ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 12 marzo 2012

Dall’Africa a Giava: musiche dal mondo in scena a Venezia

«Un incontro di culture e sensibilità, una riflessione sulla musica africana e i nuovi linguaggi», «una serata speciale tutta da ascoltare e da ballare»: viene presentato così il progetto «Re:African:Mix», con il quale giovedì 15 marzo si inaugura il ricco programma di seminari, eventi, concerti e spettacoli di musica e teatro da tutto il mondo, promosso per il 2012 dall’Istituto interculturale di studi musicali comparati della Fondazione Cini di Venezia.
Realizzato in collaborazione con il Teatro Fondamenta Nuove, l’appuntamento prevede due momenti: alle 18.30 si terrà una tavola rotonda, condotta dal giornalista Marco Boccitto e dall’etnomusicologa Serena Facci sul tema «Connessioni e nuove pratiche nell’incontro con la musica africana»; alle 21 ci sarà un’intrigante performance del compositore tedesco Sven Kacirek, tra elettronica, percussioni e materiale registrato in Kenya, e un’irresistibile dj-set di Awesome Tapes From Africa, progetto ideato da Brian Shimkovitz artista newyorkese che utilizza solo musicassette originali africane, raccolte durante i sui viaggi alla ricerca di musica prodotta e consumata solo localmente.
«Re:African:Mix» invita, dunque, a una specifica riflessione riguardo la musica africana: il continente che forse più di tutti ha influenzato le musiche popular novecentesche (grazie soprattutto alle cosiddette musiche della «diaspora africana»), continua a essere una grande fucina di idee e repertori che però restano sovente fuori dai media della globalizzazione.
L’incontro tra musicisti di diversa provenienza geografica e dunque di diversa formazione e sensibilità musicale è un fenomeno che si è andato sempre più consolidando e radicando, lungo il XX secolo, nella prassi compositiva e performativa. Dalle forme di esotismo e primitivismo di inizio Novecento si è passati al vero e proprio bilinguismo musicale e alla profonda ibridazione, attraverso lo studio di teorie e pratiche e l’ampia circolazione di musiche e musicisti. Tutto questo verrà affrontato nel nuovo programma dell’IISMC, che, dopo l’incontro sulla musica africana, proseguirà con due conferenze e due concerti dedicati alla musica rituale daoista cinese, organizzati in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con gli Istituti Confucio di Venezia, Milano, Roma e Torino.
Il programma prevede, nelle giornate dal 25 al 27 marzo, incontri con Stephen Jones, uno dei massimi esperti di folklore musicale cinese, e spettacoli dell’Orchestra daoista di Li Manshan del monte Hengshan della provincia cinese dello Shanxi, composta da strumenti a fiato (oboe, organo a bocca, brogna) e a percussione (tamburi, cimbali, campane).
Si proseguirà, quindi, con dei seminari di musica ottomana Bîrûn, corsi di alta formazione in musica classica ottomana rivolti a musicisti e musicologi che intendano perfezionare le loro conoscenze strumentali e musicologiche in quest’ambito di tradizioni musicali. I corsi, in programma dal 16 al 21 aprile, sono a cura del maestro Kudsi Erguner, eminente musicista e musicologo noto a livello internazionale, assistito dall’etnomusicologo Giovanni De Zorzi, specialista delle tradizioni musicali dell’area. Il tema del seminario prevede lo studio di brani di compositori provenienti dalle differenti comunità etniche e religiose dell’Impero Ottomano (turchi, greci, ebrei, armeni, e anche italiani) e di diversi periodi storici (dal XVII al XX secolo) con l’intento di sottolineare il carattere multietnico e multiculturale della tradizione musicale ottomana nella sua storia. I seminaristi saranno scelti tramite un bando per sei borse di studio rivolto a musicisti professionisti, o semi professionisti specializzati in musica classica ottomana oppure desiderosi di approfondire questo genere.
A giugno, nella giornata di martedì 12, è prevista un evento unico: al teatro Goldoni andrà in scena uno spettacolo di teatro delle ombre giavanese (wayang kulit), con gli artisti dell’Institut Seni Indonesia di Yogyakarta. Questa genere di rappresentazione, di forte carattere sacrale, viene eseguita in occasione di festività pubbliche e celebrazioni religiose e, a Giava, è considerato un modello di riferimento estetico per musica, parola, pittura, gesto, tutti compresenti nella rappresentazione.
I personaggi sono figure intagliate nel cuoio e finemente decorate che vengono manovrate, proiettandone l’ombra su un telo illuminato, da un solo attore (dalang), che muove e dà voce a una grande quantità di personaggi, accompagnato dal suono del gamelan, orchestra di percussioni intonate che sottolinea tutti i momenti drammatici della rappresentazione, esprimendo attraverso il canto e le musiche strumentali di diverso carattere, le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo dei personaggi che agiscono sul telo illuminato.
In settembre, dopo la pausa estiva, le attività riprenderanno con il tradizionale corso di Duduk, strumento a fiato a doppia ancia simbolo della tradizione musicale armena. Il corso sarà tenuto, presso la Biblioteca Zenobiana del Temanza, da Gevorg Dabaghyan, uno dei massimi specialisti di questo antichissimo strumento, e realizzato in collaborazione con la sezione musicale del Centro studi e documentazione della cultura armena di Venezia.
Il 24 e 25 ottobre invece, dopo il successo dello scorso anno, si terrà presso l’Isola di San Giorgio Maggiore un laboratorio di aggiornamento didattico per insegnanti, a cura di Serena Facci e Gabriella Santini, sul tema «Canti italiani di tradizione orale per una didattica interculturale».
Il 7 novembre sarà, poi, la volta della sedicesima edizione di «Polifoniein viva voce», iniziativa a cura di Maurizio Agamennone, dedicata alle polifonie maschili di Ceriana (Ponente ligure), che prevede, oltre ad un seminario di studio con Febo Guizzi, anche un concerto aperto al pubblico del gruppo polifonico «Compagnia Sacco» di Ceriana. Il 5 dicembre il programma dell’IISMC sia avvierà alla conclusione con una giornata di studi, a cura di Girolamo Garofalo, e un concerto dedicati alla liturgia libanese Kika. Mentre nel gennaio 2013 si terrà il tradizionale seminario di etnomusicologia.

Didascalie delle immagini
[fig. 1 e 2] Immagini relative al progetto «Awesome Tapes From Africa», che verrà presentato durante «Re:African:Mix»; [fig. 3] Sven Kacirek sarà tra i protagonisti di «Re:African:Mix»
Informazioni utili
Programma musicale 2012 / Fondazione Cini -Istituto interculturale di studi musicali comparati. Venezia, sedi varie. Per informazioni: Fondazione Cini - Istituto interculturale di studi musicali comparati, tel. 041-2710357; e-mail: musica.comparata@cini.it. Sito Web: www.cini.it. Da giovedì 15 marzo 2012 al gennaio 2013.

domenica 11 marzo 2012

«Doni di pace», argenti Tiffany a Torino

Torna in mostra, dopo più di cent'anni, il servizio in argento Tiffany donato dagli Stati Uniti a Federico Sclopis nel 1873, come segno di ringraziamento per l’opera politico-diplomatica da lui prestata n ella questione nota come «Alabama Claims». L'occasione è offerta dalla rassegna offerta dalla nuova rassegna «Opere in primo piano», un’iniziativa di Palazzo Madama dedicata a singole opere delle collezioni, o a piccoli gruppi di opere come in questo caso, protagoniste di un restauro importante o di studi approfonditi.
A Torino sarà, dunque, possibile vedere gli argenti donati dagli Stati Uniti a Federico Sclopis di Salerano, giurista e senatore torinese, nominato da Vittorio Emanuele II delegato del Regno d’Italia per il Tribunale arbitrale di Ginevra, chiamato nel 1872 a risolvere un’importante questione politica che contrapponeva Gran Bretagna e Stati Uniti. L’abilità diplomatica di Sclopis, che
I cinque magnifici pezzi, che sono stati sottoposti a un recente intervento di restauro, sono testimonianza del gusto delle Grandi esposizioni di fine Ottocento per le oreficerie di grandi dimensioni, decorate da figure tridimensionali, in stile revivalista e accademico. La scelta di valorizzarli oggi, attraverso un nuovo intervento di pulitura e l’esposizione al secondo piano di Palazzo Madama, ha tanti significati: raccontare una storia torinese, legata all’operato in ambito internazionale di Federico Sclopis, protagonista della vita politica cittadina nella seconda metà dell’Ottocento; arricchire il percorso espositivo legato alle arti decorative; e soprattutto sottolineare l’orientamento attuale del museo, che dal 2008 è impegnato a studiare, esporre ed acquisire anche le opere di arte decorativa del XIX e XX secolo. portò alla soluzione di un contenzioso legato al comportamento contraddittorio della Gran Bretagna durante la guerra di secessione americana, gli valse due importanti riconoscimenti ufficiali: il servizio Tiffany, opera di Eugène Soligny, dono del governo americano, e la fioriera degli argentieri londinesi Garrard, dono della regina Vittoria. Le opere giunsero in Italia nel 1873 e nello stesso anno vennero richieste per l’Esposizione universale di Vienna; rimasero quindi a Torino nel palazzo di famiglia fino al 1883, quando Isabella Sclopis decise di offrire tutti i preziosi argenti al Museo civico di Torino. Esposti per pochi anni, dal 1883 al 1890, vennero poi ritirati a deposito negli anni della direzione Avondo.
Il servizio Tiffany comprende un grande centrotavola o coppa da punch con l’interno rivestito in oro e ai lati due teste di satiri con foglie di vite e grappoli d’uva tra i capelli; due candelabri con figura femminile abbigliata all’antica (Arianna, figlia di Minosse
re di Creta, già compagna di Teseo, poi sposa di Diòniso) che regge i dodici lumi dei candelabri, tutti decorati da viticci. Infine, una coppia di rinfrescatoi per bottiglia con la raffigurazione, sulle due facce, di figure allegoriche che rappresentano l’agricoltura e il commercio. La coppa presenta un’iscrizione in inglese, incisa frontalmente, che tradotta recita: «gli Stati Uniti al conte Federico Sclopis arbitro nominato da Sua Maestà il Re d’Italia conformemente all’art. 1 del Trattato tra gli Stati Uniti e Sua Maestà Britannica, conclusosi a Washington l’8 maggio 1871, come segno della loro stima
per la dignità, dottrina, abilità e imparzialità con cui eseguì a Ginevra i suoi ardui incarichi».
L’intero servizio può attribuirsi a Eugene Julius Soligny - orafo e designer francese attivo per Tiffany dal 1858 - sulla base della firma presente sul lato sinistro dei candelieri (EJ e S). Lo stile dei pezzi, come in molte creazioni dell’artista, è classicheggiante e neorinascimentale, anche se nelle figure dell’agricoltura e del commercio, cominciano già a ravvisarsi spunti dell’Art nouveau.
La donazione di Isabella Sclopis comprende anche una grande coppa in argento cesellato e dorato, da interpretare come fioriera della ditta londinese «R. & S. Garrard», argentieri e orafi che si distinsero nella seconda metà del XIX secolo come fornitori abituali della corte, specializzati nella produzione di argenti ricchi di rimandi ai principali stili storici in voga nell’Ottocento. La coppa presenta la raffigurazione delle armi d’Inghilterra nella parte centrale, due protomi leonine alle estremità e piedi in forma di zampe leonine. Il museo conserva anche la cassa originale dell’opera, utilizzata nel 1873 per farla viaggiare da Londra a Torino.

Didascalie delle immagini
[fig. 1, 2 e 3] Particolari del servizio in argento Tiffany donato dagli Stati Uniti a Federico Sclopis nel 1873, come segno di ringraziamento per l’opera politico-diplomatica da lui prestata nella questione nota come «Alabama Claims». Foto: Ufficio stampa Torino Musei.

Informazioni utili
«Doni di pace. Gli argenti Tiffany di Palazzo Madama». Palazzo Madama, Museo civico d’arte antica, piazza Castello - Torino. Orari: martedì-sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-20.00, chiuso lunedì. Ingresso (comprensivo della visita al museo): Informazioni: tel. 011.4433501. Sito internet: www.palazzomadamatorino.it. Incontro di presentazione: venerdì 17 marzo 2012, ore 17 (in Sala Senato). Da sabato 17 marzo 2012.

venerdì 4 novembre 2011

Dalla «Rosetta» alle murrine: in mostra un secolo di perle veneziane

Un secolo di perle veneziane in mostra: potrebbe essere questo lo slogan dell’esposizione che il Museo del vetro di Murano dedica alla ditta «Ercole Moretti e Fratelli», in occasione del centesimo anniversario di attività. La rassegna, curata da Chiara Squarcina e corredata da un numero speciale della collana «Schegge di vetro», allinea alcune note realizzazione dell’azienda veneta, come la perla «Rosetta», la più conosciuta al mondo, la perla «Mosaico», la Millefiori, e, per finire, la straordinaria murrina.
Ieri strumento di scambio, oggi espressione originale di un decoro tanto effimero quanto
indispensabile, quella delle perle veneziane rappresenta un’importante produzione, la cui origine risale nei secoli: già nel 1338 è documentata una spedizione in barile da Venezia di «paternostri di vitro» (grani di vetro per le corone del rosario).
Ma è con l’invenzione della tecnica a lume che la produzione di perle conosce un grande impulso. Nasce così una nuova corporazione di mestiere, quella dei «supialume» (così chiamati perché producevano anche oggetti vuoti all’interno, soffiati a bocca). Data, invece, 1672 la nascita l’«Arte dei Perleri».
Dopo questo sviluppo le perle veneziane conoscono una nuova straordinaria stagione tra la fine dell'Ottocento e gli anni Sessanta del Novecento, quando le perle a lume, le «conterie»
e la perla «Rosetta» sono richieste soprattutto presso le colonie dell'Africa occidentale, delle Americhe e in India. Portate in quei Paesi lontani da compagnie straniere a bordo delle loro navi, vengono usate come preziosa materia di scambio (trade beads). Con esse si possono acquistare oro, spezie, e perfino schiavi. Presso i nativi sono inoltre molto apprezzate per il valore magico e scaramantico a loro attribuito.
In questo clima euforico, nel 1911 - con la lavorazione della perla rosetta, l'aristocratica
- inizia a Murano la sua attività la Ercole Moretti, fondata dai fratelli Ercole e Norberto Moretti, ai quali si aggiunge qualche tempo Iginio, il terzo fratello. Qualche anno più tardi, visto il successo della «Rosetta» i Moretti avviano la produzione
delle perle «Millefiori», mentre nel 1922 e nel 1923, per due anni consecutivi, l’azienda vince il primo premio a un concorso indetto dall'Istituto per il Lavoro tra i fabbricanti di perle a lume.
Ma, nel corso dei decenni, i Moretti non si sono limitati alle sole perle di tradizione veneziana. Nel 1930 presentano le collane fatte con perle molate, che sorprendono ancor oggi per la loro modernità. Successivamente allargano ancora di più il campo dei loro prodotti con lavorazioni che con le perle veneziane hanno da spartire solo la materia prima: nascono così i bottoni per camicetta e le cosiddette perle false, formate da un nucleo di vetro rivestito di vernici madreperlacee che imitano le perle vere, quelle dell'ostrica.
La ditta è la prima in Italia a produrre questo tipo di ornamento, nel 1937, in seguito imitata da altri produttori veneziani. Successivamente, nel 1948, vengono eseguite in esclusiva le cannucce per bibita per i «Grandi Magazzini Duilio» di Firenze.
Ma, mentre si producono queste novità, non vengono trascurate le altre tipologie di perle veneziane: dal sommerso semplice a quello con l'oro e l'argento, dal fiorato a tutta una serie di perle di fantasia, fatte con l'avventurina e con le vette.
Nel 1960 viene avviata la produzione delle imitazioni di pietre dure, soprattutto del turchese caramazze, che poteva ingannare chi non
conoscesse alla perfezione gli originali. Anche altre pietre sono ben imitate: il quarzo rosa, la malachite, il topazio e l'ametista. Alcune risultano addirittura inventate, ma talmente verosimili da sembrare vere.
Nel 1968 viene introdotta una piccola grande invenzione, quella delle cosiddette murrine, ottenute realizzando una complessa composizione all'interno di una sagoma di rame piatto, che avvia una moda viva ancor oggi. Pendenti grandi e piccoli, piatti e ciotole di murrina sono gli ultimi nati dalla eclettica fantasia dei Moretti, che in questi cento anni hanno utilizzato tecniche diverse utilizzando i materiali più disparati, tuttavia, proprio la lavorazione a murrina rappresenta a tutti gli effetti il loro vero fiore all'occhiello.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Pendenti di recente creazione; [fig.2 ] Perle di Mosaico, 1915; [fig. 3] Perle Millefiori di varie forme, anni Venti; [fig. 4] Collane di recente creazione.

Informazioni utili
Ercole Moretti. Un secolo di perle veneziane. Museo del Vetro di Murano, Fondamenta Giustinian, 8 – Murano (Venezia). Orari: 10.00-17.00 (biglietteria 10.00-16.30); chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio 2012. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50. Informazioni: call center 848082000 (dall’Italia) e +39.041.42730892 (dall’estero). Sito web: www.visitmuve.it. Fino al 6 gennaio 2012.