ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 29 ottobre 2020

«Il primato dell’opera», nuovo allestimento per le collezioni novecentesche della Gam di Torino

È la «Natura morta con salame» (1919) di Giorgio De Chirico ad aprire il nuovo allestimento delle collezioni permanenti dedicate al Novecento della Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino.
Articolato in diciannove sezioni, il percorso espositivo allinea centonovantaquattro opere, una quarantina delle quali provenienti dalla collezione Ettore De Fornaris, grazie alle quali è possibile approcciarsi alle principali correnti artistiche del secolo appena scorso, dalla Metafisica all’Arte povera, in un percorso che spazia anni Venti del Novecento all’inizio di questo millennio con la proposta di Giulio Paolini e della sua installazione «Requiem» (2003-2004).
«Il primato dell’opera» è il titolo del progetto espositivo, che è stato studiato con l’intento di permettere il confronto tra opera e opera; le sequenze di dipinti, sculture, installazioni, esposte secondo un taglio storico-artistico, sono affiancate così da poche informazioni essenziali che introducono alla lettura dei diversi linguaggi che gli artisti hanno elaborato.
«La prima sala -racconta Riccardo Passoni, direttore della Gam di Torino- è dedicata a tre delle figure che maggiormente hanno influito, su diversi piani, sulla principale arte italiana e internazionale del Novecento. Giorgio de Chirico ha generato un nuovo modo di pensare l’opera d’arte, alla ricerca di una rappresentazione che fosse anche disvelamento filosofico. Giorgio Morandi ha sviluppato un culto della forma e delle sue illimitate varianti, in una sorta di disciplina concettuale, con una continuità mentale e temporale che permette di presentare, all’inizio del percorso, anche le sue tarde Nature morte. Infine Filippo de Pisis, che ha tramandato una lezione di libertà totale da condizionamenti di tipo accademico, ma anche da scelte avanguardistiche, creando quasi uno stile-ponte solitario tra Impressionismo e Informale».
A questa premessa fa seguito un ordinamento che, sala dopo sala, ripercorre alcune fasi fondamentali della storia dell’arte novecentesca. Si inizia con le Avanguardie storiche, documentate, tra l’altro, dallo studio preliminare dell’opera «La città che sale» (1910) di Umberto Boccioni (capolavoro futurista conservato a New York), dagli esperimenti sul dinamismo del colore di Giacomo Balla, dai collage «immaginosi» e dadaisti di Max Ernst, dalla tela «Le baiser» (1925-1926) di Francis Picabia, senza dimenticare le ricerche di Gino Severini, Enrico Prampolini, Otto Dix e Paul Klee.
Vi è, quindi, una sezione dedicata alle stimolanti proposte artistiche nate a Torino tra le due guerre mondiali, dove scorrono le opere della maggior parte dei Sei di Torino, che si affermarono in Italia e all’estero intorno agli anni Trenta. A tal proposito, Riccardo Passoni racconta: «Enrico Paulucci, nei paesaggi scarni intende ripercorrere le strade maestre di Cézanne e Matisse. Carlo Levi, nella grande composizione ‘Aria’ (1929), sembra volersi confrontare con l’opera di Seurat, poi di Modigliani. Gigi Chessa (1898 – 1935) sembra eliminare ogni necessità di disegno e contorno, nelle sue opere, a favore di nuove soluzioni cromatiche e luministiche di grande fascino. […] Nella Marchesini sembra rendere omaggio critico al maestro Casorati».
Segue una sezione dedicata alla riscoperta e influenza di Amedeo Modigliani sugli artisti piemontesi anche grazie agli studi di Lionello Venturi, che teneva la cattedra di Storia dell’arte all’Università di Torino.
C’è, quindi, una sezione sulle acquisizioni fatte dalla Gam alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma tra la fine degli anni Venti e tutti gli anni Trenta. 
I riflettori si spostano, quindi, sull’Astrattismo italiano, rappresentato da artisti quali Fausto Melotti, Osvaldo Licini e Lucio Fontana. Mentre le sale successive ripercorrono le vicende di Roma e della scuola di via Cavour, indagano l’arte dopo il 1945 tra figurativo e astratto, e mostrano le sorprendenti acquisizioni della galleria torinese nel periodo post-bellico. Tra queste opere si trovano, per esempio, il piccolo e magico «Dans mon pays» (1943) di Marc Chagall, le grafie drammatiche di Hans Hartung, Pierre Soulages e Tal Coat, oltre a lavori di Pablo Picasso, Jean Arp, Eduardo Chillida.
Si passa, dunque, agli anni Cinquanta e alla stagione dell’Informale con gli alfabeti segnici di Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi e Antonio Sanfilippo, le rappresentazioni del paesaggio e della natura di Renato Birolli, Ennio Morlotti e Vasco Bendini, il gesto veemente di Emilio Vedova, ma anche le riletture informali dei piemontesi Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino o Paola Levi Montalcini.
Segue un focus sulla stagione del New Dada e della Pop art italiana e straniera, rappresentato tra gli altri da Piero Manzoni, Louise Nevelson, Yves Klein e Andy Warhol
Dopo un passaggio doveroso nella sezione dedicata al Museo sperimentale di arte contemporanea, con una selezione delle oltre trecento opere che arrivarono in dono alla fine del 1965 alla Gam (tra le quali si segnalano lavori di Giuseppe Uncini, Agostino Bonalumi e Carol Rama), il nuovo allestimento culmina nell’esperienza dell’Arte Povera, che si aprì a un nuovo linguaggio, alla ricerca di una libertà totale dai condizionamenti. Sono rappresentati tutti gli artisti del movimento teorizzato nel 1967 da Germano Celant e approdato per la prima volta in un museo nel 1970 proprio alla Gam di Torino: Pier Paolo Calzolari, Mario Merz, Giuseppe Penone, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio.
Tutto il percorso è intervallato da sale personali dedicate. Riccardo Possoni motiva con queste parole la sua scelta: «Felice Casorati ha lasciato una lezione indelebile nel contesto torinese e nazionale. Arturo Martini ha contribuito a cambiare le connotazioni della scultura italiana. Alberto Burri e Lucio Fontana hanno modificato la veste materica e concettuale della loro opera influenzando l’arte internazionale dopo la seconda guerra mondiale. Grazie all’incremento delle collezioni possiamo ora riproporre, in un confronto di forte contrasto, il valore di azioni fondamentali quali la realizzazione del ciclo della «Gibigianna» di un altro artista al centro di relazioni internazionali, Pinot Gallizio. A Giulio Paolini, infine, è stato dato spazio per averci indicato l’esigenza di mantenere sempre un rapporto necessitante con la storia dell’arte, i suoi segni e richiami, e il loro valore per una vivificazione concettuale della forma».
Di sala in sala, la Gam di Torino offre, dunque, un percorso nel meglio dell’arte del Novecento, mettendo al centro l’opera d’arte e permettendo un confronto tra stili ed epoche. Un confronto reso ancora più raffinato dalla scelta di colori tenui e sobri come il bianco e un grigio che sembra virare al carta da zucchero per le pareti dello spazio espositivo, dando così maggior rilievo ai lavori esposti.

Didascalie delle immagini 
Allestimento della collezione novecentesca alla Gam di Torino. Foto Robino 

Informazioni utili 
«Il primato dell’opera». Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, via Magenta, 31 – Torino. Biglietti: intero 10,00 €, ridotto 8,00 €, ingresso gratuito Abbonamento Musei e Torino Card. Informazioni: tel. +39.011.4429518 – e-mail: gam@fondazionetorinomusei.it. Sito web: www.gamtorino.it. Dal 26 settembre 2020

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