Questo patrimonio prezioso -tra cui si trova anche un raro strumento combinatore, metà clavicembalo e metà pianoforte, costruito nel 1746 da Giovanni Ferrini, unico allievo certo di Bartolomeo Cristofori (l’inventore del fortepiano)- è stato donato nel 2006 alla Fondazione Carisbo e al suo circuito Genus Bononiae – Musei nella città.
Quattro anni dopo, nel 2010, la collezione trovava casa in uno dei gioielli architettonici di Bologna: il millenario complesso monastico di San Colombano, sorprendente stratificazione di ambienti.
La cripta è di epoca medioevale e presenta lacerti di pitture murali, tra cui un «Cristo in croce» attribuito a Giunta Pisano, uno dei massimi innovatori dell’arte del tempo prima di Cimabue.
La Cappella della Madonna dell’Orazione fu fatta costruire sul finire del Cinquecento dall’omonima confraternita e venne abbellita da affreschi carracceschi a cornice della venerata «Vergine» del bolognese Lippo di Dalmasio (1399), che si trovava allora all’aperto, sul muro di una casa, soggetta alle intemperie.
Infine, l’Oratorio della Passione, vero e proprio gioiello della scuola pittorica bolognese, fu edificato per il Giubileo del 1600 e fu teatro di quella che lo storico dell’arte Carlo Cesare Malvasia, «il Giorgio Vasari dell’Emilia», definì la «gloriosa gara» tra i massimi talenti dell’Accademia dei Carracci: Francesco Albani, Domenichino, Guido Reni, Lucio Massari, Francesco Brizio, Lorenzo Garbieri e Galanino.
In questo contesto di grande bellezza si può, dunque, percorrere un viaggio tra strumenti che legarono la propria storia a quella di importanti protagonisti di tutti i tempi. È possibile vedere, per esempio, il piccolo pianoforte in «tavolo da cucito» di Francesca Ciani Camperio, ardente patriota risorgimentale, sul quale le impartì lezioni di canto Gioacchino Rossini. Si può ammirare una spinetta a pianta rettangolare che fu probabilmente della sfortunata nobildonna romana Beatrice Cenci, decapitata per aver ucciso il padre-orco e assurta, poi, al ruolo di eroina popolare tanto da essere raffigurata da Guido Reni e da Elisabetta Siranni e da essere raccontata, tra gli altri, da Stendhal e Alberto Moravia.
Ci si può, poi, far incantare dal clavicembalo di Nicolò Albana, suonato a Sorrento da Cornelia Tasso Spasiano, sorella di Torquato Tasso, e da uno dei quattro esemplari esistenti di cembalo pieghevole settecentesco, di cui si servirono Federico il Grande di Prussia e il celebre castrato Farinelli durante i loro viaggi.
Non mancano, infine, lungo il percorso strumenti dal raffinato decoro, impreziositi da pitture di paesaggio o da scene mitologiche, come la spinetta all’ottava di Silvestro Albana adornata dal Domenichino e il clavicembalo di Mattia di Gand con un dipinto del fiammingo Jan Frans van Bloemen.
«Still Alive» -questo il titolo della rassegna- raccoglie, nello specifico, oltre duecento tra strumenti ad arco ed archetti: viole da gamba e d’amore, violini, violoncelli, violoni e baryton ritrovati nelle residenze aristocratiche dell’antico passato, databili dal 1550 al 1780, tutti restaurati e riportati alle loro condizioni originali, così da essere ancora «vivi» nella loro funzionalità e fruizione, ovvero regolarmente utilizzati in occasione di concerti, registrazioni, masterclass e concorsi.
Anche in questo caso ogni strumento racconta una storia. Ci sono, tra gli esemplari in mostra, una viola da gamba di William Bowelesse (Londra, c. 1590), probabilmente appartenuta alla regina Elisabetta I d’Inghilterra, e un violoncello costruito da Simone Cimapane (1692), che si dice essere stato suonato nell’orchestra di Arcangelo Corelli a Roma. Si possono, poi, vedere anche due archi gemelli appartenuti al grande compositore e virtuoso di violino Giuseppe Tartini, e due archi veneziani, anch’essi gemelli, dell’epoca di Antonio Vivaldi, oltre a strumenti di scuola bolognese come un violino realizzato da Gian Antonio Marchi (c. 1770) e una viola da gamba di Giovanni Fiorino Guidantus (XVIII secolo).
Completano il percorso espositivo strumenti di Gasparo da Salò (Brescia, c. 1570), Jakob Stainer (1671), Joachim Tielke (1683, 1697) e Pietro Guarneri (Mantova, c. 1700), ma anche esemplari realizzati dal liutaio milanese Giovanni Grancino (c. 1700) o dalle dinastie asburgiche dei Thir, Leidolff, Stadlmann e Posch.
Non mancano, infine, pezzi di provenienza inglese, risalenti all’epoca di William Shakespeare ed Henry Purcell. Tutti strumenti, questi, dei quali si può dire -per usare le parole del musicista e musicologo José Vázquez, classe 1951- che sono «still alive», ancora vivi, pronti a riempire di note San Colombano per regalare emozioni senza tempo.
Informazioni utili
«Still Alive». Museo di San Colombano – Collezione Tagliavini, via Parigi 5 – Bologna. Orari: da martedì a domenica, ore 11.00 - 13.00 e ore 15.00 - 19.00. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 5,00. Informazioni: tel. 051.19936366 o sancolombano@genusbononiae.it. Sito internet: https://genusbononiae.it/palazzi/san-colombano/. Fino al 10 gennaio 2021.
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