ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 18 dicembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 13 al 19 dicembre 2021

«Gioielli», una nuova sezione per il «Catalogue Raisonné» di Arnaldo Pomodoro
«Collane, bracciali, anelli, spille, gemelli, eseguiti con il metodo della fusione su osso di seppia e con l’aggiunta di fili martellinati, grumi di materia, pietre fini o pietre grezze, e ancora scatole, portasigarette, piccole medaglie»: il «Catalogue Raisonné» on-line di Arnaldo Pomodoro si arricchisce di una nuova sezione dedicata ai «Gioielli». Sul sito sono visibili circa ottocento opere, realizzate per lo più in un’unica copia, insieme ai disegni su carta realizzati in fase di progettazione, che testimoniano le esperienze dell’artista nel campo dell’oreficeria a partire dagli anni Cinquanta.
«Vedere oggi le immagini in sequenza di tutti i gioielli presenti nel «Catalogue Raisonné» – scrive Arnaldo Pomodoro - mi emoziona profondamente; anzitutto perché si tratta di opere in gran parte sconosciute, non esposte nelle mostre o illustrate nei libri e nelle riviste. Questi piccoli oggetti preziosi, che durano a lungo inalterati e sembrano contraddire l’incessante e inesorabile trascorrere del tempo, racchiudono tante idee, riferimenti, esperienze e presentano, per così dire, un repertorio di elementi espressivi del mio proprio linguaggio».
Il «Catalogue Raisonné» - https://www.arnaldopomodoro.it/catalogue_raisonne/artworks/?lang=it - è uno strumento di consultazione immediato, gratuito, sempre aggiornato e preciso. È gestito dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro, che si occupa anche dell’Archivio on-line - https://www.arnaldopomodoro.it/archive/sections/ -, nel quale dal 22 dicembre saranno presenti nuovi materiali utili a documentare e approfondire la vita e l'opera dell’artista. Nello specifico, nella sezione «Audiovisivi» saranno diffusi circa cinquanta filmati dal 1964 a oggi, tra film d'artista, documentari, interviste, riprese di inaugurazione di opere e mostre. «Fotografie» proporrà, invece, circa duecento immagini realizzate da artisti dello scatto quali Paolo Monti, Ugo Mulas, Maria Mulas e Carlo Orsi; mentre in «Materiali diversi» sarà possibile visionare l'intero nucleo di circa centocinquanta manifesti di mostre e di spettacoli teatrali, ma anche calendari, agende e cartoline.

Nelle immagini: 1. Arnaldo Pomodoro, Bracciale, 1966. Foto Aurelio Barbareschi; 2. Arnaldo Pomodoro, Spilla, 1958. Foto Dario Tettamanzi  

A Ravenna la mostra «Dante e Faruffini: il fascino del poeta su un pittore dell'Ottocento»
«Era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall’olio»: così Carlo Dossi, nelle sue «Note azzurre», fissava il ricordo di Federico Faruffini (Sesto San Giovanni 1833 – Perugia 1869), pittore, incisore e fotografo, vicino alla Scapigliatura, le cui opere sono conservate alla Gam di Roma, alla Pinacoteca di Brera e ai Musei civici di Pavia.
All’artista, vincitore della medaglia d'oro al Salon de Paris del 1866 e del terzo premio all'Exposition Universelle dell'anno seguente, è dedicata la nuova mostra della biblioteca Classense di Ravenna, che inaugura nella serata di sabato 18 dicembre per rimanere aperta fino al 26 febbraio. L’esposizione, curata da Benedetto Gugliotta e Anna Finocchi, vuole essere anche un omaggio a Dante Alighieri, a settecento anni dalla morte.
Pochi dipinti, incisioni e volumi d'epoca formano un itinerario raccolto e prezioso, allestito negli spazi della Manica Lunga. Il visitatore può vedere, tra l’altro, il celebre olio su tela «La porta di casa degli Alighieri. Reminiscenze a Firenze» (1859), recentemente esposto nell’importante mostra dantesca tenutasi ai Musei di San Domenico a Forlì, accostato per la prima volta al delizioso bozzetto preparatorio e a un’incisione sul medesimo tema, sempre firmata da Federico Faruffini, quest'ultima concessa in prestito dai Musei civici del Castello visconteo di Pavia.
Il percorso espositivo presenta, inoltre, l'opera incisoria intrapresa dall’artista scapigliato per l'edizione Pagnoni della «Commedia» (1865) e l'albo di firme della tomba di Dante - ms. Classense n. 626 (1863-1897) -, con all’interno un disegno dantesco, recentemente riscoperto, tracciato dall’artista lombardo nella giornata del 27 ottobre 1863, in occasione di un suo, finora sconosciuto, viaggio in Romagna.
Si riannodano così i fili di un antico rapporto tra Ravenna, Dante e i viaggiatori che, lungo il dipanarsi dei secoli e ciascuno con la propria sensibilità, hanno reso omaggio al sepolcro del poeta, considerato da molti «il padre della Patria». Nel pantheon dei visitatori e delle visitatrici illustri dell'età moderna e contemporanea l’artista scapigliato si aggiunge, infatti, a Vittorio Alfieri, Lord Byron, Pio IX, Vittorio Emanuele II, Eleonora Duse, Nazario Sauro, Gino Bartali e molti altri ancora.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.classense.ra.it/faruffini.

Nelle fotografie: 1. Albo di firme della tomba di Dante, BCRa, ms. 626; 2. 1. La porta della casa degli Alighieri. Reminiscenze di Firenze, 1859, olio su tela (collezione privata)

Progetto Visea, ai Musei capitolini un’applicazione multimediale per scoprire la storia di un affresco

Come è stato realizzato da Tomaso Laureti il ciclo pittorico murale che orna a Roma la Sala dei Capitani nel Palazzo dei Conservatori ai Musei capitolini? Risponde a questa domanda il progetto Visea, un’applicazione multimediale innovativa, nata nell’ambito del bando Por/Fesr 2014-2020 della Regione Lazio «L’impresa fa cultura 2019», che racconta, in lingua italiana e inglese, l’arte del dipingere ad affresco.
Il ciclo pittorico, realizzato tra il 1587 e il 1594, raffigura alcuni dei più celebri episodi della storia di Roma antica tratti dall’opera «Ab Urbe Condita» di Tito Livio, intesi come exempla virtutis del popolo romano.
Dal 15 dicembre i visitatori potranno navigare all’interno delle scene sulle quattro pareti: «Giustizia di Bruto», «Orazio Coclite al ponte Sublicio», «Muzio Scevola davanti a Porsenna» e «Battaglia presso il lago Regillo». Potranno, inoltre, scoprire la sequenza temporale di esecuzione degli affreschi, ripercorrere le giornate di lavoro, cogliere i metodi tecnici usati dall’artista per passare da un disegno su carta all’intonaco, ma anche i suoi procedimenti nel dipingere e i suoi ripensamenti.
Attraverso un’applicazione avanzata su natural user interface, con lo storytelling di tipo multimediale (immagini e testo), i visitatori potranno ricevere anche informazioni sui personaggi principali raffigurati e su come nel tempo la Sala, già nota come Salotto degli imperatori, si sia arricchita di monumenti, statue e iscrizioni.
Alla proposta innovativa dei contenuti, il progetto associa una tecnologia all’avanguardia che tiene conto dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Il progetto Visea è, infatti, installato su un totem che funziona in modalità touch-less, ovvero senza contatto, informazioni con il solo movimento del dito indice.
Per maggiori informazioni è possibile consultare i siti www.museicapitolini.org, www.museiincomune.it e www.visea.it/

A Firenze la mostra immersiva «Inside Dalì» rende omaggio a Dante
Si intitola «Inside Dalì» la nuova mostra digitale e immersiva che Crossmedia Group presenta, fino al prossimo 16 gennaio, a Firenze, negli spazi del complesso di Santo Stefano al Ponte. La Galleria dell’immagine esplora l’universo onirico del maestro catalano, vera e propria icona del Surrealismo, attraverso un’esperienza multisensoriale della durata di circa trentacinque minuti, che anima un’area di oltre quattrocento metri quadrati con la proiezione continua di immagini e suggestioni dell’universo daliniano.
Lo spazio immersivo è preceduto da un’ampia area museale dove il pubblico può accostarsi ad alcune delle produzioni meno conosciute del maestro spagnolo come i dischi, i libri e una campagna pubblicitaria per le ferrovie francesi.
In occasione del settecentenario della nascita di Dante Alighieri, la mostra presenta anche l'intero ciclo di illustrazioni che l’artista catalano dedicò alla «Divina Commedia». Nel 1950 l’Istituto poligrafico dello Stato commissionò a Salvador Dalí un ciclo di illustrazioni per l’opera dantesca. L'artista vi lavorò per quasi nove anni, dando vita a cento acquerelli che, nel 1960, furono esposti al Musée Galliera di Parigi. Purtroppo, l’opera così come era stata inizialmente pensata non vide mai la luce a causa di una polemica sollevata da alcuni settori dell’opinione pubblica italiana contrari al fatto che una simile impresa fosse affidata a un artista straniero. Nel 1962 fu l’editore fiorentino Mario Salani a riproporre l’idea, progettando in sinergia con la casa editrice Arti e Scienza di Roma, un'edizione della «Commedia» in sei libri, due per ogni cantica, corredati dalle tavole di Dalí e con la supervisione scientifica di Giovanni Nencioni.
La «Commedia» di Dalì racchiude le principali espressioni del metodo pittorico paranoico-critico. Gli orologi molli, i cassetti che si aprono in ogni parte del corpo, le immagini mostruose e oniriche che hanno reso il maestro catalano famoso in tutto il mondo rivivono, infatti, nella rilettura daliniana delle tre cantiche dantesche.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.insidedali.it

Nella foto: Salvador Dalí, Divina Commedia, Paradiso, tav. VII, Dante dubbioso, fotoincisione a rilievo su legno, 1963, Firenze, Archivio Crossmedia Group 

«Passi», un’installazione di Alfredo Pirri per il Castello Maniace di Siracusa
Le hanno fatto da scenario edifici storici come la Certosa di Padula e l’Abbazia di Novalesa, spazi culturali quali il Centro arti visive Pescheria di Pesaro e la Cinemateca jugoslava di Belgrado, ma anche il Foro di Cesare a Roma, il Museo Novecento di Firenze, l’ex Centrale termoelettrica di Daste e Spalenga a Bergamo e l’ex bunker antiatomico voluto da Tito a Konjic, in Bosnia. L’installazione «Passi», avviata nel 2003 da Alfredo Pirri (Cosenza, 1957), sarà visibile fino al 31 dicembre a Siracusa, negli spazi del Castello Maniace, edificio costruito per volontà di Federico II fra il 1232 e il 1240, restituito alla città nel 2018 dopo un importante intervento di restauro.
Ottocento metri quadrati ricoperti di specchi calpestabili ridisegnano la Sala Ipostila, la ci architettura normanna, con le sue volte a crociera e le colonne in pietra, viene moltiplicata a dismisura. Il pubblico, inconsapevole protagonista di una performance collettiva, cammina sugli specchi frantumandoli, senza però romperli, e producendo immagini sempre nuove.
Sul pavimento in frantumi «galleggiano», come testimonianze emerse dagli abissi, alcuni reperti provenienti dal Museo archeologico «Paolo Orsi» di Siracusa, in dialogo con leggerissime sfere colorate realizzate dall’artista: «sono – si legge nella nota stampa - pesanti «proiettili» in pietra di antiche catapulte, divenuti qui oggetti misteriosi, metafisici, dal forte valore simbolico e formale».
In una seconda sala, dedicata all’aspetto grafico e progettuale del lavoro, sono esposti dei frammenti di capitelli ritrovati in loco, memorie storico-architettoniche accostate ad altre opere di Pirri: due nuovi disegni e una maquette di specchi dedicati al Maniace, insieme a una serie di acquerelli recenti.
Il Castello, macchina scenica luminosa e insieme macchina da guerra, mette così insieme – si legge ancora nella nota stampa - «la potenza dell’arte e del paesaggio con l’epica della morte e del potere propria del suo passato di fortezza militare e dimora reale».
Per maggiori informazioni e per l’acquisto dei biglietti è possibile consultare la pagina https://aditusculture.com/biglietti/sicilia/siracusa/castello-maniace-siracusa#

Nelle fotografie: Alfredo Pirri, Passi – Castello Maniace, 2021. SaIa Ipostila, installation view. Ph. Iole Carollo. Courtesy Regione Siciliana/Aditus

«Umano fervore», a Ravenna una mostra su Tina Modotti
Bella, audace, libera, determinata e con una biografia dai passaggi romanzeschi, che la vide essere attrice di cinema muto con Rodolfo Valentino e amante del rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella. Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è un'altra di quelle tante intellettuali del Novecento, da Tamara de Lempicka a Peggy Guggenheim, attorno alla cui figura si è creato un alone di leggenda. Alla sua produzione artistica è dedicata la nuova mostra del progetto «Camera Work», con cui il Comune di Ravenna indaga la fotografia contemporanea tra giovane sperimentazione e racconto storicizzato.
«Umano fervore», questo il titolo dell’esposizione, porta negli spazi di Palazzo Rasponi un nucleo di circa cinquanta opere che documentano il percorso, breve ma intenso, della fotografa friulana. Si parte dalle celebri «Calle» (1924) e dalla produzione nata dal sodalizio con Edward Weston per arrivare all’ epos degli umili, attraversando le immagini raccolte nel Messico dolente e meraviglioso degli uomini, delle donne e dei bambini di Tehuantepec.
L'allestimento include anche documenti biografici, testimonianze, scritti autografi e riflessioni che restituiscono il profilo di un’artista totale, dal talento inconfondibile e dalla profonda puntualità di sguardo, animata dall’urgenza esistenziale di cambiare il mondo. Tina Modotti è stata, infatti, dentro la storia. Ha voluto essere protagonista dei momenti più drammatici del nostro passato: la Rivoluzione messicana, la Guerra di Spagna, la Russia di Stalin, l’Europa sulla quale si proiettava la lunga ombra nera della Seconda guerra mondiale. Ce li ha raccontati senza sovrastrutture e compiacimenti estetici, con un’urgenza etica e uno stile scevro da declinazioni romanzesche, che dovrebbero essere sempre propria di chi racconta i fatti mentre accadono.
La mostra, a cura di Silvia Camporesi, rimarrà aperta fino al 20 febbraio. L’opening, in programma nel pomeriggio del 17 dicembre (alle ore 17:30), sarà accompagnato dal reading dell’attrice Elena Bucci, che introdurrà alla visione delle opere attraverso una selezione di scritti di e su Tina Modotti. Mentre sabato 18 dicembre, alle ore 17, è in programma una lectio magistralis della curatrice della rassegna, con la partecipazione di Marì Domini. Il 5 gennaio, sempre alle ore 17, ci sarà, invece, un incontro con il professor Claudio Natoli in occasione dell’annullo filatelico emesso per la ricorrenza dei settanta anni dalla morte dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina https://www.comune.ra.it/events/tina-modotti-lumano-fervore-mostra-fotografica/.

Didascalie delle immagini: 1.Donna con bandiera, Messico, 1928; 2. Calle, Messico, 1924

Ancona, al museo tattile «Omero» inaugura la Collezione design

Dalla Moka Bialetti alla radio Cubo della Brionvega, dalla sedia Ghost della Kartell alla macchina da scrivere Valentine della Olivetti, dai 16 animali di Danese alla Vespa Piaggio: sono tanti gli oggetti iconici, protagonisti del nostro quotidiano dagli anni Sessanta a oggi, che animano il nuovo progetto del Museo tattile statale «Omero» di Ancona.
Sabato 18 dicembre negli spazi della Mole Antonelliana, all’ingresso Mandracchio, inaugura la Collezione di design, con trentadue creazioni che hanno vinto il Compasso d’oro o che sono state selezionate per il premio, esposte in un percorso che le classifica attraverso cinque parole chiave: viaggiare, abitare, cucinare, lavorare, giocare.
La filosofia che sottende alla nuova creazione, che accoglie il pubblico con una grande opera scultorea in terracotta di Paolo Annibali dal titolo «Frontone», è la medesima che anima il Museo Omero: i pezzi esposti possono essere toccati, ascoltati, manipolati, sperimentati con tutti i sensi.
L’allestimento, che sfrutta un lungo bancone per gli oggetti più piccoli e isole espositive per quelli di maggiori dimensioni, nasce con l’intento di mostrarne il viaggio dai negozi alle nostre case: la scatola, la confezione diviene così un elemento scenografico e narrativo.
A completare il racconto degli oggetti e dei loro creatori ci sono le sonorità del sound designer Paolo Ferrario e le parole di Chiara Alessi. Per i non vedenti c’è anche un’audio-guida progettata da CPU I-Teach.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://www.museoomero.it/.

«Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono piú!», Maurizio Costanzo torna a teatro con una nuova commedia
«Nel 1973, o giù di lì, insieme a Marcello Marchesi, per la regìa di Garinei e Giovannini, scrissi «Cielo Mio marito!», l’antica storia del tradimento. A distanza di 47 anni ho cercato di fotografare la situazione attuale. Mi sono reso conto che gli armadi a muro non servono più perché apparentemente gli amanti sono finiti. Ma poi, ho anche pensato che ci sono dei nuovi armadi a muro: i cellulari». Con questa dichiarazione di intenti Maurizio Costanzo torna a teatro, a dieci anni dalla sua ultima opera per il palcoscenico, con la commedia inedita «Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono più!», in scena all’Off/Off Theatre di Roma da martedì 21 dicembre a giovedì 6 gennaio.
Sul palco, sotto la regia di Pino Strabioli, saliranno Sveva Tedeschi, Veronica Rega, Luca Ferrini, Alberto Melone e David Nenci. Il disegno luci è di Umberto Fiori; le realizzazioni video di Silvia De Benedettis.
Con questo nuovo testo, leggero e scanzonato, Maurizio Costanzo racconta il tradimento via etere tra chat, siti on-line dedicati e WhatsApp. «Oggi – ci spiega la nuova commedia del giornalista romano - l'armadio ce lo portiamo in tasca» ed è il cellulare, dove «nascondiamo il meglio o il peggio della nostra intimità», senza il rischio che il partner venga a scoprirlo piombando nella stanza all'improvviso. L’eterno triangolo marito-moglie-amante, dunque, non si estingue, ma si rinnova.
«Abolite gli Armadi, gli Amanti non esistono più!» è, a detta del regista Pino Strabioli, «una conferenza, un convegno, una prolusione sull'adulterio di ieri e di oggi. […] una giostra teatrale su una delle istituzioni del mondo occidentale: le corna!».
Il copione è «stracolmo di situazioni e parole, riferimenti e allusioni. Dall'intramontabile grido «Cielo mio marito» alle tentazioni virtuali, il testo racconta, dunque, la coppia, quella ufficiale e quella segreta, con una vena di ironia, lasciando il sorriso sulle labbra.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito: http://off-offtheatre.com/.

Fotografie di Silvia Enriotti

A Milano le immagini vincitrici del Wildlife Photographer of the Year 2020
È lo scatto di una tigre siberiana, specie in via d’estinzione, che abbraccia un antico abete della Manciuria per marcare il territorio l’immagine che ha vinto la cinquantaseiesima edizione del «Wildlife Photographer of the Year», concorso di fotografia indetto dal Natural History Museum di Londra, nel quale sono stati visionati 45.000 scatti provenienti da 95 Paesi, realizzati da fotografi professionisti e dilettanti.
Questa immagine intitolata «The Embrace» e firmata da Sergey Gorshkov, è in mostra fino al fino al 31 dicembre a Milano, negli spazi di Palazzo Francesco Turati (ex spazio Forma), per iniziativa dell’associazione culturale Radicediunopercento, insieme a un altro centinaio di scatti. Tra questi c’è «The Fox That Got the Goose» della giovane finlandese Liina Heikkinen, vincitrice del «Young Wildlife Photographer of the Year 2020», che ha immortalato, in una delle isole di Helsinki, una volpe rossa che difende ferocemente i resti di un’oca dai suoi cinque fratelli rivali.
Tra i protagonisti dell’esposizione, per la quale sono state ideate delle visite guidate su Zoom (il venerdì, dalle ore 20:30, al costo di 7,00 euro), ci sono anche il giovane Alberto Fantoni, vincitore del «Rising Star Portfolio Award» con immagini che documentano la vita degli uccelli nel Mediterraneo, e altri sei italiani, ovvero Luciano Gaudenzio, Domenico Tripodi, Alessandro Gruzza, Andrea Pozzi, Andrea Zampatti e Lorenzo Shoubridge.
Il percorso espositivo illustra, nello specifico, tutte le immagini vincitrici e finaliste divise in categorie: anfibi e rettili, uccelli, Invertebrati, mammiferi, animali nel loro ambiente, piante e funghi, ambienti della terra, mondo subacqueo, natura urbana, ritratti animali, bianco e nero, visioni creative e giovani (fotografi fino a 10 anni, da 11 a 14 anni e da 15 a 17 anni).
Le visite guidate su Zoom sono introdotte dal video «People's Choice Award» con le venticinque foto premiate dalla giuria popolare e da un intervento di Paolo Russ che spiega il valore del Wildlife Photographer of the Year nell’ambito delle strategie del Natural History Museum di Londra. Per i visitatori on-line è disponibile anche un contenuto multimediale legato alla foto di Sergey Gorshkov. 
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet: www.radicediunopercento.it.

Nelle fotografie:  1. © Sergey Gorshkov, Wildlife Photographer of the Year 2020; 2. © Songda Cai, Wildlife Photographer of the Year 2020

«Corpi sul palco», arte e teatro si incontrano a Milano
L’arte sale sul palco. Venerdì 17 e sabato 18 dicembre al teatro Linguaggicreativi di Milano va in scena «Corpi sul palco», rassegna di performance curata da Andrea Contin con artisti visivi di livello internazionale, emergenti ed esordienti che usciranno dai contesti espositivi abituali per esibirsi nel campo della rappresentazione.
La prima serata saranno protagonisti Superteste con «Alfredino», Chiara Gambirasio con «When I was a fish», Marcella Vanzo con «Versi», Manuel Esposito e Aronne Pleuteri con «Freddo è l’oracolo», Lorenzo Ambiveri con «Cerimonia per l'abdicazione di Apollo» e Goldschmied & Chiari con «If I die I’m a legend». Mentre sabato 18 dicembre si succederanno sul palco Nicola Di Caprio con «Il bambino cosmico che risiede in me sorride beffardo», Sergio Racanati con «To futureless memory/possibilità di un memoriale», Matteo Coluccia con «Evidenze meteorologiche», Luigi Presicce con «La straordinaria caccia del capitone» e Teresa Antignani con «Terra ca nun senti».
Anche questa volta gli artisti invitati appartengono a generazioni diverse e hanno modi espressivi eterogenei, così che le serate di «Corpi sul palco» possano offrire una visione il più sintomatica possibile del mondo della performance nelle arti visive, all’interno di un contesto diverso, ma proprio per questo estremamente stimolante e denso di valenze simboliche e psicologiche.
Per maggiori informazioni, anche sui biglietti e sulle modalità di accesso, è possibile consultare la pagina www.corpisulpalco.com.

Nella foto: Chiara Gambirasio, still da Oggetto, complemento, via (Volo, Corsa, Nuoto), 2021

«Atelier des enfants», a Venezia tre giorni con la compagnia di circo contemporaneo Quattrox4
A Venezia c’è un luogo in cui i più piccoli possono apprendere il linguaggio dell’arte contemporanea direttamente dagli artisti. È Palazzo Grassi, dove da giovedì 16 a sabato 18 dicembre è in agenda un nuovo appuntamento di «Atelier des Enfants», il nuovo ciclo di incontri per bambine e bambini dai 6 agli 11 anni in compagnia di ospiti d’eccezione. Protagonista della tre giorni è la compagnia Quattrox4, nata a Milano nel 2011, che promuove la cultura del circo contemporaneo come linguaggio artistico ponendola in dialogo con altri linguaggi della sfera performativa.
Il laboratorio si ripeterà per tre sessioni: giovedì 16 e venerdì 17, dalle ore 16:30 alle ore 18, e sabato 18 dicembre, dalle ore 10:30 alle ore 12. A conclusione della residenza gli artisti Piergiorgio Milano, Pietro Selva Bonino, Clara Storti si esibiranno in uno spettacolo gratuito aperto a tutto il pubblico in scena nell’atrio di Palazzo Grassi (sabato 18 dicembre, alle ore 17).
Le attività presentate da Quattrox4 saranno liberamente ispirate al «contrapposto» - figura retorica della composizione scultorea classica al centro della mostra in corso a Punta della Dogana «Bruce Nauman: Contrapposto Studies» – declinato in una riflessione tra equilibrio, imitazione, fragilità e resistenza.
I bambini potranno sperimentare con il proprio corpo una nuova espressività, lavorando sul potenziamento delle proprie capacità motorie e sulla relazione con l’altro. Queste pratiche trovano origine nella cultura del circo contemporaneo, nato in Francia negli anni Settanta del Novecento da una commistione di generi: teatro, danza contemporanea e discipline circensi.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.palazzograssi.it

«Geronimo Stilton. Brescia Musei Adventures»: con una app-game alla scoperta della Pinacoteca Tosio Martinengo e del complesso di Santa Giulia
Il topo giornalista più amato dai bambini di tutto il mondo arriva ai musei di Brescia con un’anteprima mondiale. Geronimo Stilton è protagonista di una innovativa app-game dedicata ai bambini dai 6 anni in su che coinvolge quattro sedi museali della città: il Museo di Santa Giulia, la Pinacoteca Tosio Martinengo, Brixia. Parco archeologico di Brescia romana e il Museo «Luigi Marzoli».
Per l’occasione sono stati ideati tre percorsi unici e originali, redatti in collaborazione tra i Servizi educativi della Fondazione Brescia Musei e Atlantyca Entertainment, sperimentabili con smartphone o tablet (anche noleggiabile nelle varie sedi museali) e resi ancora più coinvolgenti dall’utilizzo della realtà aumentata. Alcuni pezzi del museo sono, infatti, trasformati in immagini 3D da osservare, rigirare e ingrandire per carpirne fino al più piccolo dettaglio. La app è disponibile gratuitamente su AppStore e PlayStore, offrendo anche una versione in lingua inglese e strumenti per la scuola.
Per Santa Giulia è stata ideata la visita «Geronimo Stilton alla ricerca del medaglione perduto». Per aiutare il direttore dell’«Eco del roditore» a trovare un prezioso reperto conservato nel museo, i bambini dovranno recuperare diversi oggetti sparsi lungo il percorso espositivo, rispondendo a domande e indovinelli. Al termine della visita, il topo nato da un’idea di Elisabetta Dami inviterà i più piccoli a spostarsi nel Parco archeologico per concludere l’esperienza davanti alla meravigliosa Vittoria Alata.
In «Geronimo Stilton, un’avventura a colpi di pennello» protagonista è, invece, la Pinacoteca Tosio Martinengo. Con l’espediente di ridisegnare un quadro conservato nell’ufficio del topo-giornalista, i bambini si muoveranno tra le sale del museo e ammireranno i preziosi dipinti lì custoditi: da «San Giorgio e il drago» alla «Cena in Emmaus», dalla «Pala Rovelli» del Moretto ai «Pitocchi» di Giacomo Ceruti, passando per il «Ritratto di gentiluomo» di Moroni e straordinarie sculture come «La notte» di Thorvaldsen e il «Laocoonte» di Ferrari.
In «Geronimo Stilton una giornata da cavaliere», infine, i più piccoli faranno un tuffo nel mondo medievale e, attraversando le sale del Museo «Luigi Marzoli», scopriranno quali erano le parti che componevano un’armatura e come era decorata, quali erano le prove che un giovane doveva superare per diventare cavaliere e tantissime altre curiosità.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.bresciamusei.com.
 
«In Dante Veritas. Sins Artguide»: un art book digitale di Vasily Klyukin per il settecentenario dell’Alighieri
È un viaggio immaginario attraverso l’«Inferno» dantesco quello che propone l’artista e scultore russo Vasily Klyukin con il suo «In Dante Veritas. Sins Artguide», un progetto che è insieme un e-book con uno speciale video e un’audioguida disponibile in undici lingue. La piattaforma digitale, ideata durante i mesi del primo lockdown in occasione dei settecento anni dalla morte del Sommo poeta, comprende opere di artisti classici e contemporanei che hanno riflettuto sul tema dei vizi, raccolte in capitoli tematici.
L’art book è completato da foto e video tratti dalla mostra «In Dante Veritas», presentata dall’artista nel 2019 al Museo di stato di San Pietroburgo e a Venezia, nei giorni dell’ultima Biennale d’arte. Il libro, disponibile al link https://book.vklyukin.com, consta di ventisette capitoli e ha un tempo di visualizzazione totale di venticinque minuti.
Sfogliando le pagine, i lettori entrano in uno spettacolo immersivo privato, che è anche – nelle intenzioni dello stesso artista - «un viaggio personale di introspezione», durante il quale si ha la possibilità di trovarsi faccia a faccia con tutti i vizi umani e di incontrare «i moderni Cavalieri dell'Apocalisse»: la sovrappopolazione, la disinformazione, lo sterminio, l’inquinamento. L’eterna dicotomia tra bene e male viene raccontata attraverso opere di Leonardo, Pablo Picasso, Vincent Van Gogh, Rodin, David, Koons e molti altri ancora.
 
«Chatta col David», un nuovo progetto della Galleria dell’Accademia di Firenze

Il David entra nel terzo millennio e «chatta» con i suoi ammiratori. Dal 15 dicembre, attraverso il sito web della Galleria dell’Accademia di Firenze, sarà possibile interagire con la celebre scultura di Michelangelo e scoprire, battuta dopo battuta, informazioni di tipo storico, artistico, religioso ma anche con aneddoti e curiosità.
A rendere possibile questa esperienza è un chatbot - un software automatizzato in grado di interagire con gli utenti in forma di chat - sviluppato a partire da un'idea di Cecilie Hollberg, direttore del museo toscano, ricorrendo agli strumenti sviluppati da Querlo, società di New York specializzata nella produzione di applicazioni tecnologiche tramite l'intelligenza artificiale.
Alla produzione dei contenuti ha, invece, collaborato l'Accademia di Belle Arti di Firenze. Gli studenti del corso di «Didattica per i musei», sotto la guida della professoressa Federica Chezzi, hanno elaborato le prime domande, un centinaio in tutto, al quale il David dà risposta. «Perché sei considerato un simbolo? Cosa hai provato a sconfiggere Golia? Ti piace la musica? Che tipo era Michelangelo? Ti piace Firenze? Che lingua parli? Perché sei nudo?» sono alcuni dei quesiti ai quali la statua, capolavoro della scultura mondiale e ideale di bellezza maschile nell'arte, ma anche nella sua umanità, sa dare risposta.
Quella attualmente pubblicata è la versione Beta; il chatbot è, infatti, stato sviluppato attraverso il sistema del Deep Learning, che prevede un accrescimento progressivo nel corso del tempo della sua capacità di comprensione e risposta, in accordo alle richieste poste dagli utenti.
«L'idea - afferma Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze - nasce dalla volontà di portare il museo nella modernità e per essere aggiornati bisogna rivolgersi ai giovani. Questa esperienza con l'intelligenza artificiale può essere considerata un primo approccio oltre che un modo giocoso per attirare l'attenzione di chi non è solito avvicinarsi all'arte».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.galleriaaccademiafirenze.it.

Firenze, a Palazzo Medici Riccardi una mostra su Benozzo Gozzoli e la sua Cappella dei Magi
Fu la dimora di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico. Ospitò artisti quali Donatello, Michelangelo, Paolo Uccello, Benozzo Gozzoli e Botticelli. È per tutti la casa del Rinascimento. Stiamo parlando di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, che per una sera, quella di mercoledì 15 dicembre, ha aperto gratuitamente le porte al pubblico. Dalle ore 17:30 alle ore 19:30, esclusivamente previa prenotazione, è stato possibile visitare il museo e vedere in anteprima la mostra «Benozzo Gozzoli e la Cappella dei Magi», con la guida delle due curatrici, Serena Nocentini e Valentina Zucchi.
In questi giorni, lungo il percorso tradizionale del palazzo, a partire dall’elegante Cortile di Michelozzo per giungere alla splendida Galleria degli Specchi, affrescata da Luca Giordano con l’«Apoteosi dei Medici», i visitatori possono ammirare ammirare anche l’altra mostra attualmente in corso: «Il Fiorentino. Il Gran Diamante di Toscana», dedicata a uno dei più preziosi e rari gioielli dei Medici, oggi perduto, la cui storia viene raccontata attraverso testimonianze documentarie quali disegni, inventari medicei e altri documenti d’archivio.
La nuova esposizione su Benozzo Gozzoli, che rimarrà aperta fino al 10 marzo, è, invece, intimamente legata alla storia del palazzo mediceo, che proprio al suo interno custodisce la meravigliosa Cappella dei Magi, uno dei più alti capolavori dell’artista, affrescata su commissione medicea alla fine degli anni Cinquanta del Quattrocento. L'esposizione racconta i legami del pittore con la famiglia Medici e con la città di Firenze in un suggestivo intreccio fra opere originali e creazioni multimediali.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.palazzomediciriccardi.it/.

Fotografia di Simone Lampredi 

Freschi di stampa, Electaarchitettura pubblica la monografia «Spazio Lavoro Architettura» sull’Headquarters del gruppo Chiesi a Parma
Innovazione, persone e sostenibilità: sono queste tre parole chiave ad aver guidato Efa studio di architettura nella configurazione dell’edificio direzionale di Chiesi, gruppo farmaceutico internazionale orientato alla ricerca con base a Parma.
Costruito su una superficie di 46.300 metri quadrati, riqualificando un’area industriale dismessa senza alcun consumo di suolo agricolo, il nuovo Headquarters - abitato già dal 2020 e ora, con il graduale ritorno alla normalità, sempre più vivo - ospita circa cinquecentoquaranta persone, tra cui il top management del gruppo, attualmente presente con proprie filiali in trenta Paesi nel mondo.
Va, inoltre, sottolineato che il quartier generale di Chiesi si trova all’interno del più ampio progetto «KilometroVerdeParma», un corridoio alberato lungo l’autostrada A1 nato per riqualificare l’ambiente di uno dei tratti autostradali più trafficati d’Europa, in continuità con lo spirito dell’azienda. A testimonianza di tali scelte, l’Headquarters è il primo edificio nel suo genere ad aver ottenuto la certificazione Leed Platinum (Leadership in Energy and Environmental Design) in Italia ed è tra i primi trentacinque edifici al mondo.
Il progetto sorto prossimità del Centro ricerche, inaugurato nel 2011, è il protagonista della monografia «Spazio Lavoro Architettura» (pp. 144, illustrato, rilegato, ISBN 9788892820548, € 40,00), appena edita da Electaarchitettura in edizione bilingue, italiano e inglese. Il volume, a cura di Emilio Faroldi e Maria Pilar Vettori, contiene otto brevi saggi (gli autori sono Marco Biagi, Stefano Capolongo, Dario Cea, Pietro Chierici, Alberto Chiesi, Alessandro Chiesi, Emilio Faroldi, Giorgia Fochi, Francesca Pesci, Laura Piazza, Maria Pilar Vettori) ed è corredato da un ricco apparato iconografico di disegni tecnici e di foto d’autore a firma di Marco Introini, Pietro Savorelli, Kai-Uwe Schulte-Bunert.
Pagina dopo pagina, si scopre la filosofia che ha animato l’ideazione e la costruzione del nuovo spazio, composto da un padiglione polifunzionale, un auditorium e un ristorante aziendale. Socialità, inclusività e welfare complessivo dei dipendenti sono, infatti, alla base delle scelte progettuali, tese a valorizzare non solo la produttività aziendale, ma anche le relazioni umane secondo un nuovo tipo di fruizione più flessibile, attento anche allo svago extra-lavorativo.
Per ulteriori informazioni: www.chiesi.com.

Foto di Marco Introini 

venerdì 17 dicembre 2021

Rinasce la rivista d’arte FMR, «la perla nera dell’editoria mondiale»

Era il 1982 quando Franco Maria Ricci presentava il primo numero di una rivista destinata a diventare «la perla nera dell’editoria mondiale»: «FMR». Quella pubblicazione, che voleva «mostrare l’arte come non era mai stata mostrata», si affermò sul mercato per «l’originalità delle scelte, l’eleganza della veste, la qualità dei testi», lasciando orfani i suoi tanti collezionisti quando nei primi anni Duemila, dopo 163 numeri e con il passaggio del marchio alla società «Art’è» di Marilena Ferrari, cessava le uscite.
Il prossimo solstizio di inverno, «FMR» rinasce, rendendo concreto un sogno dello stesso Franco Maria Ricci che, dopo la costruzione del Labirinto del Masone e sino alla fine dei suoi giorni, aveva cercato di riacquisire la proprietà della rivista. Nell’intento sono riusciti, alla fine del 2020, i suoi eredi e in questi giorni è in pubblicazione il «Numero Zero», un regalo di Natale per chi, sottoscrivendo un abbonamento annuale, voglia lasciar sedurre il suo sguardo e la sua mente dalle immagini e dai testi che impreziosiranno i quattro numeri in uscita nel 2022.
A rendere possibile tutto questo è una nuova redazione, guidata da Laura Casalis e dal direttore Edoardo Pepino, che vanta un pétit comité di consiglieri composto da Giorgio Antei, Massimo Listri, Giovanni Mariotti, Gabriele Reina e Stefano Salis. È già, inoltre, lunga la lista di stimati studiosi e scrittori che hanno salutato con gioia la rinascita della rivista e che doneranno ai lettori la loro competenza e penna in questo numero e nei prossimi in programma. Héctor Abad Faciolince, Pietro Citati, Orhan Pamuk, Christian Beaufort- Spontin, Jean Blanchaert, Gian Carlo Calza, David Ekserdjian, Sylvia Ferino, Caterina Napoleone, Pierre Rosenberg, Vittorio Sgarbi, Edward Sullivan e Óscar Tusquets Blanca sono alcuni di questi.
Tutto è già pronto. La pubblicazione che dà nuova linfa all’avventura di «FMR», ritornando a offrire ai lettori «una scuola per lo sguardo», è stampata da Grafiche Milani, una delle tipografie storiche del capoluogo lombardo, a cinque colori su carta, rilegata in brossura, con formato 23 x 30 centimetri, 132 pagine stampate a colori, carta Tatami Fedrigoni 170 gr/m2 per le pagine interne, carta Tatami Fedrigoni da 300 gr/m2 plastificata con film lucido per la copertina.
Il sipario si sta, dunque, aprendo. Lo spettacolo sta per iniziare . «Abbiamo accordato gli strumenti – scrive Laura Casalis, moglie di Franco Maria Ricci, mutuando il linguaggio dal mondo del teatro e della musica - e siamo pronti ad andare in scena, siamo già all’«Ouverture»: ecco il Numero Zero con cui torna «FMR», la rivista d’arte che ha stregato il mondo e che resta senza uguali». Viene già da applaudire solo per questo, per poter riprendere tra le mani un sogno fatto di carta, con i colori che risaltano dal fondo nero, come in teatro quando si fa il buio in sala, e i caratteri Bodoni che parlano il linguaggio dell’eleganza, quella di chi sa che la semplicità e l’attenzione al dettaglio sono la carta vincente.
«FMR» sarà pubblicata in due edizioni, italiana e inglese, e sarà un «dono di stagione», perché uscirà quattro volte all’anno. Gli argomenti saranno gli stessi che hanno caratterizzato il passato, glorioso e mitologico, della rivista: storia dell’arte, design, architettura, e in generale argomenti «ove ogni sorpresa, ogni avventura dell’occhio si trasforma in uno stimolo per la fantasia e per la mente».
La nuova pubblicazione si apre e si chiude con due rubriche: «Hors d'oeuvre» e «Mignardises», «degli antipasti – si legge nella nota stampa - per stuzzicare l’appetito e delle delizie per terminare il pasto con qualcosa di dolce». Le prime pagine del «Numero Zero», «un fuori serie», sono, poi, occupate da uno scritto inedito di Franco Maria Ricci per la rubrica «Quattro venti», nel quale è raccontato l’ultimo viaggio dell’intellettuale emiliano in Portogallo e la sua visita al Monastero dos Jerónimos.
Per la rubrica «Congetture», Bruno Zanardi ci porta, invece, alla scoperta di un insolito ritratto di Dante Alighieri che nasconde dietro la cornice, un misterioso foglietto con il nome Degas. In chiusura ci sono le rubriche «Aste», a cura di Massimo Navoni, e «Biblioteca», a firma di Carlo della Grivola, nel quale è presentata una recensione del volume «La Chine en Miniature» della Franco Maria Ricci Editore, un ritratto della Cina del XVIII secolo curioso ed eclettico, oltre che incredibilmente dettagliato, con quasi duecento affascinanti illustrazioni.
Mentre gli articoli di questo numero da collezione sono cinque. Ne «L’amore lungo di Alex e Rhoda», Giovanni Mariotti ha scelto tredici tele del pittore canadese Alex Colville che tracciano uno straordinario racconto d’amore durato settant’anni. Gian Carlo Calza firma, invece, «Tagasode ‘Di chi quelle vesti?’», la domanda senza risposta che un poeta formulò alle origini della letteratura giapponese e che secoli più tardi ispirò artigiani geniali nella creazione dei paraventi, manufatti trasognati che toccano con estrema delicatezza la corda dell’Eros. Mentre «Il sorriso Totonaca» di Giorgio Antei rivela come dagli scavi nella regione di Veracruz, sulle alture del sud del Messico, nonostante l’aridità del paesaggio, è venuta alla luce una gaiezza mai vista: a tutte le figure emerse un misterioso sorriso o un’aperta risata illumina il volto. 
Ne «Il vangelo secondo Gaudenzio», Vittorio Sgarbi svela, quindi, le meraviglie che si celano dietro la severità delle chiese francescane, come il santuario della Madonna delle Grazie a Varallo, dove Gaudenzio Ferrari ci ha lasciato una versione rinascimentale della «Biblia Pauperum» di sfolgorante bellezza. Infine, il pezzo a quattro mani «Arcs de cel» vede Pablo Bofill e Nicolas Véron raccontare lo scultore e architetto Xavier Corberó, protagonista di una stagione artistica che ha elevato la Catalogna a capitale della modernità.
«La rivista più bella del mondo» è, dunque, pronta a ritornare sul mercato. Nell’epoca delle pubblicazioni digitali, la carta, con il suo frusciante e persistente fascino, vince ancora una volta. Sarà bello, di stagione in stagione, sedersi in poltrona sul fare della sera, alla luce di una lampada, per sfogliare e leggere un gioiello fatto di parole e immagini, un libro-rivista da conservare, come tutti gli oggetti preziosi, in un elegante astuccio da collezione.

giovedì 16 dicembre 2021

A Venezia un nuovo showroom per il marchio di tessuti Fortuny

Ci sono due spazi a Venezia che portano avanti il pensiero dello scenografo, pittore, stilista, incisore, designer e inventore spagnolo Mariano Fortuny (Granada, 11 maggio 1871 – Venezia, 3 maggio 1949), uomo dall’incalcolabile talento, più volte celebrato nella «Recherche» di Marcel Proust, che disegnò i modelli «alla greca» - le tuniche «Delphos» - per la ballerina Isadora Duncan e gli abiti di scena che Eleonora Duse, la «Divina» del teatro italiano, indossò nella tragedia «Francesca da Rimini» di Gabriele D’Annunzio. Uno è la casa-museo nel sestiere di San Marco, con ingresso da campo San Beneto, esempio magistrale di gotico veneziano che conserva al proprio interno i tessuti, gli abiti, le collezioni dell’artista, la cui visita termina nello scenografico atelier dell’ultimo piano, un laboratorio delle meraviglie che vide la nascita della plissettatura (il brevetto è del 1909) e del velluto di seta stampato. L’altro è la fabbrica tessile, che Mariano Fortuny fondò nel 1919 alla Giudecca, all’interno di un caratteristico edificio in mattoni rossi, che precedentemente fu sede del convento San Biagio, chiuso in epoca napoleonica.
Da cento anni questa azienda segna la storia del tessuto, conquistando il jet set internazionale, dall’Italia alla Spagna, per giungere al mercato statunitense. Con i macchinari d’epoca brevettati dallo stesso Mariano Fortuny, ancora oggi, sotto la guida dei fratelli Mickey e Maury Riad, si stampano tessuti di purissimo cotone che ripropongono i disegni dell’archivio storico (circa quattrocentocinquanta), ricolorati e rifiniti a mano.
La formula è segreta, custodita con riservatezza da una quindicina di operai, che, di giorno in giorno, rinnovano la sapienza artigiana di un artista totale, nell’accezione wagneriana del termine, che non solo ha saputo rendere il cotone simile ai più pregiati broccati di seta, ma è stato anche capace di rinnovare l’illuminazione teatrale con la Cupola Fortuny, un sistema che potenzia l’effetto illusorio della profondità della scena, adottato anche dalla Scala di Milano nel 1921.
Dopo la morte dell’artista spagnolo, nel 1949, la fabbrica ha, infatti, continuato a vivere grazie alla decisione della moglie di Mariano Fortuny, Henriette Negrin, che ha venduto il marchio alla interior designer newyorkese Elsie McNeill Lee, che l’ha, a sua volta, ceduto all’amico e legale Maged Riad, di origine egiziana, il padre degli attuali proprietari.
Nel 2022 l’azienda veneziana, uno degli status symbol del made in Italy, compie cento anni di attività. I primi tessuti firmati Fortuny uscirono, infatti, dall’edificio lagunare, all'ombra del Molino Stucky, nel 1922.
«Always beautiful never the same» («Sempre bellissimo, mai lo stesso») è la filosofia che da allora anima la produzione tessile dell’azienda, ospite d’onore in luoghi che sono da sempre sinonimo di lusso come l’hotel Gritti, Ca’ Rezzonico, villa Feltrinelli sul lago di Garda, l’hotel Excelsior al Lido, il Museo Carnavalet di Parigi e il Metropolitan di New York.
Per festeggiare l’anniversario è stato da poco inaugurato il nuovo showroom. Luce, riflesso, colore, viaggio, influenza, teatro: sono le sei parole chiave che hanno animato il progetto, firmato dall’architetto veneziano Alberto Torsello, compasso d’oro nel 2018, con all’attivo restauri architettonici per icone come Palazzo Ducale, il Fondaco dei Tedeschi, e la Scuola Grande della Misericordia a Venezia.
Il progettista, neo direttore artistico di Fortuny, ha ideato una vera e propria macchina scenica, un sistema per esporre non solo i preziosi tessuti realizzati nell’edificio in mattoni rossi, ma anche la storia, il senso e l’identità di questi manufatti antichi e bellissimi.
Fedele alla visione del suo fondatore, l'edificio è scandito da tre concetti ben precisi che si trasformano in altrettanti spazi: l’ingresso, la casa della memoria, il teatro.
Il primo è il luogo dell’accoglienza. Qui, intorno a un tavolo che avvolge una tipica scala veneziana stretta e ripida, si entra nel mondo creativo del brand Fortuny, che distilla nel tessuto pittura e rappresentazione, luce e architettura.
Il secondo spazio è la casa della memoria dove cuscini di varie dimensioni sono installati come opere d’arte in una libreria che sembra una quinta teatrale. Ogni elemento d’arredo coniuga identità e memoria, antico e contemporaneo. Ne è esempio l’archivio di tirelle site specific, progettato e incastonato fra due finestre da cui si vede il verde del canale.
Il terzo spazio è quello del teatro; qui Alberto Torsello ha creato un sistema espositivo in cui i rulli dei tessuti installati a soffitto sviluppano la possibilità di calare dall’alto le stoffe, come si fa con un sipario. In questa parte dello showroom i tessuti diventano elementi architettonici, pareti mobili, quinte teatrali intercambiabili che formano ambienti e luoghi ogni volta diversi e ammalianti. Tutto parla di Mariano Fortuny, del suo amore per il bello, della sua passione per la sperimentazione, della sua capacità di rendere nuovo il passato, del suo amore per Venezia, la città di luce e acqua, dai riflessi abbaglianti e dai colori cangianti.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2 ] Foto di Alessandra Chemollo; [figg. 3, 4 e 5] Foto di Colin Dutton 

Informazioni utili 

venerdì 10 dicembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 6 al 12 dicembre 2021

Torna la giornata del contemporaneo di Amaci
È un’opera di Armin Linke (Milano, 1966) a fare da filo rosso tra i vari appuntamenti che animeranno la diciassettesima edizione della Giornata del contemporaneo, promossa per sabato 11 dicembre da Amaci, l’associazione dei musei di arte contemporanea italiani, con il sostegno della Direzione generale creatività contemporanea del Ministero della Cultura.
«Jurong Bird Park» – questo il titolo dell’opera – raffigura un fungo in cemento armato che, tra foglie lussureggianti, diventa rifugio per pappagalli multicolore. Il fotografo e filmmaker italo-tedesco apre così una profonda riflessione sui luoghi fortemente antropizzati nei quali la natura è piegata al servizio dell’uomo e dei suoi inarrestabili desideri di appropriazione.
L’ospitale cappello-rifugio di Armin Linke dà accoglienza, in questa edizione, a un mondo colorato e variegato, quello delle realtà che nel nostro Paese si occupano di contemporaneo, comunicando le iniziative organizzate per sabato 11 dicembre da oltre cinquecento spazi tra musei, fondazioni, istituzioni pubbliche e private, gallerie, studi d’artista, insieme ai ventiquattro soci della rete Amaci, presieduta da Lorenzo Giusti, direttore della Gamec di Bergamo.
Il programma, con il suo formato ibrido che combina eventi in presenza a progetti digitali, avrà come fil rouge il tema del performativo, in riferimento non solo all’esperienza della corporeità del performer sulla scena, ma soprattutto all’urgenza di ripensare nuove dinamiche di interazione con il pubblico attraverso la condivisione dello spazio.
Per partecipare all’edizione 2021 della Giornata del Contemporaneo sarà necessaria l’iscrizione alla manifestazione entro il 10 dicembre tramite il form d’iscrizione disponibile sul sito www.amaci.org, dove è anche consultabile l’elenco completo degli eventi. 

Irving Penn torna a Milano dopo trent’anni. alla Cardi Gallery una mostra-tributo
«Cambiò radicalmente il modo in cui la gente vedeva il mondo, e la nostra percezione del bello». Sta tutta nelle parole di Anna Wintour, la storia direttrice di «Vogue», la cifra stilistica del lavoro di Irving Penn (1917-2009), uno dei maggiori fotografi del Novecento, protagonista in questi giorni di un’importante retrospettiva alla Cardi Gallery di Milano.
La rassegna, che rappresenta per il pubblico meneghino la prima occasione in oltre trent’anni di incontrare l’opera dell’artista americano, si sviluppa su due piani della galleria, abbracciando non solo la fotografia di moda, ma anche quella che sottolinea il legame speciale del fotografo con il nostro Paese e che immortala, tra l’altro, i volti di «italiani illustri» come Giorgio De Chirico (1944), Sophia Loren (1962) e Luciano Pavarotti (1980).
In mostra sono presenti una cinquantina di scatti realizzati, sia in studio che in esterno, tra gli anni Quaranta e gli anni Novanta del Novecento, emblematici dello stile minimalista ed elegante di Irving Penn, le cui immagini sono state definite dallo storico art director di «Vogue», Alexander Liberman, suo primo mentore, «stoppers» per descriverne l’effetto su chi le guarda.
Il percorso spazia così dagli accattivanti ritratti dello star system americano agli studi botanici, dagli innovativi still life di oggetti alle opere dedicate agli aborigeni della Nuova Guinea, dagli scatti di detriti urbani alle tante fotografie di moda per le copertine di «American Vogue», con cui il fotografo iniziò a lavorare nel 1943 firmando, in 66 anni di collaborazione, oltre 165 copertine.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.cardigallery.com.

Nella foto: Irving Penn, Bee (A), New York, 1995. © The Irving Penn Foundation

Dal libro al segnalibro: a Milano l’arte tra le pagine di una storia
D’artista, di design, ibridi e non solo: offre una visione esaustiva della creatività associata al libro la mostra allestita fino al prossimo 12 gennaio a Milano, negli spazi prestigiosi della Biblioteca Braidense, per iniziativa di SBLU_spazioalbello e con la curatela di Susanna Vallebona.
Accanto ad autori come Mariella Bettineschi, Fausta Squatriti, Marcello Diotallevi o Vito Capone, l’esposizione presenta libri a elevata tiratura e volumi fatti a mano in copia unica. L’aspetto manuale della creatività legata all’«Oggetto libro» – questo il titolo della mostra – dialoga così con le tecniche di stampa tradizionali o con quelle calcografiche, ma anche con la fotografia e il digitale.
Altro motivo di interesse di questa edizione della rassegna, la quarta dal 2016, è rappresentato dalla realtà aumentata, che offre la possibilità di accedere ai contenuti che si celano dietro l’artefatto grazie alla app «Aria the Ar Platform» (disponibile gratuitamente su Google Play e Apple Store).
Il percorso espositivo è completato da una mostra sul segnalibro promossa da Fila – Fabbrica italiana lapis e affini in occasione del centenario dalla fondazione. Alcuni esemplari storici appartenenti alla collezione dell’azienda fondata a Firenze nel 1920 dialogano con lavori creati da artisti, designer e studenti dell’Isia di Roma e Pordenone sul tema del tempo, analizzato in tutte le sue accezioni (dalla meteorologia alla quarta dimensione).
In mostra, si scoprono esempi dalle forme e dai materiali differenti, come il riquadro rettangolare da applicare agli angoli delle pagine, sottili strisce di carta o elaborati oggetto in metallo o legno. Il visitatore può così vedere manufatti realizzati dalla calligrafa Alex Barocco, dal designer Kuno Prey e dall’artista William Xerra, oltre a lavori ispirati ad alcuni aspetti del costume italiano, in un viaggio che spazia dal «Sardo» (1928) al «Bersagliere», uno dei protagonisti della serie «Soldati d’Italia» (1935 ca), dai «Segnali stradali» (anni ’60-’70) alle «Maschere» della Commedia dell’arte (1950-55 ca), dai «Monumenti d’Italia» agli «Animali interessanti», ma non solo.
L’ingresso alla mostra è gratuito, con prenotazione obbligatoria alla pagina https://booking.bibliotecabraidense.org/it. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.oggettolibro.it

«La gentilezza della carta», Caterina Crepax inaugura il punto sostenibilità della Fondazione Fashion Research Italy
È un «grido gentile» per richiamare l’attenzione sulle tematiche green quello che lancia Caterina Crepax (Milano, 1964) con la mostra «La gentilezza della carta», in agenda fino al prossimo 30 gennaio a Bologna.
La rassegna – ospitata dalla Fondazione Fashion Research Italy, ideata nel 2015 da Alberto Masotti, già presidente dello storico marchio «La perla» - è stata promossa per festeggiare l’inaugurazione del Punto sostenibilità: il più completo archivio italiano, sia fisico che digitale, di materiali tessili, accessori e soluzioni di packaging sostenibili per la moda. Dalla lana riciclata alla seta rigenerata - al tatto simile al cachemire -, dal jersey biodegradabile ai complementi in alluminio riciclato, passando per la riscoperta di antichi filati e tessiture, l’archivio ospita il meglio dell’innovazione, con una ulteriore caratteristica dirimente: solo materiali e soluzioni già industrializzate e immediatamente disponibili per la produzione in piccola o larga scala.
Caterina Crepax (figlia del famoso fumettista Guido) mette in scena per l’occasione diciotto abiti scultura, realizzati con numerosi pattern di textile design conservati dalla fondazione bolognese, raccontando così le infinite vite della carta nel mondo fashion style e offrendo nel contempo una riflessione contro lo spreco.
Gli abiti in mostra sono modellati sugli innovativi manichini di Bonaveri, in materiale da fonte rinnovabile e biodegradabile e realizzati in carta prodotta con il 100% di fibre riciclate dalla storica cartiera Cordenons.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.mybologna.app/FFRI

È nata Mrt Virtual, la nuova App con realtà aumentata dei Musei Reali di Torino
È un inedito strumento digitale per offrire al pubblico nuovi contenuti ed esperienze all'interno del percorso espositivo dei Musei reali di Torino l’app MRT Virtual, ideata in occasione del restauro che ha interessato l’altare della Cappella della Sindone. Basata sulla tecnologia della realtà aumentata, la nuova applicazione è stata progettata come un raccoglitore di contenuti multimediali, al momento focalizzati sulla conoscenza dettagliata dell’altare, della cappella e del boschetto dei Giardini reali.
L’applicazione, sviluppata da Ribes Solutions e VisivaLab, è scaricabile gratuitamente da Google Play Store (android), App Store (iOS) o attraverso un QR code posizionato in prossimità dell’ingresso della zona sacra dei musei. E troverà la sua massima espressione attraverso l’attivazione della telecamera del proprio dispositivo che, puntata verso le aree di interesse, offrirà all’utente contenuti testuali, video, foto e animazioni in realtà aumentata estremamente suggestivi e coinvolgenti.
Il progetto si inserisce all’interno del piano di innovazione e trasformazione digitale «GoDigital!», avviato gli scorsi mesi dai Musei reali e che porterà nei prossimi anni allo sviluppo di altre soluzioni tecnologiche. Nei primi mesi del 2022 verranno, infatti, presentati un nuovo sito web, rivisto nella veste grafica e nei contenuti, innovative segnaletiche digitali per orientare il visitatore nel percorso dei musei, totem per il rilevamento del gradimento e della soddisfazione degli utenti, e l'implementazione di un free WI-FI nei Giardini reali.
«Tutto ciò è soltanto la punta dell’iceberg di un cambiamento più profondo e duraturo per portare il visitatore al centro dell’azione dei musei, mediante un nuovo modello di interazione, in ottica omni-canale. - dichiara Enrica Pagella, direttrice dei Musei reali -. La trasformazione digitale e i nuovi bisogni dettati dall'emergenza sanitaria impongono ai musei lo sviluppo di nuove modalità d’ascolto, costruendo una relazione empatica con il pubblico che offra a tutti opportunità di fiducia, di benessere e di ripresa, anche attraverso lo sviluppo di idee e di progetti ad alto contenuto inclusivo e partecipativo».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://www.museireali.beniculturali.it/.

«Il monello», un evento a Roma per i cento anni dalla prima proiezione
Nel 2021 ricorrono i cento anni del primo lungometraggio prodotto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin«Il monello» («The Kid »), uno dei capolavori del cinema muto.
Per festeggiare l’anniversario, al teatro Parioli di Roma vanno in scena tre appuntamenti che prevedono la proiezione integrale del film con l’esecuzione dal vivo della colonna sonora originale arrangiata ed eseguita al pianoforte da Maude Nelissen. A organizzare l’evento è l’associazione Orchestra italiana del cinema, con il contributo del Ministero della Cultura e in collaborazione con Charlie Chaplin™ ©Bubbles Incorporates S.A.. Le date da segnarsi in agenda sono quelle di venerdì 10 (ore 21) e sabato 11 dicembre (ore 16 e ore 21).
L’appuntamento si rivela imperdibile perché la pianista olandese Maude Nelissen ha lavorato a stretto contatto con l’ultimo arrangiatore delle musiche di Chaplin, Eric James, ed è da sempre dedita all’accompagnamento musicale per film muti.
La colonna sonora di «The Kid» fu composta da Charlie Chaplin in età già avanzata nel 1971, a 50 anni esatti dall’uscita del film. L'autore aveva deciso di tagliare alcune scene che riteneva superate dal tempo e di dare un respiro musicale più ampio all’opera. Compose così diciotto distinti movimenti e affidò al suo fedele collaboratore Eric James il compito di trascriverli sul pentagramma. A orchestrare le musiche e dirigere la sessione di registrazione fu, invece, chiamato l'arrangiatore e compositore inglese Eric Rogers. La versione rieditata fu registrata in un solo giorno, il 25 ottobre del 1971, e contribuì a rendere il film un successo straordinario in tutto il Paese, dove rimase in cartellone per mesi. La prima si tenne la sera del 4 aprile 1972 al Lincoln Center di New York. Pochi giorni dopo Charlie Chaplin sarebbe stato premiato con un Oscar alla carriera, assegnatogli «per aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del XX secolo».
I biglietti per la triplice rappresentazione sono in vendita sul circuito Vivaticket. Per maggiori informazioni è possibile contattare il teatro Parioli ai seguenti recapiti: tel. 06.8084259/5434851; biglietteria@ilparioli.it. Il sito internet di riferimento è http://www.orchestraitalianadelcinema.it/.

Raffaello, Dante e Caravaggio nel presepe della Cappella Sistina
È una delle opere d’arte più importanti di tutti i tempi, il ciclo di affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina in Vaticano, a fare da cornice al presepe di stile e soggetto rinascimentale, visibile fino al prossimo 15 gennaio a Roma grazie al contributo della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti onlus.
L’opera, di circa tre metri di lunghezza e due di profondità, è un omaggio a Raffaello Sanzio nel cinquecentesimo anniversario dalla sua scomparsa (ricorrenza commemorata lo scorso anno), ma anche a Dante e Caravaggio, di cui, nel 2021, si sono celebrati rispettivamente i settecento anni dalla morte e i quattrocentocinquanta anni della nascita. Questi tre personaggi appaiono così all’interno del presepe, insieme a Giulio II, il papa mecenate. Ma i riferimenti ai tre intellettuali rinascimentali non finiscono qui. Giuseppe e Maria indossano, infatti, vestiti ispirati allo «Sposalizio della Vergine» di Raffaello. Mentre sopra la grotta - ambientata in un’architettura che ricorda il Serapeo di Villa Adriana a Tivoli e piazza della Cisterna a San Gimignano, ma anche alcuni scorsi caratteristici di Spoleto - è riprodotto in miniatura l'affresco con la «Scuola di Atene», situato nella Stanza della Segnatura all’interno dei Musei Vaticani, anche questo opera dell’urbinate.
Il presepe è stato realizzato nell’arco di nove mesi da un gruppo di artisti-artigiani (Giuseppe PasseriEva Maria Antulov e Alfonso Pepe) con grande attenzione ai dettagli e dopo aver effettuato studi su colori e su terre rare e di difficile reperimento. Il blu è stato, per esempio, ricavato dal più pregiato dei lapislazzuli al mondo, quello del Sar-e-Sang a nord dell’Afghanistan; mentre le azzurriti provengono dalla miniera di Alnif, in Marocco, e il diaspro, molto raro, dalle isole dell’arcipelago toscano.
Il presepe, donato al Vaticano, è anche e soprattutto un doveroso omaggio al marchese Giulio Sacchetti, scomparso nel 2010, già Delegato speciale della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano. «Il mio rapporto con la Sistina, uno dei più importanti siti artistici al mondo, - ha detto la moglie, Giovanna Sacchetti, in occasione dell’inaugurazione - inizia nel 1980 con la firma del contratto di mio marito per seguire i lavori per la pulitura e termina nel 1994, con la messa solenne celebrata da papa Giovanni Paolo II, in occasione della presentazione dei restauri. In quei quattordici anni ho visitato molte volte il cantiere e tornare qui con un presepe dedicato a mio marito personalmente è molto commovente».
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.fondazionegiulioegiovannasacchetti.it.

Milano, due concerti per il Natale del Museo Bagatti Valsecchi
Sarà un Natale a tempo di musica quello del Museo Bagatti Valsecchi di Milano. L’associazione «OttavaNota» ha organizzato due appuntamenti per le prossime settimane.
Si inizierà sabato 11 dicembre, alle ore 19, con il concerto «Dulcem Natum», che vede come protagonisti l’Ensemble Barocco e il coro Chanson d’Aube, diretto dal maestro Alberto Odone, ma anche le voci soliste delle soprano Micol Pisanu e Desirée Corapi.
In questo appuntamento, la musica vocale polifonica classica si accosta a brani della tradizione natalizia, spaziando tra la produzione di Haendel, Mozart, Holst e Vivaldi insieme a classiche musiche natalizie di origine popolare. Una particolarità imperdibile è la presenza di strumenti musicali dell’epoca, come l’oboe barocco e la viola da gamba che amplificano l’atmosfera suggestiva resa ancor più intensa dalla presenza del coro che si alterna alla voce delle giovani soprano.
Mentre venerdì 31 dicembre, alle ore 16, il museo invita il pubblico a trascorrere insieme l’ultimo pomeriggio dell’anno con un concerto che avrà per protagonisti gli allievi, provenienti da diverse nazioni, della Masterclass di canto tenuta dal maestro Ernesto Palacio, con la collaborazione pianistica del maestro Gioele Muglialdo. Il programma prevede alcune celebri arie tratte dal grande repertorio operistico italiano e francese.
Un’ora prima di entrambi gli appuntamenti sarà possibile visitare il museo in autonomia avvalendosi, per chi lo desidera, del supporto delle audioguide ascoltabili dal sito www.museobagattivalsecchi.org (si consiglia di portare i propri auricolari).
Il Salone d’onore, sede dei due concerti, è la sala che i fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi vollero rendere quanto più maestosa possibile. Nacque così un ambiente a doppia altezza. Il soffitto fu ornato con cassettoni lignei, le pareti con una preziosa tappezzeria ottocentesca personalizzata con i gigli e l’aquila dello stemma della famiglia. Tra le decorazioni appaiono anche diversi motti in latino tra cui ne spicca uno - «Laudamus veteres sed notris utimur annis» («Lodiamo gli antichi, ma viviamo il nostro tempo») – oggi ancora valido e che ispira ogni visita e attività che il museo propone.
Il costo del biglietto è fissato a euro 10,00 per il singolo appuntamento; è obbligatoria la prenotazione sul sito www.museobagattivalsecchi.org.

«Fossili, il passato ritrovato»: nel maceratese una nuova mostra sul «tesoro di Serrapetrona»
Un insospettabile Indiana Jones italiano e un paesino nel cuore delle Marche, una morte improvvisa e la scoperta di un tesoro archeologico e paleontologico inestimabile: sono questi gli elementi che, nel dicembre 2006, hanno portato Serrapetrona, piccolo paese del Maceratese, incastonato sui Monti Azzurri, a diventare famoso. Quell’ampio patrimonio rinvenuto nella casa del geologo Giorgio Recchi - composto da ottocentotrentanove reperti paleontologici, trecentocinque archeologici e milletrecentosettantasette numismatici - è stato oggetto di un percorso di musealizzazione, che ha già preso forma in tre esposizioni tenutesi nel 2010, 2012 e 2017.
A questa storia si aggiunge ora un nuovo capitolo: la rassegna «Fossili, il passato ritrovato», allestita fino al 31 dicembre 2022 nelle sale del Palazzo Claudi di Serrapetrona. La mostra presenta circa cinquanta esemplari provenienti da tutto il mondo, appartenenti a ere lontanissime (fino a 500 milioni di anni fa), ma anche a epoche più recenti, permettendo al pubblico di scoprire anche animali estinti, spesso impressionanti, come i gigantostraci, predatori marini vissuti 400 milioni di anni fa, simili a giganteschi scorpioni.
Tra i fossili più sorprendenti in mostra c’è l’enorme uovo dell’«uccello-elefante» (pari a circa 150 uova di gallina), rinvenuto in Madagascar e risalente al 1700 d.C., uno dei trenta esemplari di questo tipo, conservati interi, in tutto il mondo.
La mostra consente, poi, di ammirare alcuni esemplari che sembrano delle vere e proprie opere d’arte, come le ammoniti (molluschi estinti dalla caratteristica conchiglia a spirale), che colpiscono per l’armonia delle forme, o gli insetti perfettamente conservati nell’ambra.
I fossili di Serrapetrona aiutano anche a sfatare alcune credenze, come quella sulla dimensione dei dinosauri, che nel nostro immaginario sono sempre enormi. Spesso questi animali erano, invece, piccoli, come testimonia lo scheletro di un dinosauro «ornitischio» proveniente dalla Mongolia e risalente al Cretaceo inferiore (tra i 145 e i 99 milioni di anni fa).
La mostra, a ingresso gratuito, è aperta nei seguenti orari: il sabato, dalle ore 15:30 alle ore 18:30; la domenica e festivi, dalle ore 10:30 alle ore 12:30 e dalle ore 15:30 alle ore 18:30.
Per maggiori informazioni: https://www.facebook.com/mostrapaleontologicaserrapetrona/.

martedì 7 dicembre 2021

«Selvatici e salvifici», a Trento gli animali di Mario Rigoni Stern

Il bosco come universo narrativo e i suoi animali come protagonisti: è questa una chiave di lettura per approcciarsi ai racconti di Mario Rigoni Stern, autore che ha raccontato non solo le tragedie della guerra e della prigionia, ma anche l’amore e il rispetto per l’ambiente. Cani «dai segreti amori», lepri in fuga, gufi delle nevi, caprioli sperduti, api dall’alacre operare punteggiano le pagine degli scritti dell’autore veneto, insieme con descrizioni dettagliate di boschi e montagne, da godere con una libertà responsabile e solidale. Non a caso ne «Il bosco degli urogalli» si legge: «la terra, l’aria, l’acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato». 
A questo aspetto della produzione letteraria di Mario Rigoni Stern guarda la città di Trento, dove il Mart e il Muse omaggiano lo scrittore, nel centesimo anniversario della nascita, avvenuta ad Asiago il 1° novembre 1921, con una mostra. Palazzo delle Albere ospita, fino al 27 febbraio, «Selvatici e salvifici», esposizione curata da Fiorenzo Degasperi e Giuseppe Mendicino: un vero e proprio bestiario scaturito dalla scrittura asciutta, limpida ed evocativa dell’autore veneto, che ci ha lasciato opere come «Il sergente nella neve» e «L’ultima partita a carte», reinterpretato per l’occasione da pittori, fotografi, scultori e artisti ambientali. Volpi, orsi, urogalli, cervi, tassi, pernici, aquile animano così le sale del secondo piano dell’antica dimora dei principi vescovi di Trento, con i suoi splendidi affreschi cinquecenteschi.
All’entrata di Palazzo delle Albere si trova una grande sagoma lignea di circa quattro metri: «Human» di Roberto Pedrotti, opera che richiama la figura di un cervo. Mentre all’interno del museo si trovano una settantina tra sculture, fotografie e dipinti di una quindicina di artisti, tra cui il trentino Fortunato Depero, con i suoi orsi, galli e altri «animali futuristi».
A ogni autore, molti dei quali furono grandi amici dello scrittore, corrisponde un’area intitolata a uno o più degli animali narrati da Rigoni Stern.
Marco Arman, pittore ed ex guardacaccia cembrano, affronta il mondo degli uccelli tratteggiandolo per accenni, mentre Albert Ceolan, fotografo, cattura in un click il loro passaggio. Gli olii su carta di Alda Failoni sono intensi e raffinati: caprioli, ermellini, tassi e faine sono avvolti da un alone magico. Gli animali di Federico Lanaro – caprioli, camosci, volpi e orsi –, disposti in una struttura che costringe lo spettatore a passarvi in mezzo, possono moltiplicarsi a dismisura facendo sentire noi umani piccoli piccoli. Gianfranco Schialvino e Gianni Verna sono due incisori. Alcune delle loro opere – lepri, gufi e il maestoso gipeto – decoravano le pareti della casa di Mario Rigoni Stern e ora omaggiano l’autore dalle sale rinascimentali delle Albere.
Claudio Menapace
, con i suoi piatti decorati, gli «Scheiben», e Aldo Valentinelli, entrambi pittori alpini, interpretano a loro modo l’amico dell’uomo, il cane; Gianluigi Rocca con i suoi disegni iperrealistici racconta scene di caccia e di vita nei boschi; Matthias Sieff, con un linguaggio grottesco, la dea Diana, stambecchi e altre creature di montagna. Civette e altri rapaci notturni scaturiscono dall’inventiva lignea di Adolf Vallazza. Ivan Zanoni, invece, omaggia Rigoni Stern con la forza del martello e l’eco dell’incudine, esponendo in uno dei torrioni del palazzo le sue opere in ferro battuto: anatre, pernici, una lince. Orlando Gasperini, infine, attinge dai bestiari medioevali costumi, simboli e proprietà degli animali, facendo emergere la loro cifra simbolica, salvifica o dannata: dall’unicorno all’uccello del Paradiso, dal Tetramorfo all’Ouroboros.
Questi lavori così come le descrizioni di Mario Rigoni Stern diventano così un invito a visitare i luoghi evocati nelle storie e raffigurati nelle sale di Palazzo delle Albere: «mi piace immaginare – diceva, a tal proposito, lo scrittore - che i miei lettori, percorrendo quei sentieri, possano provare le mie stesse impressioni ed emozioni».

Informazioni utili 
Selvatici e salvifici. Gli animali di Mario Rigoni Stern. Palazzo delle Albere, via Roberto da Sanseverino, 43, Trento. Orari: martedì – domenica 10.00 - 18.00 (lunedì chiuso) Ingresso: intero 7 Euro, ridotto 5 Euroratuito fino ai 14 anni e persone con disabilità. Informazioni: palazzoalbere@muse.it | prenotazioni@muse.it | tel. 0461.270311. Fino al 27 febbraio 2022.

lunedì 6 dicembre 2021

«Antologia scelta 2022», la Tornabuoni Arte presenta la sua collezione di arte moderna e contemporanea

Da Giovanni Fattori a Fabrizio Plessi, da un quadro dell’Ottocento a un video del 2021: è una retrospettiva ad ampio raggio quella che propone la Tornabuoni Arte con la mostra «Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022». L’esposizione - accompagnata dal saggio «La linea evolutiva dell'arte», a cura della storica dell’arte Sonia Zampini – presenta, nella sede di Firenze (in Lungarno Benvenuto Cellini 3), una selezione di oltre cinquanta dipinti che mettono in luce la molteplicità di movimenti e stili che hanno animato l’arte negli ultimi due secoli.
Al primo piano della galleria sono esposti alcuni grandi maestri dell’arte figurativa italiana della prima metà del Novecento, come Plinio Nomellini. Il suo «Pastore con gregge e pecore» (1900-1910) è un dipinto dall’atmosfera vibrante, data dall’uso di una pennellata a macchie, che testimonia l’attenzione del pittore verso la natura e la rappresentazione del sociale. Sono gli anni in cui l’artista sperimentà il Simbolismo e decise di stabilirsi definitivamente in Versilia, a Torre del Lago, dove nacque l’amicizia con Giacomo Puccini e Giovanni Pascoli.
Tra gli artisti che segnarono in maniera indelebile il periodo a cavallo delle due guerre, non possono mancare figure come Savinio, rappresentato da «Apparition du Printemps» del 1929, o Massimo Campigli, in mostra con un particolarissimo affresco riportato su tela, «Venezia - Gita in barca», del 1941, una raffinata composizione che ricorda gli antichi affreschi di Pompei come anche la pittura del misterioso popolo etrusco, affascinato com’era dalla ricerca di una purezza primordiale, arcaica, ma anche dall’armonia e dal rispetto delle forme.
«Piazza d’Italia», opera nota di Giorgio de Chirico datata 1951, ci introduce alla pittura metafisica: la composizione raffigura le caratteristiche architetture di uno spazio urbano dall’atmosfera rarefatta, carica di lirico silenzio.
Si prosegue al piano terra con un’ampia selezione di opere moderne e contemporanee. Lucio Fontana è stato un artista con cui la Tornabuoni Arte ha sempre avuto un rapporto speciale, e in questa antologia troviamo ben cinque suoi capolavori come, fra tutti, «Concetto spaziale, Attese» (1965-66), dove l’azione solenne di quattro tagli si imprime sulla tela rossa. 
Relativamente al contesto dell’Arte povera, sono in mostra artisti come Alighiero Boetti e Jannis Kounellis. Del primo è esposto «Non resto non parto non parto non resto» (1979), un’opera realizzata con la penna biro, secondo il principio espresso dallo stesso artista, per il quale «si può usare tutto per fare arte senza nessuna gerarchia». Del secondo è visibile «Senza titolo» (2010-2011), un lavoro a parete, composto da una lastra di derivazione industriale sulla quale è sospeso, in una rete metallica, un violino, la dimensione impalpabile della musica evocata dalla memoria emotiva del suono dello strumento musicale si contrappone, qui, alla fredda e solida materia che lo contiene.
Lungo il percorso espositivo si nota la presenza di altri protagonisti di questo periodo storico come Enrico Castellani, con «Superficie» del 1973, un quadro dalla tridimensionalità reale e concreta, che dà alla superficie una consistenza del tutto nuova e rivoluzionaria. Ci sono, poi, lavori Arnaldo Pomodoro, Piero Dorazio, Alberto Biasi, Emilio Isgrò.
Chiude l’esposizione una sezione dedicata agli artisti internazionali. Di Wassily Kandinsky - che Sonia Zampini ricorda nel titolo del suo saggio «La linea evolutiva dell’arte» - si può ammirare «Communiqué» (1936), realizzato durante il suo soggiorno a Neuilly-sur-Seine, vicino Parigi, quando il pittore tornò a dipingere acquerelli. Sempre su carta è lo splendido «Femme dans la nuit» di Joan Mirò (1966), un intimo soliloquio carico di malinconia esistenziale, dove la figura femminile posta a destra del campo visivo, descritta con la sapienza di linee agili e modellanti, si rivolge alla grande stella che domina il cielo. Risalgono, invece, agli anni ’80, le opere «Dinn» (198) e «Tizenne 2» (1986) del fondatore dell’Op art, Victor Vaserely.
Da giovedì 16 dicembre e fino al 26 novembre 2022, un’ulteriore selezione di circa trenta lavori pubblicati nel volume «Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2022» sarà in mostra nella sede milanese della Tornabuoni Arte. La galleria conferma così la propria vocazione a essere non solo spazio commerciale, ma anche luogo aperto alla cultura, mettendo a disposizione del grande pubblico la sua collezione. Una raccolta formata nel tempo - grazie anche al rapporto consolidato con critici d’arte, curatori e collezionisti – che mostra tutta la passione e la dedizione di Roberto Casamonti per il suo lavoro e per l’arte.

Didascalie delle immagini
1.Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1965-66, idropittura su tela, cm 54x65; 2. Massimo Campigli, Venezia - Gita in barca, 1941, affresco su intonaco intelato e riportato su tavola, cm 89x118; 3.Alighiero Boetti, Non resto non parto non parto non resto, 1979, penna biro su carta applicata su tela, cm 100x140; 4. Wassily Kandinsky, Communiqué, 1936, acquerello e china su carta montata su cartoncino, cm 48,5x30,5  

Informazioni utili 
«Antologia scelta 2022». Tornabuoni Arte, Lungarno Benvenuto Cellini 3 – Firenze. Informazioni: info@tornabuoniarte.it, +39.055.6812697. Sito internet: www.tornabuoniart.com. Fino al 26 novembre 2022

domenica 5 dicembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 29 novembre al 5 dicembre 2021

UNA STANZA TUTTA PER...ETTORE SOTTSASS. RICOSTRUITO IN TRIENNALE UN INTERNO DI CASA LANA
Ha da poco inaugurato a Milano, al primo piano di Palazzo dell'arte, la Sala Sottsass, ricostruzione di un interno di una residenza privata, Casa Lana, progettata da Ettore Sottsass intorno alla metà degli anni Sessanta.
La riproduzione filologica della stanza è stata oggetto di un approfondito lavoro di studio da parte dell’archivio e del laboratorio di restauro della Triennale, al quale hanno preso parte, tra gli altri, Luca Cipelletti, che ha curato l’allestimento, e Christoph Radl, che ha seguito l’art direction del progetto.
In Triennale viene esposto il nucleo centrale di Casa Lana, una struttura in legno con divani disposti in modo da creare un luogo di soggiorno protetto per chiacchierare e ascoltare musica, mentre lo spazio intorno è organizzato per assolvere a varie attività e funzioni. Gli spazi sono ottimizzati perché, eliminati i corridoi, si crea, nelle parole dello stesso autore, «una piazzetta nella quale si gira e ci si incontra» («Domus», 1967).
Intorno all’allestimento permanente sono previste mostre ed eventi che metteranno in luce diversi aspetti del lavoro e del pensiero del maestro, figura poliedrica che fu insieme designer, architetto, urbanista, pittore, grafico e fotografo e che fondò nel 1981 il gruppo Memphis.
Si inizia con «Ettore Sottsass. Struttura e colore» (3 dicembre 2021 – 13 marzo 2022), esposizione nella quale vengono presentate opere pittoriche, disegni, fotografie e oggetti che mettono in evidenza la particolare attenzione dell’architetto alla relazione tra l'uomo, le sue necessità, i suoi riti e lo spazio abitato. Si proseguirà con «Ettore Sottsass. Il calcolo» (maggio-novembre 2022), dedicata alla collaborazione con Olivetti, e con «Ettore Sottsass. La parola» (dicembre 2022-aprile 2023).
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.triennale.org.

Foto di Gianluca Di Ioia 
 
«ANTE—POSTER», MANIFESTI D’ARTISTA PER IL RESTAURO DELLA CHIESA DI SANT’AGNESE A PADOVA
È stato Ignacio Uriarte a inaugurare il progetto «Ante—Poster», una serie di manifesti d’artista che, per circa dieci mesi, accompagnerà gli ultimi lavori di restauro della Chiesa di Sant’Agnese di Padova. A ideare il progetto di affissione, che vedrà i poster apparire sulle vetrine di quelli che saranno gli spazi del bookshop, è la Fondazione Alberto Peruzzo, in collaborazione con lo studio di direzione artistica e progettazione grafica Multiplo.
Serena Fineschi, Susanne Kutter, Marc Nagtzaam, Giulia Siviero e Esther Stocker sono gli altri artisti che, insieme a Ignacio Uriarte, accompagneranno il processo di restauro in corso, la cui conclusione è prevista per la primavera del 2022.
Ogni due mesi circa, verrà affisso un nuovo manifesto pensato ad hoc per il progetto e tutte le opere saranno poi stampate su carta fine art in edizione limitata a 100, di carte d'artista.
La chiesa di Sant’Agnese, tra le più antiche della città di Padova, al termine dei lavori sarà restituita al pubblico dalla Fondazione Alberto Peruzzo, che ne farà un luogo di cultura attivo e di dialogo con l’arte contemporanea: la navata sarà uno spazio dedicato a installazioni temporanee, mentre la sacrestia diventerà uno spazio espositivo per la collezione dell’istituzione non profit, che comprende, tra le altre, opere di Picasso, Balla, De Chirico, Dubuffet, Vedova, Schifano, Haring, Fontana e Warhol. Sotto il piano terra, un’area storica permanente raccoglierà una serie di reperti ritrovati nel corso dei restauri – tra cui importanti frammenti d’affresco del Trecento - e alcuni sepolcri, mentre il terrazzo sopra la sacrestia si presterà ad accogliere grandi sculture ed eventi.
Per saperne di più: https://www.fondazionealbertoperuzzo.it/

LACCHE GIAPPONESI E «FIORI D’AUTUNNO» AL MAO DI TORINO
Sono i fiori più simbolici della stagione autunnale i protagonisti della nuova rotazione di lacche e inro giapponesi, eseguita periodicamente al Mao – Museo d’arte orientale di Torino per mettere a riposo gli oggetti più delicati.
Il crisantemo, che in Occidente è associato principalmente al culto dei morti, in Oriente ha una valenza più ampia e variegata: oltre a simboleggiare la casata imperiale giapponese in quanto richiamo all’astro solare, questo fiore è legato ai concetti di forza, prosperità e immortalità e viene utilizzato in maniera ricorrente come motivo decorativo di preziosi manufatti.
L’arte della laccatura ha origini antichissime e consiste nel rivestire con rhus verniciflua, una sostanza di origine vegetale, l’oggetto in legno, levigandolo per fargli acquisire un aspetto liscio e brillante. Durante il periodo Heian (794-1185 d.C.), grazie a influenze provenienti dalla Cina, la tecnica si affina e si impreziosisce. Risale, infatti, a questa epoca l’utilizzo dell’intarsio e della lamina d’oro e d’argento, che trasforma oggetti di uso domestico o sacro in piccole opere d’arte.
Tra gli esemplari in lacca esposti a Torino trovano spazio una scatola contenente il necessario per annerire i denti (hagurobako), una delicata scatolina per conservare i plettri da koto (una cetra a tredici corde) e una scatola da scrittoio (suzuribako) ornata con una raffigurazione di Kikujido, protagonista di una storia legata alla diffusione del buddhismo. Secondo questa leggenda, viveva in Cina un bambino chiamato Kikujido (Fanciullo che ama i crisantemi). Egli scrisse dei passi di scritture buddhiste su foglie di crisantemo e le depose in un fiume: le sue acque si tramutarono in un liquido miracoloso che poteva guarire ogni male. All’interno della scatola da scrittoio sono contenuti una boccetta per l’acqua in argento, una pietra nera da inchiostro, un pennello in bambù, un poggia-pennello a forma di montagna, in cristallo di rocca, e due barrette d’inchiostro.
Accanto alle lacche sono esposti anche tre inro, preziose scatoline a compartimenti impilati, originariamente utilizzati per trasportare il sigillo personale e la ceralacca: fra questi è particolarmente degno di nota un inro che presenta una decorazione esterna caratterizzata da grandi mon (emblemi) in oro che raffigurano il fiore di kikyo, il sigillo della campanula, inscritto in un anello. Questo simbolo è il mon principale di un ramo del potentissimo clan Matsudaira, dal quale proveniva lo stesso fondatore dello shogunato di Edo, Tokugawa Ieyasu.
Per maggiori informazioni sulla mostra, che rimarrà aperta fino al 20 marzo, è possibile consultare il sito www.fondazionetorinomusei.it.

Nelle foto: 1.Piccola scatola portadocumenti ryoshibako con staccionate e crisantemo Periodo Edo, metà XIX secolo Legno laccato, polvere e foglia d’oro Collezione privata; 2. Inro completo di ojime e netsuke: Fukurokuju e bambù Periodo Edo, fine XVII - inizi XVIII secolo Legno laccato, madreperla, polvere d’oro, corallo, seta Collezione privata

FUMETTO, FOTOGRAFIA E ARTE CONTEMPORANEA PER L’ASTA DI CAMBI A MILANO
Dal fumetto alla fotografia, senza dimenticare i grandi nomi dell’arte contemporanea: si preannuncia come imperdibile l’asta che Cambi ha in programma il 14 dicembre nella sua sede di Milano, in via San Marco. L’esposizione al pubblico dei lotti è prevista da giovedì 9 a domenica 12 dicembre, dalle ore 10 alle ore 19.
Mario Sironi, Renato Guttuso, Jeff Koons, Mario Schifano, Robert Indiana sono alcuni degli artisti in catalogo. Tra le opere più significative all’incanto si segnalano una tela astratta di Piero Dorazio, «Alzabandiera per Federico» del 1954 (stima: 75.000 - 95.000 euro), il divertente manifesto «Faccine colorate» di Alighiero Boetti (stima: 40.000 - 50.000 euro), un olio su tela di Hans Hartung datato 1973, «T1973-E23» (stima: 50.000 - 70.000 euro), e la «Copertina per Sgt. Kirk» di Hugo Pratt, originale del numero 24 della rivista edita da Ivaldi Editore nel giugno 1969 (stima: 18.000 - 30.000 euro).
Di straordinario impatto è, poi, la fotografia di Shirin Neshat, «Seeking Martyrdom» (nella foto), uno fra i primi cicli fotografici realizzati dall’artista dopo il suo viaggio in Iran nel 1990 (stima: 25.000 - 30.000 euro). Il lavoro ritrae una donna – la stessa artista – che indossa lo hijab e stringe fra le mani la canna di un fucile e un tulipano. Ciò che ci restituisce questa fotografia è, dunque, l’immagine di una donna musulmana orgogliosa e fiera, distante dal preconcetto che la vede passiva e sottomessa.
Un capitolo a parte è dedicato a «Henry», il secondo dinosauro messo all’asta da Cambi. Si tratta di un esemplare di Hypacrosaurus, un ornitopode appartenente alla famiglia degli adrosauridi, il cui materiale osseo è stato raccolto dai nativi della Blackfeet Indian Reservation, in un unico strato, in una cava ben definita e relativamente piccola appartenente ad un affioramento della Two Medicine Formation, nella contea di Glacier, Montana. La stima per questa meraviglia della scienza naturale è di 250.000 – 280.000 €.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina cambiaste.com.

APERTO IL BANDO DI CONCORSO PER LA SELEZIONE DEI BORSISTI 2022-2023 DELL’ACCADEMIA DI FRANCIA A ROMA
Rimarrà aperto fino al prossimo 7 gennaio il bando di concorso per selezionare i borsisti che saranno ospitati dal prossimo settembre a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, per una residenza di creazione, sperimentazione e ricerca della durata di dodici mesi.
Il concorso si rivolge ad artisti, autori e ricercatori già affermati, francofoni, senza criteri di nazionalità. È possibile candidarsi in tutte le discipline della creazione letteraria e artistica, dei mestieri dell’arte, così come in storia e teoria delle arti o in restauro di opere d’arte e monumenti.
Ogni borsista beneficerà di una borsa di residenza di 3.500 euro lordi assegnata mensilmente e disporrà di un appartamento individuale, oltre che di uno spazio di lavoro (laboratorio o ufficio, individuale o condiviso, a seconda delle discipline e della disponibilità). Villa Medici metterà, inoltre, a disposizione dei borsisti inoltre la sua biblioteca con più di 37.000 volumi e una collezione di fumetti, una sala proiezioni (100 posti) e un laboratorio fotografico.
Il numero massimo di borse di residenza attribuite per il periodo 2022-2023 è fissato a sedici.
Le candidature al concorso devono essere presentate sotto forma di una nota che illustri un progetto preciso e descriva i temi di ricerca, la natura dei lavori e le motivazioni del soggiorno a Villa Medici. Sono ammesse le candidature collettive; in tal caso, ogni membro del collettivo riceverà una borsa mensile.
La presenza dei sedici borsisti a Roma è un momento propizio per gli incontri e gli scambi con artisti, curatori, responsabili di istituzioni, ricercatori, galleristi, collezionisti e non solo.
Per tutta la durata del soggiorno, i borsisti beneficeranno, inoltre, del supporto artistico e tecnico dell’equipe dell’Accademia, e saranno incoraggiati a partecipare alla vita dell’istituzione e agli eventi che ritmano il suo programma artistico e culturale.
Il regolamento del concorso, l’elenco dei membri della giuria, i documenti necessari per la presentazione delle candidature possono essere consultati sul sito dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici all’indirizzo www.villamedici.it/fr/concours-des-pensionnaires/. Mentre le candidature devono essere inviate al link https://concours-pensionnaires.villamedici.it/access/.

«LE GALLERIE INCONTRANO», A VENEZIA E ON-LINE DUE CONVERSAZIONI SU TIZIANO E LEONARDO
Ritornano alle Gallerie dell’Accademia di Venezia le conversazioni intorno a opere del suo patrimonio, ma anche su pubblicazioni e attività di studio legate alla sua attività. La formula scelta per questo progetto, intitolato «Le Gallerie incontrano», vede un curatore del museo dialogare con uno studioso o esperto di una specifica disciplina, così da stimolare un dibattito il più possibile aperto e informale, ma sempre di grande valenza scientifica. Gli incontri, che verranno trasmessi anche in streaming, sono gratuiti e si svolgono sempre alle ore 17 nella Sala conferenze al pianoterra, fino a esaurimento dei posti disponibili.
La prima conversazione, in programma giovedì 9 dicembre, si intitola «Maravegie in la pitura. Il Bravo di Tiziano alle Gallerie dell’Accademia». L’opera, tra i più enigmatici dipinti giovanili di Tiziano, conservata a Vienna al KunsthistorischesMuseum, è tornata a Venezia dopo trent’anni anni per essere eccezionalmente esposta alle Gallerie fino al 20 gennaio. La vicedirettrice del museo Roberta Battaglia si confronterà con la studiosa e storica dell’arte Rosella Lauber sull’opera, sulla sua storia collezionistica, sui dibattiti relativi alla cronologia e alle antiche attribuzioni, sui significati e sulle possibili letture del soggetto criptico e di difficile interpretazione. Il link per la diretta streaming è https://youtu.be/CZOYJ9klDl4.
Il ciclo di incontri proseguirà giovedì 16 dicembre con «Leonardo Da Vinci e l’invenzione dell’opera». La raccolta grafica delle Gallerie dell’Accademia conserva venticinque disegni autografi del maestro toscano, tra i quali alcune incredibili testimonianze che descrivono eteree fanciulle danzanti e svelano l’attenzione dell’artista per la musica, lo spettacolo, la danza. Proprio questo tema è al centro del volume «Leonardo Da Vinci e l’invenzione dell’opera» di Olivier Lexa. L’autore ne parlerà con Valeria Poletto, responsabile del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia. Il link per la diretta streaming è https://youtu.be/0WBbK0SFSJk.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito gallerieaccademia.it.