology). Museo dei Cappuccini, via Kramer, 5 - Milano. Quando: martedì 26 maggio 2015, dalle ore 17.00. Informazioni: tel. 02.77122580. Sito web: www.museodeicappuccini.it.

mercoledì 20 maggio 2015

«Amore Amaro», Francesca Selva al Find Festival con i suoi Romeo e Giulietta

Debutta al Find Festival di Cagliari il nuovo allestimento di «Amore Amaro», spettacolo della compagnia Francesca Selva/Con.Cor.D.A., co-prodotto con il Theatre du Centre-AvignonOFF 2014. L’appuntamento, che reinterpreta in chiave contemporanea e con un inatteso finale la storia di Romeo e Giulietta, è fissato per domenica 24 maggio, alle ore 21, al teatro Auditorium Comunale.
Nella coreografia di Francesca Selva il ruolo dei due sfortunati amanti di Verona è interpretato dai danzatori Andrea Rampazzo e Silvia Bastianelli, che si ritrovano finalmente sposati e costretti a vivere la quotidianità di un amore forte, intenso, a volte feroce, tormentato dalla solitudine interiore e dall'incomunicabilità, attraversato dalla paura della fine che diventa essa stessa già fine.
Nel soggetto ideato da Marcello Valassina, che cura anche la regia dello spettacolo, il cuore degli amanti si spezza all'improvviso. Cade. Precipita in un silenzio assordante. È pesante, ingombrante, eppure non fa rumore. Tace al mondo il suo dolore che si dimena come una bestia in trappola per poi scoppiare in un riso amaro che lo salverà.
Reduce da Avignon Off 2014, dove è stato applaudito e apprezzato dalla critica francese di settore, «Amore Amaro» è una delle produzioni più intense di Francesca Selva, che sintetizza al meglio la sua ricerca coreografica lunga vent’anni.
Dopo aver collaborato con grandi interpreti come Sylvie Guillem e Rudolph Nureyev, l'Operà du Nord di Lille e il Balletto europeo Sab, l’artista ha iniziato a lavorare da sola e ha  portato i suoi lavori nei teatri di New York, l'Havana, Tokyo, Kyoto, Shanghai, Taipei, Budapest, Tirana, Sofia, Nairobi, Istanbul, Limassol, Yerevan, Edimburgo e Avignone. Il suo personalissimo linguaggio, che affonda le radici nella ricchezza del vocabolario classico, viene declinato in chiave contemporanea rivolgendo la propria attenzione agli aspetti più intimi della quotidianità. Ad ispirare Francesca Selva è la vita: la lettura di un testo, la visione di un film, un incontro fortuito in metropolitana, la rottura di una tazzina che cade, una notizia di cronaca locale, da cui nascono spettacoli come «Oppio», «Sulle labbra tue dolcissime», «Le scarpe di Anita», «La vertigine» e «Ferita» che rievocano e mettono in scena stati d'animo e sentimenti appena accennati sublimando emozioni che attraverso il linguaggio del corpo toccano l'animo dello spettatore.

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1 e 2] «Amore Amaro».Foto di Alessandro Bottigelli 

Informazioni utili 
 «Amore Amaro». Teatro Auditorium Comunale, piazza Dettori, 8 – Cagliari. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,00. Orari: ore 21.00. Informazioni utili 342/7838614 o festivalnuovadanza@gmail.com. Sito internet: www.festivalnuovadanza.it. Domenica 24 maggio 2015.

mercoledì 6 maggio 2015

Biennale, l’arte racconta la storia e «Tutti i futuri del mondo»

Guarda la storia con gli occhi dell’arte, raccontando i cambiamenti socio-politici del nostro pianeta in bilico tra crisi economica e flussi migratori che ridisegnano la geografia del mondo, la nuova edizione della Biennale di Venezia. In occasione del centoventiseiesimo anniversario della prima mostra ai Giardini, centotrentasei artisti provenienti da cinquantatré Paesi, ottantanove dei quali alla loro prima esperienza in Laguna, riflettono sull’attuale «stato delle cose», sullo scenario globale sempre più lacerato e incerto, anche in relazione ai simboli e ai ricordi che la storia ci consegna, e provano ad intravvedere nuovi scenari semantici.
Non a casa a fare da filo rosso tra le opere esposte nelle due sedi espositive, i Giardini di Castello e l’Arsenale, il giornalista e curatore nigeriano Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera, ha scelto una frase del filosofo Walter Benjamin sull’«Angelus Novus» di Paul Klee, contenuta nel libro «Tesi di filosofia della storia»: «[…] ha il volto rivolto al passato. Dove a noi appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe che accumula senza tregua rovine su rovine […]. Egli vorrebbe ben trattenersi […]. Ma una tempesta spira […] e lo spinge irresistibilmente nel futuro».
Ecco così spiegato il titolo della 56. Esposizione internazionale d’arte: «All The World ‘s Futures (Tutti i futuri del mondo)» , un invito a guardare più lontano, oltre la prosaica apparenza delle cose, anche grazie al ritorno in Laguna, con un proprio Padiglione nazionale, di Ecuador, Filippine e Guatemala, e alla presenza di cinque nuovi Paesi quali Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico e Repubblica delle Seychelles.
A completare il quadro di questa nuova Biennale veneziana, visitabile fino al 22 novembre, sono, poi, quarantaquattro eventi collaterali sparsi tra le calli e i campielli di Venezia, dalla mostra «Glasstress Gotika» a Palazzo Franchetti, con opere medioevali in vetro dell’Ermitage e lavori in vetro muranese di maestri contemporanei come Olafur Eliasson e Tony Cragg, alla rassegna di Grisha Bruskin negli spazi dell’ex chiesa di Santa Caterina, senza dimenticare il nuovo allestimento dell’opera «Norma» di Vincenzo Bellini al teatro La Fenice, firmato dall’artista americana Kara Walker.
Ad aprire il percorso espositivo della Biennale 2015 sono, ai Giardini di Castello, nove sculture della serie «Coronation Park», realizzate dal collettivo indiano Raqs Media Collective. Raffigurano eroi, re e potenti del passato che si ergono imponenti sui piedestalli, scrutando l'orizzonte; ma la loro monumentalità è solo apparente: queste figure appaiono prive di testa e braccia, o con il busto spezzato. Sembrano avere una valenza quasi simbolica così come le bandiere nere che Oscar Murillo ha posto a copertura della maestosa facciata neoclassica del Padiglione centrale, su cui è visibile anche una nuova opera in tubi fluorescenti di Glenn Ligon.
Gioca sul simbolismo pure la poetica installazione di Fabio Mauri, posta proprio sotto la cupola dipinta da Galileo Chini nel 1909: «Il muro occidentale o del pianto» (1993), un’alta parete di valigie che parla di identità incenerite nelle camere a gas dei lager nazisti, ma anche negli esodi di massa che stanno modificando la nostra mappa geopolitica.
L’arte scelta da Okwui Enwezor per questa Biennale spalanca così le porte su un mondo straziato da guerre, povertà, disuguaglianze sociali, sfruttamento del lavoro e razzismo. Cannoni, coltelli conficcati nel terreno, motoseghe, muri ricoperti da sacchi di iuta, sculture in procinto di decomporsi e volti, o per meglio dire, teschi che ricordano lo straziante urlo di Edvard Munch costellano l’intero percorso espositivo, suddiviso in due differenti progetti intitolati rispettivamente «Garden of disorder» e «Liveness: on epic Duration», rendendo così palpabile quel senso di precarietà, instabilità e disagio che è proprio dei nostri tempi.
Il cuore pulsante di questa Biennale è ai Giardini, dove è ancora in costruzione la coloratissima giostra a carosello di Carsten Holler che, nelle prossime settimane, permetterà al pubblico di prendersi una pausa durante la visita ai vari padiglioni nazionali, tra cui merita una particolare segnalazione quello del Giappone con una spettacolare installazione di Chiharu Shiota sul valore della memoria, formata da una barca che sembra venuta da lontana e da una pioggia di chiavi fissate su un velario rosso che scende dal soffitto.
Questo spazio di particolare importanza è l’Arena, un auditorium progettato dall'architetto ghanese-britannico David Adijane che fungerà, per tutti e sei i mesi di apertura, da luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, del recital e delle proiezioni di film. Qui si terrà, sotto la regia del britannico Isaac Julien, la lettura dal vivo del libro «Il capitale», fondamentale e tuttora controverso testo di Karl Marx che parla di economia e società. Su quest’opera, o meglio sulla sua attualizzazione, lavorerà anche il collettivo «The Tomorrow».
Mentre Olaf Nicolai animerà gli spazi dell’Arena con l’interpretazione di una composizione di Luigi Nono, unita a versi di Cesare Pavese e suoni registrati durante le contestazioni politiche della Biennale del '68. Jason Moron proporrà, invece, una mappatura dei canti di lavoro nelle prigioni e nei campi dell’Angola, alla quale risponderà Charles Gaines con le partiture musicali della Guerra civile americana.
Anche l’Arsenale sarà palcoscenico di varie performance, a cominciare dal nuovo progetto di Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, che coinvolge un coro nell’esecuzione del lavoro «La creazione», composto da Joseph Haydn tra il 1796 e il 1798, a partire dai racconti della Genesi e del «Paradiso perduto» di Milton.
È, dunque, una Biennale che fa dell’oralità e del racconto la sua principale cifra stilistica quella di Okwui Enwezor, primo curatore africano nella storia dell’Esposizione internazionale d’arte di Venezia.
Voci, rumori, sibili, vibrazioni: i suoni del mondo chiedono attenzione al visitatore. Ed è per esempio seguendo il riecheggiare di rintocchi metallici che, all’Arsenale, si scopre l'opera «The Bell, 2014-15» dell’artista iracheno Hiwa K, in cui è visibile una grande campana realizzata facendo fondere materiale bellico proveniente da vari terreni devastati dalla guerra. L’installazione comprende due video, che ripercorrono tutte le fasi di realizzazione, dalla raccolta delle armi, fornite da tre Paesi, alla fusione dei metalli e alla creazione dell’opera. La campana è posta direttamente sul pavimento, sostenuta da una struttura di legno: tirando una fune legata al batacchio è possibile farla suonare, trasformando i simboli di distruzione in una creazione, in un suono di pace.
Fra le cose più interessanti che si fanno ricordare all'interno dell'Arsenale figura il Padiglione della Repubblica del Kosovo con l’installazione «Speculating on the Blue» di Flaka Haliti: una stanza col pavimento ricoperto di sabbia blu dalla quale si ergono frammenti di recinti e barriere inutili quasi a svelare l'assurdità di confini arbitrari in un mondo che non dovrebbe averne. Di grande impatto visivo è anche il Padiglione della Turchia con il progetto «Respiro» di Sarkis che tra arcobaleni, specchi e vetrate colorate crea uno spazio dove perdersi e ritrovarsi, accompagnati dalle note di Jacopo Baboni-Schilingi.
In città merita, infine, una visita il Padiglione dell’Armenia, collocato nel Monastero Mekhitarista sull’Isola di San Lazzaro degli Armeni: «Armenity» -questo il titolo del progetto- ruota intorno a concetti di identità, dislocamento, territorio, confini e geografia, che fanno parte del vissuto di questi artisti, eredi di un popolo che si è disperso per il mondo nel tentativo di non soccombere al tentativo di genocidio del 1915, il primo del XX secolo, attuato dal governo dei Giovani turchi nelle fasi finali dell’Impero ottomano.
Sarà questo Padiglione, così vicino al racconto di una storia antica che si fa presente, a vincere il Leone d’oro? La risposta l’avremo sabato 9 maggio, durante la cerimonia di apertura di questa edizione della Biennale. Una manifestazione, questa, che invita il visitatore a riflettere su un periodo storico di forte cambiamento a livello globale, proprio come quello che stiamo vivendo, guardando all’esempio dell’«angelo della storia» narrato da Walter Benjamin: «un angelo con gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese verso il futuro».

Informazioni utili
«All The World ‘s Futures (Tutti i futuri del mondo)». 56. Esposizione internazionale d'Arte. Giardini e Arsenale - Venezia.Orari: 10.00-18.00; chiuso il lunedì, escluso lunedì 11 maggio, lunedì 1° giugno e lunedì 16 novembre 2015; ore 10.00-20.00 all’Arsenale tutti i venerdì e i sabato fino al 26 settembre 2015. Ingresso: intero € 25,00, ridotto € 22,00 o € 20,00, studenti/under 26 € 15,00, family formula € 42,00 (2 adulti + 2 under 14), altre agevolazioni sono consultabili sul sito ufficiale dell’evento. Catalogo ufficiale, catalogo breve e guida: Marsilio editore, Mestre. Informazioni: tel. 041.5218828. Sito internet: www.labiennale.org.Fino al 22 novembre 2015.