È aperta a tutti, soprattutto agli amanti della montagna e delle passeggiate, la mostra «Racconti sospesi», un’installazione site specific di Christian Tasso nei boschi della Località Fontanelle di Malosco, a Borgo d’Anaunia, in Val di Non.
L’inedita galleria d’arte trentina ha per pareti gli alberi e per soffitto il cielo; qui, passeggiando tra il verde della natura e respirando a pieni polmoni l’aria pulita della montagna, si potrà vedere, fino al prossimo 5 settembre, una selezione di opere del fotografo maceratese, classe 1986, che vive e lavora tra l’Italia e la Svizzera (più precisamente la città di Ginevra), dove sviluppa progetti su temi legati alla comunità, i costumi e i rituali, la ricerca dell'identità attraverso e con gli altri, l’interazione con la natura e il rapporto tra memoria e territorio.
Le opere, sospese tra gli alberi che fanno da cornice e da supporto, creano una straordinaria armonia e sintonia con la natura circostante, e donano alla suggestiva atmosfera del bosco una spazialità duplicata. «L’installazione – dichiara a tal proposito Christian Tasso - è un atto simbolico, in molte situazioni non si capisce dove finisce il bosco ed inizia la fotografia, che sembra fluttuare nell’aria in mezzo agli alberi, creando un effetto molto suggestivo che porta subito agli occhi dello spettatore il messaggio di fusione tra uomo e natura».
Con questi lavori, il fotografo maceratese invita a riflettere sulla necessità di preservare il legame con la natura e il territorio. Approfondisce la relazione che oggi passa tra l'uomo e «la natura, la grande madre maltrattata». Per farlo, Christian Tasso ha passato molto tempo con contadini, uomini e donne di montagna e giovani pastori della Val di Non, dove, di recente si è creato il fenomeno del «ritorno», che ha visto molte persone, con percorsi di studio e lavoro in città grandi e all'estero, tornare nella valle trentina e abbracciare uno stile di vita più sano.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.christiantasso.com.
Cent’anni fa, nel 1921, moriva a Napoli Enrico Caruso, uno dei cantanti più famosi della storia. In quello stesso anno nascevano due dei tenori di riferimento del secolo scorso, indimenticabili protagonisti della scena operistica nazionale e internazionale: Giuseppe Di Stefano e Franco Corelli. Per celebrare questi tre anniversari, il Museo alla Scala di Milano ha appena lanciato sul suo sito la mostra virtuale «Caruso, Corelli, Di Stefano 1921-2021 / Miti del canto italiano», curata da Mattia Palma per conto del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
Visitando l'esposizione, il pubblico potrà muoversi liberamente negli ambienti riprodotti del Teatro alla Scala, anch’esso protagonista di una ricostruzione in 3D inedita che fonde spazi reali ad allestimenti architettonici interamente virtuali. Tramite l’interazione con punti sensibili (hotspot) sarà possibile approfondire temi e contenuti di ciascuna sezione, e accedere ai video realizzati da Punto Rec Studio, curatore dello spazio virtuale con allestimento architettonico progettato da Lorenzo Greppi (Studio Greppi), con materiali concessi da Rai Teche e Warner Classics.
Il percorso espositivo inizia con la figura di Enrico Caruso, pioniere dell’incisione discografica e simbolo della nuova sensibilità di un’epoca in cui l’eroismo tenorile ottocentesco cedeva il passo a interpretazioni più borghesi e intime, per poi proseguire con Franco Corelli e Giuseppe Di Stefano, protagonisti accanto a Maria Callas della scena lirica degli anni Cinquanta. Attraverso le testimonianze della stampa e delle fotografie di scena, questa sezione della mostra restituisce il clima artistico degli anni in cui la Scala e i suoi artisti erano portabandiera della ripresa italiana tra il dopoguerra e il boom economico. A chiudere la rassegna sarà un «concerto impossibile», un’esibizione virtuale dei tre artisti che interpretano la stessa aria: «Vesti la giubba» dai «Pagliacci» di Leoncavallo.
L'esposizione sarà visibile per un intero anno anche sul sito italiana.esteri.it, il portale del Ministero degli Affari esteri dedicato alla promozione della lingua, della cultura e della creatività italiana nel mondo. Per maggiori informazioni sulla mostra è possibile consultare la pagina https://www.teatroallascala.org/it/Caruso-Corelli-Di-Stefano-Miti-canto-italiano-mostra-virtuale.html.
LIBANO, UN ANNO DALL’ESPLOSIONE AL PORTO DI BEIRUT IN UN FOTOREPORTAGE DI FRANCESCA VOLPI
Il 4 agosto 2020 un’esplosione al porto di Beirut, in Libano, causò 207 morti, 6.500 feriti, molti dei quali sfigurati o menomati a vita, e 300mila sfollati, persone costrette ad abbandonare le loro case, distrutte o fortemente danneggiate dalla deflagrazione.
L'unica certezza emersa, in questi mesi, è che l'esplosione è stata generata dalla detonazione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, per anni rimaste apparentemente incustodite in un magazzino.
A un anno di distanza, WeWorld – organizzazione che da cinquant’anni difende i diritti di donne e bambini in ventisette Stati del mondo –, riporta l’attenzione sul Paese del Medio Oriente e lo fa con toccante fotoreportage di Francesca Volpi, che racconta una popolazione stremata da una situazione critica che si protrae da anni.
L’esplosione al porto di Beirut ha, infatti, solo acuito le difficoltà del Libano. «Questa tragedia – commenta a tal proposito Vincenzo Paladino, ECHO Program Manager di WeWorld - si è sommata agli effetti della crisi siriana del 2011 per cui il Paese conta sul suo territorio circa 1,5 milioni di rifugiati contro una popolazione stimata di 4,2 milioni di libanesi, e alla crisi socio-economica aggravatasi con la pandemia». La situazione è peggiorata non solo per la pandemia da Covid-19, ma anche a causa della svalutazione della moneta locale rispetto al dollaro: «Il settore bancario libanese è sull’orlo del collasso – raccontao ancora da WeWorld -; il tasso di disoccupazione è aumentato del 50% nei settori commerciali, e il tasso di povertà ha ormai superato il 50%. Sia i rifugiati siriani che la popolazione libanese sono a rischio sicurezza alimentare e hanno urgente bisogno di vedere garantiti la propria sicurezza alimentare, l’accesso ai servizi e la copertura delle spese di base».
Il video racconto di Francesca Volpi, che diventa anche occasione per sostenere i progetti di WeWorld (che a oggi ha reso disponibili in Libano 174 appartamenti, una libreria e un parco pubblico danneggiati dall’esplosione, e ha fornito assistenza economica a 319 famiglie), è on-line al link https://www.weworld.it/news-e-storie/news/libano-un-anno-dallesplosione-del-porto-di-beirut.
Il 4 agosto 2020 un’esplosione al porto di Beirut, in Libano, causò 207 morti, 6.500 feriti, molti dei quali sfigurati o menomati a vita, e 300mila sfollati, persone costrette ad abbandonare le loro case, distrutte o fortemente danneggiate dalla deflagrazione.
L'unica certezza emersa, in questi mesi, è che l'esplosione è stata generata dalla detonazione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, per anni rimaste apparentemente incustodite in un magazzino.
A un anno di distanza, WeWorld – organizzazione che da cinquant’anni difende i diritti di donne e bambini in ventisette Stati del mondo –, riporta l’attenzione sul Paese del Medio Oriente e lo fa con toccante fotoreportage di Francesca Volpi, che racconta una popolazione stremata da una situazione critica che si protrae da anni.
L’esplosione al porto di Beirut ha, infatti, solo acuito le difficoltà del Libano. «Questa tragedia – commenta a tal proposito Vincenzo Paladino, ECHO Program Manager di WeWorld - si è sommata agli effetti della crisi siriana del 2011 per cui il Paese conta sul suo territorio circa 1,5 milioni di rifugiati contro una popolazione stimata di 4,2 milioni di libanesi, e alla crisi socio-economica aggravatasi con la pandemia». La situazione è peggiorata non solo per la pandemia da Covid-19, ma anche a causa della svalutazione della moneta locale rispetto al dollaro: «Il settore bancario libanese è sull’orlo del collasso – raccontao ancora da WeWorld -; il tasso di disoccupazione è aumentato del 50% nei settori commerciali, e il tasso di povertà ha ormai superato il 50%. Sia i rifugiati siriani che la popolazione libanese sono a rischio sicurezza alimentare e hanno urgente bisogno di vedere garantiti la propria sicurezza alimentare, l’accesso ai servizi e la copertura delle spese di base».
Il video racconto di Francesca Volpi, che diventa anche occasione per sostenere i progetti di WeWorld (che a oggi ha reso disponibili in Libano 174 appartamenti, una libreria e un parco pubblico danneggiati dall’esplosione, e ha fornito assistenza economica a 319 famiglie), è on-line al link https://www.weworld.it/news-e-storie/news/libano-un-anno-dallesplosione-del-porto-di-beirut.
«TOVAGLIA A QUADRI», IN TOSCANA UNO SPETTACOLO TRA STORIA, ATTUALITÀ E BUONA CUCINA
È uno degli eventi più attesi dell’estate in Valtiberina. Dal 10 al 19 agosto ritorna ad Anghiari, in provincia di Arezzo, «Tovaglia a Quadri», «cena toscana con una storia da raccontare in quattro portate», per la drammaturgia originale di Paolo Pennacchini e di Andrea Merendelli, che ne cura anche la regia.
La ventiseiesima edizione dell’originale «spettacolo», che ogni anno registra l’apprezzamento del pubblico, si sposterà al castello di Sorci, un luogo pieno di storia antica e di storie recenti, un maniero che è anche una locanda dove da cinquant’anni transitano artisti, attori, scrittori e giornalisti.
La formula sarà sempre la stessa: tavole apparecchiate con ingredienti locali della tradizione d'Appennino faranno da scenario al racconto di storie legate alla memoria civile della collettività, piccole e grandi vicende che vanno dalle miniere etrusche a Leonardo, dal brigantaggio alle deportazioni nazifasciste, dall’emigrazione in Argentina alla svendita dell’acqua pubblica, dalla crisi del comparto artigianale alle tematiche ambientali.
«La carica civile non viene mai meno in questi appuntamenti», che prendono colore anche grazie all’umorismo tipicamente toscano, raccontano gli organizzatori.
L’evento di quest’anno sarà dedicato – si legge nella presentazione - alla «Filocrazia. La forza di un filo che sembrava smarrito. Di antica canapa per cucire una tovaglia in un luogo pieno di storia. Ritrovarsi sfollati come in guerra, senza sapere del prima, incerti del dopo. Un tipografo rilega un vecchio libro che pare avesse già scritto il futuro. Una donna ricuce una camicia da lavoro interrotto: se ritorna, qualcuno la indosserà. La fattoressa ha custodito e protetto gli sfollati nel suo castello, fino all'ultima cena. Da domani, nella città, la vita sociale riparte al grido di «un filo, un voto!», programmi elettorali da legarsi al dito. Ma l'ago è ancora nel pagliaio».
Per maggiori informazioni, anche in merito alla legislazione vigente in materia di misure per il contenimento dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, è possibile consultare il sito www.tovagliaquadri.com.
La ventiseiesima edizione dell’originale «spettacolo», che ogni anno registra l’apprezzamento del pubblico, si sposterà al castello di Sorci, un luogo pieno di storia antica e di storie recenti, un maniero che è anche una locanda dove da cinquant’anni transitano artisti, attori, scrittori e giornalisti.
La formula sarà sempre la stessa: tavole apparecchiate con ingredienti locali della tradizione d'Appennino faranno da scenario al racconto di storie legate alla memoria civile della collettività, piccole e grandi vicende che vanno dalle miniere etrusche a Leonardo, dal brigantaggio alle deportazioni nazifasciste, dall’emigrazione in Argentina alla svendita dell’acqua pubblica, dalla crisi del comparto artigianale alle tematiche ambientali.
«La carica civile non viene mai meno in questi appuntamenti», che prendono colore anche grazie all’umorismo tipicamente toscano, raccontano gli organizzatori.
L’evento di quest’anno sarà dedicato – si legge nella presentazione - alla «Filocrazia. La forza di un filo che sembrava smarrito. Di antica canapa per cucire una tovaglia in un luogo pieno di storia. Ritrovarsi sfollati come in guerra, senza sapere del prima, incerti del dopo. Un tipografo rilega un vecchio libro che pare avesse già scritto il futuro. Una donna ricuce una camicia da lavoro interrotto: se ritorna, qualcuno la indosserà. La fattoressa ha custodito e protetto gli sfollati nel suo castello, fino all'ultima cena. Da domani, nella città, la vita sociale riparte al grido di «un filo, un voto!», programmi elettorali da legarsi al dito. Ma l'ago è ancora nel pagliaio».
Per maggiori informazioni, anche in merito alla legislazione vigente in materia di misure per il contenimento dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, è possibile consultare il sito www.tovagliaquadri.com.
[La fotografia è di Giovanni Santi]
QUANDO LA MUSICA È GIOVANE. IL SASSOFONO DI JESS GILLAM SUL PALCO DEL BOLZANO FESTIVAL BOZEN
«23 anni, sorriso contagioso, talento fuori dal comune»: con poche parole il Bolzano Festival Bozen descrive Jess Gillam, giovane musicista inglese, considerata uno dei più luminosi astri nascenti del sassofono, il cui colorato e vivace mondo musicale di riferimento è formato da Bach, David Bowie e Shostakovic.
L’artista, che è anche la più giovane presentatrice di BBC Radio 3, canale che ospita il suo programma settimanale «This Classical Life», sarà in Trentino il prossimo 17 agosto «per incontrare – si legge nella nota stampa - l’energia dei coetanei della European Union Youth Orchestra», formazione che raccoglie i più promettenti musicisti d’Europa, nata da un progetto di Carlo Abbado.
Il concerto, in programma alle ore 20:30, proporrà al pubblico, sotto la direzione del maestro Vasily Petrenko, un programma che intreccerà musiche di Carl Maria Von Weber («Ouverture da Der Freischütz»), Michael Nyman («Where the Bee Dances») e Jean Sibelius («Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43»). Questa edizione del Bolzano Festival Bozen, che animerà il Trentino per sei settimane fino al prossimo 3 settembre, darà un posto di primo piano anche ad altre due orchestre giovanili, la Gustav Mahler Jugendorchester (in concerto il 20 e il 23 agosto) e la Masterclass dell’Accademia Gustav Mahler (in cartellone il 7 agosto), entrambe creature nate dalla visione del mai dimenticato maestro Claudio Abbado.
Fra le stelle del firmamento musicale ospiti del festival ci saranno, poi, anche il violoncellista Alban Gerhardt (9 agosto), il baritono Matthias Goerne (20 e 23 agosto), Arianna Lanci (19 agosto) e formazioni come lo Schumann Quartett (31 agosto e 1° settembre), il Festina Lente Ensemble, l’Accademia d’Archi di Bolzano (11 agosto) e l’Orchestra Haydn (4 agosto).
Tutto il programma può essere consultato sul sito www.busoni-mahler.ue.
«LO ZEN E L’ARTE DEL KAKEMONO», NUOVA ROTAZIONE DI OPERE ALLA GALLERIA GIAPPONESE DEL MAO DI TORINO
Si intitola «Lo zen e l’arte del kakemono» la nuova rotazione periodica delle opere più fragili della collezione permanente del Mao – Museo d’arte orientale di Torino. Questa volta la rotazione, visibile dal 3 agosto al 6 dicembre, interessa la galleria giapponese e, in particolare, le stampe, i libri e i kakemono, rotoli verticali che incorniciano eleganti dipinti e calligrafie su carta o su seta. Secondo la tradizione, i kakemono si appendono alle pareti delle case giapponesi, e in particolare nel tokonoma, una rientranza rialzata presente nelle abitazioni tradizionali dove vengono messi in mostra oggetti di valore.
Il kakemono fu introdotto in Giappone dalla Cina, probabilmente nel periodo Heian (794-1185), e se all’inizio era utilizzato essenzialmente come supporto per soggetti religiosi di tipo buddhista, divenne in seguito uno dei mezzi di espressione artistica prediletto dai pittori giapponesi. La pittura a tema buddhista, filo rosso di questa rotazione, è rappresentata al Mao dal dipinto più antico, di autore anonimo, presente nelle nostre collezioni: un’opera che costituisce anche un esempio classico di pittura devozionale da appendere nelle sale dei templi.
Si tratta del Bodhisattva Kannon «dalle undici teste», un kakemono a inchiostro e colori su seta risalente al periodo Muromachi (XIV-XV secolo) che raffigura Juichimen Kannon, la forma esoterica più nota del Bodhisattva di compassione Avalokiteshvara in Asia orientale. È caratterizzato da un tratto preciso con intento naturalistico, dall’abbondanza dei pigmenti, da una certa rigidità della composizione e dal supporto prezioso: un raffinato drappo in seta.
Gli altri kakemono esposti sono di natura, tecnica e talvolta materiali molto diversi. Lo stile è prevalentemente rapido e calligrafico, realizzato con poche pennellate decise di inchiostro su un supporto più umile come la carta, anche se non mancano esemplari su seta eseguiti a colori in uno stile più descrittivo.
Questi dipinti non raffigurano le divinità maggiori del Buddhismo bensì persone, rese spesso con esiti caricaturali: monaci famosi, fondatori di Scuole, personaggi divinizzati, per lo più di tradizione cinese, come Hotei (Budai in cinese), un personaggio vissuto in Cina tra il IX e il X secolo, considerato a livello popolare come un’incarnazione di Maitreya, il Buddha del futuro. Viene ritratto come un pingue e pacioso monaco, rasato e sorridente, che porta un sacco colmo di tesori per i fedeli. Questa figura è simbolo di generosità, appagamento e abbondanza, ed è spesso rappresentata attorniato da fanciulli, cui elargisce dolcini dalla sua sacca.
Nel corridoio che ospita le stampe e i libri trova invece posto la seconda parte della serie di xilografie «Murasaki Shikibu Genji Karuta» (Le carte di Genji di Murasaki Shikibu).
Per informazioni utili: www.maotorino.it.
ARTISSIMA, FONDAZIONE TORINO MUSEI CERCA UN NUOVO DIRETTORE
FOTOGRAFIA, PROROGA PER LA MOSTRA DI JOSEF KOUDELKA A ROMA
È stata prorogata fino al 26 settembre «Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza», la mostra con oltre cento immagini panoramiche del fotografo ceco allestita al Museo dell'Ara Pacis di Roma nella sua unica tappa italiana.
L’esposizione, accompagnata da un catalogo edito da Contrasto, racconta e ripercorre lo straordinario viaggio fotografico di Josef Koudelka alla scoperta delle radici della nostra storia. Il lavoro presentato è il frutto di un progetto unico nel suo genere, durato trent’anni, e realizzato esplorando e ritraendo con tenacia e continuità alcuni dei più rappresentativi e importanti siti archeologici del Mediterraneo. Il risultato complessivo è un’inedita e personalissima riflessione sull’antico, sul paesaggio, sulla bellezza che «suscita e nutre il pensiero». Le fotografie esposte in stretto dialogo con uno dei monumenti più significativi della prima età imperiale, acquistano, inoltre, il valore unico, forte, di immagini memorabili, in un rapporto intenso di rimandi e di echi di una memoria che a Roma più che altrove diventa presente.
Gli scatti in bianco e nero esposti, molti dei quali di grande formato, sono stati realizzati dal fotografo ceco tra Siria, Grecia, Turchia, Libano, Cipro (Nord e Sud), Israele, Giordania, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Portogallo, Spagna, Francia, Albania, Croazia e naturalmente Italia.
«I panorami senza tempo, ricchi di anima e fascino, caratterizzati da prospettive instabili, inaspettate, ambivalenti, ben rappresentano il lessico visuale e la cifra stilistica propri di Koudelka che, rifuggendo la semplice illustrazione e documentazione delle rovine, sceglie si legge nella nota stampa - di dare respiro a ciò che resta delle vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, rappresentandole in un’eterna tensione tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto, tra enigma ed evidenza».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.arapacis.it.
ESTATE SPETTACOLO 2021, UN CONCERTO DI ANGELO BRANDUARDI AL PORTO ANTICO DI GENOVA
QUANDO LA MUSICA È GIOVANE. IL SASSOFONO DI JESS GILLAM SUL PALCO DEL BOLZANO FESTIVAL BOZEN
«23 anni, sorriso contagioso, talento fuori dal comune»: con poche parole il Bolzano Festival Bozen descrive Jess Gillam, giovane musicista inglese, considerata uno dei più luminosi astri nascenti del sassofono, il cui colorato e vivace mondo musicale di riferimento è formato da Bach, David Bowie e Shostakovic.
L’artista, che è anche la più giovane presentatrice di BBC Radio 3, canale che ospita il suo programma settimanale «This Classical Life», sarà in Trentino il prossimo 17 agosto «per incontrare – si legge nella nota stampa - l’energia dei coetanei della European Union Youth Orchestra», formazione che raccoglie i più promettenti musicisti d’Europa, nata da un progetto di Carlo Abbado.
Il concerto, in programma alle ore 20:30, proporrà al pubblico, sotto la direzione del maestro Vasily Petrenko, un programma che intreccerà musiche di Carl Maria Von Weber («Ouverture da Der Freischütz»), Michael Nyman («Where the Bee Dances») e Jean Sibelius («Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43»). Questa edizione del Bolzano Festival Bozen, che animerà il Trentino per sei settimane fino al prossimo 3 settembre, darà un posto di primo piano anche ad altre due orchestre giovanili, la Gustav Mahler Jugendorchester (in concerto il 20 e il 23 agosto) e la Masterclass dell’Accademia Gustav Mahler (in cartellone il 7 agosto), entrambe creature nate dalla visione del mai dimenticato maestro Claudio Abbado.
Fra le stelle del firmamento musicale ospiti del festival ci saranno, poi, anche il violoncellista Alban Gerhardt (9 agosto), il baritono Matthias Goerne (20 e 23 agosto), Arianna Lanci (19 agosto) e formazioni come lo Schumann Quartett (31 agosto e 1° settembre), il Festina Lente Ensemble, l’Accademia d’Archi di Bolzano (11 agosto) e l’Orchestra Haydn (4 agosto).
Tutto il programma può essere consultato sul sito www.busoni-mahler.ue.
«LO ZEN E L’ARTE DEL KAKEMONO», NUOVA ROTAZIONE DI OPERE ALLA GALLERIA GIAPPONESE DEL MAO DI TORINO
Si intitola «Lo zen e l’arte del kakemono» la nuova rotazione periodica delle opere più fragili della collezione permanente del Mao – Museo d’arte orientale di Torino. Questa volta la rotazione, visibile dal 3 agosto al 6 dicembre, interessa la galleria giapponese e, in particolare, le stampe, i libri e i kakemono, rotoli verticali che incorniciano eleganti dipinti e calligrafie su carta o su seta. Secondo la tradizione, i kakemono si appendono alle pareti delle case giapponesi, e in particolare nel tokonoma, una rientranza rialzata presente nelle abitazioni tradizionali dove vengono messi in mostra oggetti di valore.
Il kakemono fu introdotto in Giappone dalla Cina, probabilmente nel periodo Heian (794-1185), e se all’inizio era utilizzato essenzialmente come supporto per soggetti religiosi di tipo buddhista, divenne in seguito uno dei mezzi di espressione artistica prediletto dai pittori giapponesi. La pittura a tema buddhista, filo rosso di questa rotazione, è rappresentata al Mao dal dipinto più antico, di autore anonimo, presente nelle nostre collezioni: un’opera che costituisce anche un esempio classico di pittura devozionale da appendere nelle sale dei templi.
Si tratta del Bodhisattva Kannon «dalle undici teste», un kakemono a inchiostro e colori su seta risalente al periodo Muromachi (XIV-XV secolo) che raffigura Juichimen Kannon, la forma esoterica più nota del Bodhisattva di compassione Avalokiteshvara in Asia orientale. È caratterizzato da un tratto preciso con intento naturalistico, dall’abbondanza dei pigmenti, da una certa rigidità della composizione e dal supporto prezioso: un raffinato drappo in seta.
Gli altri kakemono esposti sono di natura, tecnica e talvolta materiali molto diversi. Lo stile è prevalentemente rapido e calligrafico, realizzato con poche pennellate decise di inchiostro su un supporto più umile come la carta, anche se non mancano esemplari su seta eseguiti a colori in uno stile più descrittivo.
Questi dipinti non raffigurano le divinità maggiori del Buddhismo bensì persone, rese spesso con esiti caricaturali: monaci famosi, fondatori di Scuole, personaggi divinizzati, per lo più di tradizione cinese, come Hotei (Budai in cinese), un personaggio vissuto in Cina tra il IX e il X secolo, considerato a livello popolare come un’incarnazione di Maitreya, il Buddha del futuro. Viene ritratto come un pingue e pacioso monaco, rasato e sorridente, che porta un sacco colmo di tesori per i fedeli. Questa figura è simbolo di generosità, appagamento e abbondanza, ed è spesso rappresentata attorniato da fanciulli, cui elargisce dolcini dalla sua sacca.
Nel corridoio che ospita le stampe e i libri trova invece posto la seconda parte della serie di xilografie «Murasaki Shikibu Genji Karuta» (Le carte di Genji di Murasaki Shikibu).
Per informazioni utili: www.maotorino.it.
[Nella foto: Autore: Utagawa Kunisada II (1823-1880) | Titolo: Wakana no ge (“Giovani Germogli” parte seconda) | Oggetto: stampa | Soggetto: Figura con mantello e dama in una portantina | Cronologia specifica: 1857 | Epoca: Edo (Tokugawa) | Materia e Tecnica: silografia nishiki-e]
ARTISSIMA, FONDAZIONE TORINO MUSEI CERCA UN NUOVO DIRETTORE
La Fondazione Torino Musei apre una selezione non vincolante per la ricerca del direttore artistico di Artissima, fiera internazionale d’arte contemporanea di Torino che dal 1994 rappresenta un osservatorio privilegiato grazie alla partecipazione di gallerie internazionali che si caratterizzano per la qualità delle proposte e degli artisti rappresentati.
Il direttore sarà il responsabile dell’ideazione, dello sviluppo e dell’attuazione del progetto commerciale e culturale della fiera, con il compito di consolidare il posizionamento internazionale di Artissima, assicurando la qualità della proposta artistica e favorendo politiche gestionali e commerciali, finalizzate a incrementarne la redditività e a sviluppare il brand, attraverso l’ideazione e la realizzazione di progetti speciali.
L’incarico avrà la durata di tre anni, a partire dall'edizione del 2022, con possibilità di proroga per altri due anni.
Il profilo ideale prevede una qualificata conoscenza specialistica dell’arte contemporanea internazionale, consolidate relazioni nel mercato dell’arte contemporanea e aver maturato esperienze di responsabilità nella gestione aziendale, nella gestione di eventi, nell’ambito del marketing e delle pubbliche relazioni e nello sviluppo di attività digitali, preferibilmente riferite al mercato dell’arte.
Le candidature dovranno pervenire, entro e non oltre le ore 12.00 ora italiana del 13 settembre 2021, via mail all’indirizzo PEC segreteria.ftm@pec.it.
L'edizione 2021, la numero ventotto dall'inizio della sua storia, sarà, dunque, l'ultima diretta da Ilaria Bonacossa, direttrice scelta nel 2017 da una commissione esterna composta da Andrea Bellini, Michela Bondardo, Silvia Evangelisti, Guido Guerzoni e Francesco Manacorda.
La manifestazione si terrà dal 5 al 7 novembre all'OVAL - Lingotto Fiere. In aggiunta all’esposizione fieristica suddivisa in Main Section, Dialogue/Monologue, New Entries e Art Spaces & Editions, Artissima si compone di tre sezioni artistiche dirette da board di curatori e direttori di musei internazionali, dedicate agli artisti emergenti, al disegno e alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea.
Le tre sezioni avranno 30 artisti per 30 gallerie, dieci per ogni sezione che sono rispettivamente curate da Ilaria Gianni e Fernanda Brenner «Present Future», da Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar «Back to the Future» e da Bettina Steinbrügge e Lilou Vidal «Disegni». Dal 2020 le tre sezioni sono ospitate virtualmente anche sulla piattaforma digitale Artissima XYZ, nata lo scorso anno a causa della pandemia da Coronavirus.
In attesa dell'appuntamento, dal 2 agosto, sull’account Instagram della fiera torinese – @ArtissimaFair – sarà possibile leggere la rubrica #ArtissimaSummer, una speciale selezione di opere dalle passate edizioni della fiera, quest’anno tutta dedicata alla danza e al ballo, a tempo e controtempo, in linea con il tema dell’edizione 2021. «Un mese di danze travolgenti, salti leggeri, passi coordinati» attende, dunque, i follower del profilo di Artissima. Una serie di opere colorerà, infatti, il mese di agosto della fiera torinese, attraverso un viaggio dinamico ed emozionante, fatto di immagini che richiamano il corpo in libertà, la leggerezza, la celebrazione della gioia fisica, lo slancio, la fantasia.
Il bando può essere scaricato al link: https://www.fondazionetorinomusei.it/sites/default/files/bando%20it%20ARTISSIMA_DEF.pdf?fbclid=IwAR2kyEm93G_F7IOygtR9022M6mvt0JPxoQ-kSuSIoAU8WjBnAxW2fSCHX20.
FOTOGRAFIA, PROROGA PER LA MOSTRA DI JOSEF KOUDELKA A ROMA
È stata prorogata fino al 26 settembre «Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza», la mostra con oltre cento immagini panoramiche del fotografo ceco allestita al Museo dell'Ara Pacis di Roma nella sua unica tappa italiana.
L’esposizione, accompagnata da un catalogo edito da Contrasto, racconta e ripercorre lo straordinario viaggio fotografico di Josef Koudelka alla scoperta delle radici della nostra storia. Il lavoro presentato è il frutto di un progetto unico nel suo genere, durato trent’anni, e realizzato esplorando e ritraendo con tenacia e continuità alcuni dei più rappresentativi e importanti siti archeologici del Mediterraneo. Il risultato complessivo è un’inedita e personalissima riflessione sull’antico, sul paesaggio, sulla bellezza che «suscita e nutre il pensiero». Le fotografie esposte in stretto dialogo con uno dei monumenti più significativi della prima età imperiale, acquistano, inoltre, il valore unico, forte, di immagini memorabili, in un rapporto intenso di rimandi e di echi di una memoria che a Roma più che altrove diventa presente.
Gli scatti in bianco e nero esposti, molti dei quali di grande formato, sono stati realizzati dal fotografo ceco tra Siria, Grecia, Turchia, Libano, Cipro (Nord e Sud), Israele, Giordania, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Portogallo, Spagna, Francia, Albania, Croazia e naturalmente Italia.
«I panorami senza tempo, ricchi di anima e fascino, caratterizzati da prospettive instabili, inaspettate, ambivalenti, ben rappresentano il lessico visuale e la cifra stilistica propri di Koudelka che, rifuggendo la semplice illustrazione e documentazione delle rovine, sceglie si legge nella nota stampa - di dare respiro a ciò che resta delle vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, rappresentandole in un’eterna tensione tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto, tra enigma ed evidenza».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.arapacis.it.
[Crediti delle immagini: «Josef Koudelka. Radici. Evidenza della storia, enigma della bellezza». Museo dell'Ara Pacis, Roma © Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali]
UN’OPERA DI EDOARDO TRESOLDI PER L’AREA ARCHEOLOGICA DI SAN PIETRO A BARI VECCHIA
L’area archeologica di San Pietro a Bari vecchia sarà presto arricchita da un’opera di arte contemporanea. A firmare il lavoro sarà Edoardo Tresoldi, artista milanese che indaga le poetiche del dialogo tra uomo e paesaggio utilizzando il linguaggio architettonico come strumento espressivo e chiave di lettura dello spazio. Sue sono importanti installazioni in spazi pubblici, contesti archeologici, festival e mostre come «Simbiosi» per il prestigioso contesto di Arte Sella o Etherea» per il Coachella Music and Arts Festival negli Stati Uniti.
Edoardo Tresoldi, che in Puglia ha già realizzato un intervento autoriale per lo scavo archeologico della Basilica paleocristiana di Siponto (2016), si è aggiudicato il bando promosso dal Segretariato regionale per la Puglia del Ministero della cultura, diretto dall’architetto Maria Piccarreta, con il sostegno dei fondi europei. Il Segretariato regionale del MiC per la Puglia ha messo a disposizione dell’artista alcuni ambienti di sua proprietà in cui il gruppo di lavoro, che vede in squadra anche funzionari del ministero, sta progettando l’intervento sulla base di una corposa documentazione scientifica, esito di anni di studi condotti sull’area di San Pietro, principale sito archeologico del capoluogo pugliese insieme all’attiguo complesso del Monastero di Santa Scolastica, oggi sede del Museo Archeologico. L’area, affacciata direttamente sul mare, si estende per 4.400 mq nella punta estrema della lingua di terra su cui si sviluppa il borgo antico di Bari. Le indagini archeologiche condotte per anni nel sito hanno documentato come nell’area siano stratificati quasi quattromila anni di storia, partendo dal primo insediamento dell’Età del bronzo, senza soluzione di continuità, fino agli anni ’60 del Novecento.
Immagini: ©Roberto Conte
L’area archeologica di San Pietro a Bari vecchia sarà presto arricchita da un’opera di arte contemporanea. A firmare il lavoro sarà Edoardo Tresoldi, artista milanese che indaga le poetiche del dialogo tra uomo e paesaggio utilizzando il linguaggio architettonico come strumento espressivo e chiave di lettura dello spazio. Sue sono importanti installazioni in spazi pubblici, contesti archeologici, festival e mostre come «Simbiosi» per il prestigioso contesto di Arte Sella o Etherea» per il Coachella Music and Arts Festival negli Stati Uniti.
Edoardo Tresoldi, che in Puglia ha già realizzato un intervento autoriale per lo scavo archeologico della Basilica paleocristiana di Siponto (2016), si è aggiudicato il bando promosso dal Segretariato regionale per la Puglia del Ministero della cultura, diretto dall’architetto Maria Piccarreta, con il sostegno dei fondi europei. Il Segretariato regionale del MiC per la Puglia ha messo a disposizione dell’artista alcuni ambienti di sua proprietà in cui il gruppo di lavoro, che vede in squadra anche funzionari del ministero, sta progettando l’intervento sulla base di una corposa documentazione scientifica, esito di anni di studi condotti sull’area di San Pietro, principale sito archeologico del capoluogo pugliese insieme all’attiguo complesso del Monastero di Santa Scolastica, oggi sede del Museo Archeologico. L’area, affacciata direttamente sul mare, si estende per 4.400 mq nella punta estrema della lingua di terra su cui si sviluppa il borgo antico di Bari. Le indagini archeologiche condotte per anni nel sito hanno documentato come nell’area siano stratificati quasi quattromila anni di storia, partendo dal primo insediamento dell’Età del bronzo, senza soluzione di continuità, fino agli anni ’60 del Novecento.
Immagini: ©Roberto Conte
Il cantante di «Cogli la prima mela» e «Alla fiera dell'Est» è tornato nella città dove è cresciuto e dove ha iniziato i suoi studi musicali, Genova. Giovedì 5 agosto Angelo Branduardi si è esibito all’Arena del Mare, uno degli spazi più scenografici della città, inserito nel contesto altrettanto scenografico di Porto Antico. Dopo sei anni di assenza, il pubblico ligure (e non solo) ha potuto, dunque farsi incantare dalle note del poeta, polistrumentista e compositore lombardo, uno dei più importanti esponenti di quella canzone d'autore italiana che, dagli anni Settanta a oggi, ha mantenuto intatta la sua freschezza, senza risentire degli effetti di un salto temporale.
Angelo Branduardi ha festeggiato così i suoi quarantacinque anni di carriera, presentando anche il nuovo album, «Il cammino dell'anima», dedicato all’opera visionaria di Hildegarde von Bingen, monaca, reclusa secondo la regola di San Benedetto, fin dall’età di otto anni e poi badessa di Bingen, che è oggi figura molto apprezzata non solo dai musicisti, ma anche dalle femministe come documentano gli studi della medievalista Michela Pereira.
«Hildegarde - si legge nella nota stampa - fu mistica e poeta, musicista, filologa ed erborista, era e rimane ammirata per avere esplorato senza paura il posto dell’anima nel cosmo e per avergli dato voce con la sua visione musicale unica. Nella sua epoca, come nella nostra, quella che fu chiamata «La Sibilla del Reno» e parlò alla pari con papi e imperatori, resta fonte di stupore per coloro che sono disposti ad ascoltarla. Hildegarde definì «Sinfonia» il ciclo lirico delle sue opere, per lei l’anima è «sinfonica» e trova la sua espressione nell’accordo segreto di anima e corpo nell’atto musicale, nell’armonia prodotta dal suono degli strumenti e dalla voce umana, nell’armonia celeste e nell’accordo misterioso che viene dal profondo dell’anima».
A proposito della Santa e Dottore della Chiesa, Angelo Branduardi racconta: «La musica è nata con la religione» con «lo sciamano che faceva da tramite tra l’uomo e Dio» e per Hildegarde von Bingen «la musica è la forma più alta dell’attività umana, quella che meglio riflette l’ineffabile suono delle sfere celesti».
Per maggiori informazioni sul concerto e sui prossimi appuntamenti al Porto Antico, che prevedono anche un concerto di Ron (10 agosto) e di Loredana Bertè (18 agosto), è possibile consultare il sito www.portoantico.it.
Angelo Branduardi ha festeggiato così i suoi quarantacinque anni di carriera, presentando anche il nuovo album, «Il cammino dell'anima», dedicato all’opera visionaria di Hildegarde von Bingen, monaca, reclusa secondo la regola di San Benedetto, fin dall’età di otto anni e poi badessa di Bingen, che è oggi figura molto apprezzata non solo dai musicisti, ma anche dalle femministe come documentano gli studi della medievalista Michela Pereira.
«Hildegarde - si legge nella nota stampa - fu mistica e poeta, musicista, filologa ed erborista, era e rimane ammirata per avere esplorato senza paura il posto dell’anima nel cosmo e per avergli dato voce con la sua visione musicale unica. Nella sua epoca, come nella nostra, quella che fu chiamata «La Sibilla del Reno» e parlò alla pari con papi e imperatori, resta fonte di stupore per coloro che sono disposti ad ascoltarla. Hildegarde definì «Sinfonia» il ciclo lirico delle sue opere, per lei l’anima è «sinfonica» e trova la sua espressione nell’accordo segreto di anima e corpo nell’atto musicale, nell’armonia prodotta dal suono degli strumenti e dalla voce umana, nell’armonia celeste e nell’accordo misterioso che viene dal profondo dell’anima».
A proposito della Santa e Dottore della Chiesa, Angelo Branduardi racconta: «La musica è nata con la religione» con «lo sciamano che faceva da tramite tra l’uomo e Dio» e per Hildegarde von Bingen «la musica è la forma più alta dell’attività umana, quella che meglio riflette l’ineffabile suono delle sfere celesti».
Per maggiori informazioni sul concerto e sui prossimi appuntamenti al Porto Antico, che prevedono anche un concerto di Ron (10 agosto) e di Loredana Bertè (18 agosto), è possibile consultare il sito www.portoantico.it.