ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 27 gennaio 2021

Giuseppe Penone dona al Castello di Rivoli duecento opere su carta

«La prima intuizione, la / prima idea di un’opera /annotata su un foglio / testimonia il fluttuare / dell’immaginazione prima / di irrigidirsi nella forma. / È bello pensare di / posare le idee nei luoghi / in cui sono apparse fluttuanti». In queste parole, affidate nel gennaio 2021 a un foglio di carta, Giuseppe Penone (Garessio, 1947), uno dei principali esponenti dell’Arte povera, commenta l’importanza di donare i propri disegni a un museo ubicato nello stesso luogo in cui vengono concepite e realizzate le sue opere, prima che esse viaggino in tutto il mondo. Queste parole, oggi, fanno parte della collezione del Castello di Rivoli. L’artista ha, infatti, deciso di donare al museo piemontese, uno dei più grandi spazi in Italia dedicati all’arte contemporanea, questo foglio e altri duecentodiciotto lavori su carta, oltre a preziosi materiali d’archivio e alla grande opera «Svolgere la propria pelle – finestra» (1970-2019), versione dell’importante lavoro allestito dall’artista nel 1972, in occasione di Documenta 5 a Kassel, con diciannove impronte del proprio corpo riportate fotograficamente su pellicola su pannelli di vetro. L’opera, affiancata a un’edizione del libro «Rovesciare gli occhi» (Einaudi, Torino, 1977), sarà proposta permanentemente nella sala della Biblioteca, nella Manica Lunga, nella forma attuale acquisita in occasione della mostra «Harald Szeemann. Museum of Obsessions / Museo delle ossessioni» del 2019.
L’ingente corpus donato da Giuseppe Penone – composto principalmente da disegni, note di lavoro autografe, riflessioni manoscritte, schizzi progettuali, rendering architettonici, fotografie realizzate dallo stesso artista e scatti annotati –, sarà conservato al Crri, centro internazionale di ricerca del Castello di Rivoli, dove gli studiosi di tutto il mondo potranno approfondire la pratica dell’artista, rintracciarne i dettagli costruttivi e ripercorrerne i processi ideativi.
Nella donazione grande spazio hanno le opere di arte pubblica, lavori di grandi dimensioni, realizzati principalmente in area piemontese, ovvero a pochi chilometri da casa. Sfogliando queste carte, si spazia, infatti, dal ciclo «Sculture fluide» (2003-2007), quattordici opere per il Parco Basso della Reggia di Venaria, tra le quali ci sono «Tra scorza e scorza» e «Pelle di marmo»,  all'installazione «Anfora» per il Castello di Rivoli (2016-2019) , passando per «Albero giardino» (1998), lavoro collocato all’interno del Giardino dei caduti di Cefalonia e Corfù, in corso Francesco Ferrucci, composto da una galleria percorribile che assume la forma di un albero coricato con tre rami. Il lavoro è stato commissionato nel 1995 dalla città di Torino per integrare il proprio piano di riqualificazione urbana in vista della creazione del passante ferroviario.
La donazione al museo piemontese rappresenta un importante tassello nella sua storia e in quella del suo centro di ricerca, come ricorda Andrea Viliani, responsabile e curatore del Crri. Lo studioso afferma, infatti, che «nell’ambito degli studi e delle poetiche afferenti in vario modo all’Arte povera, il Castello di Rivoli si pone come istituzione di riferimento a livello internazionale». E ricorda, inoltra, che «tra i movimenti artistici più importanti del XX secolo, l’Arte povera trova la sua origine in Piemonte, territorio dal quale, come Penone stesso, un numeroso gruppo di artisti proviene».
Va, inoltre, segnalato che la donazione integra e completa quelle effettuate nel giugno 2020 a due fra i più importanti musei internazionali: il Philadelphia Museum of Art - che ha ricevuto trecentonove opere su carta e cinque libri d’artista in edizione limitata - e il Centre Pompidou di Parigi - al quale sono state assegnate trecentocinquanta opere su carta.
Nel 2022 i tre musei organizzeranno mostre dedicate ai materiali donati, perlopiù mai esposti. In tale occasione, il Crri del Castello di Rivoli editerà un volume, concepito in stretta collaborazione con l’artista, che documenterà tutte le opere pubbliche collocate all’aperto, con particolare attenzione a quelle appena donate al museo. Il percorso cartaceo  spazierà, dunque, dalle fotografie di «Alpi Marittime» (1968), una serie di azioni performative compiute nel bosco di Garessio interagendo con gli elementi naturali, a «In limine» (2008), l’albero fuso in bronzo con base in marmo posto di fronte alla Gam di Torino, realizzato in occasione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, senza dimenticare «Identità» (2017), l’imponente doppio albero in alluminio, bronzo e specchio ‘piantato’ nel 2019 proprio di fronte al Castello di Rivoli.
A proposito delle tre donazioni, Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del museo piemontese, ha affermato: «Significa qualcosa quando uno tra i più grandi artisti del mondo decide di donare un eccezionale corpus di opere a tre grandi musei pubblici. È un’investitura e un atto di fiducia nella capacità delle istituzioni pubbliche di reggere alle crisi momentanee e alle intemperie, e pertanto di durare nel tempo – un tempo molto più lungo di quello di una sola vita. Si tratta di trasmettere ai posteri dei semi che sono la propria arte, fiduciosi che essi potranno germinare in un futuro oggi ancora inimmaginabile».
La donazione al Castello di Rivoli è un motivo di vanto in più per Carolyn Christov-Bakargiev e per i suoi collaboratori dal momento che Giuseppe Penone fa parte, dal 2017, del Comitato consultivo del museo (conoscendone, dunque, bene la programmazione) e che nel corso degli anni, dal 1984 al 2019, dalla collettiva «Ouverture» alla personale «Incidenze del vuoto», l'artista ha più volto esposto in questi spazi o ha partecipato a rassegne promosse dall’ente torinese in altre prestigiose realtà come lo State Museum Hermitage di San Pietroburgo o il Museum of Contemporary Art di Sydney.
Tra i protagonisti più rappresentativi dell’Arte povera, Giuseppe Penone si occupa a partire dalla fine degli anni Sessanta dell’interazione tra natura e arte, esplorando – racconta ancora la direttrice del Castello di Rivoli - «i fondamenti della scultura quale modo per conoscere e comprendere empiricamente il mondo».
L'artista fa, quindi, dello studio delle analogie tra forme culturali e naturali il fulcro della sua pratica artistica, esplorando la comune essenza che unisce essere umano e natura in un continuo stato di partecipazione e simbiosi reciproca.
L’albero, che Giuseppe Penone considera «l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura», è un elemento centrale in questo lavoro ed è parte integrante di una visione in cui tutti gli elementi – minerali, vegetali, animali e umani – sono fluidi e interconnessi. A tal proposito, Carolyn Christov-Bakargiev afferma ancora: «L’arte di Penone si basa sul principio di incarnare una consapevolezza fisica, tattile-visiva, di tutti gli organismi viventi e delle loro trasformazioni. L’artista percepisce il mondo e la vita in modo scultoreo, toccandone e accarezzandone le parti costitutive, senza mai distinguere tra natura e cultura o, piuttosto, senza pretendere alcuna superiorità dell’essere umano rispetto al resto del mondo naturale. Si tratta di un incontro e, quindi, di relazioni tra l’umano e la materia, tra l’umano e il non umano, questioni di pelle e di toccarsi, elementi conoscitivi a cui i disegni su carta donati puntualmente ci introducono».
Questo corpus grafico va ad aggiungersi ad altri importanti lavori dell’artista, acquisiti negli anni dal Castello di Rivoli. Si tratta di cinque opere, fondamentali nel suo percorso, quattro delle quali in comodato dalla Fondazione per l’arte moderna e contemporanea Crt («Albero di 5 metri», 1969-1970; «Albero di 11 metri», 1969- 1989; «Respirare l’ombra», 1999 e «Pelle di foglie (Sguardo a terra)», 2003) e una - «Soffio di creta H (1978)» - donata dalla Fondazione Marco Rivetti.
Il Castello di Rivoli diventa così casa privilegiata di una pratica artistica che ricorda «l'importanza di radicarci poeticamente nel pianeta in cui viviamo – rammenta Andrea Viliani-. Una lezione, questa, «la cui urgenza e importanza il nostro mondo globalizzato e digitalizzato, ma anche in profonda crisi da un punto di vista ecologico, sta imparando a riconoscere, sulla propria pelle». (sam)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Penone, L'albero ricorderà il contatto del mio corpo, 1968 ©Archivio Penone - Castello di Rivoli; [fig. 2] Giuseppe Penone, In limine, schizzi e note di lavoro, 2008. ©Archivio Penone - Castello di Rivoli; [fig. 3] Giuseppe Penone, Giardino delle sculture fluide - rendering architettonico, (2003-2007). ©Archivio Penone - Castello di Rivoli; [fig. 4] Giuseppe Penone, Continuera a crescere tranne che in quel punto. ©Archivio Penone - Castello di Rivoli; [fig. 5] Giuseppe Penone, Svolgere la propria pelle – finestra, 1970-2019. Veduta dell’installazione al Castello di Rivoli.  Foto © Antonio Maniscalco ; [fig. 6] Veduta dell’installazione a documenta 5, Kassel, Fridericianum, 1972. Foto © Paolo Mussat Sartor. Courtesy Archivio Penone; [fig. 7]  Giuseppe Penone, Giardino delle sculture fluide - schizzi e note di lavoro, (2003-2007). ©Archivio Penone - Castello di Rivoli

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martedì 26 gennaio 2021

«L’arte cura»: il Castello di Rivoli e i musei civici di Firenze si candidano come presidi per le vaccinazioni anti-Covid

Parte dal Castello di Rivoli, uno dei maggiori musei italiani di arte contemporanea, il progetto-pilota per la campagna nazionale «La cultura cura», messo a punto da Cultura Italiae nell’ambito del programma «RespirO2», una serie di proposte, giunte in risposta all’appello «Vissi d’arte», che invita a utilizzare musei, biblioteche, cinema e teatri quali presidi sanitari territoriali per le vaccinazioni anti-Covid.
Carolyn Christov-Bakargiev, direttrice dell'istituzione piemontese, ha dichiarato a tal proposito: «l'arte ha sempre contribuito alla cura della società – non è un caso che alcuni dei primi musei al mondo fossero precedentemente degli ospedali. Vorremmo adesso restituire il favore, per così dire, mettendo a disposizione le sale del Castello di Rivoli per il piano di vaccinazione nazionale.
Il nostro museo, ospitato in un edificio barocco, è ben attrezzato per questo scopo. I nostri spazi - prosegue la direttrice - sono abbastanza ampi da ospitare un centro per le vaccinazioni sicuro, in cui si possono rispettare le distanze di sicurezza; i nostri custodi sono accoglienti e ben addestrati nel monitorare il pubblico. Ma soprattutto si tratta di un impegno – condiviso anche da altri musei pubblici – a creare uno luogo accessibile e al servizio della comunità. Sebbene le nostre mostre siano attualmente chiuse al pubblico (il Piemonte si trova in zona arancione, ndr), i nostri edifici possono continuare a servire a questo scopo e ad adempiere alla nostra missione». 
Per le vaccinazioni, il Castello di Rivoli mette a disposizione le sale del terzo piano, dove è ospitata la mostra di wall painting di Claudia Comte. Gli spazi, per la loro grandezza, - assicurano dal museo piemontese - «permetteranno, nello specifico, di allestire nei prossimi mesi postazioni vaccinali e spazi per il monitoraggio post-vaccinale in un ambiente confortevole e sicuro che, grazie alle rigorose procedure igieniche, assicurerà la massima tutela». 
La proposta ha incontrato il favore del sindaco di Rivoli, Andrea Tragaioli, che ha già avuto un primo riscontro positivo da parte dell’Asl To3, ma che deve comunque attendere le indicazioni dal Ministero della Salute.
I musei proprio per le azioni di monitoraggio e di controllo svolte normalmente, si prestano, dunque, come spazi ideali per accogliere sedi vaccinali. Ne sono convinti anche a Firenze, dove l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, nell’ambito del convegno on-line «More Museum. Il futuro del museo tra cambiamenti e nuovi scenari», ha messo a disposizione per la campagna di Cultura Italiae la rete dei Musei civici, della quale fanno parte, tra gli altri, il Museo di Palazzo Vecchio, Santa Maria Novella, la Cappella Brancacci, il Forte del Belvedere e il Museo del ciclismo «Gino Bartali».
Durante il simposio che lo scorso 14 gennaio ha visto la partecipazione virtuale di oltre quaranta direttori di museo, Tommaso Sacchi ha dichiarato, a tal proposito, che gli spazi della cultura «devono cambiare pelle e mettersi a disposizione della società» e che «i musei devono sempre più essere parte della nostra vita, della nostra educazione, della nostra società».
«A Firenze - ha aggiunto l’assessore - la commistione tra funzioni sociali diverse è già iniziata e cultura e musei saranno sempre più vicini alla vita quotidiana dei cittadini. Per esempio a Santa Maria Novella il futuro museo della Lingua sarà a fianco del social housing, mentre Manifattura Tabacchi e Torre ex Fiat a Novoli ospiteranno rispettivamente residenze artistiche e una nuova casa del contemporaneo: due enormi ex fabbriche della città diventeranno fabbriche delle idee migliori». In quest’ottica rientra la messa a disposizione dei musei cittadini per la campagna vaccinale.
Nel mondo dello spettacolo – si apprende dalla pagina Facebook di Cultura Italiae – si è, invece, proposto il teatro Franco Parenti di Milano, che, in collaborazione con l’Asl competente, ha messo a disposizione per le vaccinazioni alcuni spazi della Palazzina dei Bagni Misteriosi, l'ex Centro balneare Caimi, con annessa piscina scoperta, che la Fondazione Pier Lombardo ha riqualificato e riaperto al pubblico nel 2016.

Primule d’artista, il Mibact per la campagna di vaccinazione anti-Covid 
Non è la prima volta che il mondo dell’arte si schiera a favore della campagna vaccinale quale simbolo di ripartenza del Paese e, di conseguenza, di un settore che più di altri ha risentito della crisi economica causata dalla pandemia, come documentano anche gli ultimi dati diffusi da Confcommercio che hanno visto nell’ultimo anno diminuire del 47% gli acquisti mensili in cultura delle famiglie italiane.
In occasione del #VaccineDay dello scorso 27 dicembre, il Mibact aveva, infatti, lanciato la campagna di comunicazione «L’Italia rinasce con un fiore», portando il pubblico alla scoperta di «primule -si legge nella nota stampa- di diverse specie, dalle corolle color giallo, arancio e rosa, scolpite su marmi, stampate su pergamene, dipinte su porcellane, catalogate in antichi erbari, descritte in codici botanici nascoste tra piccoli decori oppure protagoniste di pitture parietali e affreschi decorativi».
Sulla card dell’iniziativa è stata utilizzata una sintesi di raffinati esemplari floreali, oltre a un primo piano del busto e delle mani della «Dama col mazzolino» di Andrea Del Verrocchio, conservata al Museo nazionale del Bargello. 
Tra gli esempi proposti ci sono le primule intarsiate nel «fregio di camino» di Francesco di Giorgio Martini a Palazzo Ducale di Gubbio, quelle ricamate sul vivace bordo di un costume tradizionale della Calabria al Museo delle civiltà di Roma, quelle dipinte sulle porcellane della Manifattura Discry del Servizio Raggi alle Galleria nazionale di Palazzo Spinola, a Genova. Ci sono, poi, le primule stampate su una cartolina del 1919, conservata all'interno del Fondo Cesare Poma dell'Archivio di Stato di Biella, e quelle rappresentate nelle cinquecentine della Biblioteca universitaria di Cagliari, nei volumi sulla «Flora italiana ossia Raccolta delle piante più belle che si coltivano nei giardini d’Italia» della Biblioteca Palatina di Parma, nella collana «Flora Napolitana» custodita alla Biblioteca nazionale di Napoli, ma anche nella corona di fiori della «Ninfa alata» di Gennaro De Crescenzo, nella Saletta neoclassica di Palazzo reale, sempre nella città partenopea. 

Musei aperti in zona gialla e solo nei giorni feriali. Da Federculture ad Icom: «una scelta da rivedere»
Nel frattempo, con il Dpcm del 14 gennaio 2021, hanno iniziato a riaprire i musei in zona gialla, ma solo nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì. La decisione è stata da più parti criticata.
Federculture, l’associazione nazionale degli enti pubblici e privati, delle istituzioni e delle aziende che operano nel campo delle politiche e delle attività culturali, ha giustamente sottolineato, in una lettera al ministro Dario Franceschini, che «legare l’apertura dei musei alla variabile dell’attribuzione di colori alle regioni di appartenenza rende imprevedibile la durata dei periodi di apertura e di chiusura, con conseguenze non gestibili sull’organizzazione del personale e delle prenotazioni».
Nella missiva si evidenzia anche un altro dato che rivela la criticità della decisione presa: «è difficile – scrive il presidente Andrea Cancellato - comprendere quale sia la logica dell’apertura nei soli giorni feriali: se l’esigenza è quella di non sovraccaricare il sistema dei trasporti urbani, si consente una potenziale, pur ridotta, utenza proprio nei giorni di maggiore affollamento dei mezzi pubblici e delle strade».
Anche la sezione italiana di Icom - International Council of Museums è stata critica nei confronti delle modalità di riapertura sottolineando anch'essa che «la perdurante incertezza sulle prospettive di funzionalità, basate su indici rilevati ogni due settimane, impedirà una realistica programmazione delle attività e dei servizi e quindi una positiva inversione di tendenza in termini di occupazione e di incisività culturale e sociale».
Pure Amaci, l’associazione che riunisce ventiquattro tra i principali musei d’arte contemporanea italiani, è voluta intervenire nel dibattito con una lettera al premier Giuseppe Conte e al ministro Dario Franceschini, nella quale sottolinea come la riapertura parziale dei musei rischi di «penalizzare ulteriormente il loro ruolo e la loro funzione sociale, mettendo a rischio la sostenibilità, non soltanto economica e finanziaria».
Toni duri sono stati, infine, usati da Agta - Associazione guide turistiche abilitate che ha parlato di «una presa in giro» perché di fatto il Dpcm vieta l’apertura negli unici giorni, il sabato e la domenica, nei quali c’è una maggiore possibilità di visita.
«Durante i feriali – spiega, a tal proposito, la presidente Isabella Ruggiero - i musei erano frequentati da turisti, scolaresche e pensionati: i turisti non ci sono, le gite scolastiche sono vietate e le persone anziane cercano di non uscire per evitare il contagio. Considerato che sono vietati gli spostamenti tra regioni, è bloccato anche il turismo interno; quindi, a volere/potere visitare i musei possono essere solo i residenti e al massimo gli abitanti dei comuni circostanti. Peccato che i residenti sono quelli che normalmente dal lunedì al venerdì lavorano e non hanno tempo per visitare i monumenti». Per quale motivo, dunque, vietare l’apertura nei fine settimana? A causa dei trasporti, l’elemento più critico nelle nostre città? Alla domanda pleonastica, Isabella Ruggiero risponde: «non ha senso, perché i trasporti sono pieni e in crisi proprio nei giorni feriali e molto più vuoti il sabato e domenica». E allora per quale motivo?
L’affondo di Agta è duro: «siccome riteniamo che tutto questo sia troppo folle per essere concepito per sbaglio – conclude la presidente dell’associazione- siamo purtroppo arrivati alla conclusione che tali norme si spiegano solo con la volontà di rendere inutile l’apertura. Così poi si dirà che i musei sono risultati vuoti e che comunque è troppo costoso aprirli e chiuderli continuamente. Le nuove norme appaiono come la diabolica risposta a chi ha protestato negli ultimi mesi contro la chiusura. La maggior parte della gente ha recepito solo l’annuncio della riapertura e registra tale notizia come positiva, ma chi è del settore ha capito che di fatto non riaprirà quasi nulla».
Nel frattempo è stato appena firmato da Dario Franceschini un Decreto ministeriale per l'istituzione di un tavolo permanente per i professionisti della cultura così da valutare le problematiche del settore connesse all'emergenza sanitaria e venire incontro alle esigenze di tutti. 
Pur consapevoli che la continuità dell’offerta espositiva è legata alla permanenza in zona gialla e al mantenimento dell’indice Rt sotto l’1, sono, comunque, molti i musei che in Basilicata, Campania, Toscana, Molise, Provincia autonoma di Trento hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e hanno riaperto per i loro concittadini (anche in Sardegna gli spazi espositivi sono stati accessibili per un'intera settimana, prima che la regione fosse spostata in fascia arancione). Speranza e resilienza continuano, dunque, a essere le parole chiave del  mondo della cultura per vivere questo periodo incerto e difficile. (sam)

lunedì 25 gennaio 2021

Brafa Art Fair, una fiera diffusa per gli amanti dell’antiquariato

Brafa Art Fair
, la tradizione rassegna belga d’arte antiquaria, che ogni anno accoglie oltre 65mila visitatori, cambia volto. Per non arrendersi alla pandemia da Coronavirus che rende difficoltosi gli spostamenti tra gli Stati, l’Associazione Foire des Antiquairs de Belgique, con il supporto di Delen Private Bank, ha ideato una vera e propria «fiera diffusa».
Dal 27 al 31 gennaio in trentasette città, ubicate in tredici nazioni prevalentemente europee, sarà possibile vedere centoventisei mostre a tema, unendo così nel segno dell’antiquariato luoghi come ParigiAmsterdamMoscaLisbonaZurigoAnversaLondraBudapest e Roma, ma non solo. 
«L'epicentro» organizzativo sarà il sito brafa.org, dove gli utenti potranno vedere le singole esposizioni dei galleristi in video, volando con la fantasia anche in Giappone, a Nagoya, e negli Stati Uniti, nelle città di San Francisco e New York.
Ogni gallerista avrà la propria pagina personale, sulla quale potrà esporre fino a nove opere (tre dal momento dell’iscrizione, altre sei opere dal giorno della preview, prevista in tutti i Paesi per il 27 gennaiodalle 14 alle 21), con descrizioni complete, recapiti, nonché una mappa e un video personale e originale, registrato appositamente per l'occasione.
Ma in contemporanea sarà anche possibile riscoprire il piacere dell’incontro con un’opera d’arte grazie all’apertura di tutte le gallerie coinvolte in questa inedita edizione di Brafa Art Fair, fiera che debutta sulla scena artistica belga nel 1956, all’interno dell’Arlequin Hall della Galleria Louiza di Bruxelles, grazie a un’idea di Charles Van Hove e Mamy Wouters, all’epoca rispettivamente presidente e vicepresidente della Camera reale belga degli antiquari, e che nel 1995, con Christian de Bruyn al vertice, apre i suoi confini a tutto il mondo, diventando l’apprezzato evento mercantile europeo che conosciamo oggi.
Tutti i partecipanti saranno aperti nelle stesse date e negli stessi orari: dopo l'anteprima di mercoledì 27, saranno visitabili da giovedì 28 gennaio a domenica 31 gennaio, dalle 11 alle 18, salvo le undici sedi di Knokke-Heist, località balneare belga, che hanno scelto date e orari di apertura adeguati alle specificità del luogo: sabato 30 e domenica 31 gennaio e sabato 6 e domenica 7 febbraio, dalle 11 alle 18.
Tra le centoventisei gallerie presenti a questa edizione di Brafa Art Fair ce ne sono undici al debutto: Artimo Fine Arts (Bruxelles), Arts et Autographes (Parigi), Dr. Lennart Booij Fine Arts e Rare Items (Amsterdam), Hadjer (Parigi), Nao Masaki (Nagoya), Jordi Pascual (Barcellona), São Roque - Antiguidades e Galerie de Arte (Lisbona), Tenzing Asian Art (San Francisco), Van der Meij Fine Arts (Amsterdam), Maurice Verbaet (Knokke) e Waddington Custot (Londra).
Altre, invece, esporranno nella sede di un collega. A Knokke-Heist, per esempio, Véronique Bamps proporrà le sue opere da Berko Fine Paintings; a Bruxelles, invece, i lavori delle gallerie Jean Lemaire e Francis Janssens van der Maelen saranno in mostra da Costermans e Pelgrims de Bigard, mentre quelle di Dr. Lennart Booij Fine Arts & Rare Items da Huberty & Breyne.  I membri della Clam - Chambre professionnelle belge de la librairie ancienne et moderne, l'associazione dei librai antiquari belgi esporranno nelle gallerie Claude Van Loock e Le Tout VenantAdrian SchlagDe Jonckheere e Whitford Fine Art hanno selezionato location speciali a Bruxelles, proprio come la Galleria Repetto, che sarà in mostra a Milano, a pochi passi dal Castello Sforzesco, negli eleganti spazi di via Vincenzo Monti 8.  Oltre a ricevere gli appassionati d'arte nelle loro gallerie, Didier ClaesXavier EeckhoutCéline e Fabien MathivetGabriela e Mathieu Sismann e Benjamin Steinitz saranno ospiti di Francis Maere Fine Arts (Gand), a margine della mostra collettiva «Paris-Gent-NYC». Infine, Univers du Bronze e Brame & Lorenceau accoglieranno una mostra nella loro galleria di Parigi oltre ad esporre opere l’una in un indirizzo temporaneo a Bruxelles, l’altra a La Patinoire Royale - Galerie Valérie Bach
Per visitare in presenza i vari spazi espositivi sarà possibile scaricare la mappa della città di proprio interesse, disponibile in pdf sul sito di Brafa Art Fair, dove sarà possibile anche consultare il catalogo e i vari pezzi proposti.
Anche l’Italia sarà tra le protagoniste di questa inedita edizione della fiera belga ribattezzata per l'occasione Brafa in the galleries
 A Milano sarà possibile ammirare il miglior design italiano del '900 da Robertaebasta (via Fiori Chiari 2-3), capolavori di arte africana e orientale da Dalton Somaré (via Borgonuovo 5), opere di ebanisteria da Brun Fine Arts (via Carlo Pisacane 40), arte contemporanea nelle sale di Cortesi Gallery (via Morigi 8) e da Repetto Gallery, nella sua sede temporanea in via Vincenzo Monti 8.
Roma saranno in mostra principalmente dipinti del XIX secolo grazie alla partecipazione di Paolo Antonacci (via Alibert 16/A) e W. Apolloni (Palazzo Patrizi, via Margutta 53B).
La Gioielleria Nardi di Venezia (piazza San Marco 69) esporrà, invece, le sue iconiche creazioni che raccontano lo spirito della città attraverso l'oro e le pietre preziose.
Mentre ad Arezzo si potrà entrare nella wunderkammer contemporanea di Theatrum Mundi (via Cesalpino 20) per meravigliarsi davanti a un fossile di 175 milioni di anni fa o a un casco originale arrivato direttamente dal set di «Star Wars».
In Piemonte, infine, la galleria Chiale Fine Art di Racconigi (via Stefano Tempia 22) festeggerà i cinquant’anni di attività con una selezione di arredi, dipinti e sculture dal XIV al XX secolo.
In un percorso che spazia dal tavolo in micro-mosaico con vedute di Roma su gueridon in mogano realizzato da Paul Sormani (1817-1866) alla ceramica policroma «Cristo» (1956-57) di Lucio Fontana, dall’iconica spilla pendente «L’albero della vita» in oro bianco e diamanti alla «Poltrona di Proust» firmata da Alessandro Mendini per Cappellini (1978), dalla tela «Omaggio a La Fornarina» del pittore belga Philippe-Jacques van Bree (1786-1871) a «La rosa» (1981) di Michelangelo Pistoletto, sono tanti i pezzi di qualità che le gallerie italiane presenteranno a Brafa Art Fair, importante vetrina per l’arte antiquaria e per i collezionisti, che da sempre scelgono questo evento mercantile per i loro investimenti d’arte.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Albero della vita. Spilla pendente di Nardi Moretto realizzata in oro bianco 18 kt, incastonata con più di 6 ct. di diamanti. Opera in mostra alla Gioielleria Nardi di Venezia; [fig. 2]  Poltrona di Proust firmata da Alessandro Mendini per Cappellini (1978). Opera d'arte esposta alla galleria Robertaebasta di Milano; [fig. 3]  Philippe-Jacques van Bree (Anversa 1786-1871 Bruxelles), Omaggio alla Fornarina: un panificio a Roma. Olio su tela, 128 x 100 cm. Firmato P: van Brée. Roma. Opera esposta da Apolloni a Roma; [fig. 4] Carla Accardi (Trapani 1924-2014 Roma), Negativo (ideogramma), 1954. Smalto e caseina su tela, 88,50 x 116,50 cm. Firmato Opera esposta alla galleria Robertaebasta di Milano; [fig. 5] Lucio Fontana (Rosario, Argentina 1899-1969 Comabbio, Italia), Cristo, 1956-1957. Ceramica policroma smaltata, H 38 x L 15 x P 12 cm. Firmato sul retro L. F.. Certificato di autenticità della Galleria Blu. Registrato dall'Archivio Lucio Fontana al n. 1185/15, Milano. Provenienza: Galleria Blu, Milano; collezione privata, Trento. Opera esposta dalla Galleria Repetto

Informazioni utili 

Brafa in the galleries.Orari: anteprima - mercoledì 27, dalle ore 14 alle ore 21 | 28-31 gennaio, dalle ore 11 alle ore 18. Sito internet: www.brafa.art. Da mercoledì 27 a domenica 31 gennaio 2021