--- articolo in aggiornamento ---
Torino si veste a festa per la trentunesima edizione di «Artissima», la fiera d’arte più contemporanea e sperimentale d’Italia, in programma da venerdì 1 a domenica 3 novembre all’Oval. Mentre nel cielo si riaccendono le Luci d'artista, musei, fondazione e gallerie private scendono in campo per celebrare la cultura e la creatività contemporanea, inaugurando le mostre della nuova stagione espositiva.
«MUTUAL AID», ARTE E NATURA SI INCONTRANO AL CASTELLO DI RIVOLI
Il titolo della rassegna, ideata appositamente per lo spazio della Manica Lunga, si ispira alle teorie che Piotr Kropotkin (1842–1921) presentò nel suo libro «Il mutuo appoggio – Un fattore dell’evoluzione», pubblicato all’inizio del secolo scorso. Ribaltando la visione evoluzionista di Charles Darwin, il filosofo e zoologo russo ipotizzò che, in uno scenario instabile e con risorse limitate, la migliore opzione di sopravvivenza fosse la collaborazione tra specie. Ed è proprio una sinergia tra uomo e mondo naturale quella che anima la mostra del Castello di Rivoli, dove espongono venti artisti internazionali con i loro differenti linguaggi creativi - dal video alla pittura, dal suono all'installazione, dalla scultura alla fotografia –, dando vita a un vero e proprio «organismo vivente» che muta, si decompone e si ricompone sotto gli occhi del visitatore.
Le ragnatele cosparse di polvere di grafite di Tomás Saraceno (San Miguel de Tucumán, Argentina, 1973), le imponenti tele di Vivian Suter (Buenos Aires, 1949) sulla foresta pluviale guatemalteca, le sculture con il fungo Trametes versicolor di Nour Mobarak (Cairo, 1985), l’installazione «Le lâcher d’escargots» («Il rilascio delle lumache» 2009), di Michel Blazy (Monaco, 1966), l’ambiente naturale ricreato da Natsuko Uchino (Kumamoto, Giappone, 1983), dove assaporare un kefir, sono solo alcune delle opere in mostra. Il percorso culmina con l’installazione immersiva «The sun eats her children» (2023) di Precious Okoyomon (Londra, 1993), in cui una serra tropicale accoglie farfalle e piante velenose in un paesaggio surreale; l’ambiente naturale è qui un potente simbolo di forza e rigenerazione. Si chiude così questo affascinante viaggio, dagli anni Sessanta a oggi, che è anche e soprattutto un invito a salvare il pianeta.
Sarà perché il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sono diventati temi di stringente attualità. Sarà perché sono sempre più evidenti i danni, in molti casi irreversibili, che l’uomo ha fatto agli ecosistemi. Sarà perché da più parti giunge l’invito alla sostenibilità ambientale. Sta di fatto che, negli ultimi anni, è aumentato il numero di artisti che si interessano alla natura non tanto come soggetto delle proprie opere, quanto come parte vitale del proprio processo creativo. Tronchi d’albero, sterpaglie, ciottoli di fiume, piante velenose, ragni, farfalle, lombrichi sono diventati così materia d’arte al pari di un tubetto di colore o di un blocco di marmo. Tutto ha avuto negli anni Sessanta con la Land Art, corrente che in Italia ha avuto tra i suoi pionieri Giuseppe Penone (Garessio, 1947). Ed è proprio l’artista piemontese, insieme con Agnes Denes (Budapest, 1931), ad aprire idealmente il percorso espositivo della mostra «Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura», a cura di Francesco Manacorda e Marianna Vecellio, allestita fino a domenica 23 marzo 2025 al Castello di Rivoli.
Il titolo della rassegna, ideata appositamente per lo spazio della Manica Lunga, si ispira alle teorie che Piotr Kropotkin (1842–1921) presentò nel suo libro «Il mutuo appoggio – Un fattore dell’evoluzione», pubblicato all’inizio del secolo scorso. Ribaltando la visione evoluzionista di Charles Darwin, il filosofo e zoologo russo ipotizzò che, in uno scenario instabile e con risorse limitate, la migliore opzione di sopravvivenza fosse la collaborazione tra specie. Ed è proprio una sinergia tra uomo e mondo naturale quella che anima la mostra del Castello di Rivoli, dove espongono venti artisti internazionali con i loro differenti linguaggi creativi - dal video alla pittura, dal suono all'installazione, dalla scultura alla fotografia –, dando vita a un vero e proprio «organismo vivente» che muta, si decompone e si ricompone sotto gli occhi del visitatore.
Le ragnatele cosparse di polvere di grafite di Tomás Saraceno (San Miguel de Tucumán, Argentina, 1973), le imponenti tele di Vivian Suter (Buenos Aires, 1949) sulla foresta pluviale guatemalteca, le sculture con il fungo Trametes versicolor di Nour Mobarak (Cairo, 1985), l’installazione «Le lâcher d’escargots» («Il rilascio delle lumache» 2009), di Michel Blazy (Monaco, 1966), l’ambiente naturale ricreato da Natsuko Uchino (Kumamoto, Giappone, 1983), dove assaporare un kefir, sono solo alcune delle opere in mostra. Il percorso culmina con l’installazione immersiva «The sun eats her children» (2023) di Precious Okoyomon (Londra, 1993), in cui una serra tropicale accoglie farfalle e piante velenose in un paesaggio surreale; l’ambiente naturale è qui un potente simbolo di forza e rigenerazione. Si chiude così questo affascinante viaggio, dagli anni Sessanta a oggi, che è anche e soprattutto un invito a salvare il pianeta.
[Immagini: 1.Hubert Duprat, Larva di tricottero con il suo astuccio (veduta della mostra), 1980-1994. Oro, opale, perle. Lunghezza 2,5 cm. Photo: H. Del Olmo. © Hubert Duprat, ADAGP, 2024. Courtesy l’artista e / the artist and Art : Concept, Paris; 2. Michel Blazy, Le lâcher d'escargots (Il rilascio delle lumache / The snail release), 2009 (dettaglio).Lumache, moquette marrone, dimensioni variabili. Veduta dell’installazione- Room II, Maison Hermès, Tokyo, Japan, 2016- © Michel Blazy. Courtesy l’artista e Concept, Paris; 3. Nour Mobarak, Apollo Copy (Copia di Apollo), 2023. Micelio di Trametes versicolor, legno intonacato. 30 x 25 x 30 cm, dimensioni totali 100 x 120 x 50 cm. Courtesy l’artista e d Sylvia Kouvali, London / Piraeus]
Per maggiori informazioni: https://www.castellodirivoli.org/.
SALVO ALLA PINACOTECA AGNELLI
NAM JUNE PAIK AL MAO – MUSEO ARTE ORIENTALE
Per maggiori informazioni: https://www.castellodirivoli.org/.
Il 1973 è convenzionalmente un anno importante per Salvo Mangione (Leonforte, 1947-Torino, 2015). L'artista incomincia a dedicarsi esclusivamente alla pittura (rimanendovi fedele per i successivi quarant’anni), sebbene sia ancora legato al linguaggio concettuale e all'Arte povera. Risalgono a quell'anno due mostre importanti che documentano la svolta, una alla John Weber Gallery di New York - con fotomontaggi di immagini tratte dalla stampa periodica sul tema dell'autorappresentazione -, l’altra alla Galleria Toselli di Milano - con due tele di grandi dimensioni come «San Giorgio e il drago» e «San Michele sconfigge Satana», dove i volti dei santi diventano autoritratti. È questo il primo capitolo della grande antologica «Arrivare in tempo», a cura di Sarah Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti, aperta dal 1° novembre 2024 al 25 maggio 2025 alla Pinacoteca Agnelli di Torino.
Articolata sui tre piani dello spazio espositivo, la mostra allinea più di centosettanta opere e affronta alcuni dei motivi fondamentali nella ricerca dell’artista: «il concetto di ripetizione nell’esplorazione di motivi ricorrenti, inteso sia come tecnica pittorica sia come urgenza concettuale; la riflessione sulla pittura come linguaggio e sul linguaggio come arte; il rapporto tra storia dell’arte e sguardo sulla quotidianità».
Il percorso è immaginato come una passeggiata che parte dallo studio di Salvo per uscire, poi, alla scoperta del mondo, raccontato attraverso motivi ricorrenti quali i bar con i giocatori di flipper o di biliardo, le strade illuminate dai lampioni, le fabbriche, i porti, i tetti innevati dei paesi di montagna, le rovine dell’antichità in paesaggi di un’arcadia immaginata, il mare.
Non mancano lungo il percorso espositivo i cieli incendiati dal tramonto, un tema caro all’artista. Ed è proprio a un aneddoto legato a questo soggetto che è ispirato il titolo dell’esposizione torinese: in una lettera a Giuseppe Pontiggia, presente in mostra, Salvo racconta, infatti, che, dopo un piccolo tamponamento da lui causato, si scusò con il malcapitato dicendo che cercava di arrivare in tempo per vedere il tramonto.
In occasione di «Artissima» (in programma dal 1° al 3 novembre), la Pinacoteca Agnelli inaugura anche, sulla Pista 500, due nuove opere site-specific: l’installazione neon ambientale «Come Run With Me» di Monica Bonvicini (1965) e l’immagine sul billboard «My Mother Was My First Country» di Chalisée Naamani (1995), una riflessione, quest’ultima, sulla funzione propagandistica del cartellone pubblicitario.
Articolata sui tre piani dello spazio espositivo, la mostra allinea più di centosettanta opere e affronta alcuni dei motivi fondamentali nella ricerca dell’artista: «il concetto di ripetizione nell’esplorazione di motivi ricorrenti, inteso sia come tecnica pittorica sia come urgenza concettuale; la riflessione sulla pittura come linguaggio e sul linguaggio come arte; il rapporto tra storia dell’arte e sguardo sulla quotidianità».
Il percorso è immaginato come una passeggiata che parte dallo studio di Salvo per uscire, poi, alla scoperta del mondo, raccontato attraverso motivi ricorrenti quali i bar con i giocatori di flipper o di biliardo, le strade illuminate dai lampioni, le fabbriche, i porti, i tetti innevati dei paesi di montagna, le rovine dell’antichità in paesaggi di un’arcadia immaginata, il mare.
Non mancano lungo il percorso espositivo i cieli incendiati dal tramonto, un tema caro all’artista. Ed è proprio a un aneddoto legato a questo soggetto che è ispirato il titolo dell’esposizione torinese: in una lettera a Giuseppe Pontiggia, presente in mostra, Salvo racconta, infatti, che, dopo un piccolo tamponamento da lui causato, si scusò con il malcapitato dicendo che cercava di arrivare in tempo per vedere il tramonto.
In occasione di «Artissima» (in programma dal 1° al 3 novembre), la Pinacoteca Agnelli inaugura anche, sulla Pista 500, due nuove opere site-specific: l’installazione neon ambientale «Come Run With Me» di Monica Bonvicini (1965) e l’immagine sul billboard «My Mother Was My First Country» di Chalisée Naamani (1995), una riflessione, quest’ultima, sulla funzione propagandistica del cartellone pubblicitario.
[Image Courtesy Pinacoteca Agnelli, Torino - Ph. Credit Sebastiano Pellion di Persano]
Maggiori informazioni sul sito https://www.pinacoteca-agnelli.it/.
Maggiori informazioni sul sito https://www.pinacoteca-agnelli.it/.
NAM JUNE PAIK AL MAO – MUSEO ARTE ORIENTALE
È il 1996 quando l’artista sudcoreano Nam June Paik (Seul, 1932 – Miami, 2006), uno dei pionieri della video arte e tra le voci più significative di Fluxus, posiziona un coniglietto di legno davanti a uno schermo televisivo sul quale compare la luna: nasce così «Rabbit Inhabits the Moon», un’opera iconica che vuole invitare l’osservatore a riflettere sul potere dei mass media e sui riti della società capitalistica occidentale.
Quasi trent’anni dopo quell’installazione, che si rifà a un topos letterario caro a diverse culture asiatiche, dà il titolo alla mostra, per la curatela di Davide Quadrio e Joanne Kim, con Anna Musini e Francesca Filisetti, che il Mao – Museo d’arte orientale di Torino dedica fino al prossimo 23 marzo all’artista, in occasione del 140° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia.
In un allestimento che fa dialogare realtà e immaginazione, tradizione e tecnologia, e dove è centrale l’elemento sonoro e performativo, diciassette lavori di Nam June Paik – perlopiù in prestito dalla Fondazione Bonotto – sono messi a confronto con nuove produzioni degli artisti coreani Kyuchul Ahn, Jesse Chun, Shiu Jin, Young-chul Kim, Dae-sup Kwon, Chan-Ho Park, Sunmin Park ed eobchae × Sungsil Ryu.
Completa il percorso espositivo una selezione di preziosi manufatti tradizionali che forniscono il contesto storico per i riferimenti spirituali e tradizionali a cui le opere attingono. Questi lavori, tra cui spiccano uno specchio in bronzo a otto lobi di epoca Goryeo e una bottiglia piriforme in gres del XV secolo, sono stati dati in prestito da prestigiose istituzioni, tra le quali il Musée Guimet - Musée national des Arts asiatiques, il Museo d’arte orientale «E. Chiossone» di Genova e il Museo delle Civiltà di Roma.
In occasione della Notte del contemporaneo, in programma a Torino sabato 2 novembre, il Mao – Museo d’arte orientale presenta anche la seconda edizione di «Declinazioni contemporanee», il programma di residenze d’artista e commissioni site-specific che interpreta, rilegge e valorizza il patrimonio museale attraverso il linguaggio della creatività contemporanea.
Durante la serata verranno presentati l’installazione «Ancient Desires - Memories of Water & Earth» di Qiu Zhijie, con cento vasi votivi decorati a mano dall’artista con iscrizioni di preghiere, il progetto «Mappamundi» di Charwei Tsai e «Ultraworld» di Patrick Tuttofuoco, opera luminosa realizzata per la facciata del museo, nell’ambito del progetto «Costellazioni» di «Luci d’artista».
Quasi trent’anni dopo quell’installazione, che si rifà a un topos letterario caro a diverse culture asiatiche, dà il titolo alla mostra, per la curatela di Davide Quadrio e Joanne Kim, con Anna Musini e Francesca Filisetti, che il Mao – Museo d’arte orientale di Torino dedica fino al prossimo 23 marzo all’artista, in occasione del 140° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia.
In un allestimento che fa dialogare realtà e immaginazione, tradizione e tecnologia, e dove è centrale l’elemento sonoro e performativo, diciassette lavori di Nam June Paik – perlopiù in prestito dalla Fondazione Bonotto – sono messi a confronto con nuove produzioni degli artisti coreani Kyuchul Ahn, Jesse Chun, Shiu Jin, Young-chul Kim, Dae-sup Kwon, Chan-Ho Park, Sunmin Park ed eobchae × Sungsil Ryu.
Completa il percorso espositivo una selezione di preziosi manufatti tradizionali che forniscono il contesto storico per i riferimenti spirituali e tradizionali a cui le opere attingono. Questi lavori, tra cui spiccano uno specchio in bronzo a otto lobi di epoca Goryeo e una bottiglia piriforme in gres del XV secolo, sono stati dati in prestito da prestigiose istituzioni, tra le quali il Musée Guimet - Musée national des Arts asiatiques, il Museo d’arte orientale «E. Chiossone» di Genova e il Museo delle Civiltà di Roma.
In occasione della Notte del contemporaneo, in programma a Torino sabato 2 novembre, il Mao – Museo d’arte orientale presenta anche la seconda edizione di «Declinazioni contemporanee», il programma di residenze d’artista e commissioni site-specific che interpreta, rilegge e valorizza il patrimonio museale attraverso il linguaggio della creatività contemporanea.
Durante la serata verranno presentati l’installazione «Ancient Desires - Memories of Water & Earth» di Qiu Zhijie, con cento vasi votivi decorati a mano dall’artista con iscrizioni di preghiere, il progetto «Mappamundi» di Charwei Tsai e «Ultraworld» di Patrick Tuttofuoco, opera luminosa realizzata per la facciata del museo, nell’ambito del progetto «Costellazioni» di «Luci d’artista».
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