ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
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martedì 19 settembre 2017

«Il cantiere delle arti», non solo teatro e dizione nella 'nuova' scuola di «Culturando»

«Il teatro? Un gioco importante per crescere»: così «Culturando», realtà associativa che ha tra le proprie finalità l’educazione e la formazione dei giovani nell’ambito delle attività connesse al mondo dello spettacolo, presenta la scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti», che venerdì 22 settembre inizierà, con il primo di quattro Open Day conoscitivi, il suo secondo anno di attività al Manzoni di Busto Arsizio. Sono tre i progetti che l’associazione olgiatese ha in programma per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado: «I piccoli attori» per i bambini dai 5 ai 10 anni, «Attori in erba» per i ragazzi dagli 11 ai 15 anni, e «I giovani artisti» per le persone dai 16 ai 23 anni.
A questi corsi di educazione allo spettacolo e alla teatralità, che rinnovano nei nomi e nelle fasce d’età la proposta formativa presentata nella passata stagione, si aggiungerà dal prossimo novembre «Con precise parole», un corso di dizione e public speaking finalizzato non tanto alla formazione attoriale quanto all’acquisizione di una maggiore sicurezza nel parlare in pubblico e di un modo più efficace di gestire la propria comunicazione verbale.
Si completa così, con un progetto riservato agli over 18, l’offerta della scuola «Il cantiere delle arti», nata con l’intento di far sperimentare ai più giovani un linguaggio immediato e coinvolgente quale il teatro praticato, straordinario strumento per la crescita personale, ma anche modo divertente ed efficace per comunicare cultura e tradizioni o per veicolare messaggi importanti, formando così lo spettatore di domani, un futuro uomo o donna che sia curioso, propositivo e mentalmente aperto.
L'esperienza teatrale aiuta, infatti, i bambini, i ragazzi e i giovani nel loro sviluppo psico-fisico: li facilita a esprimere le proprie emozioni, accresce l'autostima, insegna il senso di condivisione con gli altri, stimola la fantasia e la creatività, migliora la percezione dello spazio e acuisce il senso estetico.
Dopo il fortunato progetto dedicato alla vita e alla musica di Gioachino Rossini, due sono i temi che l’associazione «Culturando» ha scelto di approfondire in questa nuova stagione: legalità, cittadinanza attiva e memoria, con particolare riferimento alle figure di Aldo Moro e Peppino Impastato, e la Commedia dell’arte, una pagina appassionante della storia teatrale italiana a cui devono molto autori come Molière, Shakespeare e Goldoni.
I nuovi progetti della scuola «Il cantiere delle arti» nascono dal lavoro di un affiatato gruppo di professionisti specializzati in differenti discipline dello spettacolo, formato da Davide De Mercato (recitazione, animazione e dizione), Gerry Franceschini (regia e recitazione), Stefano Montani (animazione e recitazione) e Annamaria Sigalotti (scrittura creativa e analisi del testo). Da questa stagione «Culturando» potrà, inoltre, vantare la collaborazione di due nuove docenti, fresche di studi all’«MTS – Musical! The School», accademia professionale di spettacolo con sede a Milano: Anna De Bernardi e Serena Biagi, che insegneranno rispettivamente uso della voce e canto e movimento corporeo e danza.

Bambini e adolescenti alla scoperta della Commedia dell'arte
Ad avviare le attività sarà, nel pomeriggio di venerdì 22 settembre, alle ore 16.45, il corso «Attori in erba», laboratorio per ragazzi dagli 11 ai 15 anni, le cui lezioni si terranno una volta a settimana, in orario non scolastico, negli spazi del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio e del vicino oratorio «San Filippo Neri»: il venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, con ingresso a partire dalle ore 16.45 e uscita entro le ore 19.15.
«Tra maschere, lazzi e canovacci» è il tema scelto per questa edizione del corso che si propone di avvicinare i più giovani al teatro e alla sua storia attraverso lo studio della Commedia dell’arte, approfondendo argomenti quali la maschera e il suo uso, le tecniche di improvvisazione e quelle per la costruzione di un canovaccio, i tipi fissi del teatro (vecchi, zanni, innamorati e capitani), i loro caratteri e i loro linguaggi.
Arlecchino, Pulcinella e i tanti altri protagonisti della Commedia dell’arte, con le loro storie, saranno al centro anche dal corso «I piccoli attori», riservato ai bambini dai 5 ai 10 anni, il cui progetto si intitola «Ti conosco, mascherina!». Le lezioni si terranno negli stessi orari del corso «Attori in erba»; mentre l’Open Day è in cartellone per la giornata di venerdì 29 settembre, dalle ore 16.45. Durante i due laboratori, che prevedono entrambi trenta moduli didattici di due ore e trenta ciascuno, i bambini saranno inizialmente protagonisti di giochi di relazione e di fiducia, improvvisazioni corali e individuali e, poi, impareranno l’ABC del mondo della scena, cimentandosi anche nella stesura del testo drammaturgico e nella costruzione delle maschere, in vista del saggio-spettacolo di fine anno, in cartellone indicativamente nella giornata di sabato 19 maggio 2018.

9 maggio 1978, un progetto de «I giovani artisti» per riflettere
Ai ragazzi dai 16 ai 23 anni è, invece, dedicato il corso «I giovani artisti», che approfondirà le varie discipline del teatro e, contemporaneamente, tratterà dei temi della legalità, della cittadinanza attiva e della memoria storica, a partire dalla storia di Peppino Impastato.
«Se si insegnasse la bellezza…» è la frase scelta come filo rosso del percorso che prevede ventisette moduli didattici di due ore ciascuno, in programma con cadenza settimanale e in orario non scolastico: il lunedì, dalle ore 17 alle ore 19. L’Open Day è fissato per il pomeriggio del 23 ottobre, alle ore 17; mentre lo spettacolo di fine anno si terrà mercoledì 9 maggio 2018, Giornata per la memoria delle vittime del terrorismo.
Nella stessa serata si chiuderà anche il corso di dizione e public speaking «Con precise parole», il cui Open Day si terrà nella mattinata di sabato 4 novembre, alle ore 10.30.
Il laboratorio prevede venti moduli didattici di un’ora e trenta ciascuno, in programma il venerdì sera, dalle ore 21.00 alle ore 22.30, o il sabato mattina, dalle 10.30 alle 12.00. I testi scelti per le esercitazioni in aula, le improvvisazioni individuali e di gruppo mediate dal teatro e il saggio finale, dedicato al ricordo della figura di Aldo Moro, avranno come filo conduttore il tema «1978, un anno su cui riflettere». Un argomento, questo, che sarà al centro di un progetto che «Culturando» sta ideando per la primavera e l’estate 2018, teso ad affrontare la storia e il pensiero di Aldo Moro, Peppino Impastato, Sandro Pertini e i papi Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3] Una scena dello spettacolo «C'era una volta...Gioachino Rossini», con gli «Attori in erba». Foto: Valentina Eleonora Colombo; [fig. 4] Un momento delle lezioni con I piccoli attori e gli «Attori in erba» al teatro Manzoni di Busto Arsizio. Foto: Valentina Eleonora Colombo; [fig.5] Una scena dello spettacolo «Se fosse per me, farei la pace» con gli «Attori in erba». Foto: Moscatelli

Informazioni utili
«Il cantiere delle arti» - scuola multidisciplinare di teatro | II anno. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Informazioni: associazione «Culturando», tel. 347.5776656 o info@associazioneculturando.com.  La scheda di iscrizione ai corsi, con le informazioni dettagliate sui calendari e sui costi, sono scaricabili al link https://goo.gl/E3ZByW.

giovedì 4 maggio 2017

Busto Arsizio, la vita di Gioachino Rossini diventa una favola musicale

Dall’ouverture dell’opera «Il signor Bruschino» alle note finali del «Guglielmo Tell», passando per il «Duetto buffo dei gatti», «La danza» e il suo ritmo da tarantella napoletana, la sinfonia iniziale de «La gazza ladra» e le arie più famose dei melodrammi «Il barbiere di Siviglia» e «La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo». È un viaggio tra le note e la vita di uno dei compositori italiani più famosi dell’Ottocento quello che propone la favola musicale «C’era una volta…Gioachino Rossini», in agenda lunedì 8 maggio, alle ore 20.45, al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio.

«Attori in erba», venticinque bambini sul palco
L'appuntamento, realizzato anche grazie alla preziosa collaborazione dei volontari della sala di via Calatafimi, vedrà salire sul palco venticinque bambini di età compresa tra i sei e i tredici anni iscritti al corso «Attori in erba», un laboratorio di animazione e di educazione alla teatralità e allo spettacolo per studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, promosso dall'associazione «Culturando» nell’ambito della scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti».
Firma la regia Gerry Franceschini, che si è avvalso dell’aiuto per il montaggio delle varie scene di Davide De Mercato e Stefano Montani, entrambi sul palco all’inizio e alla fine dello spettacolo nei panni di monsieur Stendhal e di uno scrittore contemporaneo. Le coreografie sono state curate da Elisa Vai e Serena Biagi; luci e fonica vedranno all'opera Maurizio «Billo» Aspes.
Il testo della favola, elaborato da Annamaria Sigalotti, è stato redatto a partire degli esercizi di scrittura creativa e dalle improvvisazioni teatrali tenutesi durante l’anno su vari libri scritti per avvicinare i più piccoli all’opera lirica e all’universo creativo del maestro di Pesaro: «Piano pianissimo, forte fortissimo» (Rueballu, Palermo 2015) di Lina M. Ugolini, «A cena con Giachino Rossini» (Babetta's World, Baltimora 2012) di Monica E. Lapenta e Stefania Pravato, «Figaro qua, Figaro là» (Vallardi, Milano 2014) di Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Rossini - Ascoltando ‘Il barbiere di Siviglia’, ‘La Cenerentola’ e ‘Guglielmo Tell’» (Sillabe, Livorno 2015) di Isabella Vasilotta, «Omaggio a Rossini» di Lele Luzzati e Giulio Gianini (Gallucci, Roma 2009), oltre ai volumi rossiniani redatti da Cecilia Gobbi per la collana «Magia dell’Opera - Alla scoperta del melodramma» delle Edizioni Curci di Milano e ai percorsi di sensibilizzazione e avvicinamento ai capolavori «La Cenerentola» e «Il barbiere, di Siviglia» curati da Fiorella Colombo e Laura Di Biase per la serie «Recitar cantando» della casa editrice Erga di Genova.
Lo spettacolo con gli «Attori in erba», inserito nelle attività della scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti» di «Culturando», chiude il progetto «Tutti all’opera con…Gioachino Rossini e Lele Luzzati», un corso di recitazione, danza, musica, scrittura creativa e arte per bambini dai 6 ai 13 anni ideato con l’intento di avvicinare i più piccoli al mondo della scena attraverso la figura del compositore pesarese e le musiche di alcune delle sue opere più note, rivisitate anche attraverso le illustrazioni di Lele Luzzati e di altri artisti contemporanei. Trentacinque i moduli di due ore e trenta ciascuno, tenutisi dal 7 ottobre 2016 all’8 maggio 2017, che hanno visto la presenza complessiva di trentasette bambini. Parte del materiale realizzato durante il corso viene pubblicato in questi giorni sulla pagina Facebook di «Culturando» (www.facebook.com/associazioneculturando) permettendo di approfondire la figura del compositore pesarese e delle sue opere liriche, ma anche di seguire, passo passo, le fasi conclusive dell’allestimento di «C’era una volta…Gioachino Rossini».

«La Cenerentola» e «Il barbiere di Siviglia» in versione junior
La nuova favola musicale degli «Attori in erba» trasporta il pubblico nella Bologna di inizio Ottocento. È il 18 febbraio 1806. Gioachino Rossini sta per iscriversi alle classi di violoncello e contrappunto del neonato Liceo filarmonico cittadino. Qualche giorno dopo compirà quattordici anni. La passione musicale sembra essere nata con lui: pur essendo ancora un ragazzino, sa già pizzicare le corde della viola e strimpellare vari strumenti a tastiera, tra cui la spinetta; è in grado di cavarsela nel canto, nell’accompagnamento al clavicembalo e nella trascrizione degli spartiti; da tre anni studia composizione e sta per musicare la sua prima opera lirica, «Demetrio e Polibio», destinata a rimanere per un po’ nel cassetto.
È Carnevale. In piazza Maggiore si esibisce una compagnia di comici della Commedia dell’arte: Arlecchino e Pulcinella danzano sulle note di una tarantella. Gioachino Rossini sogna di essere in teatro, tra gli strumenti festanti dell’orchestra e il gorgheggiare divertito dei cantanti. Ha appena deciso il suo futuro: da grande farà il compositore.
Fantastica di portare sul palcoscenico «scale di seta per salire indisturbato tra le nuvole, navi turche, la regina Elisabetta I, il nero Otello e il signor Guglielmo Tell». Vuole far cantare due gatti e scrivere brevi divertissement musicali sulle acciughe e il burro. Immagina anche di far piovere in scena e di scatenare tempeste imitando con gli strumenti il vento, i fulmini e le saette, ovvero quel «clima burrascoso» che lo aveva visto nascere il 29 febbraio 1792 a Pesaro.
Rossini sogna, infine, che da grande scriverà per il Carnevale due opere buffe destinate a diventare famose in tutto il mondo: una su un giovane sempre allegro, «pronto a far tutto la notte e il giorno», l’altra su una servetta che sarà principessa». Quei due lavori, che ormai da duecento anni incantano il pubblico, sono «Il Barbiere di Siviglia» (1816) e «La Cenerentola, ovvero la bontà in trionfo» (1817), le due storie che gli «Attori in erba» racconteranno più nel dettaglio per far comprendere tutta la bellezza di una musica per cui Stendhal parlò di «follia organizzata e completa». Tra verità biografica e finzione teatrale, tra ricette gourmet e aneddoti curiosi, lo spettatore verrà così condotto, grazie a divertenti quadri scenici e a movimentate coreografie, in un viaggio alla scoperta di un compositore «bravo, bravissimo, di qualità, di qualità», del quale nel 2018 ricorreranno i centocinquanta anni dalla morte.

Informazioni utili
«C’era una volta…Gioachino Rossini». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: lunedì 8 maggio 2017, ore 20.45. Ingresso: intero € 10,00, ridotto per i bambini fino ai 12 anni € 7,00.  Botteghino: i biglietti saranno in vendita on-line sul sito www.cinemateatomanzoni.it e, da giovedì 4 maggio, anche al botteghino della sala di via Calatafimi, aperto con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni e prenotazioni: associazione «Culturando», cell. 347.5776656 o info@associazioneculturando.com.

venerdì 31 marzo 2017

Gioachino Rossini, un compositore tra note e fornelli

A nove anni pizzicava le corde della viola e strimpellava vari strumenti a tastiera, tra cui la spinetta. A dieci anni era in grado di cavarsela in molte discipline musicali come il canto, l’accompagnamento al clavicembalo e la trascrizione degli spartiti. A undici anni iniziava gli studi di composizione e, intanto, cantava e suonava in chiese e teatri. A quattordici anni si iscriveva alle classi di violoncello e contrappunto del neonato Liceo musicale di Bologna; si aggregava come cantore all’Accademia filarmonica felsinea e scriveva la sua prima opera, «Demetrio e Polibio», che sarebbe rimasta per qualche anno nel cassetto. È la storia di un uomo dotato di un talento straordinario e precoce quella di Gioachino Rossini, apprezzato compositore ottocentesco noto per opere famose come «Il barbiere di Siviglia» e il «Gugliemo Tell», nato a Pesaro il 29 febbraio 1792 da una famiglia di modesti musicisti.
Il papà, Giuseppe Rossini, suonava la tromba e il corno nella banda cittadina. Gli amici lo chiamavano «Vivazza» per quel suo carattere sempre allegro e tendente alla burla, ma anche per le sue veraci origini romagnole.
La mamma, Anna Giudarini, era una bella ragazza che cuciva cappelli e che, grazie alla sua voce dolce e piena di grazia, si esibiva nei teatri minori di opera buffa come cantante lirica «a orecchio».
Con l’arrivo a Bologna, datato intorno al 1798, il compositore ebbe la fortuna di trovarsi a vivere in una delle maggiori città musicali del tempo ed è qui che si accostò per la prima volta alle musiche di due grandi autori tedeschi, Wolfgang Amadeus Mozart e Franz Joseph Haydn, le cui partiture erano ancora difficilmente reperibili in Italia, tanto da guadagnarsi il soprannome di «tedeschino».
Poco dedito agli studi ufficiali e incapace di sopportare le regole, Gioachino non completò mai gli studi al Liceo musicale di Bologna, ma le sue idee erano così fresche e innovative che, a soli diciotto anni, nel 1810, riuscì a debuttare con una sua opera, «La cambiale di matrimonio», nel prestigioso teatro San Moisè di VeneziaFu l’inizio di una brillante carriera, che vide la sua musica dinamica, trascinante e di facile ascolto accogliere i favori del pubblico, anche se non mancò qualche insuccesso. È il caso de «Il turco in Italia», accolto con freddezza dagli appassionati del teatro alla Scala nel 1814, e dell’opera «Il signor Bruschino» (1813), le cui repliche furono totalmente annullate, ma la cui ouverture continua a far parlare di sé per il caratteristico percuotere ritmico degli archi dei violini sul leggio.
Dal 1810 al 1829 Gioachino Rossini compose quarantuno opere, a tamburo battente, con un ritmo di cinque o sei l’anno (con un «rallentando» negli ultimi anni della sua vita).
Già l’anno dopo il debutto veneziano andava in scena a Bologna un altro suo lavoro: «L’equivoco stravagante». E ben presto la fama del compositore pesarese si diffuse oltre i confini nazionali grazie a due opere come il «Tancredi», le cui arie più famose venivano addirittura cantate per le strade, e «L’Italiana in Algeri», della quale i giornali scrissero che alla ‘prima’ gli spettatori stavano quasi per soffocare dal ridere e per la quale Stendhal parlò di «follia organizzata e completa».
Nel 1815 Gioachino Rossini si trasferì a Napoli su invito di Domenico Barbaja, importante impresario del teatro San Carlo, e vi rimase fino al 1822. Appena arrivato nella città partenopea compose «Elisabetta Regina d’Inghilterra», opera che ebbe grande successo grazie anche alla magistrale interpretazione della bella cantante spagnola Isabella Colbran, con cui il compositore si sarebbe sposato sette anni dopo. Fu un periodo molto intenso, che vide il maestro pesarese scrivere anche per altri teatri. Basti pensare che, tra il 1816 e il 1817, videro la luce due delle sue opere più celebri: «Il barbiere di Siviglia» per il teatro Argentina di Roma (1816) e «La Cenerentola» per il teatro Valle di Roma (1817). In questi anni vennero scritti anche lavori come «La gazza ladra» (1817), «Mosè in Egitto» (1818), «La donna del lago» (1819) e «Maometto II» (1820).
Il compositore si trasferì, quindi, a Londra, ma vi rimase pochi mesi preferendo spostarsi a Parigi, dove gli avevano offerto la direzione del Thèâtre des Italiens. Lì compose «Il viaggio a Reims» (1825), la sua ultima opera in lingua italiana, e il «Guglielmo Tell», con cui lanciò un nuovo genere musicale detto grand-opèra, basato su soggetti storici e caratterizzato da spettacolari effetti scenici, balletti e grandi cori. Il debutto di questo lavoro si ebbe la sera del 3 agosto 1829. Il successo fu strepitoso e il compositore fu premiato con la Legione d’Onore, una delle massime onorificenze del Governo francese. Malgrado ciò Gioachino Rossini decise di ritirarsi dalle scene. Non compose più opere, ma continuò a scrivere per piacere sonate e composizioni per pianoforte, oltre a musiche sacre come lo «Stabat Mater» (1841) e la «Petit Messe Solennelle» (1863).
Al momento del ritiro il compositore pesarese aveva trentasette anni. Sarebbe morto trentanove anni dopo, il 3 novembre 1868, nella sua villa di Passy, vicino a Parigi.
La decisione di ritirarsi sorprese tutti i suoi amici e ammiratori che non riuscivano a spiegarsene il motivo. Ma non c’è da sorprendersi: Gioachino Rossini era un personaggio dalle mille sfaccettature: era suscettibile e collerico, ma anche ironico e spiritoso; amava la buona tavola e l’ozio, ma era anche un infaticabile lavoratore quando si trattava di comporre un’opera. Di lui si ricordano molti aneddoti e battute spiritose: «non conosco -diceva- un lavoro migliore del mangiare» o ancora «l’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore». Di lui si ricordano molti aneddoti e battute spiritose: «non conosco -diceva- un lavoro migliore del mangiare» o ancora «l’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore». Era talmente ossessionato dal buon mangiare che quando Richard Wagner si recò da lui a Parigi, Rossini continuò per tutta la visita ad alzarsi per andare a controllare un capriolo sul fuoco. Ed era un ghiottone così raffinato da essere sempre alla ricerca di cibi speciali che si faceva portare dai diversi paesi d’origine: da Gorgonzola il formaggio, da Milano il panettone, da Siviglia il prosciutto e così via. La sua passione per il buon cibo era così grande che a chi gli chiedeva se avesse mai pianto, rispondeva sorridendo: «sì, una volta in barca quando mi è caduto nel lago uno stupendo tacchino farcito con i tartufi. Quella volta ho proprio pianto».
Per il mondo della musica è noto non solo per alcune sue opere immortali, ma anche per aver inventato il «crescendo», un procedimento compositivo che consisteva nel ripetere in maniera ossessiva, e a intensità crescente, un modulo melodico-armonico inserendo gradualmente nuovi strumenti a ogni ripetizione.
Le sue spoglie riposano nella Basilica di Santa Croce a Firenze, definita da Ugo Foscolo «il Tempio dell’Itale glorie», perché al suo interno sono conservate le tombe di grandi personaggi italiani come Michelangelo Buonarroti, Galileo Galilei e Vittorio Alfieri.

Per saperne di più
Gaia Servadio, «Gioachino Rossini. Una vita», Feltrinelli, Milano 2015;
Lina M. Ugolini, Piano pianissimo, forte fortissimo, Rueballu, 2015;
Monica E. Lapenta, «A cena con Giachino Rossini», Babetta's World, Baltimora 2012;
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma. Il teatro e le sue storie», Edizioni Curci, Milano 2009;
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Recitar cantando ovvero come accostare i bambini all’opera lirica attraverso il teatro», Erga edizioni, Genova 2006;
Giorgio Paganone, «Insegnare il melodramma. Saperi essenziali, proposte didattiche», Pensa MultiMedia, Lecce –Iseo 2010;
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Il barbiere si Siviglia – Un percorso di sensibilizzazione e avvicinamento all’opera di Gioachino Rossini», Erga edizioni, Genova 2012;
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Figaro qua, Figaro là», Vallardi, Milano 2014 (le immagini pubblicate sono tratte da questo libro);
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma – Il barbiere di Siviglia», Curci, Milano 2010;
Isabella Vasilotta (a cura di), «Rossini. Ascoltando Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola e Guglielmo Tell», Sillabe, Livorno 2015
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «La Cenerentola – Un percorso di sensibilizzazione e avvicinamento all’opera di Gioachino Rossini», Erga edizioni, Genova 2009;
Cristina Pieropan, «La Cenerentola», Nuages, Milano 2010;
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma – La Cenerentola di Rossini», Curci, Milano 2015.

lunedì 27 marzo 2017

Art For Kids: «La Cenerentola» di Rossini, ovvero «la bontà in trionfo»

Esistono circa trecentoquarantacinque versioni differenti della storia di Cenerentola. La vicenda della fanciulla povera e maltrattata che, a dispetto delle sorellastre invidiose e poco avvenenti, riesce a sposare un bel principe azzurro con il quale vivere per sempre «felice e contenta» è, infatti, presente in tutte le culture del mondo, dall’America alla Norvegia, già a partire da epoche molto remote.
La versione più antica della favola fu scritta in Cina nel IX secolo, con circa settecento anni di anticipo rispetto alla prima stesura occidentale, che si deve allo scrittore Gianbattista Basile, autore nel 1634 del racconto in dialetto napoletano «La gatta Cenerentola», inserito in una raccolta di fiabe popolari intitolata «Lo cunto de li cunti ovvero la tratteneimento de peccerille», detta anche «Pentamerone».
Le due varianti più conosciute della storia, insieme con quella del cartone animato di Walt Disney (1950), sono scritte dal francese Charles Perrault, autore nel 1697 di «Cendrillon», e dai fratelli Grimm, che nel 1812 diedero alle stampe «Aschenputtel».
Le due fiabe si differenziano per il messaggio contenuto nel finale: nella prima, le sorellastre sono perdonate da Cenerentola e non subiscono alcun castigo per la loro cattiveria; nella seconda sono, invece, punite da due colombe fatate che strappano loro gli occhi. Nella storia di Charles Perrault trionfa, dunque, il perdono, in quella dei fratelli Grimm il castigo. Il racconto dello scrittore francese inventa, poi, particolari, che ci sono diventati così familiari da sembrare inscindibili dalla fiaba: la madrina fatata, la zucca trasformata in cocchio, il ritorno a casa allo scoccare della mezzanotte e la scarpina di vetro.
Anche Gioachino Rossini volle cimentarsi con questa storia romantica e appassionante, che si chiude con il lieto fine. Nacque così il dramma giocoso in due atti «La Cenerentola, ossia la bontà in trionfo», che il librettista Jacopo Ferretti trasse dall’omonima favola di Charles Perrault (1697), ma anche dai lavori operistici «Cendrillon» di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard (1810) e «Agatina, o la virtù premiata» di Francesco Fiorini per Stefano Pavesi (1814).
L’opera fu scritta tra la fine del 1816 e gli inizi del 1817, in poco più di una ventina di giorni, per i festeggiamenti carnevaleschi al teatro Valle di Roma. Il debutto si ebbe la sera del 22 gennaio 1817, duecento anni fa.
Il lavoro non ottenne il successo sperato: la musica piacque molto, ma l’esecuzione fu pesantemente criticata a causa della preparazione frettolosa. Gioachino Rossini era, però, ottimista. Agli amici diceva: «gli impresari faranno a pugni per allestirla come le prime donne per poterla cantare». Il tempo gli diede ragione: nel giro di pochi mesi «Cenerentola» fu rappresentata in molti teatri italiani e, con gli anni, è diventata una dei titoli più amati del repertorio operistico.
Non trovandosi a proprio agio tra fate e prodigi vari, il compositore pesarese ne fece una storia edificante basata sulle doti morali della protagonista, fermamente convinta che la bontà sia destinata a trionfare sulla cattiveria e abbia il potere di convertire persino gli animi più malvagi, piuttosto che sull’incantevole scenografia della zucca trasformata in carrozza.
Gioachino Rossini sostituì così la celebre scarpetta con un braccialetto. «Mandò in pensione» la fatina e mise al suo posto il saggio filosofo Alidoro, precettore del principe Ramiro. Sarà lui ad aiutare Angelina, detta Cenerentola, a realizzare il suo sogno d’amore: sposare un uomo bello, nobile, ricco e di buoni e onesti sentimenti.
Per dare vita a una girandola di travestimenti ed equivoci esilaranti, che ben si sposano con i travolgenti «crescendo rossiniani», il compositore aggiunse, poi, un personaggio buffo, il cameriere Dandini. La matrigna, infine, venne sostituita con un patrigno, Don Magnifico, un uomo tanto disonesto quanto ridicolo, che si è riempito di debiti per vivere nel lusso e soddisfare i capricci delle sue due figlie: Clorinda e Tisbe.
La musica è divertente e frizzante. Tra i brani più famosi c’è l’ouverture, presa in prestito da un altro lavoro rossiniano di minor successo: «La Gazzetta» del settembre 1816.
L’intera vicenda narrata viene, invece, ben riassunta nella cavatina «C’era una volta un re», nella quale si parla di un sovrano che vuole prendere moglie, trova tre candidate possibili e, alla fine, sceglie colei che dimostra dolcezza e amore anziché cedere alle lusinghe della ricchezza. È questa una semplice aria in re minore che si svolge su un tempo di barcarola, ovvero un brano in cui il movimento ritmico ricorda quello ondulatorio delle gondole veneziane. Il carattere visionario di quest’aria trova coronamento nella morale finale del coro: «Tutto cangia a poco a poco. / Cessa alfin di sospirar. / Di fortuna fosti il gioco: incomincia a giubilar».

Per saperne di più
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «La Cenerentola – Un percorso di sensibilizzazione e avvicinamento all’opera di Gioachino Rossini», Erga edizioni, Genova 2009;
Cristina Pieropan, «La Cenerentola», Nuages, Milano 2010 (le prime due immagini pubblicate sono tratte da questo libro);
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma – La Cenerentola di Rossini», Curci, Milano 2015 (la terza immagine pubblicata è tratta da questo libro).

martedì 14 marzo 2017

Art for kids: «Il barbiere di Siviglia», Gioachino Rossini e la Commedia dell’arte

Un’eccellente medicina contro le preoccupazioni e le difficoltà della vita di tutti i giorni: si presenta così «Il barbiere di Siviglia», opera buffa in due atti che il compositore Gioacchino Rossini scrisse all’inizio del 1816, in poco meno di tre settimane (ma qualcuno parla addirittura di solo nove giorni), per le celebrazioni carnevalesche del teatro Argentina di Roma, allora di proprietà del duca Francesco Cesarini Sforza.
Il componimento, su libretto di Cesare Sterbini, trae la propria trama della commedia settecentesca «Le barbier de Séville ou La précaution inutile» del drammaturgo francese Pierre-Augustin-Caron de Beaumarchais, già oggetto di varie versioni musicali, tra le quali quella, molto applaudita, di Giovanni Paisiello, i cui sostenitori -secondo i pettegolezzi del tempo- fischiarono lungamente il debutto della versione rossiniana.
Ma alla «prima» dell’opera non accadde solo questo episodio sfortunato; pare addirittura che, durante lo spettacolo, un gatto sia passato quatto quatto sul palcoscenico.
Nonostante l’insuccesso della prima rappresentazione, andata in scena il 20 febbraio 1816 con il titolo «Almaviva ossia l’inutile precauzione» (l’attuale nome sarà utilizzato solo a partire dalla ripresa bolognese dello stesso anno), il capolavoro del musicista marchigiano, con il suo meccanismo teatrale perfetto e le sue frizzanti e giocose invenzioni musicali, era destinato a diventare uno dei più grandi successi del teatro musicale italiano.

Non a caso un altro importante compositore ottocentesco, Giuseppe Verdi, ebbe a dire: «Non posso che credere il Barbiere di Siviglia, per abbondanza d'idee, per verve comica e per verità di declamazione, la più bella opera buffa che esista».
Definito oggi dalla critica come «il più grande poema musicale, comico, satirico e umoristico dell’umanità», «Il barbiere di Siviglia» ambienta la propria vicenda nel tardo Settecento ed ha come scenario la calda e solare Spagna.
Qui il maturo don Bartolo tiene segregata in casa la pupilla Rosina, che egli desidererebbe sposare. Il barbiere Figaro, fantasioso e pieno di risorse, aiuta l’innamorato conte di Almaviva a conquistare la giovane, che ricambia i suoi sentimenti. Dopo arditi travestimenti, scambi di biglietti, colpi di scena e la corruzione di don Basilio, maestro di musica della fanciulla, Figaro e il conte di Almaviva riescono a compiere il loro progetto: i due giovani innamorati si sposano, don Bartolo non può che rassegnarsi alla situazione e l’opera si chiude nell’allegria generale.
Sembra abbastanza evidente, come ha scritto il regista Luis Jouvet, che nell’opera «Il barbiere di Siviglia» si trova tutta la tradizione della commedia dell’arte: Arlecchino, Scaramuccia e Scapino sono stati tramutati in Figaro, Pantalone in Bartolo, Lelio e Leandro nel conte d’Almaviva.
Tra i brani entrati nell’immaginario collettivo, per quella che il critico Giuseppe Radiciotti ha definito la loro «giocondità serena e benefica», si ricordano l’ ouverture iniziale, la cavatina «Largo al factotum» e l’ aria «La calunnia è un venticello».
Per l’ouverture Gioachino Rossini si autocopiò; la sinfonia esisteva già, era quella dell’«Aureliano in Palmira», opera composta tre anni prima de «Il barbiere di Siviglia». Questo ci mostra un’altra caratteristica del teatro d’opera all’epoca di Gioachino Rossini: l’ouverture era, infatti, sì il momento musicale che annunciava i toni e i temi dell’opera, ma era anche un vero e proprio segnale sonoro che avvisava gli spettatori dell’inizio dello spettacolo ed era, dunque, spesso eseguita tra chiassi e schiamazzi che si calmavano successivamente.

La cavatina «Largo al factotum», grande classico che ogni baritono ha nel proprio repertorio, è così famosa per le sue note gioiose e spavalde che se ne conosce addirittura un’interpretazione del gatto Tom, della celebre coppia Tom e Gerry, nel cartone animato «The Cat Above and the Mouse Below» (1964).
L’ aria «La calunnia è un venticello» è utile per comprendere il cosiddetto «crescendo rossiniano», una tecnica compositiva molto utilizzata da Gioachino Rossini che consiste nel ripetere in maniera ossessiva determinate battute inserendo gradualmente nuovi strumenti a ogni ripetizione.

Per saperne di più
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Il barbiere si Siviglia – Un percorso di sensibilizzazione e avvicinamento all’opera di Gioachino Rossini», Erga edizioni, Genova 2012;
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Figaro qua, Figaro là», Vallardi, Milano 2014 (le immagini pubblicate sono tratte da questo libro);
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma – Il barbiere di Siviglia», Curci, Milano 2010;
Isabella Vasilotta (a cura di), «Rossini. Ascoltando Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola e Guglielmo Tell», Sillabe, Livorno 2015

lunedì 13 marzo 2017

Art For Kids, l'opera lirica: ma che cos'è?

L’opera lirica, detta anche melodramma, è una forma di teatro speciale, nata tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento nella città di Firenze, a casa del conte Giovanni Bardi, per iniziativa di Vincenzo Galilei. Si parlò di recitar cantando per indicare questa invenzione, una speciale tecnica artistica che unisce il canto alla parola e alla gestualità tipica dell’attore.
Gli interpreti, detti cantanti lirici, indossano costumi, trucco e parrucche bellissimi e si muovono sullo sfondo di una scenografia che rappresenta i luoghi in cui si svolge la storia. I loro discorsi canori sono accompagnati dalla musica eseguita da una grande orchestra; a volte è presente in scena anche un corpo di ballo, con le sue étoiles (o primi ballerini).
La storia di un’opera può prendere spunto da una leggenda, da una favola, da un romanzo o da un lavoro teatrale, ma può anche essere completamente inventata. In base all’argomento narrato, l’opera lirica in Italia può essere definita a grandi linee seria o buffa: nel primo caso la trama ha prevalentemente un soggetto storico o mitologico; nel secondo l’ambientazione è contemporanea e la storia è ricca di equivoci, imbrogli e malintesi divertenti, quasi sempre con il lieto fine.
Nel corso dei secoli, in vari Paesi europei, si sono diffusi anche altri generi operistici: il Singspiel tedesco («canto e recitazione», che prevede l’alternanza tra dialoghi e parti cantate), la tragédie-lyrique (opera di corte francese con cori e danze), l’operetta (leggera e spiritosa nei contenuti), l’opéra-ballet, la grand-opéra (fastoso spettacolo musicale in cinque atti con balli, scene sontuose, cori e un gran numero di cantanti).
Uno scrittore, detto librettista, scrive i dialoghi dei personaggi, nella maggior parte dei casi in versi, e le didascalie, con le quali vengono descritte l’epoca e i luoghi in cui si svolge la vicenda. Il risultato finale è il libretto d’opera. Questo è composto da sezioni chiamate atti, a loro volte suddivise in scene; tra uno e l’altro ci sono gli intervalli, durante i quali si cambiano le scenografie e gli spettatori si intrattengono nel foyer.
Seguendo il testo del libretto, il compositore mette in musica i versi, creando l’atmosfera della storia e sottolineando i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Se, per esempio, arriva in scena un personaggio cattivo la musica sarà cupa o minacciosa, mentre se due innamorati si dividono l’orchestra accompagnerà il loro addio con melodie dolci.
I protagonisti indiscussi di un’opera lirica sono i cantanti, che si distinguono in solisti e coro e si classificano in base al loro registro di voce, ovvero all’estensione vocale. Partendo dalla più grave per giungere alla più acuta, le tre voci maschili sono basso, baritono e tenore; le tre femminili contralto, mezzosoprano e soprano.
Il basso di solito interpreta il ruolo di un anziano o di un saggio; mentre nelle opere buffe caratterizza un personaggio un po’ ridicolo, vittima degli scherzi degli altri. La voce del baritono è quella di un uomo adulto; mentre il tenore, al quale è affidato il ruolo del giovane innamorato o dell’eroe romantico, ha il registro vocale più acuto ed è capace di raggiungere il famoso Do di petto che fa tremare i vetri.
Tra le voci femminili quella del contralto è la più scura e profonda ed è legata a personaggi anziani, drammatici e misteriosi. Il mezzosoprano è la voce intermedia; mentre il soprano è generalmente la protagonista femminile dell’opera.
In scena si trovano anche gli orchestrali, tutti vestiti rigorosamente di scuro, con il loro direttore. L’orchestra d’opera è composta da quattro grandi famiglie di strumenti: gli archi (violino, viola, violoncello e contrabbasso), i legni (flauto, clarinetto, oboe, fagotto, corno), gli ottoni (tromba, trombone, corno e tuba) e le percussioni (timpani, grancassa, piatti); talvolta può, però, includere altri strumenti come l’arpa e il pianoforte. A dare il segnale che l’opera lirica sta per incominciare è l’orchestra, con il La d’intonazione del primo violino.
Ci sono, poi, tante altre persone ugualmente importanti per determinare il successo di un’opera lirica: il regista, che decide e coordina le azioni dei cantanti e del coro in palcoscenico; il coreografo, che decide i movimenti dei ballerini; lo scenografo e il costumista, che disegnano rispettivamente le scene e i costumi.
Maestri collaboratori come il direttore di coro, il direttore di palcoscenico e il suggeritore, truccatori, parrucchieri, sarte, datori luci, macchinisti (tecnici addetti al montaggio e smontaggio delle scene e al funzionamento dei dispositivi meccanici), attrezzisti (tecnici che procurano gli elementi di arredo e gli oggetti necessari alla messa in scena) sono le tante altre figure che lavorano «dietro le quinte» per rendere magico lo spettacolo.
Ad aprire un’opera lirica è l’ouverture (in italiano «apertura»), ovvero la sinfonia iniziale suonata dall’orchestra a sipario chiuso. Questa musica è il biglietto da visita dell’opera stessa: ne annuncia il carattere e l’argomento trattato.
Le arie sono, invece, i brani melodici che esprimono un sentimento e che commentano un episodio; sono di solito arricchite da virtuosismi che permettono al cantante di fare sfoggio delle proprie qualità canore. La più nota è la cavatina o aria di sortita, che viene cantata dal personaggio principale alla sua prima entrata in scena per presentare se stesso.
Accanto all’aria e ad altre forme solistiche affini come la cabaletta e la romanza (l’una dall’intonazione vivace, l’altra dallo stile più sentimentale), nell’opera lirica ci sono pezzi di insieme quali il duetto, il terzetto, il quartetto e il quintetto, così detti a seconda del numero di personaggi che cantano contemporaneamente.
Un’altra parte importante dell’opera lirica è il concertato, ovvero la parte di una scena o di un atto, caratterizzata dalla presenza di due o più personaggi che si trovano a cantare contemporaneamente, spesso anche con il coro, senza seguire la medesima linea melodica. Il concertato si usa per far capire che ogni personaggio si è smarrito nei propri pensieri.
Ad unire le varie parti di un’opera lirica è il recitativo, uno stile di canto che si avvicina alla lingua parlata, imitandone il ritmo e l’intonazione.

Per saperne di più 
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma. Il teatro e le sue storie», Edizioni Curci, Milano 2009 
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Recitar cantando ovvero come accostare i bambini all’opera lirica attraverso il teatro», Erga edizioni, Genova 2006 
Giorgio Paganone, «Insegnare il melodramma. Saperi essenziali, proposte didattiche», Pensa MultiMedia, Lecce –Iseo 2010

giovedì 2 marzo 2017

«Kids Creative Lab V», alla scoperta dell’ecosistema marino con Lucy + Jorge Orta

Oltre 1.400.000 bambini, 50.000 classi e 6.000 scuole uniti per un progetto all’insegna della salvaguardia dell’ecosistema marino: sono questi i numeri della quinta edizione di Kids Creative Lab, iniziative per le scuole primarie italiane promossa dalla collezione Peggy Guggenheim e da Ovs, con il patrocinio del Comune di Venezia.
Dopo aver trattato, nel corso degli anni, tematiche quali il rapporto tra arte e moda, ecologia, natura, agricoltura, alimentazione e biodiversità, il laboratorio creativo dell’istituzione lagunare guarda a un progetto multidisciplinare incentrato sull’attuale e urgente tema della sostenibilità, delle sue implicazioni legate da un lato all’ecologia e al rispetto dell’ambiente, dall’altro all’educazione e allo sviluppo delle generazioni future in relazione a queste tematiche.
Da qui parte la prestigiosa collaborazione con Lucy + Jorge Orta, artisti noti internazionalmente per il loro impegno in progetti che sensibilizzano l’opinione pubblica verso lo sviluppo sostenibile del pianeta e che hanno fatto della modalità partecipativa i fondamenti della propria produzione artistica. La celebre coppia creativa, insieme con il dipartimento di educazione della collezione Peggy Guggenheim, ha ideato e sviluppato un laboratorio creativo, da condurre in classe, incentrato sul tema dell’acqua e dell’equilibrio, sempre più vulnerabile, dell’ecosistema marino.
Ne è nato il Kit d’artista «SostenART», una riflessione attorno al riutilizzo sostenibile, oltre che artistico, della plastica, e, al contempo, un invito a inviare un SOS per la salvaguardia della vita degli oceani tramite un metaforico messaggio in bottiglia.
Il laboratorio invita i partecipanti a scrivere un testo a più mani grazie alla tecnica del «Cadavre exquis», gioco amato da André Breton, teorico del Surrealismo, e dagli artisti surrealisti stessi, che consiste nel comporre un messaggio grazie al contributo di più persone, ignare dell’intervento degli altri. Il testo scritto con questa tecnica viene, poi, tradotto secondo un codice colore e inserito in una bottiglia di plastica. Tutte le bottiglie contenenti i coloratissimi messaggi criptati composti dai bambini daranno vita a un’unica grande installazione, un suggestivo paesaggio marino, curata proprio da Lucy + Jorge Orta ed esposta in occasione della mostra che avrà luogo dal 30 marzo al 17 aprile alla collezione Peggy Guggenheim.
«Speriamo che la prassi artistica, attraverso questo laboratorio e tramite la sperimentazione con il materiale plastico, possa mettere in evidenza il messaggio relativo all’utilizzo della plastica, in particolare il rifiuto plastico e la bottiglia d’acqua», sostengono gli artisti Lucy + Jorge Orta. «In qualche modo, si tratta di creare consapevolezza tra la persone. Se, lavorando a Kids Creative Lab, oltre un milione di bambini, maneggiando una bottiglia, penserà alla sua provenienza, alla sua destinazione e a come possiamo essere maggiormente consapevoli del riciclo e dell’ambiente, allora sarà davvero fantastico».
Tutti i materiali didattici e il video tutorial per realizzare il laboratorio sono disponibili sul sito kidscreativelab.ovs.it, nella sezione Kit d’Artista. Per caricare le immagini degli elaborati e i contenuti realizzati all’interno della Gallery è necessario accedere all’area riservata, dove sarà possibile scoprire i lavori creati dagli altri partecipanti.
La scuola che parteciperà alla mostra conclusiva con il maggior numero di alunni e classi si aggiudicherà un percorso formativo per alunni e docenti a cura di EF Education First: due International week per gli studenti, formazione online per i docenti e materiali didattici. La scuola riceverà inoltre cinquecento borracce riutilizzabili di Dopper, per incentivare un consumo sostenibile dell'acqua e sensibilizzare i bambini sull'impatto dei rifiuti di plastica monouso.

Informazioni utili
http://kidscreativelab.ovs.it/

mercoledì 25 gennaio 2017

Giornata della memoria, a Busto Arsizio un laboratorio teatrale per bambini

Che cosa vuol dire sentirsi rifiutati ed essere costretti ad abbandonare il proprio Paese, i propri affetti e la propria cultura, per confrontarsi con una nuova realtà e ambientarsi in una nuova situazione? Prova a rispondere a questa domanda «Anna, una bambina nella Shoah», laboratorio teatrale per bambini dai 6 ai 12 anni ideato da «Culturando», con il cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio, in occasione della Giornata internazionale della memoria 2017.
L’appuntamento, inserito nel cartellone delle iniziative cittadine per commemorare il settantaduesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, è proposto nell’ambito del progetto «Il cantiere delle arti», nuova scuola multidisciplinare di teatro, danza, musica e scrittura creativa per bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado, articolata nei corsi «Attori in erba» e «I giovani artisti», che vede tra i propri insegnanti gli attori Davide De Mercato e Gerry Franceschini, la coreografa Elisa Vai, la giornalista Annamaria Sigalotti e il giovane animatore Stefano Montani.
Venerdì 27 gennaio, dalle ore 17 alle ore 19, il cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio offrirà, dunque, ai più piccoli l’occasione per confrontarsi con il romanzo «Quando Hitler rubò il coniglietto rosa» di Judith Kerr, pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1971 dalla Puffin Books e uscito in Italia nel 1976 per i tipi della Rizzoli - «Bur dei ragazzi», con la traduzione di Maria Buitoni Duca.
Nel libro, in parte ispirato alle vicende realmente vissute dall’autrice tedesca naturalizzata britannica, si raccontano il nazismo e l’odio antisemita attraverso gli occhi di una bambina ebrea berlinese di nove anni, Anna, la cui famiglia fu costretta nel 1933, poco prima della vittoria elettorale di Adolf Hitler in Germania e prima della promulgazione delle leggi razziali, ad abbandonare la sua casa di Berlino e a vivere una vita di profuga in giro per l’Europa, tra Svizzera, Francia e Inghilterra.
In queste pagine, la tragedia dell’Olocausto è raccontata in maniera delicata, solo accennata attraverso la figura dello «zio Julius» che, con le sue visite e le sue lettere spedite dalla Germania, informa degli effetti della dittatura nazista: tutti i beni della famiglia di Anna, compreso l’amato coniglio rosa di pezza, vengono confiscati; i libri del padre della bambina, scrittore e giornalista inviso al regime hitleriano, sono messi all’indice e vengono bruciati insieme con quelli di altri autori famosi come Einstein e Freud. Quello che appare centrale nella narrazione è, però, il racconto di come una situazione difficile e dolorosa quale l’esilio, affrontata con coraggio e fiducia nel futuro, possa anche diventare un’avventura, se si sta tutti insieme, perché -come racconta Judith Kerr- «se non hai una casa tua, allora devi stare con la tua famiglia». Ed ecco così che mentre si scrive una delle pagine più tristi del Novecento, la piccola Anna impara usi e costumi dei posti in cui si trova a vivere, studia le lingue, conosce nuovi amici e -proprio perché si trova a vivere tra disagi e ristrettezze- impara a fare tesoro delle tante cose belle che l’esistenza le regala: il sole nelle strade di Parigi, le paste con tanta panna, un paio di scarpe nuove, un cappotto verde fatto su misura, un premio per un tema in francese.
Il laboratorio al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio proporrà un percorso attraverso la storia raccontata da Judith Kerr: la lettura drammatizzata di alcuni brani del libro, realizzata dai bambini sotto la supervisione degli insegnanti di «Culturando», sarà intervallata da giochi del tempo come mondo e ludo, movimenti coreografici sulle note della canzone ebraica «Gam Gam» e dell’inno francese «La Marsigliese» e disegni con l’intento di offrire anche ai più piccoli un momento di riflessione sulla persecuzione razziale e la Shoah.

Informazioni utili
«Anna, una bambina nella Shoah», laboratorio teatrale per bambini dai 6 ai 12 anni. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando: venerdì 27 gennaio 2017, dalle ore 17 alle ore 19. Ingresso: € 10,00 per i bambini della città di Busto Arsizio e dei paesi limitrofi; gratuito per gli iscritti al corso «Attori in erba». Informazioni e prenotazioni: associazione «Culturando», tel. 347.5776656 o info@associazioneculturando.com.

giovedì 12 gennaio 2017

«StreetAland», quando le fiabe incontrano la street art

La letteratura infantile incontra il mondo della street art. L’idea è di Espressione, casa editrice torinese «attenta alle famiglie contemporanee, eco e slow» che pubblica la rivista «Giovani genitori» e stampa anche guide sui migliori locali baby friendly.
Dopo il debutto nel dicembre 2015 con il libro «Il giardino in tasca», la collana «StreetAland», nata appunto per avvicinare i più piccoli a una forma di espressione innovativa come la street art, si arricchisce di un nuovo volume. È, infatti, da poco in distribuzione «L'elefantino dei sogni», una favola scritta dal giornalista Luca Indemini, firma del quotidiano «La Stampa», e illustrata da Mr Fijodor, nome d’arte di Fijodor Benzo, street artist sulla scena dal 1994 il cui lavoro, dallo stile spontaneo e diretto, ha da sempre un’impronta ecologica e sociale.
Il protagonista di questo libro (così come degli altri volumi della collana) si chiama Giacomino, in omaggio al più famoso Giovannino Perdigiorno di Gianni Rodari. Dalle storie dello scrittore piemontese, conosciuto per le sue «Favole al telefono» e per «Le avventure di Cipollino», sono nati i racconti di fantasia di Luca Indemini per sua figlia, la piccola Rebecca, e da questi racconti hanno preso forma prima le immagini di Ale Puro per il libro «Il giardino in tasca» e poi quelle di Mr Fijodor per «L'elefantino dei sogni».
Il libro, realizzato con il sostegno di Coop Lombardia, ha una tiratura volutamente limitata. Le prime cinquecento copie sono numerate e firmate dall’artista; autori ed editore hanno, inoltre, deciso di comune accordo di rifiutare il copyright e utilizzare le licenze Creative Commons.
Il libro, riservato ai bambini dai 3 anni in su, si propone, dunque, di avvicinare i più piccoli a una forma d’arte altamente comunicativa come quella della street art che, attraverso un linguaggio semplice e giocoso, veicola messaggi scomodi e pungenti contro la guerra, il capitalismo e l’uso delle armi, giusto per fare qualche esempio. Il mondo di Keith Haring e di tanti altri street artist diventa così a misura di bambino perché certe volte «le storie –come recita lo slogan di «StreetAland»– crescono sui muri» e finiscono in un libro.

Informazioni utili 
«L'elefantino dei sogni» di Luca Indemini, con illustrazioni di MrFijodor. Espressione editore, Torino 2015. Prezzo: 19,90 euro. In vendita su: www.giovanigenitori.it/prodotto/elefantino-dei-sogni-street-art-per-bambini

sabato 24 dicembre 2016

«Il Natale di Rossini», una favola degli «Attori in erba» di «Culturando»

C’è un posto in Italia in cui il Natale è di casa. È il Sud Tirolo e lì, tra montagne rese incantate dalla neve e borghi suggestivi come un presepe, c’è un paese speciale. Si chiama Curon Venosta ed è conosciuto in tutto il mondo per il suo antico e pittoresco campanile, che sorge da un lago, quello di Resia, talvolta ghiacciato per le rigide temperature invernali.
Lo sanno in pochissimi, ma quel campanile è, in realtà, solo una piccola parte della casa delle arti, un luogo meraviglioso, nascosto sotto la superficie delle acque, dove ogni 25 dicembre i più importanti scrittori, musicisti, pittori e cantanti di tutti i tempi si incontrano per festeggiare il Natale.
Dal 1868 a organizzare il banchetto è Gioachino Rossini, lo chef più famoso tra tutti gli artisti del pentagramma, così amante della buona cucina da dire: «Dopo il non far nulla io non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore […] Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quell’opera buffa che si chiama vita […]».
 Il pranzo di Natale preparato da Gioachino Rossini, con l’aiuto della fata della musica, prevedeva ogni anno dieci portate e sei vini diversi, tra cui l’amato champagne. Nei giorni che precedevano il banchetto, i folletti delle note volavano da un luogo all’altro del pianeta a cercare prelibatezze per creare una vera e propria sinfonia di sapori.
Da Napoli arrivavano i maccheroni, da Siviglia i prosciutti, da Gorgonzola il formaggio, dalla Francia il fois gras, dall’Inghilterra la mostarda, da Bologna la mortadella e da Milano il panettone.
 Alla tavola natalizia di Gioachino Rossini non mancavano, poi, quasi mai le olive, i tartufi, il tacchino, il filetto di manzo, le uova, lo zampone, oltre ai ravanelli, ai cetrioli, al burro e alle acciughe, alimenti ai quali il compositore marchigiano aveva dedicato il divertente brano per pianoforte «I quattro antipasti», contenuto nella raccolta «Peccati di vecchiaia».
Il «cigno di Pesaro» amava, inoltre, sperimentare inediti accostamenti di aromi e sapori in una danza frenetica e gioiosa, consegnataci dalla storia attraverso una serie interminabile di aneddoti, lettere, ricette e pagine musicali.
Quale sarebbe stato il cibo principe sulla tavola del Natale 2016? Tra i folletti delle parole, intimi amici di Gianni Rodari, si vociferava che Gioachino Rossini avrebbe preparato un’inedita amatriciana: i bucatini avrebbero avuto il gusto del cioccolato amaro.
Le fatine dei colori, mandate a controllare i lavori da Leonardo da Vinci, dicevano, invece, che non sarebbe mancato in tavola un buonissimo tacchino ripieno di tartufo nero proveniente da Norcia. Il compositore pesarese era, d’altronde, ghiotto di questo cibo, almeno a leggere una delle sue tante affermazioni: «Ho pianto tre volte nella mia vita. Quando mi fischiarono alla prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi».
Anche la tavola -raccontavano Cenerentola e il Barbiere di Siviglia- sarebbe stata degna di nota: la tovaglia avrebbe avuto il sapore dello zucchero candito, i piatti sarebbero stati di marzapane, le posate di cioccolato e i bicchieri di arancia caramellata.
Mancava solo un dolce speciale per chiudere in bellezza la festa. Gioachino Rossini aveva deciso di preparare la torta alla Guglielmo Tell, con mele candite e glassa di zucchero. Ma il compositore voleva che il dolce fosse unico. Stava pensando a quale ingrediente segreto aggiungere nell’impasto quando il campanile di Curon Venosta iniziò a suonare e dal cielo scesero, magicamente, tanti fiocchi di neve di cioccolato con fogli dolci pieni di parole. Erano poesie da mettere nell’impasto: un regalo del folletto delle idee per sorprendere tutti gli invitati. «La festa è pronta», pensò Gioachino Rossini, che già vedeva i suoi amici invitati leggere poesie e danzare sulle note di una canzone natalizia.

Buone feste! 

lunedì 19 dicembre 2016

Busto Arsizio, il Natale degli «Attori in erba» tra poesie e una storia su Rossini e la cucina

Che cosa metterebbe in tavola Gioachino Rossini, il compositore ottocentesco che ha lasciato musiche indimenticabili con quelle de «Il barbiere di Siviglia» e de «La Cenerentola», per il prossimo Natale? Un’inedita amatriciana con i bucatini al gusto di cioccolato amaro, un tacchino ripieno al tartufo nero di Norcia e la torta «Guglielmo Tell», una specialità dello chef Antonin Carême con mele caramellate e glassa di zucchero. Parola degli «Attori in erba», ventotto bambini dai 6 ai 12 anni che stanno frequentando «Il cantiere delle arti», scuola multidisciplinare di teatro che ha da poco aperto i battenti negli spazi del Manzoni di Busto Arsizio e del vicino oratorio «San Filippo Neri» per iniziativa di «Culturando», nuova realtà associativa che ha tra le proprie finalità l’educazione e la formazione dei giovani nell’ambito delle attività connesse al mondo dello spettacolo.
A partire dai racconti contenuti nei libri «Rossini – Ascoltando ‘Il barbiere di Siviglia’, ‘La Cenerentola’ e ‘Guglielmo Tell’» (Sillabe, Livorno 2015) di Isabella Vasilotta, scritto in collaborazione con l’Accademia Teatro alla Scala di Milano, e «A cena con Gioachino Rossini» (Babetta’s World, Usa 2012) di Monica E. Lapenta, illustrato da Stefania Pravato, gli «Attori in erba» hanno redatto, nell’ambito del loro laboratorio di scrittura creativa condotto da Annamaria Sigalotti, una storia di Natale dedicata al compositore pesarese e alla sua passione per i piaceri della buona tavola e dell’arte culinaria.
 La favola, ambientata tra le montagne del Sud Tirolo e tesa a porre l’attenzione sui prodotti enogastronomici tipici dei territori colpiti dal recente terremoto, è stata presentata nel pomeriggio di venerdì 16 dicembre, nel Salone dell’oratorio «San Filippo Neri», durante la festa degli auguri con i genitori e i parenti degli «Attori in erba».
Il reading ha visto, inoltre, i più piccoli recitare -sotto la supervisione degli attori Gerry Franceschini e Davide De Mercato, assistiti per l’occasione da Stefano Montani e Igino Portatadino- alcune poesie natalizie come «La Notte Santa» di Giudo Gozzano, «Il vecchio Natale» di Marino Moretti, «A Gesù Bambino» di Umberto Saba, il canto popolare germanico «Ora dormi» e la canzone popolare «Maria lavava, Giuseppe stendeva».
A chiudere il mini-spettacolo è stata una coreografia ideata da Elisa Vai sulle note del brano «Feliz Navidad», canzone pop-natalizia scritta e cantata da José Feliciano.
Al termine dell’incontro il Babbo Natale di «Culturando», Stefano Montani, ha consegnato a tutti i bambini presenti un libro a scelta tra la raccolta «I racconti della slitta» della Giacomo Morandi editore e «Quando Hitler rubò il coniglietto rosa» di Judith Kerr, edito per i tipi della BurRagazzi.
L’appuntamento ha offerto anche l’occasione per fare un primo bilancio di «Attori in erba», corso di educazione allo spettacolo e alla teatralità per bambini delle scuole primarie e secondarie di primo grado (dai 6 ai 12 anni), le cui lezioni si tengono una volta a settimana, in orario non scolastico, negli spazi del teatro Manzoni e dell’oratorio «San Filippo Neri»: il venerdì pomeriggio, dalle ore 16.45 alle ore 18.45, con ingresso a partire dalle ore 16.30 e uscita entro le ore 19.00.
 Il corso, le cui lezioni riprenderanno nella giornata di venerdì 13 gennaio, si chiuderà nella serata martedì 9 maggio 2017, alle ore 21.00, con un un saggio-spettacolo di fine anno dal titolo (ancora provvisorio) «Figaro qua, Figaro là». Le iscrizioni ad «Attori in erba» rimarranno aperte fino a venerdì 20 gennaio. «Tutti all’opera con…Gioachino Rossini e Lele Luzzati» è il tema scelto per questa prima edizione del laboratorio, ideata con l’intento di avvicinare i più piccoli al mondo del teatro e dell’opera lirica attraverso la figura del «cigno di Pesaro» e alcune delle sue opere più importanti come «Il barbiere di Siviglia», «La cenerentola», «Guglielmo Tell» e «La gazza ladra», rivisitate anche attraverso le illustrazioni di Lele Luzzati e di altri artisti contemporanei. Un'occasione per avvicinare i più piccoli, in maniera ludica e creativa, al magico mondo dell'opera lirica, del teatro, della danza e della scrittura creativa.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Un momento della festa degli auguri con gli «Attori in erba» di «Culturando», tenutasi nella giornata di venerdì 16 dicembre 2016 all'oratorio «San Filippo Neri» di Busto Arsizio. Foto di Valentina Eleonora Colombo 

Informazioni utili 
 «Attori in erba» -  scuola multidisciplinare di teatro per bambini dai 6 ai 12 anni. Teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Quando: il venerdì, dalle ore 16.30 alle ore 19.00. Quanto: da venerdì 13 gennaio a martedì 9 maggio 2017 | € 200,00 (pagabili anche in cinque rate) + € 30,00 per l'iscrizione. Lezioni di prova: venerdì 13 gennaio 2017 e venerdì 20 gennaio 2017, dalle ore 16.30, nel Salone dell'oratorio «San Filippo Neri» di Busto Arsizio (via don Albertario, 10). Prenotazione obbligatoria all'indirizzo info@associazioneculturando.com.  Informazioni: info@associazioneculturando.com o stampa@cinemateatromanzoni.it.    

mercoledì 28 settembre 2016

«Le forme dell’arte», appuntamenti per le famiglie alla collezione Peggy Guggenheim

Sette forme d’arte, sette differenti luoghi, sette attività didattiche per famiglie a Venezia. Si imparerà a progettare e costruire, ma anche a comporre una melodia, si studieranno i segreti dei grandi chef-pasticceri in chiave pop, e si andrà allo scoperta delle sculture più curiose e innovative della collezione di Peggy Guggenheim. E ancora, si indagheranno tecniche e strumenti per ricostruire la storia della nascita della stampa, si imparerà a dipingere su una tela e si scoprirà l'antichissima arte della fabbricazione della carta. Tutto questo sarà reso possibile grazie al nuovo ciclo di attività che la Collezione Peggy Guggenheim propone alle famiglie socie della Family Card. Con l’autunno alle porte e la ripresa dell’anno scolastico, quale occasione migliore per associarsi al museo con i propri figli e approfittare di questo ricchissimo calendario di appuntamenti.
Al via dall’1° ottobre «BeFamily: Le forme dell’arte», una serie di originalissimi appuntamenti, che si svolgeranno dentro e fuori al museo, un sabato al mese, fino ad aprile 2017, e che coinvolgeranno tutta la famiglia al gran completo. Grazie al supporto di Garage San Marco Spa, che ormai da anni sostiene con entusiasmo numerose attività della collezione, credendo nell'arte come cardine della formazione e della crescita intellettuale di adulti e bambini, «BeFamily: Le forme dell’arte» permetterà ai partecipanti di rapportarsi con diverse discipline artistiche, e al contempo con differenti realtà cittadine, che stimoleranno la loro curiosità, creatività e interesse.
Si comincerà con il laboratorio sull’architettura «Creare, costruire, inventare progettare!» alla Biennale di Venezia, ispirato a uno dei progetti esposti nella mostra curata da Alejandro Aravena, per passare poi, a novembre, a Palazzetto Bru Zane che propone il workshop di composizione musicale a partire dall’ascolto del «Carnevale degli Animali» di Camille Saint-Saëns.
A dicembre tutti all’Hotel Europa & Regina per il golosissimo appuntamento con «Alta cucina», laboratorio con chef-pasticceri ispirato alle ricette del libro «Wild Raspberries», illustrato dall’artista pop Andy Warhol.
Seguiranno nei mesi successivi, «C’era una volta il libro», incontro alla scoperta delle antiche tecniche di stampa presso la Bottega del Tintoretto, «Piccole tele per forme e colori», workshop sul colore che si svolgerà nello studio dell’artista argentina Carolina Antich, nonché «La carta la faccio io! », laboratorio dedicato alla fabbricazione della carta, che si terrà al Chiostro dei Ss. Cosma e Damiano alla Giudecca.. Immancabile, a gennaio, l’appuntamento a casa di Peggy, curato dal dipartimento didattico del museo: «Che volume! Scultura alla Collezione Peggy Guggenheim». L’incontro porterà alla scoperta delle sculture più originali e insolite collezionate da Peggy. Le suggestioni del percorso diventeranno gli spunti per un laboratorio durante il quale ciascun bambino diventerà scultore per un giorno.
Il ciclo «BeFamily: Le forme dell’arte» è riservato ai Soci Family Card della Collezione Peggy Guggenheim che, grazie al sostegno di Garage San Marco, possono partecipare versando una quota minima: 3 euro i bambini, 5 euro gli adulti.

Informazioni utili 
Collezione Peggy Guggenheim - Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 - Venezia. Orari: 10.00-18.00; chiuso il martedì. Ingresso: intero € 10.00; ridotto € 8.00; studenti € 5.00; gratuito 0-10 anni. Informazioni: tel. 041.2405429/412/440, e-mail: membership@guggenheim-venice.it. Sito web: www.guggenheim-venice.it.

martedì 24 maggio 2016

Un lupo firmato Dario Fo per «Segni, New Generations Festival»

Sarà il premio Nobel Dario Fo a firmare l’immagine simbolo dell’undicesima edizione di «Segni, New Generations Festival», manifestazione internazionale d’arte e teatro per le nuove generazioni in cartellone dal 26 ottobre al 2 novembre a Mantova.
Nell’anno in cui la città lombarda è Capitale italiana della Cultura, il festival si rinnova: passa da cinque a otto giorni, da duecentocinquanta a oltre trecento eventi, cambia logo e si apre a tutte le new generations (dai 18 mesi ai 18 anni). Tanti gli ospiti stranieri attesi in città per questo appuntamento, unico nel panorama italiano, che vedrà arrivare a Mantova artisti e compagnie teatrali da tutto il mondo, ma anche personaggi del mondo musicale, letterario e cinematografico che, attraverso i linguaggi delle arti, dialogheranno con i più piccoli.
«Segni, New Generations Festival», caratterizzato ogni anno da un diverso animale simbolo, disegnato, negli anni, da artisti di fama internazionale come Altan e Alessandro Bergonzoni, quest’anno vanta la collaborazione di Dario Fo.
Dalla sua matita ha preso vita un lupo a metà fra il fiabesco e l’umano, mostra i denti, ma ha un aspetto amichevole, sorride con gli occhi e sembra intrattenere l’osservatore con un racconto.
Protagonista di fiabe e leggende, di proverbi e modi di dire, in molte civiltà il lupo appare come genitore, fondatore, iniziatore, detentore della conoscenza. Simbolo di forza e lealtà, rappresenta lo spirito socievole. Si occupa con estrema cura dei propri piccoli, del compagno e del gruppo. Il suo lato cattivo lo rende strumento di crescita perché rappresenta il pericolo che si può superare e con il quale è sano confrontarsi. Dario Fo racconta una storia semplice, ma significativa, che sembra ben rappresentare, in maniera simbolica, la relazione che si instaura fra attori, bambini e genitori quando sono insieme a teatro: «tanti secoli fa quando nasceva un bambino tutta la gente si raccoglieva intorno a lui e cercava di raccontare favole, fare versi, volevano cogliere una risata. Il bambino era appena nato e non era facile farlo ridere. Ad un certo punto entra un giovane, cade si rialza, ride e fa sberleffi e guarda il bambino. Il bambino lo guarda e ride. Tutti applaudono e sono felici. Il bambino è diventato uomo! L’essere umano ha valore e considerazione nel momento in cui ha l’intelligenza di intendere l’assurdo, il gioco, lo scherzo, la fantasia: ridere contiene la possibilità dell’intelligenza».

Informazioni utili 
www.segnidinfanzia.org

giovedì 4 giugno 2015

Andersen Festival: con Celestini, Guzzanti e Fabi alla scoperta della felicità

Diventa maggiorenne l’Andersen Festival, manifestazione che da ormai diciotto anni trasforma Sestri Levante in un grande teatro all’aperto. Oltre cento eventi, tutti a ingresso gratuito, animeranno, infatti, piazze, vie, teatri e spiagge della cittadina ligure in questo primo week-end di giugno. La direzione artistica della kermesse, organizzata come consuetudine da Artificio 23 con l’amministrazione comunale, è di Leonardo Pischedda che, quest’anno, ha deciso di far riflettere artisti e spettatori su un tema attuale, ricco di positività e di speranza, quale la ricerca della felicità.
Ad aprire l’intensa quattro giorni di spettacoli, incontri, laboratori didattici, concerti ed esibizioni circensi, in programma da oggi (giovedì 4) a domenica 7 giugno, è stato un gioioso e colorato corteo di bambini -mille e più di mille!- che dalle prime ore del giorno si sono impossessati simbolicamente della città. Nel pomeriggio sono, invece, in programma le dimostrazioni dei laboratori con cui gli allievi delle scuole sestresi hanno iniziato, a febbraio, il loro percorso di avvicinamento al festival, sotto la guida degli artisti Lorenzo Capello, Enrico De Nicola, Alfredo Gioventù, Monica Marcenaro e Antonio Panella.
A dare il senso della festa, in un’invasione pacifica di vie e piazze, saranno anche gli artisti di circo e di teatro di strada invitati a Sestri Levante per la kermesse, le cui esibizioni prenderanno il via nel pomeriggio di venerdì 5 giugno. Dalla Svizzera arriva Samuelito, alla sua prima esibizione italiana, che con il suo «BeFree» trasforma la strada in palcoscenico insieme a ignari «volontari»: «il cane che gironzola nei dintorni, la famiglia che guarda dalla finestra, il bambino con il gelato in mano». L’argentino Mariano Guz presenterà, invece, a Sestri Levante il suo «Mate De Remate», personaggio stravagante, buffone, coraggioso e sincero che, nonostante le mille difficoltà che la vita gli ha messo sul cammino, riesce a portare a termine le sue imprese attraverso varie peripezie e quasi sempre con l'aiuto della sua immaginazione. Spazio, quindi, al Circo sottovuoto con il loro spettacolo «Che coppia», nel quale viene raccontata la relazione tra l’austera Rotty e il «tamarro» André. Dall’Italia arrivano anch La sbrindola, delirante e iper-energetico duo di musica e giocoleria, e Claudio Mutazzi che trasformerà il suo triciclo in bar ambulante per servire uno «Street Coffee». Da non perdere sono anche i due artisti della Compagnia autoportante che porterà in scena il suo «Fuori al naturale», racconto di una romantica storia d’amore, fuori da ogni tempo e da ogni luogo, che si svolge magicamente su di un filo sospeso in aria. Chiude la carrellata di circensi e artisti di strada presenti all’Andersen Festival Adrian Schvarzstein che, per l’occasione, si trasformerà in Greenman e nel timido e surreale Blishem.
Cuore della manifestazione sarà ovviamente la cerimonia di premiazione della quarantottesima edizione del «Premio H.C. Andersen - Baia delle favole», in programma nella mattinata di sabato 6 giugno. Testimonial della manifestazione sarà Ascanio Celestini, attore e regista, entrato nel cuore del grande pubblico per le sue qualità di narratore, per il suo caratteristico stile espressivo e antiretorico. Nel 2002, agli esordi, l’artista fu invitato a Sestri Levante e ora, da affermato autore sia teatrale che cinematografico, ritorna tra gli ospiti. Per i «Racconti della Baia del Silenzio», Ascanio Celestini presenterà -venerdì 5 giugno, alle ore 21.30- «Storie e contro storie. Racconti d’estate», uno spettacolo che raccoglie alcuni dei racconti pubblicati in «Io cammino in fila indiana», altri dalla versione francese «Discours à la Nation» e altri ancora più recenti.
L’apertura di questa sezione del festival spetta, però, a Sabina Guzzanti che, alle ore 19.30 di venerdì 5 giugno, si confronterà con il pubblico sul tema della felicità in un dialogo sospeso tra acqua e terra, che parte da una considerazione importante: «c’è una cosa molto semplice -racconta l’artista- che tutti possiamo fare: avere il coraggio delle nostre opinioni. Se solo avessimo il coraggio di dire quello che pensiamo, sempre, sereni e ad alta voce, questo paese già cambierebbe. Oggi sono pochissimi quelli che dicono pane al pane».
Sabato 6 giugno, alle ore 19, la Baia del Silenzio si animerà, invece, grazie a Rocco Tanica, dal 1982 musicista, autore e compositore del gruppo «Elio e Le Storie Tese», che si presenta a Sestri Levante nella veste inedita di narratore prendendo spunto da un suo libro, volutamente disconosciuto, dal titolo «Scritti scelti male», pieno di sorprese favolistiche esistenziali e surreali. Il sabato continua nel segno della musica: alle ore 21 sarà, infatti, in scena il Coro popolare della Maddalena di Genova, mentre alle ore 21.30 Beppe Covatta presenterà la sua personale rilettura del capolavoro dantesco «La Divina Commedia» in formato bambino.
Mentre la giornata di domenica 7 giugno, alla Baia del Silenzio, si aprirà con un evento pensato appositamente per l’Andersen Festival: la delicata narrazione che Ambra Angiolini svilupperà sul tema del «Potere alle favole», anche a partire da un cortometraggio curato con Max Croci per il la campagna nazionale «Nati per Leggere».
Dopo aver dato spazio al meraviglioso suono dell’arpa di Cecilia, giovane cantante musicista torinese, la manifestazione ligure si chiuderà, quindi, con un grande concerto di Niccolò Fabi che si esibirà in prima nazionale a Sestri Levante con lo Gnu Quartet, ensemble strumentale più innovativo degli ultimi anni. Brani come «Solo un uomo», «Oriente», «Rosso», «Costruire», «Il negozio di antiquariato» e molti altri diventeranno intimi, grazie ad arrangiamenti innovativi e sperimentali per archi, flauto e voce. Le canzoni di Niccolò Fabi cambieranno così pelle, senza mutare il significato e le intenzioni, ma svelando sensazioni diverse, grazie ad armonie eleganti e raffinate.
Come tutti gli anni il festival presenterà, poi, la sezione «Realtà del mondo». Per il 2015, in coincidenza con la visita del Papa nei Balcani, il Paese ospite sarà Sarajevo, capitale della Bosnia, luogo dove il «secolo breve», il Novecento, iniziò e terminò. A dialogare con Medici Senza Frontiere, nella serata di domenica 7 giugno, Enver Hadžiomerspahić, direttore del progetto Ars Aevi, museo d’arte contemporanea della città nato durante l’assedio e presentato nel 2014. Sempre per iniziativa di Coop Liguria si potrà anche assistere, nello stesso pomeriggio, all’anteprima di tre cortometraggi a disegni animati sul tema della pace, realizzati da gruppi di studenti provenienti da territori oggetto di conflitti -Israele e Palestina, Irlanda del Nord (cattolici e protestanti), Sarajevo (serbi-ortodossi, croati-cattolici, bosniaci-musulmani) che li hanno ideati e prodotti assieme a coetanei di scuole italiane, nell’ambito del progetto «Draw not war», del regista Matteo Valenti. I filmati si avvalgono, come colonna sonora, di tre famosissimi brani («Sunday Bloody Sunday», «Staring at the Sun» e «Insignificance»), concessi eccezionalmente in uso dagli autori (U2 e Pearl Jam) dato l’elevato contenuto valoriale del progetto, che ha il patrocinio del Comune e della Provincia di Genova, della Regione Liguria, del Ministero degli Affari esteri e di quello dell’Istruzione.
Non mancherà al festival l’atteso teatro per i bambini, con spettacoli e laboratori che avranno per cornice il seicentesco Convento dell’Annunziata. Il Teatro della Tosse sarà in scena con al «Lupo al Lupo! La vera storia dei tre porcellini», per la regia di Antonio Tancredi, la Fondazione Theodora presenterà il «Circo bambino» e il Teatrino dei Fondi la favola «Chicco di grano». Ad incantare il pubblico raccolto sotto il fico nella meravigliosa terrazza affacciata sul mare del convento dell’Annunziata saranno anche Ilaria Gelmi con «Nina la postina», Andrea Satta con «Ci sarà una volta» e, infine, Il té delle donne del mondo con «La strada della felicità». Un programma, dunque, vario quello di Sestri per riflettere sulla felicità, quel sentimento che Aristotele definiva «lo scopo ultimo della vita umana».


Informazioni utili 
Andersen Festival. Sedi varie – Sestri Levante (Genova). Programma: www.andersenfestival.com. Informazioni: tel. 0187.257213 o info@artificio23.it. Da giovedì 4 a domenica 7 giugno 2015.