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lunedì 18 novembre 2019

Leopardi e Milano: alla Biblioteca Sormani una mostra per i duecento anni de «L’infinito»

L’altura solitaria del Monte Tabor, il borgo di Recanati alle sue pendici, sullo sfondo i monti Sibillini e il mar Adriatico, in primo piano una siepe e le piante di un parco con le foglie mosse dal vento. È questa la geografia del cuore, intessuta di «profondissima quiete» e di «infinito silenzio», che ci restituisce Giacomo Leopardi con una delle opere poetiche più alte della letteratura di tutti i tempi: «L’Infinito».
È il 1819. Lo scrittore recanatese ha appena ventun anni, ma sente già viva in lui l’urgenza di riflettere sull’«eterno» e sulle «morte stagioni», ovvero sul tempo che scorre, sulla storia -nostra e di chi ci ha preceduto-, sul destino che ci attende.
Sei anni dopo quei quindici versi indimenticabili, di cui si celebrano quest’anno i duecento anni dalla composizione, trovano la loro prima veste tipografica: alla fine del 1825 vengono pubblicati sulla rivista «Il Nuovo Ricoglitore», edita dal tipografo ed editore veneziano Antonio Fortunato Stella, che nel 1810 ha trasferito la propria attività a Milano.
La storia della poesia «L’Infinito» si intreccia, dunque, con quella del capoluogo lombardo, dove lo scrittore trascorre un breve periodo di tempo, proprio nel 1825, tra il 27 luglio e il 26 settembre, in seguito all’incarico di redigere l’edizione completa delle opere di Cicerone.
Non potevano, dunque, non arrivare anche all’ombra della Madonnina i festeggiamenti per i duecento anni dalla composizione del noto idillio leopardiano, che hanno avuto quest’anno il loro cuore pulsante nel borgo di Recanati, dove è attualmente in programma la rassegna fotografica «Paesaggio italiano. L’infinito tra incanto e sfregio», tesa a raccontare il rapporto dell’uomo con la natura.
Sede scelta per l’omaggio milanese è la Biblioteca Sormani, dove fino al prossimo 8 febbraio, vanno in scena una mostra e un ciclo di incontri, per la curatela di William Spaggiari, professore ordinario di Letteratura italiana dell’Università degli studi di Milano.
Grazie a questo evento sarà possibile ripercorrere, nello specifico, l’importanza del capoluogo lombardo nel percorso leopardiano e le considerazioni del poeta recanatese sulla società, sulla fisionomia e i caratteri del cittadino civilmente consapevole e sul vivere nella grande città, argomento, questo, al centro di carteggi con i familiari e gli amici e di pagine segrete del suo «Zibaldone».
Come è noto Giacomo Leopardi verso i vent’anni sente il bisogno di lasciare Recanati, il natio borgo «selvaggio», ormai vissuto come prigione, per poter frequentare gli ambienti culturali più prestigiosi del suo tempo.
Milano, Bologna, Firenze, Pisa, Roma e Napoli accolgono il poeta e diventano scenario di importanti incontri nonché fonte di ispirazione della sua produzione letterario-filosofica.
L’impatto con la vita di città, tuttavia, si rivela per lo scrittore difficoltoso sia per i noti problemi di salute sia per il suo scarso spirito di adattamento, ma anche e soprattutto per il suo carattere schivo, incline alla solitudine e allo studio, insofferente nei confronti della vita di società.
Non semplice è anche il rapporto con la città lombarda. «Io vivo qui poco volentieri e per lo più in casa, -scrive, infatti, il poeta in una lettera del 20 agosto 1825 a Carlo Antici- perché Milano è veramente insociale, e non avendo affari, e non volendo darsi alla pura galanteria, non vi si può fare altra vita che quella del letterato solitario».
Dell’allora capitale del Regno Lombardo-veneto Giacomo Leopardi non ama «l'aria, i cibi e le bevande», definiti -in una lettera del 24 agosto 1825 al padre Monaldo- «forse i peggiori del mondo». Ne disprezza la troppa venerazione, nei circoli culturali, per l’austero Vincenzo Monti, una delle figure egemoni del tempo. Ne avverte, soprattutto, la diffidenza nei suoi confronti, respira cioè -si legge in una lettera allo Stella del marzo 1826- «la disgrazia di essere profondamente disprezzato nella dotta e grassa Lombardia». Ma è ben consapevole che Milano è il posto ideale per realizzare il sogno di gloria letteraria tramite la stampa e la diffusione dei suoi scritti nei circuiti di alto livello culturale. E sarà, infatti, nella città lombarda che vedranno la luce molte delle sue opere: articoli, traduzioni, le «Operette morali», la doppia «Crestomazia», le «Rime» di Petrarca con ampio commento.
La rassegna nella Sala del Grechetto, di cui rimarrà documentazione in un bel catalogo di Silvana editoriale, permette di ammirare un importante corpus di documenti, alcuni rari e mai esposti prima, facenti parte del «Fondo leopardiano», all’interno del quale si trovano trascrizioni manoscritte, edizioni originali a stampa di opere del poeta recanatese e la saggistica più autorevole uscita nell’arco di due secoli.
Oltre a questi pezzi, Walter Spaggiari ha selezionato un ricco apparato documentale e iconografico: lettere autografe di Giacomo Leopardi all’editore Antonio Fortunato Stella, provenienti dalla Biblioteca nazionale Braidense, una lettera di Pietro Brighenti, corrispondente bolognese del poeta e confidente segreto della Polizia austriaca con il nome in codice di Luigi Morandini, di proprietà dall’Archivio di Stato di Milano, nonché dipinti e stampe che ritraggono luoghi, personaggi e momenti della Milano ottocentesca, di solito conservati alla Civica raccolta delle stampe «Achille Bertarelli» del Castello sforzesco, a Palazzo Morando, al Museo del Risorgimento e alla Casa del Manzoni.
Curiosa è, poi, la sezione espositiva curata dall’Associazione culturale Biblioteca Famiglia meneghina Società del Giardino, che propone una serie di traduzioni in milanese del celebre idillio al centro dell’omaggio.
«Giacomo Leopardi. Infinito incanto», questo il titolo del progetto, prevede, inoltre, un ciclo di sette incontri che analizzeranno vari aspetti della poetica dello scrittore recanatese. Patrizia Landi parlerà dello «Zibaldone» (22 novembre), Walter Spaggiari della luna (25 novembre), Angelo Colombo dei rapporti dello scrittore con Milano (2 dicembre). Sarà, poi, la volta di Anna Maria Salvadè con l’incontro «Solitudini leopardiane» (13 dicembre), di Christian Genetelli con «Leopardi e i giornali milanesi» (16 dicembre) e di Gianmarco Gaspari con «Leopardi e il carattere degli italiani» (23 gennaio). A chiudere il cartellone sarà, infine, un appuntamento sulle relazioni tra lo scrittore recanatese e Alessandro Manzoni, a cura di Angelo Stella (30 gennaio).
Un bell’omaggio, dunque, quello di Milano a Giacomo Leopardi, uno dei suoi ospiti illustri insieme con Stendhal, Byron, Shelley, Balzac, Listz e molti altri, che «ha illuminato del suo pensiero -raccontano gli organizzatori- l’ambiente vivace della “capitale morale” di primo Ottocento, pronta ad accogliere e a far propri i fermenti portati dal vento innovatore che spirava in Europa».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Anonimo, Giacomo Leopardi, 1898. Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli. Milano, Castello Sforzesco; [fig. 2] Johann Jakob Falkeisen, Piazza Duomo, 1835-1840. Acquatinta acquarellata a mano. Civiche raccolte storiche. Palazzo Moriggia - Museo del Risorgimento; [fig. 3]  Salvatore Corvaya, Piazza della Scala avanti il 1857, 1920. Olio su tela. Civiche raccolte storiche - Palazzo Morando; [fig. 4] Anonimo, Velocifero, 1835 - 1840. Acquaforte e acquatinta colorata a mano. Civiche raccolte storiche - Palazzo Morando; [fig. 5] Giovanni Migliara, Ponte e trofeo di Porta Ticinese, metà XIX secolo. Acquerello su carta. Civiche Raccolte Storiche - Palazzo Morando

Informazioni utili
Giacomo Leopardi. Infinito Incanto. Biblioteca Sormani - Scalone d'onore, via Francesco Sforza, 7 - Milano. Orari: lunedì-venerdì, ore 15.00-19.00, sabato, ore 9.00-12.30, chiuso domenica e festivi. Ingresso libero. Informazioni: Ufficio Conservazione e Valorizzazione Raccolte Storiche, tel. 0288463372, c.salagrechetto@comune.milano.it. Fino all'8 febbraio 2020




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