ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 14 dicembre 2020

Luxottica e Pinacoteca di Brera insieme per l’arte. Umberto Boccioni, Giorgio Morandi e Piero della Francesca tra le vie di Milano

La Pinacoteca di Brera esce per le vie di Milano. In attesa di poter tornare a visitare i musei, chiusi al pubblico fino al prossimo 15 gennaio per effetto del nuovo Dpcm, presentato nella giornata del 3 dicembre, Luxottica accende i suoi schermi digitali nelle più importanti vie e piazze del capoluogo lombardo per dare voce e visibilità a una delle più importanti collezioni permanenti italiane, prezioso patrimonio per il nostro Paese.
Fino al prossimo 20 dicembre, chi cammina per il centro cittadino - in luoghi strategici come piazza Cadorna, piazza Cordusio e Corso Matteotti - potrà imbattersi nei colori, nei particolari e nelle emozioni di sei capolavori della Pinacoteca di Brera.
Le opere selezionate vogliono essere un omaggio alla città e ai collezionisti che hanno donato al museo le loro preziose collezioni d’arte moderna.
Dalla raccolta di Emilio Jesi sono state selezionate la «Rissa in Galleria» (1910) di Umberto Boccioni, opera dove già si respira la tensione tipica del futurismo, sebbene siano conservati ancora retaggi naturalistici, e la «Camera incantata» (1917) di Carlo Carrà, lavoro dalle inconfondibili suggestioni metafisiche che raffigura oggetti dalle forme geometriche e dai colori terrosi: un manichino che rappresenta la madre, un cilindro di cuoio con un parrucchino che simboleggia il padre e un set da pesca, memoria di un hobby di famiglia.
Mentre Lamberto Vitali, «il milanese che parlava toscano», viene ricordato con due opere dell’amico Giorgio Morandi, il maestro della luce e dell’equilibrio: «Natura Morta» (1920) e i «Fiori» (1918).
A queste quattro tele, riprodotte in grande formato per il progetto di Luxottica, se ne aggiungono altre due, selezionate tra le più conosciute e celebrate del museo: la «Sacra conversazione» (1472-1474) di Piero della Francesca, nota come «Pala di Brera», e la «Predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto» (1504-1507) di Gentile e Giovanni Bellini.
Questo è il secondo esperimento di divulgazione artistica per il progetto «Luxottica for art», che nei mesi appena trascorsi, tra ottobre e novembre, ha coinvolto la Pinacoteca ambrosiana, storico istituto cittadino fondato nel 1607, e sei suoi capolavori. In quell’occasione, le opere scelte erano state la «Canestra di frutta» del Caravaggio, il «Vaso di fiori con gioiello, monete, conchiglie» di Jan Brueghel il Vecchio, «L’arco della pace a Milano» di Giovanni Migliara, il «Paesaggio invernale con pattinatori» di Hendrick Avercamp, il «Ritratto di musico» di Leonardo da Vinci e il «Ritratto di dama» di Giovanni Ambrogio De Predis.
«L’arte è tra le eccellenze italiane più note al mondo. Per questo Luxottica, azienda che rappresenta l’eccellenza dell’eyewear Made in Italy a livello internazionale e da sempre porta avanti iniziative di promozione e tutela del patrimonio culturale nell’ambito della propria visione di sostenibilità, ha lanciato a Milano un progetto innovativo di valorizzazione dell’arte», spiegano dall’azienda, una delle più grandi produttrici mondiali di montature per occhiali da vista e da sole.
«L’iniziativa, resa possibile grazie a un dialogo costruttivo tra Luxottica e le istituzioni museali cittadine, ha come obiettivo quello di rendere l’arte accessibile a tutti, permettendo di riscoprirne il valore e mostrando l’immenso patrimonio culturale che ci circonda, in una logica di restituzione di bellezza alla città dove il gruppo ha la propria sede direzionale», raccontano ancora da Luxottica.
L’azienda fu, infatti, fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, ex martinitt, l’orfanotrofio milanese dove la madre fu costretta ad affidarlo dopo la morte del padre e dove l’imprenditore rimase fino ai 14 anni.
Milano, dunque, per la Pinacoteca è la casa e la storia, per Luxottica il luogo delle profonde radici. Insieme i due enti hanno voluto fare un regalo ai milanesi, invitandoli a ricordare le opere che sono il loro vanto in tutto il mondo e a rimanere «a occhi aperti». Prima o poi - si spera presto - i musei riapriranno. Per ora l'arte la si può incontrare passeggiando per strada, con lo sguardo volto verso l'alto, verso il cielo. 

Informazioni utili

venerdì 4 dicembre 2020

Crespi d’Adda, da venticinque anni è sito Unesco. Tra i doni per l’anniversario il Museo interattivo delle memorie

Da venticinque anni è uno dei siti italiani dell’Unesco. Era, infatti, il 5 dicembre 1995 quando a Berlino, nella riunione del Comitato per il Patrimonio dell’Umanità, si annunciava che, insieme a Siena, Ferrara e Napoli, anche il villaggio operaio di Crespi d’Adda era stato inserito nella World Heritage List. Si trattava, allora, dell’undicesimo sito in Italia, il terzo in Lombardia e il quinto al mondo per l’archeologia industriale a meritarsi il prezioso riconoscimento.
La motivazione addotta dagli esperti delegati dall’Unesco dettagliava come Crespi d’Adda fosse «un esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, che vide la luce in Europa e nell’America del Nord tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, espressione della filosofia predominante tra gli industriali illuminati nei riguardi dei loro operai».
L’Unesco premiava anche l’integrità architettonica del luogo, fondato nel 1878 intorno al Cotonificio Benigno Crespi, collocato in prossimità del fiume Adda, proprio sul confine tra le provincie di Milano e Bergamo, e più precisamente nel Comune di Capriate San Gervasio.
Il villaggio aveva e ha ancora oggi una struttura molto particolare: l’impianto regolare delle strade e la sua fisionomia urbanistica permetteva e permette di individuare in modo chiaro tutti gli edifici che formano il paese, composto, oltre che dalla fabbrica e dalle abitazioni, anche da strutture sociali e, un tempo, a uso pubblico come il lavatoio, il dopolavoro, l’albergo, il piccolo ospedale, la scuola, il teatro, la chiesa, i bagni pubblici con piscina e il cimitero.
Venticinque anni fa, il villaggio operaio di Crespi d’Adda otteneva il prezioso riconoscimento grazie all’audace iniziativa di alcuni giovani universitari locali, riuniti nel goliardico «Centro sociale Fratelli Marx», in grado, con un supporto più formale che sostanziale da parte delle istituzioni locali, di promuovere e far comprendere al mondo il valore di questo piccolo luogo italiano, insediamento rappresentativo di una cultura industriale divenuta vulnerabile per l’impatto di cambiamenti sociali ed economici irreversibili.
Al fine di tutelare il villaggio operaio dalla aggressione di una spregiudicata speculazione edilizia supportata da una parte della comunità, negli anni Novanta, questi giovani elaborarono, infatti, un «progetto di rivalutazione culturale per Crespi d’Adda», all’interno del quale era previsto, oltre a una serie di azioni di promozione turistica, l’ambizioso progetto di presentare la necessaria documentazione per l’inserimento del sito nella World Heritage List.
Due anni dopo, il sogno diventava realtà e ora questa storia rivivrà in un libro, che vedrà la luce la prossima primavera. L’autore, Giorgio Ravasio, fu testimone di tutta la vicenda che portò all’inserimento del villaggio operaio tra i Patrimoni mondiali dell'Umanità e, in occasione dell'anniversario, ripercorrerà i fatti, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa. «Voglio raccontare come andarono realmente le cose in quegli anni -dichiara, infatti, l’autore-. Molti si sono arrogati meriti non propri e molti che osteggiarono la nomination sono poi saliti sul carro dei vincitori. Nel mentre, ai veri eroi di questa esperienza non sono mai stati riconosciuti i meriti di questo risultato incredibile. Sarà l’occasione per fare chiarezza su un periodo importantissimo della nostra storia».
Va ricordato che questi venticinque anni non sono sempre stati facili. Nel 2003 il villaggio di Crespi d’Adda è, infatti, stato chiuso definitivamente. Dieci anni dopo, nel 2013, l’imprenditore bergamasco Antonio Percassi lo ha acquisito con l’idea di farne la sede operativa delle proprie aziende nonché un campus dell'innovazione e dell'arte aperto ad altri partner, con un museo e zone espositive accessibili al pubblico.
Il punto centrale dell'esperienza di interpretazione e conoscenza del luogo è oggi l’Unesco Visit Center, dove si trovano la biglietteria, il museo multimediale, l’archivio storico, il bookshop e le aule laboratoriali. Ma per il futuro si hanno in mente tanti altri progetti di valorizzazione, come per esempio la restituzione al pubblico dell’ex edicola, che diventerà un Book crossing point, e del cinema.
Al villaggio Crespi d’Adda, -racconta ancora Giorgio Ravasio- «siamo riusciti a dispetto di tutto e di tutti, a creare valore e a riconsegnare un possibile futuro lavorativo alla discarica dei sogni imprenditoriali della manifattura italiana attraverso l’azione della comunità, o almeno di parte di essa. Mi immagino la Crespi d’Adda 2.0 come a un significativo indirizzo simbolico per l’impresa del futuro: sostenibile, intelligente, visionaria. Una Sylicon Valley bergamasca permeata, densa e carica di cultura, elemento indispensabile per una industria responsabile e di successo che guardi al domani come una sfida colma di possibilità».
Quella di Crespi d’Adda è, dunque, una storia da festeggiare e, Covid-19 permettendo, lo si farà la prossima primavera, con una serie di iniziative che andranno ad affiancare la normale programmazione di visite guidate.
Donatella Pirola
, assessore alla Cultura del Comune di Capriate San Gervasio, promette l’inaugurazione, per il prossimo mese di maggio, dell’Archivio storico che, con il supporto di Fondazione Legler, è stato riordinato, inventariato e catalogato. Per divulgarne il contenuto verrà pubblicato un libro fotografico che valorizzerà le straordinarie immagini fissate sulle lastre di vetro preservate nell’archivio.
Durante il periodo di chiusura forzata per l’emergenza pandemica da Coronavirus, al villaggio operaio di Crespi d’Adda sono riusciti anche a lavorare alla progettazione e alla realizzazione del Museo interattivo delle memorie, a disposizione del pubblico e delle scuole dalla prossima primavera.
Uno strumento in più, questo, per scoprire o riscoprire un luogo significativo della nostra storia industriale, magari iniziando già a progettare una gita fuoriporta per i prossimi mesi, appena l'Unesco Visit Center di Capriate San Gervasio sarà totalmente fruibile e l’allentarsi delle misure restrittive per frenare la diffusione del Coronavirus renderà più liberi i nostri spostamenti.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Crespi d'Adda, Unesco Visitor Centre e Monumento ai caduti - ©Marlin Dedaj, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 2] Crespi d'Adda, Ingresso della fabbrica - ©Walter Carrera, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 3] Crespi d'Adda, Panorama dal belvedere - ©Walter Carrera, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 4] Crespi d'Adda, Massa di operai nella fabbrica - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 5] Crespi d'Adda, Sala caldaie - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 6] Crespi d'Adda, Spaccio di generi alimentari - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 7] Crespi d'Adda, Veduta aerea - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda

Informazioni utili
Il luogo è visitabile prenotando una guida al numero 02.90939988 o scrivendo all’indirizzo e-mail a info@crespidadda.it; a partire dal mese di marzo e fino a tutto novembre, ogni domenica e tutti i giorni festive, è aperto un punto informazioni che distribuisce mappe e organizza visite guidate anche senza prenotazione. Per informazioni è possibile contattare anche il Comune di Capriate San Gervasio al numero 02.9091712 o all’indirizzo e-mail info@visitcrespi.it. I siti internet di riferimento sono www.crespidadda.it o www.visitcrespi.it

giovedì 3 dicembre 2020

Un dicembre d’arte fuori dai musei: Venezia si illumina con le luci d’artista di Fabrizio Plessi, a Roma i separè anti-Covid incontrano la fotografia

L’arte è più forte del Coronavirus. In questo secondo lockdown delle mostre e dei musei, la cultura non arriva solo a domicilio grazie al Web e agli strumenti social, ma invade anche le vie delle grandi città. Giochi di luce firmati da grandi interpreti dell’arte internazionale animeranno, per esempio, i centri storici di Torino e Venezia in occasione dell’imminente Natale.
La città sabauda ha, infatti, da poco riacceso le sue tradizionali «Luci d’artista»: ventisei installazioni, quattordici nel centro città e dodici nelle circoscrizioni, che portano la firma di autori del calibro di Daniel Buren, Joseph Kosuth, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Alfredo Jaar, Mario Merz e molti altri ancora. 
Venezia risponde a questo evento tradizionale, che si rinnova per il ventitreesimo anno consecutivo, con due progetti nuovi di zecca, entrambi incentrati sulla luce, simbolo di rinascita e di speranza.
Dal 5 al 31 dicembre, il ponte di Rialto, punto nevralgico di commerci e di scambi che unisce le due sponde del Canal Grande, si illuminerà grazie a un gioco di proiezioni e dissolvenze, teso a raccontare alcune pagine significative della storia della città, attraverso opere e progetti di artisti e architetti quali Carpaccio, Jacopo de’ Barbari, Antonio Ponte, Vincenzo Scamozzi e il Canaletto.
La struttura in pietra d’Istria del ponte diventerà così un vero e proprio schermo cinematografico dove più volte nell’arco della serata, dall’imbrunire a tarda notte, scorrerà una selezione di immagini selezionate dallo Studio Etra Comunicazione di Alessandro Toso Fei, che in questo modo ha voluto introdurre i festeggiamenti per i milleseicento anni dalla fondazione di Venezia.
In piazza San Marco sarà, invece, possibile vedere un albero di luce dorata firmato da Fabrizio Plessi, artista di fama internazionale che nello stesso luogo, sulle grandi finestre dell’Ala napoleonica del Museo Correr, quelle rivolte verso la Basilica di San Marco, ha proposto nei mesi passati l’opera «L’età dell’oro».
L’installazione site specific, visibile dal 4 dicembre al 6 gennaio, si configura come un faro luminoso, composto da oltre ottanta moduli di un metro per cinquanta centimetri, che, prendendo la forma di un albero della vita, uniscono simbolicamente terra, acqua e cielo, interpretando il senso più profondo del Natale.
Ma in questo fine anno tanto diverso dal solito, l’arte entra anche nei locali pubblici. L’emergenza sanitaria per il Covid-19 ha portato Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti a ideare una mostra molto particolare per il loro locale: il Necci dal 1924 di Roma, in via Fanfulla da Lodi, 68, strada cara a Pier Paolo Pasolini
Il 7 dicembre inaugurerà la rassegna «Andava tutto bene», realizzata in collaborazione con l’Archivio Dufoto. Si tratta di una selezione di sedici fotografie inedite degli anni Sessanta, che ritraggono attori, cantanti e intellettuali come Federico Fellini, Silvana Mangano, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Catherine Spaak, Giorgio Gaber e Sergio Endrigo
Questi scatti sono stati collocati sopra le barriere anti-contagio e lì vi rimarranno -raccontano dal bar-ristorante capitolino, nel cuore del quartiere Pigneto- «fino a che il Covid ci separerà».
Le immagini scelte sono state realizzate in caffè e ristoranti, luoghi di straordinaria vivacità, veri fulcri di una stagione, quella della «Dolce vita», che segnò un’autentica rinascita sociale e culturale.
Questa esposizione non vuole, dunque, essere solo un modo alternativo di pensare le barriere anti contagio, ma anche un’occasione per riflettere sul valore della socialità e sui suoi luoghi, un invito a ricordare (per un futuro prossimo) l’importanza primaria dell’incontro dei corpi e dello scambio di idee.
Le fotografie sono state stampate volutamente in grande formato, su supporti autoportanti di centoquaranta per settanta centimetri, per dare il più possibile l’impressione di condividere il tavolo con icone della cultura, facendo colazione o pranzo con commensali speciali.
«A questi pannelli - raccontano ancora Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti - è destinata una funzione importante, di compagnia, di estetica e di diffusione di una bellezza che dura e durerà per sempre. E in un momento buio come quello che stiamo attraversando, un concetto come la bellezza, porta in sé un potere salvifico inestimabile». Questa mostra racconta, dunque, che il bello salva e che c'è ancora vita e arte oltre gli schermi del computer. Fuori. Tra le vie della città. 

Informazioni utili

Vedi anche