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venerdì 26 febbraio 2021

Rigoni di Asiago firma il restauro di sette lunette nel Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze

Era il 2015 quando la Rigoni di Asiago, azienda veneta leader nella produzione biologica di miele, confetture di qualità e crema di nocciola, sosteneva l’importante intervento di recupero dell’Atrio dei Gesuiti, l’entrata storica del prestigioso Palazzo di Brera a Milano. Due anni dopo, nel 2017, il percorso di valorizzazione dei beni culturali avviato dall’impresa fondata negli anni Venti, con lungimiranza e amore per la natura, da Elisa Rigoni si occupava della riqualificazione della statua di San Teodoro nel Palazzo Ducale di Venezia. L’anno successivo a ritrovare la sua antica bellezza, sempre grazie ai fondi messi a disposizione dalla prestigiosa azienda veneta, che dal 1992 si è convertita alla coltivazione biologica, intraprendendo contemporaneamente anche un cammino di sostenibilità ambientale, era la fontana «Venezia sposa il mare» nel cortile di Palazzo Venezia a Roma. Mentre nel 2019 era la volta del restauro della Chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone a Matera, nel cuore di quei sassi che hanno portato la città lucana a essere insignita del titolo di Capitale europea della cultura 2019.
Cinque anni dopo la Rigoni di Asiago, con il suo percorso «La natura nel cuore di…», scrive una nuova pagina nella sua storia di mecenate a favore dei beni culturali facendo tappa a nella città di Dante Alighieri.
L’attuale iniziativa rientra nel progetto «Florence I Care», promosso nel 2011 dal Comune di Firenze con lo scopo di valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico grazie a partner privati.
L’attenzione è stata rivolta al complesso di Santa Maria Novella, uno dei gioielli più preziosi della città toscana, del quale sono stati restaurati i dipinti delle lunette sul lato est e all’angolo del lato sud del Chiostro Grande, grazie al lavoro di Fondaco Italia, società veneziana che opere nel settore della consulenza e della strategia di comunicazione associata al recupero di opere d’arte e di beni culturali pubblici.
L’intervento di restauro degli affreschi nel Chiostro Grande, composto da cinquantasei arcate a tutto sesto edificate fra il 1340 e il 1360 per volere dell’ordine dei Domenicani, è significativo non solo per il valore storico e artistico dell’opera, ma anche perché avviene in un momento così delicato per tutto il Paese. Per Firenze assume così anche il significato concreto di ripartenza grazie alla perfetta sinergia tra pubblico e privati, uniti nell’affermare che l’arte è parte fondamentale della nostra cultura, della nostra storia, di noi tutti.
L’iniziativa di decorare il Chiostro Grande si deve al granduca Cosimo I dei Medici, che nel 1565 aveva assunto il patronato di Santa Maria Novella. All’impresa concorsero molte famiglie fiorentine legate al convento e singoli membri della comunità domenicana. Una parte delle lunette fu commissionata da esponenti della colonia spagnola giunta a Firenze al seguito della duchessa Eleonora di Toledo, che già da tempo si riuniva nella Sala del Capitolo di Santa Maria Novella, in seguito nota come Cappellone degli Spagnoli.
Fu proprio grazie alla consorte di Cosimo I che il Chiostro Grande venne rimaneggiato su progetto dell’architetto e scenografo fiorentino Giulio Parigi. In quel periodo, e più precisamente tra il 1582 e il 1590, vennero anche realizzati gli affreschi. Per l’esecuzione di questo vasto ciclo, che fu terminato con altre pochissime scene tra il Seicento e il Settecento, vennero reclutati oltre quindici pittori dell’Accademia fiorentina noti per aver collaborato in analoghe imprese collettive, fra i quali Alessandro Allori, Santi di Tito, Bernardino Poccetti, Giovanni Maria Butteri, Cosimo Gamberucci, Ludovico Cardi detto il Cigoli e Alessandro Fei detto del Barbiere.
Il ciclo, che si dispiega su ben cinquantadue lunette, è considerato uno degli esempi più rappresentativi della pittura della Controriforma per l’ampiezza, il programma iconografico e la chiarezza didascalica delle storie.
I dipinti raffigurano la vita di san Domenico, alla quale sono dedicati due lati del chiostro, e quella di altri santi domenicani, che si susseguono sui restanti lati; sopra ogni scena un’iscrizione enuncia il contenuto dell’episodio rappresentato.
Sulle lunette delle quattro campate angolari sono, invece, raffigurate scene della vita di Cristo, che introducono e chiudono la sequenza narrativa di ciascun lato; altri episodi cristologici sono inclusi nella decorazione a grottesche delle corrispondenti volte, le uniche del chiostro a essere affrescate. Tutte le storie sono intervallate dai ritratti di illustri esponenti dell’Ordine domenicano legati al convento di Santa Maria Novella.
Le intemperie e le escursioni termiche stagionali, ma soprattutto l’alluvione del 1966, che vide l’acqua, intrisa di ogni impurità, coprire metà della superficie dipinta, hanno causato notevoli danni allo stato di conservazione delle pitture, causando una perdita di colore e stuccature incoerenti e malmesse diffuse.
Allora, in un’epoca agli albori del restauro, per cercare di salvare queste opere, le si sottopose al distacco dalla parete originaria, alla successiva riadesione a un nuovo supporto e alla ricollocazione in loco. I tagli per la rimozione sono ancora visibili e tutte le scene sono abbastanza impoverite di materia a causa dell'operazione di strappo anche se è probabile che senza questo tipo di intervento le lunette sarebbero pervenute a noi in condizioni peggiori.
Come spesso succede per gli affreschi staccati, si potevano, inoltre, notare delle macchie scure dovute alla colla animate non rimossa completamente sulla superficie pittorica, causando un attacco di microorganismi.
L’attuale intervento conservativo, realizzato dal
Consorzio edile restauratori, è consistito nel consolidamento della superficie pittorica, nella pulitura dai depositi di sporco e nella sostituzione delle vecchie stuccature in corrispondenza di fessurazioni e cadute di intonaco.
L’intervento è stato completato dal posizionamento di un nuovo impianto illuminotecnico realizzato da Enel X, società del gruppo Enel dedicata a servizi digitali e innovativi, mobilità elettrica, illuminazione pubblica e artistica.
Termina così la tappa toscana del Grand Tour che da cinque anni la Rigoni di Asiago intraprende a favore della bellezza italiana. I fiorentini possono, dunque, ritornare ad ammirare le sei lunette del lato est, quelle con le storie di San Tommaso d’Aquino e San Vincenzo Ferrer, oltre al dipinto «Cristo che appare alla Maddalena in veste di ortolano» di Giovanni Maria Butteri. Ritornano, inoltre, ricchi di nuovi colori i sei ritratti di monaci domenicani situati nella volta a crociera sotto i capitelli tra le lunette, raffiguranti fra Arcangiolo Baldini, vescovo di Gravina; fra Giovanni Dominicis, arcivescovo di Ragusa in Dalmazia; fra Sinibaldo Alighieri; fra Leonardo Dati, Maestro generale dell’Ordine domenicano; fra Ubertino degli Albizi, vescovo di Pistoia, e fra Alessio Strozzi. Il restauro ha anche interessato la prima lunetta d’angolo del lato sud, con «I ritratti di Ferdinando I e Francesco I de’ Medici nelle vesti dei profeti David e Isaia», anche questa a firma di Giovanni Maria Butteri.


Anche con i musei chiusi – la Toscana è in zona arancione – Firenze non cessa, dunque, di lavorare per la cura e la tutela del suo patrimonio culturale, in attesa di tornare ad accogliere di nuovo, quanto prima e in sicurezza, i visitatori.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze di sera; [fig. 3] Chiostro Grande di Santa Maria Novella a Firenze, alla fine del restauro; [figg. 4 e 5] San Vincenzo Ferrer riceve l’abito di domenicano (nono decennio del sec. XVI) di Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559 – 1613). Prima e dopo il restauro; [figg. 6 e 7] Sopra: Putti, nono decennio del sec. XVI. Opera di Alessandro Fei del Barbiere  (1537 – 1592). Sotto: Ferdinando I de’ Medici nelle vesti del profeta David e Francesco I de’ Medici nelle vesti del profeta Isaia, nono decennio del sec. XVI. Opera di Giovanni Maria Butteri (1540 – 1606) 

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