ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 13 marzo 2019

Al Mao di Torino un omaggio al teatro Kabuki

È un omaggio al teatro Kabuki, uno dei pilastri della cultura giapponese, il nuovo allestimento del Mao – Museo d’arte orientale di Torino per il corridoio dedicato alle stampe policrome nipponiche ukiyo. La rassegna allinea una selezione di opere che vanno dal 1760 al 1830 e che rientrano nel genere yakusha. Si tratta cioè di ritratti dei più famosi attori giapponesi dell'epoca, vere e proprie star del periodo Edo (1603-1868).
Il teatro kabuki, in quel periodo, occupava un posto di rilievo nella vita culturale dei principali centri urbani giapponesi, i cui cittadini amavano seguire le gesta degli attori più famosi e acquistare le stampe che li ritraevano. Fondamentale e reciprocamente vantaggioso era il rapporto tra le stampe, o meglio gli artisti e gli stampatori, e gli attori: le prime erano tanto più vendute quanto più erano famosi i secondi e la fama e la popolarità dei secondi incrementava proprio grazie alla diffusione delle prime.
Torii Kiyomitsu (1735-1785), caposcuola della terza generazione della scuola Torii, esprime al meglio le potenzialità grafiche del benizuri-e, le stampe che presentano un numero limitato di colori: rosso càrtamo, verde, giallo, indaco e marrone.
La produzione dell’artista è esemplificativa del periodo di transizione che porterà alle stampe policrome nishiki-e. Le tre opere esposte al Mao ben trasmettono l’equilibrio che l’artista raggiunge: l’impostazione statica delle figure ereditata dal passato risulta qui ingentilita da una nuova grazia che ispirerà gli artisti delle generazioni successive.
L’esposizione presenta, quinti, un altro nucleo di stampe di Utagawa Toyokuni (1769-1825), artista che dominò il mercato per circa un trentennio, in particolare con serie di stampe di ritratti di attori in palcoscenico caratterizzate dalla perfezione tecnica.
Il tratto morbido e sinuoso che delinea la figura di una danzatrice e quello deciso e possente che coglie il samurai al culmine dell’azione rivelano l’abilità di Toyokuni nell’usare la tecnica come veicolo delle caratterizzazioni dei diversi personaggi protagonisti di uno stesso dramma.
Ad essere colti nelle tipiche pose teatrali sono, ad esempio, gli attori Onoe Matsusuke I(1744-1875) e Onoe Eizaburo I (1784-1849), che interpretano due dei quarantasette ronin protagonisti della celebre opera teatrale intitolata «Kanadehon Chushingura», incentrata sulle gesta eroiche dei samurai che vendicarono la morte del loro signore Asano Naganori, prima di porre fine alle loro vite tramite seppuku.
La vendetta con onore è tema ispiratore di molti drammi giapponesi, come «Un voto di assistenza al santuario del monte Hiko», che ha come protagonisti Rokusuke e sua moglie Osono - ritratti proprio in un dittico esposto al Mao in cui gli attori sono rispettivamente Onoe Matsusuke II (1784-1849) e Sawamura Tanosuke II (1788-1817) - ed è tema ispiratore di innumerevoli trasposizioni moderne, tra i quali gli holliwoodiani «L’ultimo samurai» di Edward Zwick o «47 Ronin» di Carl Rinsch.
L’ultima sezione, invece, è un piccolo tributo a due dei più famosi artisti giapponesi, Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige, di cui sono esposte opere a tema paesaggistico. Del primo sono visibili cinque stampe in formato koban, tratte dalla serie intitolata «Piccola Tōkaido»;dell’altro e quattro opere del ciclo «Nelle 53 stazioni della Tōkaido».

Informazioni utili
MAO - Museo d’arte orientale, via San Domenico, 11 – Torino. Orari: martedì-venerdì, ore 10.00 -18.00; sabato-domenica, ore 11.00– 19.00; chiuso lunedì. La biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito fino ai 18 anni e abbonati Musei Torino Piemonte. Informazioni: tel. 011.4436927, e-mail mao@fondazionetorinomusei.it. Sito web: www.maotorino.it.

martedì 12 marzo 2019

«Pittura spazio e scultura», una riflessione sull’arte tra gli anni Sessanta e Ottanta

Da poco meno di un mese la Galleria d’arte moderna di Torino propone un nuovo allestimento delle sue collezioni dedicate al contemporaneo. L’allestimento inaugura un programma espositivo, su base biennale, che si propone di far conoscere al pubblico, attraverso diverse mostre tematiche, la ricchezza delle collezioni museali, dando voce a molteplici letture e interpretazioni critiche.
Questo primo ordinamento, a cura di Elena Volpato, si concentra su due decenni, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, in rapporto di continuità cronologica con quanto è esposto nelle collezioni del ‘900 e sceglie di raccontare aspetti rilevanti delle ricerche artistiche di quegli anni, scarsamente riconosciuti dalla più diffusa interpretazione storica.
Le opere in mostra provengono interamente dalle collezioni del museo. Il nucleo espositivo più rilevante in mostra è frutto delle numerose acquisizioni realizzate durante la direzione di Pier Giovanni Castagnoli, tra il 1998 e il 2008. Molte di queste opere sono state acquisite grazie al contributo della Fondazione per l’arte moderna e contemporanea CRT, a cui si deve anche la recente acquisizione dei libri d’artista e delle due opere di Marco Bagnoli, «Vedetta notturna» (1986) e «Iris» (1987), avvenuta durante l’attuale direzione di Riccardo Passoni.
Tra le opere esposte ci sono anche «Animale terribile» (1981) di Mario Merz e «Gli Attaccapanni (di Napoli)» di Luciano Fabro, facenti parte di un ristretto gruppo di lavori provenienti dalla Collezione Margherita Stein, acquistato per essere affidato alla comune cura della Gam e del Castello di Rivoli.
Quella che racconta la rassegna curata da Elena Volpato è la storia di un insieme di ricerche artistiche, perlopiù a lungo scarsamente riconosciute dalla più diffusa interpretazione storiografica.
Verso la metà degli anni Sessanta, quando le ricerche artistiche si muovevano in direzioni per lo più tese a sovvertire i tradizionali linguaggi artistici e a disconoscere ogni debito con il museo e la storia dell’arte, alcuni artisti italiani continuarono a interrogarsi sul significato della scultura, della pittura e del disegno, sulla possibilità di superare i limiti che sin lì quei linguaggi avevano espresso.
Lo fecero senza recidere i legami con la storia, ponendo mente alle origini stesse del gesto pittorico e scultoreo, aprendo le loro opere, come mai prima di allora, ad accogliere e nutrire al loro interno il respiro dello spazio e, con esso, quello del tempo.
Gli artisti rappresentati non fanno parte di un unico gruppo. Alcuni dei loro nomi sono legati alle vicende dell’Arte Povera. È il caso di Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro e Giovanni Anselmo. Il percorso di altri si è intrecciato con quello della Pittura analitica. Altri ancora, dopo una stagione concettuale, hanno trovato nuove ragioni per tornare a riflettere su linguaggi tradizionali e su antichi codici espressivi. Tuttavia, se le loro opere sembrano dialogare qui con naturalezza, non è per mera cronologia, ma perché nel lavoro di ciascuno di loro c’è molto più di quanto le parole della critica militante avesse motivo di raccontare. In tutti loro, come spesso accade, c’è più personalità e indipendenza di quanto le ragioni di un raggruppamento o le linee di tendenza del mondo dell’arte possano dire.
Ecco così che il visitatore può accostarsi ad opere come «Cultura Mummificata» (1972) di Eliseo Mattiacci, con i suoi calchi di libri antichi che ci parlano di un sapere custodito e da custodire o il «Rotolo di cartone ondulato» di Alighiero Boetti, in cui il disegno arcaico della spirale si coniuga con impressioni di architetture del Medio Oriente e con l'interesse per le simbologie dell’infinito, senza dimenticare lo scenografico «DadAndroginErmete» (1987) di Luigi Ontani, carico di simboli occidentali e orientali.
A distanza di decenni, ora che quelle storie d’insieme sono note e codificate, ora che sempre più mostre internazionali vengono tributate ad alcune di esse, possiamo concederci di guardare agli aspetti più personali del loro lavoro. Ed è proprio in quella cifra individuale che sembra risuonare con più chiarezza un insoluto legame con la storia dell’arte, con i suoi antichi linguaggi, per ciascuno in modo diverso, ma con simile forza.
Se si dovesse provare a spiegare in una frase cosa avvicina tra loro queste opere e i loro autori, là dove sembrano esprimere la loro voce più personale, si direbbe che hanno in comune un autentico desiderio dell’arte, un senso di appartenenza, la consapevolezza di tutto ciò che quella parola aveva significato sin lì e tutto ciò che ancora poteva rappresentare in virtù di quel passato.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Allestimento della mostra «Pittura spazio e scultura» alla Gam di Torino. Foto di Giorgio Perottino; [fig. 3] Luciano Fabro, Attaccapanni (di Napoli), 1976-1977. Bronzo, tela di lino, pittura acrilica, filo in cotone. Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT/già Collezione Margherita Stein; [fig. 4] Eliseo Mattiacci, Cultura mummificata, (1972). 134 calchi di libri in alluminio fuso. Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT [fig. 5] Alighiero Boetti, Rotolo di cartone ondulato (1966). Cartone ondulato. Dono dell’artista, 1967, per il Museo Sperimentale

Informazioni utili 
GAM, via Magenta, 31 - 10128 Torino. Orari di apertura: da martedì a domenica, ore 10.00 - 18.00, lunedì chiuso | la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00,  ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card. Informazioni: tel. 011.4429518 o 011.4436907, e-mail: gam@fondazionetorinomusei.it. Sito internet: www.gamtorino.it.

Da Vinci a Milano: in viaggio sulle orme di Leonardo

Il 2019 è l’anno di Leonardo da Vinci. Per festeggiare al meglio i cinquecento anni dalla morte dell'artista, figure-icona nella storia dell’umanità, Virail, la piattaforma e app che compara tutti i mezzi di trasporto, propone un itinerario alla scoperta delle opere del genio toscano.
Il viaggio parte simbolicamente da Anchiano, località alle pendici del Montalbano, collegata a Vinci dall’antico sentiero chiamato Strada Verde. Qui, in un paesaggio ricco di vigne e uliveti secolari, Leonardo trascorse infanzia e giovinezza, ponendo le basi per la sua attività di artista e scienziato.
In questo bel borgo toscano il visitatore può, dunque, scoprire la casa in cui l'artista nacque il 15 aprile 1452, all'interno della quale è ospitata un’esposizione interattiva dove un ologramma a grandezza naturale riproduce le fattezze del maestro e racconta la vita e i rapporti di questo con la sua terra.
Il viaggio può, quindi, continuare verso la vicina Vinci. Tra i luoghi che, in questa cittadina, testimoniano la presenza di Leonardo c’è la Chiesa di Santa Croce, nella quale è conservato il fonte battesimale in cui si ritiene che l’artista sia stato battezzato nel 1452.
Per ritrovare la più antica collezione di modelli delle opere di Leonardo architetto, scienziato e ingegnere, bisogna, invece, dirigersi al Museo leonardiano di Vinci: un vero e proprio centro di documentazione sull’opera tecnica e scientifica del maestro, che comprende anche l’originale sezione espositiva dedicata ai suoi studi sul corpo umano.
Da non perdere, infine, è una visita alla Biblioteca leonardiana, centro di documentazione internazionale specializzato nel lavoro dell'artista, che conserva più di 13mila opere, tra cui le riproduzioni in facsimile di manoscritti, disegni e opere stampate.
Rimanendo in Toscana non si può non andare a Firenze, città che vide Leonardo formarsi alla bottega di Andrea del Verrocchio.
Agli Uffizi, tappa imprescindibile è la Sala 35, dove si trovano tre opere giovanili dell'artista: il «Battesimo di Cristo» (1470-1475 circa), dipinto insieme al suo maestro; l’«Annunciazione» (1472), con le ali dell’angelo che ricordano quelle di un rapace, e l'«Adorazione dei Magi» (1481), opera destinata alla chiesa di San Donato a Scopeto, ma rimasta incompiuta per il trasferimento di Leonardo a Milano, alla corte di Ludovico il Moro.
Chi vuole ripercorrere la vita, le opere e i segreti del maestro, non può, poi, perdersi, sempre a Firenze, il Museo Leonardo da Vinci, con un percorso che si snoda attraverso macchine costruite seguendo i disegni dell’artista, riproduzioni di dipinti celebri, video mapping di studi anatomici su un modello di corpo umano.
Per i più curiosi è da mettere in conto anche una visita a Palazzo Vecchio, dove sembrerebbe che dietro le pareti del Salone dei Cinquecento siano nascosti i disegni originali della Battaglia di Anghiari e dove, dal prossimo 25 marzo, arriverà una selezione delle tavole del Codice Atlantico. I disegni, organizzati in più sezioni, racconteranno vari soggetti: le relazioni di parenti e amici con fatti fiorentini; il Palazzo della Signoria, i Medici, Santa Maria Nuova, l’Arno e la cartografia idraulica nel territorio fiorentino, gli studi sul volo e sulla geometria. «Oltre al corpus grafico -raccontano gli organizzatori- sarà presente in mostra il «Busto del Redentore», opera attribuita a Gian Giacomo Caprotti detto Salaino, già allievo di Leonardo e soggetto di molti dei suoi dipinti».
Un'altra tappa obbligata per gli amanti di Leonardo è Milano. Qui l'artista giunse nel 1482, stabilendosi alla corte di Ludovico il Moro, e vi rimase per circa vent’anni, lasciando tracce indelebili come l’«Ultima Cena», nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana dal 1637 custodisce, invece, il Codice Atlantico, la più vasta raccolta al mondo di disegni e scritti autografi di Leonardo da Vinci, che trattano i temi più disparati, dall’anatomia all’architettura.
Una delle più belle testimonianze della presenza dell’artista alla corte sforzesca si trova, però, all’interno del Castello: la Sala delle Asse, che verrà riaperta al pubblico il 2 maggio, è stata, infatti, decorata dal maestro nel 1498 con un finto pergolato, dove i rami intrecciati formano l’emblema vinciano del nodo che forma un cerchio che inscrive una doppia croce.
A Milano, inoltre, è possibile visitare il Museo nazionale della scienza e tecnologia «Leonardo da Vinci», la più importante collezione al mondo di modelli leonardeschi, realizzati tra il 1952 e il 1956 da un gruppo di studiosi, interpretando i disegni dell’artista. Per scoprire un’altra passione del maestro toscano bisogna, infine, recarsi alla Vigna, spazio naturale che gli avrebbe donato Ludovico il Moro, situato sul retro della Casa degli Atellani.
Venezia vale, invece, una gita per avvicinarsi il più possibile al disegno originale a penna e inchiostro su carta de «L'Uomo Vitruviano», opera che siamo soliti “incontrare” quotidianamente sulle monete da un euro, il cui originale è conservato nel Gabinetto dei disegni e delle stampe delle Gallerie dell'Accademia. Purtroppo, come per la maggior parte delle opere in carta, per motivi conservativi il lavoro è raramente esposto al pubblico e, quindi, non è inserito nel percorso abituale di visita del museo. Con questa famosa rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano, riconducibile al periodo pavese (1490), Leonardo intendeva dimostrare come esso possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure "perfette" del cerchio, che rappresenta l'universo, la perfezione divina, e del quadrato, che simboleggia la Terra.
Proseguendo la ricerca delle opere di Leonardo in Italia, bisogna recarsi alla Galleria nazionale di Parma, dove è esposta «La testa di fanciulla» (detta «La Scapigliata»), un dipinto a terra ombra, ambra inverdita e biacca su tavola. Il lavoro, forse incompiuto, è avvolto nel mistero per quanto riguarda la datazione (probabilmente 1508), la provenienza e la sua destinazione. Si è anche ipotizzato che l'opera possa essere uno studio per la Leda col cigno andata perduta.
Il nostro viaggio sulle orme di Leonardo termina a Roma, dove l’artista arrivò nel 1514 per dedicarsi a studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria. Non può, quindi, mancare in questo percorso leonardesco una tappa al Museo Leonardo da Vinci, nei pressi della Basilica di Santa Maria del Popolo: qui è possibile scoprire le macchine interattive a grandezza naturale realizzate da artigiani italiani seguendo i codici manoscritti di Leonardo, oltre che studi delle sue opere rinascimentali più famose, bozzetti di anatomia umana e video multimediali dell’«Ultima Cena», dell’«Uomo Vitruviano» e del progetto di scultura equestre per gli Sforza.
Da non perdere, inoltre, nella capitale la mostra permanente «Leonardo Da Vinci Experience», in via della Conciliazione: per la prima volta in Italia presenta una riproduzione a grandezza naturale de l’«Ultima Cena». Sempre Roma, ma più precisamente nella Città del Vaticano, merita una visita la Pinacoteca, che accoglie il San Girolamo penitente, un’opera che rivela grande attenzione all’anatomia: è rimasta incompiuta ed è datata agli ultimi anni del primo soggiorno fiorentino di Leonardo (1480).

Per saperne di più
virail.it