ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 4 maggio 2017

Busto Arsizio, la vita di Gioachino Rossini diventa una favola musicale

Dall’ouverture dell’opera «Il signor Bruschino» alle note finali del «Guglielmo Tell», passando per il «Duetto buffo dei gatti», «La danza» e il suo ritmo da tarantella napoletana, la sinfonia iniziale de «La gazza ladra» e le arie più famose dei melodrammi «Il barbiere di Siviglia» e «La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo». È un viaggio tra le note e la vita di uno dei compositori italiani più famosi dell’Ottocento quello che propone la favola musicale «C’era una volta…Gioachino Rossini», in agenda lunedì 8 maggio, alle ore 20.45, al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio.

«Attori in erba», venticinque bambini sul palco
L'appuntamento, realizzato anche grazie alla preziosa collaborazione dei volontari della sala di via Calatafimi, vedrà salire sul palco venticinque bambini di età compresa tra i sei e i tredici anni iscritti al corso «Attori in erba», un laboratorio di animazione e di educazione alla teatralità e allo spettacolo per studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, promosso dall'associazione «Culturando» nell’ambito della scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti».
Firma la regia Gerry Franceschini, che si è avvalso dell’aiuto per il montaggio delle varie scene di Davide De Mercato e Stefano Montani, entrambi sul palco all’inizio e alla fine dello spettacolo nei panni di monsieur Stendhal e di uno scrittore contemporaneo. Le coreografie sono state curate da Elisa Vai e Serena Biagi; luci e fonica vedranno all'opera Maurizio «Billo» Aspes.
Il testo della favola, elaborato da Annamaria Sigalotti, è stato redatto a partire degli esercizi di scrittura creativa e dalle improvvisazioni teatrali tenutesi durante l’anno su vari libri scritti per avvicinare i più piccoli all’opera lirica e all’universo creativo del maestro di Pesaro: «Piano pianissimo, forte fortissimo» (Rueballu, Palermo 2015) di Lina M. Ugolini, «A cena con Giachino Rossini» (Babetta's World, Baltimora 2012) di Monica E. Lapenta e Stefania Pravato, «Figaro qua, Figaro là» (Vallardi, Milano 2014) di Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Rossini - Ascoltando ‘Il barbiere di Siviglia’, ‘La Cenerentola’ e ‘Guglielmo Tell’» (Sillabe, Livorno 2015) di Isabella Vasilotta, «Omaggio a Rossini» di Lele Luzzati e Giulio Gianini (Gallucci, Roma 2009), oltre ai volumi rossiniani redatti da Cecilia Gobbi per la collana «Magia dell’Opera - Alla scoperta del melodramma» delle Edizioni Curci di Milano e ai percorsi di sensibilizzazione e avvicinamento ai capolavori «La Cenerentola» e «Il barbiere, di Siviglia» curati da Fiorella Colombo e Laura Di Biase per la serie «Recitar cantando» della casa editrice Erga di Genova.
Lo spettacolo con gli «Attori in erba», inserito nelle attività della scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti» di «Culturando», chiude il progetto «Tutti all’opera con…Gioachino Rossini e Lele Luzzati», un corso di recitazione, danza, musica, scrittura creativa e arte per bambini dai 6 ai 13 anni ideato con l’intento di avvicinare i più piccoli al mondo della scena attraverso la figura del compositore pesarese e le musiche di alcune delle sue opere più note, rivisitate anche attraverso le illustrazioni di Lele Luzzati e di altri artisti contemporanei. Trentacinque i moduli di due ore e trenta ciascuno, tenutisi dal 7 ottobre 2016 all’8 maggio 2017, che hanno visto la presenza complessiva di trentasette bambini. Parte del materiale realizzato durante il corso viene pubblicato in questi giorni sulla pagina Facebook di «Culturando» (www.facebook.com/associazioneculturando) permettendo di approfondire la figura del compositore pesarese e delle sue opere liriche, ma anche di seguire, passo passo, le fasi conclusive dell’allestimento di «C’era una volta…Gioachino Rossini».

«La Cenerentola» e «Il barbiere di Siviglia» in versione junior
La nuova favola musicale degli «Attori in erba» trasporta il pubblico nella Bologna di inizio Ottocento. È il 18 febbraio 1806. Gioachino Rossini sta per iscriversi alle classi di violoncello e contrappunto del neonato Liceo filarmonico cittadino. Qualche giorno dopo compirà quattordici anni. La passione musicale sembra essere nata con lui: pur essendo ancora un ragazzino, sa già pizzicare le corde della viola e strimpellare vari strumenti a tastiera, tra cui la spinetta; è in grado di cavarsela nel canto, nell’accompagnamento al clavicembalo e nella trascrizione degli spartiti; da tre anni studia composizione e sta per musicare la sua prima opera lirica, «Demetrio e Polibio», destinata a rimanere per un po’ nel cassetto.
È Carnevale. In piazza Maggiore si esibisce una compagnia di comici della Commedia dell’arte: Arlecchino e Pulcinella danzano sulle note di una tarantella. Gioachino Rossini sogna di essere in teatro, tra gli strumenti festanti dell’orchestra e il gorgheggiare divertito dei cantanti. Ha appena deciso il suo futuro: da grande farà il compositore.
Fantastica di portare sul palcoscenico «scale di seta per salire indisturbato tra le nuvole, navi turche, la regina Elisabetta I, il nero Otello e il signor Guglielmo Tell». Vuole far cantare due gatti e scrivere brevi divertissement musicali sulle acciughe e il burro. Immagina anche di far piovere in scena e di scatenare tempeste imitando con gli strumenti il vento, i fulmini e le saette, ovvero quel «clima burrascoso» che lo aveva visto nascere il 29 febbraio 1792 a Pesaro.
Rossini sogna, infine, che da grande scriverà per il Carnevale due opere buffe destinate a diventare famose in tutto il mondo: una su un giovane sempre allegro, «pronto a far tutto la notte e il giorno», l’altra su una servetta che sarà principessa». Quei due lavori, che ormai da duecento anni incantano il pubblico, sono «Il Barbiere di Siviglia» (1816) e «La Cenerentola, ovvero la bontà in trionfo» (1817), le due storie che gli «Attori in erba» racconteranno più nel dettaglio per far comprendere tutta la bellezza di una musica per cui Stendhal parlò di «follia organizzata e completa». Tra verità biografica e finzione teatrale, tra ricette gourmet e aneddoti curiosi, lo spettatore verrà così condotto, grazie a divertenti quadri scenici e a movimentate coreografie, in un viaggio alla scoperta di un compositore «bravo, bravissimo, di qualità, di qualità», del quale nel 2018 ricorreranno i centocinquanta anni dalla morte.

Informazioni utili
«C’era una volta…Gioachino Rossini». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: lunedì 8 maggio 2017, ore 20.45. Ingresso: intero € 10,00, ridotto per i bambini fino ai 12 anni € 7,00.  Botteghino: i biglietti saranno in vendita on-line sul sito www.cinemateatomanzoni.it e, da giovedì 4 maggio, anche al botteghino della sala di via Calatafimi, aperto con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni e prenotazioni: associazione «Culturando», cell. 347.5776656 o info@associazioneculturando.com.

mercoledì 3 maggio 2017

Milano, tra le acque di Massimiliano Bisazza

Racconta un elemento di grande fascino come l’acqua la mostra «Mud», a cura di Massimiliano Bisazza, che Aldo Salucci presenta fino al prossimo 9 maggio negli spazi della Galleria d’arte contemporanea Statuto 13 di Milano.
La rassegna allinea una selezione di opere fotografiche inedite, tutte di grande formato (cm 122x182), nelle quali l’elemento naturale è ripreso da distanze ravvicinate ed è legato soprattutto alla rappresentazione di fondali, metafora dell'inconscio, da cui emergono emozioni e significati intimi.
Nei lavori di Aldo Salucci si scorge una particolare attenzione rivolta alla luce e al colore, che variano da un estremo all’altro, da colori luminosi e sfavillanti a toni scuri, legati alle profondità. Proprio a queste ultime fa riferimento il titolo «Mud» che rimanda ai fondali fangosi e bui che si contrappongono alle acque cristalline, in stretta analogia con gli stati d’animo della vita.
L’intensità delle immagini conduce il visitatore in atmosfere oniriche e introspettive, dove il più piccolo dettaglio assume pregnante importanza in quanto costituisce la connessione con sensazioni e vissuti personali e che allo stesso tempo crea innumerevoli possibilità di interpretazione.
Lo si può osservare in «Stromboli», una fotografia caratterizzata da una forza estrema, dai colori rossi accesi che attraverso piccole pietre vulcaniche e strisce di luce descrive un’atmosfera, un’esperienza impressa nell’animo dell’artista. In «Topazio azzurro e giallo» il fondale frastagliato vira il suo colore attraverso piccoli granelli di sabbia, che si mescolano e passano da una tonalità all’altra, e sembra rispecchiare i mutamenti del paesaggio interiore.
Sono, inoltre, presenti richiami evidenti al mondo reale sempre filtrato da un velo d’acqua come avviene in «Montagne estive», dove si scorge attraverso una sorta di visione satellitare un paesaggio montano o in «Ponza’s flowers» dove macchie di colore amaranto evocano un tappeto di fiori adagiati su un prato.
In relazione al tema dell’esposizione, che fa parte del circuito espositivo «Milano Photofestival», il curatore Massimiliano Bisazza afferma: «L'acqua dunque è sempre fautrice di vita ma può nascondere anche segreti che in quanto tali sono privati e confidenziali dove la capacità creativa dell'artista è palesata nel saper donare tante e tali sfumature ricche di lirismo e riletture inventive, fantasiose o...legate al suo vissuto».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Aldo Salucci, Ginostra al tramonto, 2016. C-Print Lambda montata sotto acrilico, cm 122x182. © Aldo Salucci; [fig. 2] Aldo Salucci, Montagne estive, 2016. C-Print Lambda montata sotto acrilico, cm 139x128. © Aldo Salucci

Informazioni utili
«Mud». Mostra personale di Aldo Salucci. Statuto13 - Galleria d’arte contemporanea, via Statuto, 13 (corte int.) – Milano. Orari: da martedì a sabato, ore 11.00 – 19.00. Ingresso libero. Informazioni: cell. 347.2265227 (negli orari di aperture della mostra) o info@statuto13.it. Sito internet: www.statuto13.it. Fino al 9 maggio 2017

martedì 2 maggio 2017

Milano, un Rodin ritrovato in mostra da Artcurial

Artcurial si appresta a celebrare il centenario della morte di Auguste Rodin (1840-1917), artista che ha rivoluzionato la raffigurazione prima di Picasso e Matisse. Il prossimo 30 maggio verrà battuta all’asta a Parigi «Andromède», un’opera in marzo realizzata nel 1887 per il diplomatico cileno Carlos Lynch de Morla e ritrovata di recente a Madrid da Stéphane Aubert e Bruno Jaubert.
La storia che sta dietro a questo lavoro -in mostra a Milano da giovedì 4 a sabato 6 maggio, dopo essere stata esposta a Brussels (dal 20 al 22 aprile) e a Vienna (dal 27 al 28 aprile) - è molto curiosa: nel 1888, il diplomatico cileno Carlos Lynch de Morla, stanziatosi a Parigi, chiede all’amico Auguste Rodin di realizzare un ritratto della giovane moglie, Luisa. Lo scultore immortala la bellezza della sposa cilena in un busto marmoreo. Il capolavoro che ne deriva viene, quindi, esposto presso il Salon National des Beaux-Arts dello stesso anno. L’opera viene osannata a tal punto che il governo francese esprime il desiderio di acquisirla per la collezione del Musée du Luxembourg,l’istituzione dedicata al contemporaneo in quell’epoca. In qualità di patrono delle arti e amico di Francia, Carlos Lynch de Morla acconsente alla cessione del busto, permettendo il suo ingresso nel patrimonio pubblico francese (il ritratto è oggi visibile presso il Musée d’Orsay).
Quale gesto di riconoscenza e ammirazione nei confronti della coppia, Auguste Rodin dona un’altra opera in marmo alla famiglia cilena, raffigurante il corpo nudo di una giovane donna, accovacciata su una roccia. Lo scultore francese dava così forma al mito antico di Andromeda, una figura appartenente alla mitologia greca, figlia del re di Etiopia Cefeo e della regina Cassiopea, che si vantava di possedere una bellezza più grande di quella di tutte le Nereidi, le ninfe di Poseidone. La ninfe chiedono vendetta al Dio dei mari che risponde scagliando una mareggiata e un mostro marino contro il Regno di Cefeo collocato nell’attuale Striscia di Gaza. Il re consulta un oracolo che, al fine di acquietare Poseidone, gli consiglia di sacrificare la figlia Andromeda alla mostrosa creatura. Cefeo fa così incatenare la figlia a una roccia a pelo d’acqua, sperando di calmare il mostro con la sua offerta. Su quel masso, la ragazza rimane in agonia sino all’arrivo di Perseo che trovandola uccide il mostro e le restituisce la libertà.
Spesso confusa con «La Danae» create da Rodin nel 1885, la scultura infonde gli stessi sentimenti di disperazione, fatica e rassegnazione.
Lo scultore parigino realizzò cinque sculture dedicate al mito di Andromeda. La prima, probabilmente creata nel 1885 ed esposta per la prima volta nel 1886 alla Gallery Georges Petit a Parigi, era inizialmente di proprietà di Roger Marx ed è attualmente conservata presso il Philadelphia Rodin Museum. Un’altra, commissionata da Maurice Fenaille, è parte della raccolta del Paris Rodin Museum. La terza nasce come parte della collezione di Jacques Zoubaloff ed è ora esposta presso il Museo nazionale di Belle arti di Buenos Aires. Il quarto esemplare è stato incorporato in una collezione privata in seguito alla vendita in asta, circa una decina di anni fa. La copia che verrà battuta all’asta da Artcurial è segnalata nelle mani della famiglia Morla ancora nel 1930, da Georges Cluster, primo curatore del Museo Rodin. Per centotrenta anni è rimasta nelle mani della famiglia, prima di essere ritrovata nel 2017 Stéphane Aubert e Bruno Jaubert, i due direttori associati di Artcurial. Questa copia, che è presumibilmente la seconda realizzata dall’artista, costituisce l’esemplare più fedele alla trascrizione naturalistica.
Nell’introduzione del catalogo dell’asta, Serge Lemoine, scientific and cultural advisor di Artcurial, così descrive l’opera: «questo lavoro ha tutte le carte vincenti per sedurre il pubblico. Il soggetto, il materiale, le dimensioni, lo stato conservativo e, come abbiamo avuto modo di constatare, la storia. Questa scultura rappresenta una donna nuda ‘seduta su una roccia, quasi piegata in due’, come recita la descrizione stesa in occasione della mostra del 1886 presso la Georges Petit gallery a Parigi dal critico Gustave Geoffroy. Ciò che ovviamente impressiona maggiormente è il contrasto fra il trattamento della figura, con i suoi volume ben torniti, i profili morbidi e delicati, la superficie lisca e lucente, con quella della roccia che sorregge che la vergine, dall’apparenza ruvida e connotata da rare evocazioni arboree. Tutta l’arte di Rodin è caratterizzata dal dialogo tra l’immagine compiuta e il non finito del blocco a partire dal quale essa prende forma e a cui resta legato. Colpisce la varietà di profili e lo scorcio di tre quarti su cui è costruita la composizione, la sequenza di forme e le diverse inflessioni luminose. Si è poi commossi dalla realizzazione del dorso, la nuca delicata, la rotondezza delle natiche, la linea delle spalle e l’emergenza delle anche, enfatizzate dalla posizione del corpo. La sensualità della scultura di Rodin è ormai riconosciuta universalmente e ne ha garantito il successo. L’opera è stata pensata per un interno, favorendo l’intimità della contemplazione e ha preso il nome di Andromèda quando divenne chiaro il riferimento al mito greco».

Didascalie delle immagini 
[Figg. 1, 2 e 3] Auguste Rodin, Andromeda, 1887, marmo, 28,1 x 30,7 x 18,5 cm. Provenienza: famiglia Lynch de Morla. Stima: €800,000-1,200,000 / $880,000-1,320,000

Informazioni utili 
Il ritrovamento di un eccezionale Rodin in marmo.  Artcurial in Italia, Corso Venezia, 22 – Milano. Informazioni: tel. 02.49763650 o gsardagnaferrari@artcurial.com. Dal 4 al 6 maggio 2017.