«Le Marie intorno sembrano infuriate dal dolore - Dolore furiale. Una verso il capo - a sinistra - tende la mano aperta come per non vedere il volto del cadavere e il grido e il pianto e il singulto contraggono il suo viso, corrugano la sua fronte, il suo mento, la sua gola. L’altra con le mani tessute insieme, con i cubiti in fuori, ammantata piange disperatamente. L’altra tiene le mani su le cosce col ventre in dentro e ulula». È il 19 settembre del 1906 quando Gabriele D’Annunzio scrive, quasi di getto, questo pensiero sui suoi «Taccuini».
Quella sera lo scrittore è andato con il padre a Santa Maria della Vita ad assistere un concerto di musica sacra e nell’ombra della chiesa, debolmente illuminata, si è ritrovato a tu per tu con il «Compianto sul Cristo morto» di Niccolò dell’Arca (Bari?, 1435 circa – Bologna, 1494), gruppo scultoreo in terracotta, originariamente policromo, della seconda metà del XV secolo, dal virtuosismo formale unico, che ci parla di una sofferenza non divina, ma drammaticamente umana, quella del Venerdì santo prima della certezza della Resurrezione.
Qualche anno più tardi, nel 1914, nel libro «Le faville del miglio», Gabriele D’Annunzio ricorderà con queste parole l’incontro con le sette figure a grandezza naturale plasmate dall’artista di origini pugliesi, che ha lasciato a Bologna anche l’Arca di San Domenico e la «Madonna di piazza con Bambino» a Palazzo Accursio: «Intravidi nell’ombra non so che agitazione impetuosa di dolore. Piuttosto che intravedere, mi sembrò esser percosso da un vento di dolore, da un nembo di sciagura, da uno schianto di passione selvaggia».
Non sono solo la concitazione e «l’urlo di pietra» delle «Marie sterminatamente piangenti», per usare un’espressione dello scrittore seicentesco Carlo Cesare Malvasia, a farci percepire il «vento di dolore» che permea la scena, ma è anche lo strazio trattenuto di San Giovanni, che piange in modo sommesso, con una mano nell’atto di reggere il volto, davanti al corpo senza vita del Cristo, smunto e segnato dalla sofferenza. L’altro uomo presente nella scena, identificato ora con il committente dell’opera ora con Nicodemo, l’ebreo che tolse Gesù dalla croce insieme a Giuseppe di Atimatea, volge, invece, lo sguardo serio, impenetrabile, in un’altra direzione, verso l’osservatore. Sembra quasi interrogarci sul senso di tanta sofferenza.
In questa scena si finisce così per ritrovare tutta la teatralità e la spinta catechetica di una Sacra rappresentazione medievale, nata per avvicinare con semplicità e in modo emotivo il popolo ai misteri della fede.
Un materiale umile e fragile come la terracotta, plasmato per dare voce alle emozioni, è impiegato anche nell’altra scultura che attrae i turisti a Santa Maria della Vita, sotto la cupola barocca disegnata dal Bibiena: il monumentale «Transito della Vergine» di Alfonso Lombardi, nell’adiacente Oratorio dei Battuti. Si tratta di quindici statue in terracotta, di dimensioni leggermente superiori al vero, disposte a raffigurare un soggetto poco rappresentato nell’arte occidentale, descritto nei Vangeli Apocrifi e nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine: la profanazione della tomba della Madonna da parte di un sacerdote ebreo, prontamente bloccato dall’apparizione di un angelo armato di una spada.
Non ci poteva, dunque, essere location più indicata di questa piccola chiesa che parla di dolore e bellezza, di donne e arte, ubicata a pochi passi da San Petronio, per la mostra fotografica «Women. Un mondo in cambiamento», curata da Marco Catteneo per il National Geographic e realizzata in collaborazione con Genus Bononiae - Musei nella città e Fondazione Carisbo.
Piu di settanta immagini tratte dagli archivi della rivista internazionale raccontano un secolo di storia delle donne in tutti i continenti e a tutte le latitudini, a partire dalla concessione del diritto di voto negli Stati Uniti, di cui ricorre quest’anno il centenario.
«Beauty/Bellezza», «Joy/Gioia», «Love/Amore», «Wisdom/Saggezza», «Strength/Forza», «Hope/Speranza» sono le sei sezioni nelle quali si articola il percorso espositivo: un bel ritratto corale sulla condizione femminile, sui problemi e le sfide di ieri e di oggi che le donne si sono trovate ad affrontare, dando il loro contributo allo sviluppo sociale, politico ed economico dei vari Paesi del mondo.
Ecco così -raccontano a Santa Maria della Vita- che «le immagini festose delle ballerine di samba che si riversano nelle strade durante il carnevale di Salvador da Bahia si alternano a quelle delle raccoglitrici di foglie di the in Sri Lanka. E ancora il ritratto di donna afghana in burqa integrale rosso che trasporta sulla testa una gabbia di cardellini, potente metafora di oppressione, si contrappone all’immagine di libertà e bellezza di una ragazza in pausa sigaretta a Lagos, in Nigeria».
A chiudere il percorso espositivo -accessibile a sessanta persone per volta, in modo da garantire il giusto distanziamento fisico e permettere una visita in totale sicurezza- è la sezione «Portraits/Ritratti», scatti intimi e biografici di un gruppo iconico di attiviste, politiche, scienziate e celebrità intervistate dal «National Geographic» per un numero speciale del novembre 2019, ai tempi di Susan Goldberg, prima donna alla direzione della prestigiosa rivista internazionale.
Nancy Pelosi, Oprah Winfrey, il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern e l’italiana Liliana Segre sono alcune delle donne che salutano metaforicamente il visitatore prima di uscire da Santa Maria della Vita, o meglio dal suo Oratorio, portandosi dietro un pensiero che aveva reso bene a parole Oriana Fallaci: «essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai».
Didascalie delle immagini
[Figg. 1-4] Allestimento della mostra «Women. Un mondo in cambiamento» a Santa Maria della Vita, Bologna. Foto: Paolo Righi; [fig. 5] La senatrice a vita Liliana Segre, fotografata da Nicola Marfisi a Milano, il 10 ottobre 2019. (Nicola Marfisi/AGF, 2019)
Informazioni utili
«Women. Un mondo in cambiamento».Chiesa Santa Maria della Vita, via Clavature, 8-10 - Bologna. Orari: lunedì-domenica ore 10.00 – 19.00 Ingresso: intero 10,00 euro, ridotto 8,00 euro. Informazioni mostra: tel. 051.19936343 - mail: esposizioni@genusbononiae.it Sito web: www.genusbononiae.it. Fino alo 13 settembre 2020
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