ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 31 luglio 2013

Dai souvenir di viaggio ai capolavori della Valtiberina, un’estate di grandi mostre

«Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L'autunno la ricorda, l'inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla»: scriveva Ennio Flaiano, nel 1968, all’interno del suo «Diario degli errori». Anche in tempo di crisi economica e con un bel tempo che non sembra proprio voler rubare la scena a piogge e temporali, l’estate rimane una breve parentesi dalle abitudini, il momento ideale per ritagliarsi del tempo libero da dedicare al riposo e allo svago, scegliendo magari di trascorrere qualche ora di serenità e di bellezza tra le mura di un museo. Ed ecco così che da Milano a Roma, passando per Torino e Verona, sono molte le mostre che rimarranno aperte anche il giorno di ferragosto; mentre le località di vacanza, da Viareggio ad Acireale, in un intreccio di luoghi grandi e piccoli, non stanno a guardare, ma propongono eventi capaci di catalizzare l’attenzione dei turisti.

Musica, cinema e viaggi, quando la mostra è a tema
Mostra estiva per antonomasia è «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», allestita al Mart di Rovereto per la curatela di Nicoletta Boschiero, Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia e Denis Viva. Video, installazioni, dipinti e sculture di una cinquantina di artisti contemporanei, tra i quali Mario Airò, Marcello Dudovich, Luigi Ghirri, Tano Festa ed Emilio Isgrò, sono posti in dialogo con foto d’epoca e documenti d’antan, come illustrazioni pubblicitarie d’inizio Novecento, guide turistiche e diari vacanzieri di intellettuali del calibro di Margherita Sarfatti e Gino Pollini, per raccontare come sia cambiato il nostro modo di viaggiare, dai Grand tour dell’Ottocento fino alle gite nei non-luoghi del turismo di massa postmoderno, con i loro ricordi da bancarella, con quelle boules à neigee quei piatti del buon ricordo che rappresentano il trionfo del cattivo gusto souveniristico.
Non molto distante dal paese natale di Fausto Melotti e Antonio Rosmini, nella Verona di Romeo e Giulietta, si rende omaggio alla grande musica con una serie di mostre promosse per festeggiare i cent’anni d’opera all’Arena. Nello storico Palazzo Forti, accanto a foto, video e documenti sulla storia musicale del noto anfiteatro veneto e sui suoi allestimenti verdiani, va in scena «AMO Pavarotti», una mostra, voluta da Kikka Ricchio, che attraverso spartiti, costumi teatrali, cimeli, onorificenze, immagini fotografiche, installazioni multischermo, registrazioni e filmati video ricostruisce la lunga storia d’amore tra il tenore modenese e l’Arena, dove «big Luciano» fu protagonista per ben sette stagioni con opere come «Un ballo in maschera», «La Bohéme», «Lucia di Lamermoor», «Il Trovatore» e «La Gioconda», ma anche con il concerto «Opera Star for Africa» (1985) e con il «Requiem» verdiano, diretto da Lorin Maazel (1990). Tra le tante curiosità in mostra, dal chiodo ricurvo usato come portafortuna alle registrazioni di tutti i nove do di petto del maestro modenese, c’è un raro documento video, ancora inedito, delle prove della «Turandot», andata in scena nel 1997 al Metropolitan House Opera di New York, per la regia di Franco Zeffirelli e con la direzione musicale di James Levine, nella quale Luciano Pavarotti interpretò la parte del principe Calaf, uomo affascinante e coraggioso, innamorato della crudele e vendicativa principessa cinese Turandot e capace di risolvere i tre enigmi che la donna sottopone agli incauti aspiranti alla sua mano.
Al Palazzo della Gran Guardia va, invece, in scena la mostra multimediale e interattiva «WerdiVagner», che festeggia il bicentenario dalla nascita di Giuseppe Verdi e Richard Wagner, mettendo a confronto le personalità, l’opera e il pensiero di questi geni assoluti della storia della musica attraverso proiezioni video e giochi interattivi. Sala dopo sala, immersi nel buio assoluto, i visitatori sono invitati a confrontarsi con temi ricorrenti nel lavoro di entrambi i compositori come l’amore, l’eroe, la notte, la morte e la festa, trovandosi immersi fra le voci di soprani e tenori leggendari, fra personaggi da mito come Isotta, Tristano, Violetta, Otello e Sigfrido.
Mentre Verona celebra la grande musica di ieri e di oggi, Milano rende omaggio, nelle sale di Palazzo Reale, al cinema d’autore con la mostra «Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures».Una settantina di scatti di scena e approfondimenti video, a cura del critico cinematografico Gianni Canova, raccontano la figura del cineasta britannico passato alla storia come il «maestro del brivido» e permettono di immergersi nel backstage di film indimenticabili come «Gli uccelli», «Psycho», «La finestra sul cortile» e «La donna che visse due volte».

Da Milano a Roma, grandi mostre e città d’arte
Sempre a Palazzo Reale, accanto agli omaggi al fotografo Gianni Berengo Gardin e al fumettista Guido Crepax, è possibile vedere la mostra «Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti», curata da Marc Restellini, direttore della Pinacothèque de Paris. Centoventi opere, mai esposte al pubblico negli ultimi settant’anni, ricostruiscono la storia, poco conosciuta, della collezione di Jonas Netter, ebreo alsaziano, trapiantato a Parigi, che di mestiere era rappresentante commerciale per varie ditte e che aveva una passione viscerale per l’arte, grazie alla quale, nel corso degli anni, acquistò opere di molti protagonisti della cosiddetta École de Paris, come Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, André Derain e molti altri.
Non distante, al Museo del Novecento, i riflettori sono, invece, puntati sulla mostra «Andy Warhol’s Stardust», curata da Laura Calvi, che raccoglie una selezione di stampe del genio americano della Pop art, provenienti dalla collezione della Bank of America Merrill Lynch e facenti parte di celebri serie come «Campbell’s Soup», «Flowers», «Sunset» e «Myths», tutte caratterizzate da una grande vivacità cromatica.
Un’immersione totale nel colore è anche quella che propone la mostra «I fogli che il vento mi sparge sono disegni di vento e di animali», a cura di Danilo Eccher, con la quale la Gam di Torino rende omaggio a Nicola De Maria.Trecento i lavori esposti, realizzati tra gli anni Settanta e oggi, tra i quali ce ne sono tre site specific, ovvero un’opera muraria di dimensioni imponenti (9x4 metri) e due carte di grande superficie (5x 2 metri).
Rimanendo nella città della Mole Antonelliana, nelle sale di Palazzo Madama, merita una visita, oltre all’antologica fotografica su Elliott Erwitt, la rassegna «Il collezionista di meraviglie. L'Ermitage di Basilewsky», a cura di Enrica Pagella e Tamara Rappe, che raccoglie una novantina di opere realizzate tra il Medioevo e il Rinascimento, tutte facenti parte della collezione di Alexander Basilewsky. Si tratta di avori, smalti, vetri, ceramiche, tessuti e arredi lignei, pregevoli pezzi di arti decorative, molti dei quali mai più esposti in Occidente da quando lasciarono la Francia nel 1885, come una cassetta reliquario, un ventaglio liturgico (per scacciare gli insetti dal pane e dal vino consacrati) di fine XII secolo e un'armatura da torneo del Cinquecento. Mentre alle porte della città, nella splendida scenografia della Reggia di Venaria Reale, si ricordano i quattrocento anni dalla nascita di Mattia Preti con un’esposizione, ideata da Vittorio Sgarbi e da Keith Sciberras, che raccoglie una quarantina di opere del pittore calabrese e di artisti coevi quali Caravaggio, Guercino e Luca Giordano.
Seguendo il filo rosso delle città d’arte, si può, quindi, fare tappa a Roma, dove merita una visita la mostra «Postclassici. La ripresa dell’antico nell’arte contemporanea», allestita nel parco monumentale del Foro romano e del Palatino, per la curatela di Vincenzo Trione.Diciassette artisti di diverse generazioni, tra maestri dell’Arte povera e della Transvanguardia, grandi fotografi italiani e autori post-informali, dialogano, attraverso altrettante opere site specific, con i resti e la natura dell’area archeologica capitolina, riflettendo su valori del passato quali la bellezza, l’armonia e la perfezione. Michelangelo Pistoletto mette, per esempio, in mostra la sua celebre «Venere degli stracci». Mimmo Paladino si interfaccia con la gloria iconica del Colosseo, esponendo sei grandi scudi di terracotta e ferro. Vanessa Beecroft rilegge l’antichità attraverso cinque busti di donna in marmo colorato, copie distorte di reperti del passato. Ma il percorso tra lavori di protagonisti della scena visiva contemporanea quali Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani e Jannis Kounellis riserva ancora molte sorprese tutte da scoprire passeggiando, lentamente, tra scenografiche architetture di commovente bellezza come il Tempio di Venere, il Criptoportico neroniano, lo Stadio di Domiziano, la Vigna Barberini e lo Stadio Palatino, che riapre al pubblico dopo molti anni e in seguito a interventi di restauro.
Durante l’estate, la capitale offre ai suoi visitatori anche una rassegna su Sebastião Salgado all’Ara Pacis, una su Emilio Igrò alla Galleria nazionale d’arte moderna e un articolato omaggio ad Alighiero Boetti al Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo. In queste stesse sale va in scena, inoltre, una retrospettiva sul fotografo Luigi Ghirri, intitolata «Pensare per immagini», che vede la curatela di Francesca Fabiani, Laura Gasparini e Giuliano Sergio. Trecento le opere esposte, inclusi scatti vintage stampati dallo stesso autore, che propongono pubblicità rilette in maniera simbolica, costruzioni d’autore, architetture anonime, vedute desertiche e malinconiche, con protagonisti panorami marittimi o scorci di città come Pisa e i borghi dell’Emilia. Nell’esposizione si dà anche conto dell’attività di Luigi Ghirri come editore, critico e curatore di mostre, presentando i menabò dei 'suoi' cataloghi, le riviste e le recensioni da lui scritte, i libri d'autore che documentano il contatto con alcuni artisti modenesi dei primi anni Settanta e le cover di album realizzate per musicisti quali Lucio Dalla e i Cccp.

Dalla Magnum alle «meraviglie del Barocco», le mostre per chi è in vacanza
La fotografia d’autore va in scena anche al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, dove è allestita la mostra «Magnum Contact Sheets», a cura di Gabriele Accornero, Lorenza Bravetta, Chantal Cerise e Andrea Holzherr. L’esposizione, alla sua prima tappa mondiale, affronta il tema della scelta dell’immagine attraverso una selezione di scatti divenuti vere e proprie icone, affiancati lungo il percorso espositivo dai loro «provini a contatto». Vengono così ripercorsi circa settant’anni della nostra storia recente, in un viaggio che spazia dallo sbarco in Normandia di Robert Capa all’11 settembre di Thomas Hoepker, passando per il '68 parigino di Bruno Barbey, i funerali di Robert Kennedy visti da Paul Fusco, la guerra del Vietnam vissuta da Philip Jones Griffiths e i ritratti di personaggi-mito del Novecento come Che Guevara, Malcolm X, i Beatles e Margaret Thatcher.
Storia e fotografia si intrecciano anche nella mostra «Sicily 1943», curata da Ezio Costanzo, che, nelle sale della Galleria Credito siciliano di Acireale, rievoca i settant’anni dallo sbarco anglo-americano nel D-Day del 10 luglio ‘43 attraverso una selezione di scatti in bianco e nero, inediti, di Philip Stern, celebre fotografo di divi dell’epoca d’oro di Hollywood come Marilyn Monroe, James Deen, Frank Sinatra e John Wayne. Le azioni di battaglia, gli spostamenti delle truppe sul territorio, l’occupazione delle città isolane, ma anche la vita sociale dell'Italia del Sud, con gli sguardi fugaci delle donne, l’incredulità degli anziani e la spensieratezza dei bambini, rivivono nella rassegna, che racchiude una pagina di storia molto personale dell’artista americano, quella che lo vide, ai tempi della Seconda guerra mondiale, giovane reporter di «Stars & Stripe», arruolatosi volontario nei Rangers del colonnello William Orlando Darby.
In un’altra città di mare, San Benedetto del Tronto, i riflettori sono, invece, puntati sulla collezione del Museo fabrianese intitolato all'artista Guelfo Bianchini, all’interno della quale sono conservate opere grafiche di maestri internazionali quali Marc Chagall, Pablo Picasso, Pierre Auguste Renoir, Henry Matisse, Joan Mirò e Vasilij Kandinskij.
Restando nelle Marche, merita una visita anche la mostra «Da Rubens a Maratta. Meraviglie del Barocco», allestita a Osimo, nelle sale del Museo civico e di Palazzo Campana, per la curatela di Vittorio Sgarbi. Più di cento opere raccontano l’intensa attività artistica che nel corso del Seicento interessò la Marca di Ancona e che vide protagonisti, tra gli altri, Pieter Paul Rubens, il Guercino, Mattia Preti, e i marchigiani Sassoferrato e Carlo Maratta, pittore di Camerano di cui ricorre proprio nel 2013 il terzo centenario della morte. La rassegna prevede, inoltre, degli itinerari turistici nel cuore del Parco del Conero, che coinvolgono, tra l’altro, la cittadina di Loreto, con le opere del Pomarancio conservate presso la Basilica della Santa Casa e il suo Museo del Tesoro.

Dal territorio umbro-toscano a Venezia, quando la mostra è diffusa
Una mostra diffusa sul territorio è anche «Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri», promossa dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, insieme con le Regioni Toscana e Umbria, nell’ambito della nona edizione del progetto pluriennale «Piccoli grandi musei».
L’iniziativa, curata da Barbara Tosti e corredata da un’agevole guida di Polistampa, si configura come un itinerario tra le città di AnghiariMonterchiSansepolcro e Città di Castello, ma non solo, sulle tracce di grandi maestri del Rinascimento e del Novecento quali Jacopo della QuerciaLuca SignorelliDonatelloRosso FiorentinoPiero della Francesca e Alberto Burri.
Per l’occasione, viene presentato un nuovo allestimento della «Madonna del parto», affresco quattrocentesco conservato nell’omonimo museo di Monterchi, che raffigura Maria, fasciata in una preziosa tunica blu mandarino e disposta a tre quarti affinché si veda la sua condizione di donna in attesa. Splendida la lettura che Piero della Francesca dà della Vergine con questo suo lavoro: «da una parte -scrive Antonio Paolucci, nella presentazione al progetto- c’è l’immagine di una donna incinta a tal punto verosimile e allo stesso tempo idealizzata da assurgere ad emblema di una condizione eterna: la maternità e la generazione umana; dall’altra c’è la messa in figura di un insondabile mistero teologico».
Altra iniziativa studiata ad hoc per «Capolavori in Valtiberina» è la presentazione, presso il Palazzo Taglieschi di Anghiari, della «Tavola Doria», capolavoro del primo Cinquecento di autore ignoto, che si dice sia copia del dipinto sulla battaglia di Anghiari realizzato da Leonardo da Vinci per Palazzo Vecchio. Mentre, in contemporanea, Anselm Kiefer si confronta a Città di Castello, nel suggestivo scenario degli ex Seccatoi del Tabacco, con Alberto Burri, presentando quattro grandi tele che evocano drammatiche suggestioni belliche. Ma non mancano nell’intelligente progetto di «museo diffuso» studiato dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, anche itinerari enogastronomici o occasioni per conoscere spazi dedicati all’artigianato come l’Aboca Museum erbe e salute nei secoli di Sansepolcro o la Galleria Rometti di Umbertide, con le sue preziose ceramiche.
Un «museo diffuso», in questa estate 2013, è anche Venezia. In occasione della cinquantacinquesima edizione della Biennale d’arte, la città lagunare propone, infatti, un ricchissimo carnet di mostre da segnarsi in agenda, come quelle di Roy Lichtenstein ai Magazzini del Sale, Rudolf Stingel a Palazzo Grassi, Robert Motherwell alla Peggy Guggenheim e Marc Quin sull’isola di San Giorgio. Grande protagonista della stagione espositiva è Emilio Vedova, le cui opere sono esposte nell’omonima fondazione alle Zattere, alla Scuola grande di San Rocco (in dialogo con Tintoretto) e in tre spazi dei Musei civici –il Correr, Ca’ Rezzonico e Ca’ Pesaro-, nell’ambito del progetto Muve contemporaneo, che prevede anche due eleganti omaggi a Anthony Caro e Antoni Tàpies.
Poco distante dalla grande antologica di Palazzo Ducale su Édouard Manet, con l’affascinante dialogo tra l’«Olympia» del maestro francese e la «Venere di Urbino» del Tiziano, va in scena la prima mostra che l’Italia dedica a Edvard Munch, a centocinquanta anni dalla nascita. In attesa della grande retrospettiva programmata per l’autunno a Genova, la Fondazione Bevilacqua La Masa propone, infatti, la mostra «Attenzione alla puttana santa», contributo ufficiale della Norvegia alla Biennale. La raffinata esposizione, a cura di Marta Kuzma, Angela Vettese e Pablo Lafuente, allinea una selezione di ventotto disegni poco noti, e in alcuni casi inediti, dell’artista, oltre a un paio di suoi dipinti, tra cui «Bambini e anatre» (1906), e un video di Lene Berg sul «dilemma dell’emancipazione» femminile.
Nella meravigliosa chiesa di Sant’Antonin i riflettori sono, invece, puntati sull’artista cinese Ai Weiwei e sulla «S.A.C.R.E.D. (Super, Accusers, Cleansing, Ritual, Entropy, Doubt)», un'installazione formata da sei parallelepipedi piombati, dentro ai quali l'artista espone sei diorami che raccontano i suoi ottantuno giorni di prigionia, riproducendo momenti di vita quotidiana: la doccia, l’interrogatorio, la cena, gli spostamenti, il sonno.
Merita, infine, una tappa la mostra «I tesori del ghetto ebraico di Venezia», allestita all’ultimo piano della Galleria Franchetti di Ca’ d’Oro, la cui storia ha il sapore di una favola triste, ma con il lieto fine: nel settembre del 1943, quando la mannaia del nazismo e della Shoah si calò sulla comunità ebraica veneziana, due anziani responsabili della Sinagoga spagnola e di quella levantina nascosero in un sottoscala alcuni preziosi oggetti liturgici in oro e argento. Il nascondiglio era noto solo a loro e la sfortuna volle che entrambi venissero deportati e non facessero più ritorno in città. Il prezioso tesoro rimase così, per lungo tempo, avvolto in una nuvola di polvere e di oblio, fino a quando venne scoperto, casualmente, durante dei lavori di restauro alla Sinagoga spagnola. La Venetian Heritage, organizzazione americana no profit per la salvaguardia del patrimonio artistico e culturale di Venezia, si è occupata dell’intervento conservativo su questi manufatti, riportandoli all’antico splendore e ora una quarantina di opere, finemente lavorate da artigiani veneti tra il XVII e il XX secolo, ha trovato temporaneamente casa sulle riva del Canal Grande.
Si tratta di corone d’argento, teche lignee per la Torah, porto-profumi, manine per la lettura, piatti e lampade, che scandirono per secoli preghiere e speranze della comunità ebraica cittadina: un insieme di oggetti che racconta come, talvolta, i tesori sbuchino fuori dai posti più inattesi.
Buona estate d’arte!

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Marcello Dudovich, «In spiaggia», 1920. Mart, Deposito Tomatis/Vegro [opera esposta nella mostra «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», al Mart di Rovereto]; [ fig. 2] «Photo de rêve», 1910 circa, Collezione Paolo Ventura [opera esposta nella mostra «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», al Mart di Rovereto]; [fig. 3] Luigi Ghirri, «Rimini (in scala)», 1977, Eredi di Luigi Ghirri [opera esposta nella mostra «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», al Mart di Rovereto]; [fig. 4] PetriPaselli, «Napoli - Maschio Angioino», 2008. Dalla serie Souvenirs d'Italie. Courtesy degli artisti [opera esposta nella mostra «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», al Mart di Rovereto]; [fig. 5] PetriPaselli, «Firenze – Palazzo Vecchio». Dalla serie Souvenirs d’Italie, 2008. Courtesy degli artisti [opera esposta nella mostra «Andata e ricordo. Souvenir de voyage», al Mart di Rovereto]; [fig. 6] Una sala della mostra «AMO Pavarotti», allestita al pianoterra di Palazzo Forti, a Verona, nell’ambito del progetto AMO - ArenaMuseOpera [fig. 7] Ritratti di Giuseppe Verdi e Richard Wagner esposti nella mostra «WerdiVagner», allestita al Palazzo della Gran Guardia di Verona;
[fig. 8] Alfred Hitchcock promuove il film «Gli Uccelli» (1963). © 2013 Universal Studios; [fig. 9] Nicola De Maria, «I fogli che il vento mi sparge sono disegni di vento e di animali», 2013. Tecnica mista su carta, 21 x 15 cm. Collezione privata. Opera realizzata appositamente per la Gam di Torino;[fig. 10] Claudio Parmiggiani, «Senza titolo», 1970. Calco in gesso, stracci,terracotta, pigmenti, farfalla. [opera esposta nella mostra «Postclassici. La ripresa dell’antico nell’arte contemporanea», a Roma / Stadio Palatino - sala dei capitelli]; [fig. 11] Michelangelo Pistoletto, «Venere degli Stracci», 1967-2013. Stracci, polistirene espanso, rivestimento acrilico cementizio.[opera esposta nella mostra «Postclassici. La ripresa dell’antico nell’arte contemporanea», a Roma /Tempio di Venere e Roma - cella di Venere]; [fig. 12] Marc Chagall, Visioni, 1937. Tempera e penna su carta. Fabriano, Collezione Museo Guelfo [opera esposta nella mostra «Dal Museo Guelfo. Mirò, Chagall, Picasso, Dalì e gli altri», a San Benedetto del Tronto]; [fig. 13] Piero della Francesca, «Madonna del parto», 1455-1465 circa. Monterchi, Museo Madonna del  Parto [opera presentata nell'ambito del progetto «Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri»]; [fig. 14] Ignoto, «La lotta per lo stendardo», cosiddetta «Tavola Doria», inizio XVI secolo [opera presentata nell'ambito del progetto «Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri»]; [fig. 15] Aboca Museum, Sansepolcro. Sala interna [museo la cui visita è prevista nell'ambito del progetto «Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri»]; [fig. 16] Edvard Munch, «Gamle kvinner på sykehus», 1902, Intaglio. © Munch Museum / Munch-Ellingsen Group / BONO, Oslo 2013. Photo © Munch Museum, Oslo [opera esposta nella mostra «Attenzione alla puttana santa: Edvard Munch, Lene Berg e il dilemma dell’emancipazione», alla Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia]; [fig. 17] Edvard Munch, «Samfundslære. Årsak og virkning», 1910, Litografia. © Munch Museum / Munch-Ellingsen Group / BONO, Oslo 2013. Photo © Munch Museum, Oslo opera esposta nella mostra «Attenzione alla puttana santa: Edvard Munch, Lene Berg e il dilemma dell’emancipazione», alla Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia]; [fig.18) Una delle scene di «S.A.C.R.E.D.», opera di Ai Wei Wei allestita a Venezia, alla Chiesa di Sant’Antonin, nell’ambito della cinquantacinquesima edizione della Biennale d’arte; [fig. 19] Perugino, «Ascensione», particolare. Sansepolcro, Cattedrale [opera presentata nell'ambito del progetto «Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri»]

Informazioni utili
«Andata e ricordo. Souvenir de voyage». Mart, Corso Bettini, 43 - Rovereto. Orari: martedì-domenica, ore 10.00–18.00; venerdì, ore 10.00–21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 11,00, ridotto (gruppi, giovani dai 15 ai 26 anni e over 65 anni) € 7,00, famiglia € 22,00, gratuito fino ai 14 anni. Informazioni: numero verde 800.397760; info@mart.trento.it. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino a domenica 8 settembre 2013.

«AMO Pavarotti». Palazzo Forti - AMO–ArenaMuseOpera, via Missalongo, 7 (ingresso anche da corso Sant'Anastasia-Volto due Mori e via Forti, 1) - Verona. Orari: ore 9.00-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso (comprensivo della visita al museo «AMO ArenaMuseOpera» e alle mostre «AMO dall’idea alla scena», «AMO l’Arena 100 anni di Festival attraverso 200 anni di Verdi» e «Arena di Verona, Un secolo di immagini e suggestioni»): intero € 15,00, intero + audio guida (disponibile in italiano, inglese, francese e tedesco) € 16,00, ridotto dai 6 ai 14 anni (con audio guida in quattro lingue) € 10,00, ridotto dai 15 ai 26 anni (con audio guida in quattro lingue) € 12,00, ridotto over 65 (con audio guida in quattro lingue) € 13,00, ridotto per i possessori del biglietto Festival lirico 2013 e concerti F&P Group (con audio guida in quattro lingue) € 10,00; ridotto gruppi € 13,00, ridotto scuole € 9,00, ridotto «family x 4» € 45,00, ridotto «over 65 x 2» € 25,00. Catalogo: Giunti editore, Firenze (€ 14,00). Informazioni: tel. 045.8030461 e info@arenamuseopera.com. Sito web: www.arenamuseopera.com. Fino a domenica 16 settembre 2013.

«WerdiVagner». Palazzo della Gran Guardia - Arena Festival Hall, piazza Bra – Verona. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-20.00. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,00. Informazioni: tel. 045.8051861 o arenafestivalhall@arenaextra.it. Sito internet: www.werdivagner.com o www.arenafestivalhall.it. Fino a domenica 8 settembre 2013.

«Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures». Palazzo Reale,piazza Duomo 12 - Milano. Orari: lunedì, ore 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica, ore 9.30-19.30; giovedì e sabato, ore 9.30-22.30 (la biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso: inyero € 8,00, ridotto € 6,50, ridotto speciale € 4,00. Informazioni: tel.02.88453314/45496874 o info@ilmaestrodelbrivido.com. Sito internet: http://ilmaestrodelbrivido.com. Fino a domenica 22 settembre 2013.

«Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti». Palazzo Reale, piazza del Duomo, 12 - Milano. Orari: lunedì, ore 14-30-19.30, martedì-domenica, ore 9.30-19.30; giovedì e sabato, ore 9.30-22.30 (il servizio di biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso: intero € 11,00, ridotto da € 9,50 a € 4,50 (per dettagli sulle riduzioni e le gratuità: www.mostramodigliani.it/?page_id=18). Catalogo: Il Sole 24 Ore Cultura, Milano. Informazioni: tel. 02.88465230/88445181. Sito internet: www.mostramodigliani.it. Fino a domenica 8 settembre 2013.

«Andy Warhol’s Stardust». Museo del Novecento, via Marconi, 1 - Milano. Orari:lunedì, ore 14.30–19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica, ore 9.30–19.30; giovedì e sabato, ore 9.30–22.30. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00 (studenti universitari,over 65, dipendenti comunali). Informazioni: tel.02.88444061. Sito internet: www.museodelnovecento.org. Fino a domenica 8 settembre 2013.

«I fogli che il vento mi sparge sono disegni di vento e di animali». Antologica di Nicola De Maria. Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, via Magenta, 31 - Torino. Orari: martedì - domenica, ore 10.00-18.00, chiuso il lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 011.4429518/4429630. Sito internet: www.gamtorino.it. Fino a domenica 29 settembre 2013.

«Il collezionista di meraviglie. L'Ermitage di Basilewsky». Palazzo Madama - Museo civico d’arte antica, piazza Castello - Torino. Orari: martedì-sabato, ore 10.00 -18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì (a biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 10,00,ridotto € 8,00, gratuito per ragazzi minori di 18 anni. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel.011.4433501. Sito internet: www.palazzomadamatorino.it. Fino a domenica 13 ottobre 2013. [La mostra è stata prorogata fino a domenica 3 novembre 2013]

«Il Cavalier calabrese Mattia Preti. Tra Caravaggio e Luca Giordano». La Venaria Reale, piazza della Repubblica, 4 – Venaria Reale (Torino). Orari: martedì-venerdì, ore 9.00-17.00; sabato-domenica, ore 9.00-20.00; chiuso il lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: solo mostra - intero € 10,00, ridotto (gruppi di min. 12 persone, dai 6 ai 18 anni e maggiori di 65 anni) € 8,00, scuole € 4,00, gratuito per bambini fino ai 6 anni; tutto la Reggia – intero € 20,00; pacchetto famiglia composta da 2 adulti, con minori (per un maggio di 3 unità) € 39,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 011.4992333. Sito internet: www.lavenaria.it. Fino a domenica 15 settembre 2013.

«Postclassici. La ripresa dell’antico nell’arte contemporanea». Foro romano e Palatino – Roma. lunedì–domenica, ore 8.30-19.00 (la biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso (comprensivo della visita al Colosseo): intero € 12,00, ridotto € 7,50. Catalogo: Electa Mondadori, Milano (collana Fiori Blu). Informazioni: tel. 06.39967700. Sito internet: www.postclassici.it. Fino a domenica 29 settembre 2013.

«Luigi Ghirri. Pensare per immagini». Maxxi - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, via Guido Reni, 4A - Roma.orari: martedì-venerdì e domenica, ore 11.00–19.00; sabato, ore 11.00-22.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 11,00; ridotto (per gruppi da 15 a 25 persone e categorie convenzionate; studenti universitari fino a 26 anni) € 8,00, ridotto studenti € 4,00; gratuito per i minori di 14 anni. Catalogo: Electa Mondadori, Milano. Informazioni: tel. 06.39967350 o info@fondazionemaxxi.it. Sito web: www.fondazionemaxxi.it.Fino a domenica 27 ottobre 2013.

«Magnum Contact Sheets». Forte di Bard – Bard (Aosta). Orari: martedì-venerdì, ore 11.00-18.00; sabato-domenica,ore 11.00-19.00. Ingresso: intero € 5,00, ridotto e gruppi € 4,00. Catalogo: T&H/Contrasto. Informazioni: tel. 0125.833811 o prenotazioni@fortedibard.it. Sito internet: www. fortedibard.it. Fino a domenica 10 novembre 2013.

«Philip Stern. Sicily 1943». Galleria Credito Siciliano, piazza Duomo, 12 – Acireale (Catania). Orari: mercoledì-domenica, ore 18.00-21.30, chiuso il lunedì e il martedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 095.600208. Sito internet: www.creval.it. Fino a domenica 8 settembre 2013.

«Dal Museo Guelfo. Mirò, Chagall, Picasso, Dalì e gli altri». Palazzina Azzurra, viale Bruno Buozzi, 14 - San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). Orari: tutti i giorni, ore 18.00-24.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0735.581139. Fino a lunedì 3 settembre 2013.

«Da Rubens a Maratta. Meraviglie del Barocco». Museo civico e Palazzo Campana, piazza Dante - Osimo (Ancona). Orari: fino a lunedì 30 Settembre 2013 - lunedì, ore 16.30-20.30; martedì-giovedì, ore 10.00-13.00 e ore 16.30-20.30; venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 16.30-23.00; prefestivi e festivi, ore 10.00-23.00; da ottobre a dicembre 2013 - martedì-venerdì, ore 9.30-12.30 e ore 16.00-19.00;prefestivi e festivi, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 8,00, ridotto (maggiore di 65 anni, minore di 25 anni, titolari di convenzioni) € 6,00, gruppi € 5,00,gratuito per minori 12 anni, diversamente abili con accompagnatore, giornalisti, un accompagnatore per gruppo, due accompagnatori per scolaresca. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: 800.228800. Sito internet: www.mostrabarocco.it. Fino a domenica 15 dicembre 2013.

«Capolavori in Valtiberina tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca a Burri».Sedi Varie - Umbria e Toscana. Iniziative principali: Monterchi - «Piero della Francesca. La Madonna del Parto: storia di un’iconografia»; Sansepolcro, Museo Civico - «Piero della Francesca. Rivelazioni, restauri e nuovi allestimenti»; Anghiari - Museo statale di Palazzo Taglieschi,«Da Leonardo da Vinci: la Battaglia di Anghiari nella Tavola Doria»; Città di Castello - Collezione Burri-Ex Seccatoi del Tabacco, «Anselm Kiefer: presenza-omaggio per Alberto Burri»; Città di Castello - Pinacoteca comunale, «Da Signorelli a Raffaello. Storia di un territorio e dei suoi capolavori»; Città di Castello - Museo del Duomo, «Rosso Fiorentino. Il Cristo in gloria».Orari condivisi in tutte le sedi del progetto: venerdì, sabato e domenica,ore 10.00-13.00 e ore 15.00-18.30. Ingresso: Pass PGM 2013 gratuito. Il pass è distribuito gratuitamente insieme al primo biglietto dei musei aderenti acquistato a prezzo intero; una volta consegnato il pass viene forato al primo museo visitato ed entra in vigore, concedendo gli ingressi ridotti in tutti i musei successivi del circuito. Ai possessori del pass sono riservate molte agevolazioni: speciali visite guidate gratuite, laboratori per famiglie, sconto del 10% nei ristoranti, alberghi, esercizi commerciali che hanno aderito alla convenzione. Catalogo: Polistampa, Firenze (€ 14,00); sono disponibili anche il catalogo su Anselm Kiefer (Edizioni 3Arte, € 15,00) e la nuova guida sul Museo civico di Sansepolcro (Edizioni Edifir, € 10,00). Informazioni: tel. 0575.740536 (tutti i giorni, dalle ore 9.30 alle ore 13.00 e dalle ore 14.30 alle ore 18.30); tel. 0575.1940916 (dal lunedì al venerdì, dalle ore 10.00 alle ore 13.00),capolavorivaltiberina@piccoligrandimusei.it. Sito web: www.piccoligrandimusei.it. Fino a domenica 3 novembre 2013.

«Attenzione alla puttana santa: Edvard Munch, Lene Berg e il dilemma dell’emancipazione». Fondazione Bevilacqua La Masa – Galleria di piazza San Marco, San Marco 71/c – Venezia. Orari: 10.30-17.30; chiuso il lunedì e il martedì. Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 3,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 041.5237819 o info@bevilacqualamasa.it. Sito internet: www.oca.no. Fino a domenica 22 settembre 2013.

«Ai Weiwei – S.A.C.R.E.D.».Chiesa di Sant’ Antonin, Castello - Venezia.Orari: ore 10.00-18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.89050608, milan@lissongallery.com. Fino a domenica 15 settembre 2013.

«I tesori del ghetto ebraico di Venezia». Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, Cannaregio n. 3932 (Strada Nuova) – Venezia. Orari: lunedì, ore 8.15–14.00; martedì–sabato, ore 8.15–19.15; domenica, ore 10.00–18.00 (la biglietteria chiude mezz’ora prima). Ingresso (comprensivo della visita al museo e alla mostra «Da Giorgio Franchetti a Giorgio Franchetti. Collezionismi alla Ca’ d’Oro»): intero € 12,00 ridotto € 9,00, gratuito museo + mostre € 6,00. Informazioni: tel.041.5200345. Sito web: www.cadoro.org. Fino a domenica 29 settembre 2013.

martedì 30 luglio 2013

«Ritorno a Venezia», Édouard Manet e il Rinascimento italiano

«Non mi dispiacerebbe poter leggere finalmente, mentre sono ancora vivo, l’articolo strabiliante che mi dedicherete non appena sarò morto». Aveva da poco terminato la realizzazione dell’olio «Un bar aux Folies Bergère» (1881-1882), quando Édouard Manet (Parigi, 1832-1883) scrisse, ironicamente, al critico Albert Wolff queste poche righe, sorta di emblema della propria parabola pittorica in perenne lotta contro gli accademismi dei Salon e la morale borghese. Tele come «Le dèjuner sur l’herbe» (1863) e «Olympia» (1863), considerate oggi capolavori assoluti dell’arte mondiale, vennero, infatti, derise dalla stampa del tempo, impressionata negativamente dall’audacia della resa coloristica, giocata su contrasti netti e pennellate rapide, e dalla contemporaneità dei soggetti ritratti, una giovane donna nuda intenta a conversare con due uomini in abiti ottocenteschi e una prostituta d’alto bordo sensualmente adagiata su un sofà.
Entrambe le opere citavano in modo non servile, ma sorprendentemente innovativo capolavori del passato: «Le dèjuner sur l’herbe» rivisitava il «Concerto campestre» (1510 circa) di Tiziano (allora attribuito al Giorgione) e un’incisione (1517-1520 circa) di Marcantonio Raimondi tratta dal perduto «Giudizio di Paride» del Raffaello; «Olympia» guardava, invece, alla «Venere di Urbino» (1538) del Tiziano. Lo studio dei maestri del Rinascimento italiano, insieme con quello del Seicento spagnolo, ebbe, infatti, un ruolo determinante nel plasmare l’impianto linguistico di Édouard Manet, «pittore della vita moderna» la cui opera, snodo tra il forte realismo di Gustave Courbet e l’Impressionismo dalle luci vibranti di Claude Monet, fu fondamentale per il rivoluzionario cambio di rotta dell’arte francese di fine Ottocento.
A mettere in luce la portata di questo legame ideale con il nostro Paese, e in particolare con la pittura veneta del Cinquecento, sono le ottanta opere (tra dipinti, disegni e documenti) esposte al Palazzo Ducale di Venezia, per la curatela di Stéphane Guégan e sotto la direzione scientifica di Guy Cogeval e Gabriella Belli, nella mostra «Édouard Manet. Ritorno a Venezia», promossa dalla Fondazione musei civici veneziani e dal Musèe d’Orsay di Parigi, istituzione che conserva il maggior numero di dipinti del pittore francese.
Il percorso espositivo, il cui allestimento è stato curato da Daniela Ferretti nell’Appartamento del Doge, si articola in nove sezioni e, attraverso nature morte, visioni marine, rappresentazioni della passione di Cristo e ritratti dell’alta società, racconta quanto l’arte di Manet debba non solo agli spagnoli Francisco Goya e Diego Velazquez, come spesso ha sottolineato la critica, ma anche a maestri italiani quali Tiziano, Tintoretto, Carpaccio, Lorenzo Lotto, Andrea del Sarto, Raffaello e Antonello da Messina.
La conoscenza della pittura italica, soprattutto di quella del Rinascimento veneto e toscano, da parte dell’artista francese trova fondamento in tre lunghi soggiorni di studio a Venezia, a Firenze e, forse, a Roma, negli anni 1853, 1857 e 1874, e, prima ancora, nel tirocinio giovanile al Louvre, le cui sale il pittore visitò spesso da bambino in compagnia dello zio materno e, dal 1850, frequentò come copista, secondo i dettami del maestro Thomas Couture.
L’artista parigino, come tutti i geni che hanno cambiato la Storia, non si limitò, però, a copiare i modelli antichi; se ne appropriò a tal punto da reinventarli, giocando liberamente con forme e contenuti, ribaltandone completamente il significato. Lo dimostra chiaramente l’accostamento tra la «Venere di Urbino» del Tiziano e l’«Olympia» di Édouard Manet (opera che non ha mai lasciato la Francia), per la prima -e forse unica- volta a confronto nelle sale di Palazzo Ducale grazie ai prestiti degli Uffizi di Firenze e del Musèe d’Orsay di Parigi.
La tela tizianesca, realizzata nel 1538 per Guidobaldo II della Rovere come dono nuziale da dare alla giovane moglie Giulia Varano, è un capolavoro di erotismo languido: la donna raffigurata, con la testa leggermente inclinata a guardare il visitatore e la mano delicatamente posata sul pube, mostra le proprie morbide nudità consapevole della bellezza che la anima. Édouard Manet studiò questo capolavoro durante il suo secondo viaggio italiano e, nel maggio del 1865, presentò al Salon «Olympia», provocando l’indignazione della stampa e dei colleghi. Jules Claretie scrisse che nel quadro era raffigurata «un’odalisca con il ventre giallo». Amedee Cantaloube vi vide «una specie di femmina di gorilla». Gustave Courbet arrivò a dire che la donna raffigurata era «una regina di picche appena uscita dal bagno». Non maggiormente clemente fu il pubblico, che più volte minacciò l'integrità dell'opera con ombrelli e bastoni, tanto da far spostare la tela –secondo quanto si legge in una copia del quotidiano «Le Figaro» del tempo- «a un'altezza a cui non fu mai appesa nemmeno l'ultima delle croste».
A dare scandalo era il soggetto raffigurato: Olympia non era una cortigiana del passato, era una femme de plaisir contemporanea (sia pur interpretata dalla modella Victorine Meurent), non molto attraente, con un collare al collo e babbucce ai piedi, simile a tante «parigine perdute» raffigurate nelle foto pornografiche che andavano a ruba nel secondo Impero. Nessuno vi scorse echi del passato, se non, nel 1897, Léonce Bénédite, direttore del Musée du Luxembourg e conservatore del Musée Rodin.
Medesima sorte ebbe l’altra opera presentata da Édouard Manet al Salon del 1865 ed esposta nella rassegna veneziana: «Jesus insulté par des soldats» (1864), un olio su tela bollato dalla critica come «volgarità inconcepibile» per l’evidente umanità di Gesù, le cui fonti di ispirazione vanno ricercate, secondo l’originale taglio critico dato da Stéphane Guégan, nel «Cristo deriso» (1542-‘44 circa) di Tiziano, conservato al Louvre. Mentre l’acquerello del celebre «Le Christ aux anges» (1864 circa), presentato (con l’usuale scia di polemiche) al Salon del 1864 e oggi conservato al Metropolitan di New York, viene abbinato nel percorso espositivo al «Cristo morto sostenuto da tre angeli» (1475) di Antonello da Messina, proveniente dal vicino museo Correr di Venezia, e da una copia del «Cristo dei dolori» di Andrea del Sarto, disegnata dallo stesso Manet nel 1857 presso la Basilica della Santissima Annunziata di Firenze ed esposta a Palazzo Ducale per la prima volta in assoluto.
Molti ancora sono gli artisti con i quali il maestro parigino si confronta nelle sale di Palazzo Ducale: il quadro «Le Balcon» (1868-1869) dialoga con le «Due dame veneziane» (1495 circa) di Carpaccio, il «Portrait d’Émile Zola» (1868) con il «Ritratto di giovane gentiluomo» di Lorenzo Lotto, il «Bal masqué à l'Opéra» (1873-1874) con «Il Ridotto di Palazzo Dandolo a San Moisé» (1740-1750 circa) di Francesco Guardi, del quale pare echeggiare i temi degli amori mascherati e del gioco ambiguo dell’identità.
Scorre, inoltre, sotto gli occhi dei visitatori un nucleo di opere davvero straordinarie, generosamente prestate dal Musée d’Orsay, tra le quali «Angelina» (1865), «La Lecture» (1865/1866-1873), «Le Fifre» (1866), «Sur la plage» (1873), «Portrait de Stéphane Mallarmé» (1876) e «Lola de Valence» (1862-1863, modificata dopo il 1867), quest’ultima superbamente restaurata per l’occasione. Deliziosa è anche la sezione dedicata alle nature morte, nella preziosa Sala degli stucchi, dove sono esposti piccoli quadri destinati per essere donati ad amici e conoscenti, come «Il limone» (1880-1881), «Stelo di peonie e forbici» (1864) e «L’asparago» (1880), appartenuto alla collezione del banchiere Charles Ephrussi. Un’opera, quest’ultima, della quale si parla anche nel bel libro «Un’eredita di avorio ed ambra» (Bollati e Boringhieri, 2011) di Edmund De Waal e che ha una storia curiosa, raccontata per la prima volta da Marcel Proust: «Charles comprò un quadro che ritraeva un fascio di asparagi da Manet, una delle sue straordinarie nature morte [...] Era un fascio di venti asparagi legati da un laccio. Manet voleva 800 franchi, Charles gliene inviò 1000. Una settimana dopo Charles ricevette una piccola tela firmata con una semplice M. Era un gambo di asparago posato su un tavolo ed era accompagnato da un biglietto: ‘Sembra che questo sia rimasto fuori dal fascio’».
L’opera emana una libertà espressiva e compositiva straordinaria, la stessa che si respira nella piccola tela «Le Grand Canal à Venise» (1874), uno scorcio del Canal Grande impresso a futura memoria nel fulgore della luce settembrina e giocato su toni di blu cobalto. Una delle poche vedute italiane del pittore parigino, di cui Edgar Degas recitò, durante la cerimonia funebre, il mea culpa di un’intera generazione: «Era più grande di quanto pensassimo».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Édouard Manet, «Le Grand Canal à Venise». («Canal Grande a Venezi».a), 1874. Olio su tela, 57x48 cm. Collezione privata; [fig. 2] Édouard Manet, «Olympia»., 1863. Olio su tela, 130x190 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Donata allo Stato nel 1890 grazie a una sottoscrizione voluta da Claude Monet. © Musée d'Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt; [fig. 3] Tiziano, «Venere di Urbino»., 1538. Olio su tela, 119x165 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi (su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali); [fig. 4] Édouard Manet, «Le balcon». («Il balcone».), 1868-1869. Olio su tela, 170x124,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Lascito Gustave Caillebotte, 1894. © RMN (Musée d'Orsay) / Hervé Lewandowski; [fig. 5] Vittore Carpaccio, «Due dame Veneziane»., 1495 circa. Olio e tempera su tavola, 94x63 cm. Venezia, Museo Correr; [fig. 6] Édouard Manet, «Le Christ aux anges». («Cristo morto con gli angeli».), 1864 circa. Mina di piombo, acquerello, gouache, penna a inchiostro di china 32,4x27 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Dono Mme Zola allo Stato con riserva di usufrutto, 1918. © RMN-Grand Palais (musée d'Orsay) / Thierry Le Mage

Informazioni utili
«Édouard Manet. Ritorno a Venezia». Palazzo Ducale, San Marco, 1 - Venezia. Orari: domenica-giovedì, ore 9.00-19.00; venerdì e sabato, ore 9.00-20.00 (la biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso: intero € 13,00, ridotto € 11,00, ridotto speciale € 7,00. Catalogo: Skira, Milano. Infoline: tel. 041.8520154 (dall’Italia e dall’estero) o info@fmcvenezia.it. Sito web: www.mostramanet.it. Fino a domenica 1° settembre 2013. 

domenica 28 luglio 2013

Robert Motherwell, esordi in forma di papiers collés

E’ il 1943 quando Peggy Guggenheim, dietro consiglio di Marcel Duchamp, decide di organizzare nella sua galleria-museo di New York, la leggendaria «Art of This Century», una mostra di collage, tecnica artistica allora poco diffusa negli Stati Uniti, fatta eccezione per gli esperimenti di Arthur Dove e Joseph Stella, ma molto amata da artisti europei contemporanei come Jean (Hans) Arp, Georges Braque, Juan Gris e molti altri. Il 16 aprile di quell’anno, nello spazio espositivo progettato da Frederick Kiesler all’interno di una vecchia sartoria e definito dalla sua stessa ideatrice un «laboratorio di ricerche per nuove idee», apre la «Exhibition of collage», dove, accanto a personalità del calibro di Henry Matisse, Pablo Picasso e Kurt Schwitters, sono invitati ad esporre, per circa un mese, anche tre artisti agli esordi della propria carriera, tutti operanti sotto l’ala protettrice di Peggy Guggenheim: William Baziotes, Robert Motherwell e Jackson Pollock.
La rassegna newyorkese non incontra il favore della critica, anche se le vendite sono buone. Qualche giornalista parla addirittura di «colla applicata con gusto e spazzatura». Ma c’è uno dei tre giovani che, anche grazie ai consigli e all’incoraggiamento del surrealista cileno Robert Matta, sembra aver trovato la propria «identità» visiva e che definisce i papiers collés «la nostra maggior scoperta». È Robert Motherwell (Aberdeen, Washington, 24 gennaio 1915 – Cape Cod, Massachusetts, 16 luglio 1991), artista, oggi conosciuto come uno dei massimi esponenti dell’Espressionismo astratto americano, che, dai primi anni Quaranta, adotta il collage come parte integrante della propria prassi creativa, realizzandone quasi novecento nell’arco dei suoi cinquant’anni di attività.
Ai primi lavori su carta del maestro espressionista, che nel proprio bagaglio culturale vanta studi di filosofia, letteratura e architettura alle università di Stanford e Harvard, oltre a un viaggio formativo a Parigi nel biennio 1939-1940, è dedicata la mostra estiva della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, attesa in autunno a New York per la sua seconda tappa espositiva (27 settembre 2013-5 gennaio 2014).
Quarantaquattro opere, selezionate da Susan Davidson, scorrono lungo le pareti dell’ala di Palazzo Venier dei Leoni dedicata alle rassegne temporanee, ricostruendo, in maniera cronologica, l’interesse di Robert Motherwell per papiers collés durante i suoi esordi artistici, nel decennio 1941-1951, epoca che vede anche, nell’autunno del 1944, la prima personale dell’artista alla «Art of This Century» di Peggy Guggenheim, con un’introduzione all’opuscolo pubblicato per l’occasione di James Johnson Sweeney.
Tagliare, strappare e incollare la carta o il cartone sono azioni che si combinano nella cifra stilistica dell’espressionista americano, contraltare di Andy Warhol e dei grandi nomi della Pop art, con una serie di sperimentazioni che spaziano dal mischiare al collage tecniche differenti, quali la pittura a pastello, il guazzo ad acquerello o il disegno a inchiostro, sino all’inserimento di elementi presi in prestito dal mondo reale, come mappe militari o slogan con intenti sociali e politici.
La tavolozza risente del viaggio in Messico, fatto nell’estate del 1941 con Robert Matta. «Mi piacciono –dichiara, al ritorno, l’artista- i mercati indigeni e i colori dell’arte popolare messicana: il magenta, il giallo limone acceso, il giallo-verde, l’indaco, il vermiglio e il porpora, tanto porpora». Queste tinte accese e sgargianti animano lavori come «Pancho Villa, viva e morto» (1943), «Figura con macchie» (1943), «Il sole» (1944), «Panorama da un’alta torre» (1944-1945), «Figura astratta» (1945), «Blu con inchiostro di china (Omaggio a John Cage)» (1946) e «Il poeta» (1947). Ma il primo decennio di attività di Robert Motherwell è segnato anche dall’entrata in guerra degli Stati Uniti, a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941. Il lavoro su carta diventa così anche strumento per raccontare la violenza, la paura e il tumulto emotivo di quegli anni. Sbarre di prigione e figure umane stilizzate, ferite o morte, fanno, per esempio, la loro comparsa su opere quali «Jeaune Fille» (1944) e «Tre personaggi uccisi» (6 giugno 1944). Ma anche i titoli di alcune raffigurazioni, come «Un muro in Italia» (1946) o «Viva» (1946), sono evocativi di una guerra che si combatte oltreoceano, ma che è ben viva nell’immaginario collettivo americano per le foto dei soldati morti e per le mappe dell’Europa in fiamme che, ogni giorno, finiscono sulle pagine del «New York Times». Robert Motherwell è, inoltre, un attento studioso dell’arte del suo tempo. Guarda, per esempio, a Pablo Picasso e Joan Mirò per «La grande stanza di Kafka» (1944), mentre si ispira a Henri Matisse per «Gioia di vivere» (tre lavori datati 1943, 1948 e 1951). Ma non mancano echi del linguaggio espressivo di Piet Mondrian, Paul Cézanne e Jean Arp in queste carte cariche di ghirigori, elementi geometrici, scritte murali e macchie che, anno dopo anno, aumentano di dimensioni e si fanno sempre meno figurative e più liriche, emotivamente coinvolgenti.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Robert Motherwell, «Jeune Fille», 1944. Olio, inchiostro, guazzo, carta Kraft, carta colorata e tessuto incollati su cartone telato. Collezione privata. © Dedalus Foundation, Inc/Licensed by VAGA, New York; [fig. 2]Robert Motherwell, «Panorama da un’alta torre», 1944–45. Tempera, olio, inchiostro, pastello, impiallacciatura, carta da disegno, carta giapponese e carta geografica incollate su cartone.Collezione privata. © Dedalus Foundation, Inc/Licensed by VAGA, New York; [fig. 3] Robert Motherwell, «Viva», 1946. Olio, guazzo, sabbia e carta incollata su pannello. Collezione privata, Monaco. © Dedalus Foundation, Inc/Licensed by VAGA, New York; [fig. 4] Robert Motherwell,«Figura con macchie», 1943. Olio, inchiostro, pastello, carta e carta giapponese incollata su cartone. David and Audrey Mirvish, Toronto. © Dedalus Foundation, Inc/Licensed by VAGA, New York

Informazioni utili
«Robert Motherwell: i primi collage». Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro, 701-704 - Venezia. Orari: 10.00–18.00, chiuso il martedì.Ingresso: intero € 14,00; seniors over 65 € 11,00; studenti € 8,00 (entro i 26 anni); bambini (0-10 anni) e soci ingresso gratuito.Catalogo: Guggenheim Publications, New York-Venezia. Note: tutti i giorni, alle ore 15.30, il museo organizza visite guidate gratuite alla mostra; non è necessaria la prenotazione. Informazioni: tel. 041.2405440/419 o info@guggenheim-venice.it. sito web: www.guggenheim-venice.it. Fino a domenica 8 dicembre 2013.

venerdì 26 luglio 2013

Modigliani e l’École de Paris: la Montparnasse bohémienne rivive a Milano e a Martigny

«Seguimi Jeanne, segui nella morte, così in paradiso avrò la mia modella preferita e potrò gustare con lei le gioie dell'eternità»: così, poco prima di spirare in un letto dell'Hôpital de la Charité di Parigi, per una grave forma di tubercolosi polmonare, Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920) si rivolse alla compagna Jeanne Hébuterne. La sera successiva alla sua morte, il 25 gennaio 1920, la giovane donna, in procinto di partorire il loro secondo figlio, ripensò a quelle parole e si tolse la vita, gettandosi da una finestra della casa paterna, al quinto piano di un palazzo di rue Amyot. Finiva così, in tragedia, la vicenda di Modì, il «maudit», il «pittore maledetto del XX secolo», ammirato dai suoi contemporanei più per la propria aura bohémienne che per i ritratti femminili dai volti stilizzati, dai lunghi colli affusolati e dagli sguardi acquosi, assetati d’amore che sono la cifra stilistica più evidente della sua arte. Il pubblico era affascinato dall'esistenza avventurosa del livornese, trascorsa in un'altalena fra eros e droga, povertà e fervore creativo, passione e dolore. Mentre la maggior parte dei giornalisti e il mondo accademico snobbava la sua produzione, considerandola troppo «facile», priva di una reale dimensione innovatrice nella storia dell'arte del Novecento.
Come spesso accade ai grandi del passato, la fortuna critica di Amedeo Modigliani fu postuma: la retrospettiva alla Biennale di Venezia del 1930 ne decretò il definitivo riconoscimento tra i grandi protagonisti delle Avanguardie e dei primi decenni del XX secolo, accanto a Pablo Picasso, Henri Matisse e Georges Braque.
Da allora l’artista livornese è una vera e propria stella delle aste. Ai primi di luglio, un suo ritratto femminile è, per esempio, stato battuto da Matsar a 6,7 milioni di euro, risultando l'opera più costosa mai venduta in Israele fino ad oggi. Il record assoluto per un dipinto di Modigliani lo detiene, però, il quadro «Nu assis sur un divan» (conosciuto dagli esperti come «La belle romaine»), acquisito nel 2010 per una cifra di 61 milioni e 500 mila dollari.
Non meno fortuna hanno le iniziative espositive dedicate al pittore toscano. La classifica settimanale dell’agenzia Ansa sulle mostre più visitate in Italia posiziona, infatti, da settimane sui primi gradini del podio la rassegna «Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti», curata da Marc Restellini, direttore della Pinacothèque de Paris, presso il Palazzo Reale di Milano.
Centoventi opere, mai esposte al pubblico negli ultimi settant’anni, ricostruiscono non solo il cammino artistico del pittore livornese negli ultimi anni di vita, ma anche la storia, poco conosciuta, della collezione di Jonas Netter (1867-1946), ebreo alsaziano, trapiantato a Parigi, che di mestiere era rappresentante commerciale per varie ditte e che aveva una passione per l’arte, soprattutto per quella degli impressionisti. Claude Manet e Edgar Degas non rientravano, però, nelle sue possibilità economiche. Nel 1915, l’incontro con il mercante e poeta polacco Léopold Zborowski segnò una svolta: il collezionista francese venne a contatto con gli artisti del quartiere di Montparnasse, un gruppo eterogeneo di giovani stranieri, in prevalenza ebrei, accomunati dalla ricerca di un nuovo linguaggio figurativo e dalla necessità di esprimere sulla tela i tormenti della propria anima, i sogni di un’esistenza quasi sempre difficile e dissoluta, spesa tra droghe, assenzio, donne, pennelli e tubetti di colore. Jonas Netter divenne, insieme con Léopold Zborowski, talent-scout di alcuni di questi pittori, pagando loro stipendi, affitti, forniture di materiali e altre varie spese. Il primo a legarsi contrattualmente con il collezionista fu Amedeo Modigliani per quindici franchi al giorno (più un rimborso) in cambio dell’intera produzione. Seguirono due amici, squattrinati, dell’artista: Chaïme Soutine (Smiloviči, 1894- Parigi, 1943), pittore lituano che visse da clochard gran parte della sua esistenza e del quale Marc Chagall diceva impietoso «fa veramente schifo», e Maurice Utrillo (Parigi, 1883 - Dax, 1955), alcolizzato cronico del quale si vociferava che la nonna contadina lo svezzasse con biberon pieni di vino.
La morte di Modì e quella di Léopold Zborowski (avvenuta nel 1929) non spensero il fervore collezionistico di Jonas Netter. Alla quarantina di opere del suo pupillo e a quelle dei due amici del pittore toscano, il collezionista francese aggiunse, negli anni, lavori di Suzanne Valadon (Bessines,1865-Parigi, 1938), ex modella dai facili costumi contesa da Pierre-Auguste Renoir e Pierre Puvis de Chavannes, di Moïse Kisling (Cracovia, 1891-Sanay-sur-Mer, 1953), di André Derain (Chatou, 1880-Garches, 1954) e di molti altri, pur incontrando la diffidenza del suo entourage che gli rimproverava di acquistare «simili orrori», vere e proprie «porcherie».
La raccolta di Jonas Netter, che rivive ora nelle sale di Palazzo Reale, tratteggia, dunque, il ritratto di una generazione d’artisti passata alla storia come l’École de Paris (definizione, questa, coniata, nel 1925, da André Warnod, giornalista del quotidiano «Le Figaro»).
Sala dopo sala, accompagnati dalla voce di Corrado Augias in audio-guida (disponibile all’ingresso e compresa nel costo del biglietto), i visitatori potranno ammirare i luminosi paesaggi metropolitani del «periodo bianco» di Maurice Utrillo, i sontuosi nudi femminili di Suzanne Valadon, la violenza cromatica e il crudo realismo di opere come «La folle» (1919) o «Le bouef» (1924) di Chaïme Soutine, l’unico ritratto conosciuto del collezionista Jonas Netter a firma di Moïse Kisling e André Derain con la sua «Grandes baigneuses» (1908) di ispirazione cezanniana. Non mancano nel percorso espositivo opere di molti altri pittori minori come Léon Solà, Henry Hayden, Eugene Ebiche, Gabriel Fournier ed Henry Epstein. Ma il vero protagonista della rassegna, aperta fino a domenica 8 settembre, è Amedeo Modigliani: del maestro toscano sono esposti i ritratti, ariosi ed essenziali, dell’amico Soutine, del mercante Zborowski, del corniciaio Lepoutre, della poetessa inglese Beatrice Hastings, ma anche capolavori poco noti come «Elvire au col blanc» (1917) o «Jeanne Hébuterne au henné» (1918), una tela che consegna a futura memoria il volto dell’ultima amante dell’artista, quella giovane donna che, appena diciannovenne, decise di gettarsi nel vuoto, annientata dal dolore, «devota compagna -come recita il suo epitaffio- fino all'estremo sacrificio».
All’esperienza dell’École de Paris guarda anche la nuova mostra della Fondation Pierre Giannada, in Svizzera, nata dalla collaborazione con il Centre Pompidou e con la sua direttrice, la curatrice Catherine Grenier. Un’ottantina di opere, delle quali quindici di Modì, ricostruiscono quel clima di vivacità culturale che fece della capitale francese un faro, una calamità per tanti artisti di talento. Non manca lungo il percorso espositivo, che presenta anche tele di Marc Chagall ed Henri Matisse, un omaggio al movimento cubista con lavori come «Le guitariste» (1910) di Pablo Picasso, la «Nature morte au livre» (1913) di Juan Gris, «Le mécanicien» (1918) e «Le pôt à tisane» (1919) di Fernand Léger. L’esposizione, visitabile fino a domenica 24 novembre, ricostruisce, poi, il rapporto d’amicizia tra il pittore toscano e Costantin Brancusi, del quale sono esposte le sculture «Princesse X» (1915-1916) e «Mle Pogany III» (1933) e al cui vocabolario figurativo guardò Amedeo Modigliani per la sua «Téte de femme» (1912), un volto di donna dal naso esageratamente allungato e dalla bocca inesistente, in ieratica contemplazione. Ma il meglio è ancora una volta espresso dai ritratti e dai nudi dell’artista toscano, da tele come «Maternitè» (1919), «Jeanne Hebuterne au chapeau» (1919) e «Nu couche le bras replie sous la tete» (1919), che, attraverso forme semplificate e una tavolozza ridotta a pochi colori, omaggiano l’arte del passato e scandagliano l’animo umano. Vengono in mente così le parole di Margherita Sarfatti che descrisse Modì come un «Botticelli moderno, tutto bruciato dal fuoco dello spirito, che rende esili, quasi immateriali le sue creature, per lasciarne meglio trasparire lo spirito meditativo e gentilmente malinconico».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Jeanne Hébuterne (Jeanne Hébuterne au henné)», 1918. Olio su tela, cm 100 x 65. Firmato in alto a destra. © Pinacothèque de Paris; [fig. 2] Amedeo Modigliani, «Elvire con colletto bianco (Elvire con collettino)», 1917 o 1918. Olio su tela, Firmato in alto a destra, cm 92 x 65. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 3] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Soutine», 1916. Olio su tela, cm 100 x 65. Firmato in basso a destra. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 4] Amedeo Modigliani, «Ritratto di Zborowski», 1916. Olio su tela, cm 46 x 27. Firmato in alto a destra. © Pinacothèque de Paris /Fabrice Gousset; [fig. 5] [Fig. 1] Amedeo Modigliani, «Testa di donna», 1912. Scultura

Informazioni utili 
«Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti». Palazzo Reale, piazza del Duomo, 12 - Milano. Orari: lunedì, ore 14-30-19.30, martedì-domenica, ore 9.30-19.30; giovedì e sabato, ore 9.30-22.30 (il servizio di biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso: intero € 11,00, ridotto da € 9,50 a € 4,50 (per dettagli sulle riduzioni e le gratuità: www.mostramodigliani.it/?page_id=18). Catalogo: Il Sole 24 Ore Cultura, Milano. Informazioni: tel. 02.88465230/88445181. Sito internet: www.mostramodigliani.it. Fino a domenica 8 settembre 2013. 


«Modigliani e l’École de Paris». Fondation Pierre Giannada,Rue du Forum, 59 - 1920 Martigny (Svizzera). orari: tutti i giorni, ore 9.00-19.00. Ingresso: adulti ChF 20 /€ 17,00; terza età: ChF 18/€ 15,00, famiglie ChF 42/€ 35,00, bambini oltre 10 anni e studenti ChF 12/€ 10,00 gruppi: ChF 18/€ 15,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel.(+41)277223978. Informazioni in Italia: tel. 031.269393. Sito internet: www.gianadda.ch. Fino a domenica 24 novembre 2013. 

mercoledì 24 luglio 2013

Festival della mente, Toni Servillo e Ferdinando Scianna tra gli ospiti della decima edizione

Compie dieci anni il Festival della mente, progetto di approfondimento e di condivisione culturale che si propone come crocevia tra sapere umanistico e scientifico attraverso riflessioni intellettuali e artistiche sul tema dei processi creativi. Da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre, Sarzana, affascinante centro storico della Lunigiana, aprirà le porte di alcuni dei suoi gioielli architettonici, come il Chiostro di San Francesco, il Teatro degli Impavidi e la Fortezza Firmafede, ad una novantina di eventi fra conferenze, spettacoli e workshop animati da alcuni dei più apprezzati pensatori italiani e stranieri.
Ad aprire la rassegna –diretta artisticamente da Giulia Cogoli e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, con il Comune di Sarzana- sarà una lectio magistralis di Guido Rossi, dal titolo «La responsabilità delle idee nel bene e nel male» (venerdì 30 agosto, ore 17.45), nella quale il giurista rifletterà sul pensiero quale vero responsabile, nella storia dell’umanità, delle vicende positive o negative, felici o tragiche, della vita dell’uomo e delle comunità.
Tanti gli argomenti che faranno da filo conduttore a questa nuova edizione della manifestazione ligure, che dalla sua nascita, avvenuta nel 2004, ha proposto seicentocinquanta incontri e ha coinvolto complessivamente cinquecento relatori e oltre quattromila ragazzi volontari, con un successo di pubblico sempre maggiore, quantificabile in circa trecentomila presenze complessive.
Conoscenza, crescita e futuro saranno gli argomenti approfonditi dallo scrittore Paolo Giordano (venerdì 30, ore 19), dai saggisti Emanuele Trevi (sabato 31, ore 15.30) e Gabriella Caramore (sabato 31, ore 19), dal mass-mediologo Carlo Freccero (sabato 31, ore 11.30) e dal politologo Ilvo Diamanti (sabato 31, ore 21), docente di comunicazione politica all’università di Urbino, che traccerà il ritratto un Paese, l’Italia, schiacciato dal tempo che abbiamo fermato e che fa sentire giovani anche i sessantenni, mentre ai ragazzi di oggi sembra sia stato rubato il domani.
A parlare di filosofia e psicoanalisi si succederanno, al tavolo dei relatori, Alessandra Lemma con la conferenza «Il corpo come una tela» (venerdì 30, ore 19.15), Umberto Curi con l’appuntamento «A proposito della bellezza» (domenica 1°, ore 17.30), il saggista Stefano Bartezzaghi e lo psicoanalista Massimo Recalcati con una chiacchierata sulle relazioni tra tradizione e innovazione (sabato 31, ore 18.30). Il farmacologo Silvio Garattini (domenica 1°, ore 10.30), il matematico e logico Piergiorgio Odifreddi (venerdì 30, ore 19.30), il neuroscienziato Gianvito Martino (sabato 31, ore 19.30) e il genetista Edoardo Boncinelli (domenica 1°, ore 19.30) parleranno, invece, di scienza e futuro, trattando argomenti come l’invecchiamento cerebrale o la robotica.
Il Festival della mente dedicherà approfondimenti anche i temi dell’ironia, dell’empatia e della paura con incontri che vedranno protagonisti l’attrice Lella Costa (domenica 1°, ore 12), lo scrittore inglese Jonathan Coe (sabato 31, ore 10.30), lo psicologo Massimo Cirri (sabato 31, ore 10.30 e ore 17), la filosofa Laura Boella (domenica 1°, ore 15.30) e il criminologo Adolfo Ceretti (sabato 31, ore 17.00). Tra gli appuntamenti da non perdere ci sono, poi, senz’altro la chiacchierata di Massimo Cacciari con Enzo Bianchi (domenica 1°, ore 19), il priore della Comunità monastica di Bose, sul rapporto tra creatività e amore, e quella tra il neuroscienziato Stefano Cappa e Ferdinando Scianna (1° settembre, ore 10) sulle relazioni tra memoria e fotografia.
Grande spazio avranno, inoltre, nella manifestazione ligure l’arte, il teatro e la musica. Il filosofo Bernard-Henri Lévy (sabato 31, ore 17) analizzerà, per esempio, rivalità e alleanze tra pittura e filosofia, partendo dalla mostra « Les aventures de la vérité», da lui stesso curata presso la Fondation Maeght di Sant Paul, in Francia, e che fino al prossimo 11 novembre permetterà di vedere opere di Marina Abramovic, Miquel Barceló, Olafur Eliasson, Maurizio Cattelan, Enrico Castellani e di molti altri. Gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa (domenica 1°, ore 15.30) condurranno, per contro, una riflessione sulle convenzioni che regolano la produzione culturale nell’ampio mondo dei musei e delle mostre nell’Italia della crisi economica, tra eccessi ed euforie. Mentre Cristina Baldacci e Andrea Pinotti (sabato 31, ore 10) dialogheranno sulla «archiviomania», il bisogno individuale e collettivo di accumulare e collezionare nell’arte contemporanea.
Durante la tre giorni del festival si parlerà anche di calligrafia con Luca Barcellona (domenica 1°, ore 10) e di moda con Antonio Marras e Francesca Alfano Miglietti, protagonisti dell’incontro «Nulla dies sine linea» (domenica 1°, ore 17), in pratica -per usare le parole dello stesso stilista- «Nessun giorno senza prendere la matita in mano e tracciare una linea».
Tra gli spettacoli in cartellone, c’è grande attesa per «Cantami una poesia», un appuntamento speciale per i dieci anni della rassegna ligure, che vedrà in scena i fratelli Toni e Peppe Servillo, con i Solis String Quartet (sabato 31, ore 21.30). Il pianista Ramin Bahrami proporrà, invece, «Viaggio in Italia» (venerdì 30, ore 21.30), un grand tour sotto forma di concerto attraverso le sorprese e le meraviglie del Settecento musicale italiano visto con gli occhi del più illustre compositore di tutti i tempi, Johann Sebastian Bach, e quelli del suo bizzarro, geniale ed estroverso collega napoletano, Domenico Scarlatti. Mentre il coreografo e danzatore Virgilio Sieni metterà in scena «Di fronte agli occhi degli altri» (domenica 1°, ore 21), una riflessione sulla Resistenza che avrà tra gli interpreti anche alcuni ex partigiani.
A Sarzana si esibiranno, inoltre, Sandro Lombardi (venerdì 30, ore 21.30), con un omaggio al libro «À la Recherche du temps perdu - Alla ricerca del tempo perduto» di Proust, e Alessandro Bergonzoni (domenica 1°, ore 21.15) con «No al geniocidio! (Dall’estro al creame)». A chiude le tre serate della rassegna sarà, invece, lo storico Alessandro Barbero, docente presso l’università di Vercelli, con la trilogia «Medioevo da non credere»: la paura dell’anno Mille (venerdì 30, ore 23.15), lo ius primae noctis (sabato 31, ore 23.15) e la terra piatta (domenica 1°, ore 23.15).
Tanti appuntamenti, dunque, di alto profilo e capaci di catalizzare l'attenzione di un pubblico eterogeneo animeranno il piccolo centro di Sarzana per tre giorni, confermando la fortunata formula di uno dei festival più intelligenti e ben congeniati dell'estate italiana. Un festival che ci parla -si legge nell'introduzione al programma- di «un’Italia 'altra' e diversa, non urlata, non esibita, ma alacre e volenterosa. Un’Italia che crede che la cultura sia il nutrimento migliore».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Logo per l'edizione dei dieci anni del Festival della mente, in programma a Sarzana dal 30 agosto al 1° settembre 2013; [fig. 2] Veduta della Fortezza Firmafede a Sarzana, tra le location del Festival della mente. Foto: Giuliano Benacci; [fig, 3] L'attore Toni Servillo; [fig. 4] Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose; [fig. 5] Il pianista Ramin Bahrami 

Informazioni utili
Festival della mente. Sedi varie - Sarzana (La Spezia). Ingresso: singolo incontro € 3,50, singolo spettacolo o «ApprofonditaMente» € 7,00. Biglietterie: Iat, piazza San Giorgio - Sarzana (La Spezia), tel. 0187.620419 o iatsarzana@orchestramassacarrara.it - da lunedì 22 luglio, lunedì-sabato, ore 9.00-12.30 e ore 16.00-19.30; Cittadella, piazza Firmafede - Sarzana (La Spezia) - dal 9 al 21 agosto,lunedì-domenica, ore 18.00-23.00; Urban Center - Teatro civico, piazza Mentana, 1 - La Spezia, tel. 0187.757075 - - dal 9 al 21 agosto,lunedì-sabato, ore 9.00-12.00, mercoledì anche ore 16.00-19.00; su www.vivaticket.it. Sito internet: www.festivaldellamente.it. Da venerdì 30 agosto a domenica 1° settembre 2013. 

lunedì 22 luglio 2013

«Il Gran Teatro dei Cartelami», a Genova una mostra sulle antiche scenografie della Passio Christi e delle Quarantore

C’è un «Sepolcro» rinascimentale del 1538, dipinto sulla tela con la quale oggi si fanno i a blue jeans e proveniente dall’abbazia di San Nicolò del Boschetto a Cornigliano, tra gli oltre cento pezzi che compongono il percorso espositivo della mostra «Il Gran Teatro dei Cartelami. Scenografie del sacro», allestita fino a domenica 25 agosto a Genova, presso lo scenografico appartamento del Doge di Palazzo ducale, per iniziativa della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etno-antropologici della Liguria.
L’evento espositivo, curato da Franco Boggero e Alfonso Sista, è frutto di quasi trent’anni di ricerche d’archivio, di ricognizioni sul territorio e di campagne di restauro, alcune realizzate con fondi ministeriali, altre grazie al prezioso contributo della Fondazione Carige e di altre realtà locali come la Coop Liguria, alla quale si deve l’intervento conservativo su sette sagome in latta, dipinte ad olio nell’Ottocento, per i «Sepolcri» dell'Oratorio dei Bianchi di Nostra Signora dell'Assunta a Castelnuovo Magra, nello Spezzino.
I cartelami, detti anche décors o monumentos in altre regioni dell’Europa mediterranea, sono apparati scenografici effimeri, per lo più di gusto popolare, allestiti nel presbiterio o nelle cappelle delle chiese parrocchiali o degli oratori confraternali per particolari momenti del rito cristiano, quali la Settimana Santa e l'adorazione eucaristica delle Quarantore, o per eventi eccezionali, come, per esempio, la cerimonia di beatificazione della mistica santa Caterina Fieschi, avvenuta il 6 aprile del 1735. La loro produzione, datata tra la fine del XVI e i primi decenni del XIX secolo, ha diffusione in un’area geografica che comprende, oltre alla Liguria, anche territori vicini come la Toscana, la Sardegna, il Piemonte meridionale, la Corsica settentrionale, i Pirenei orientali, il Nizzardo, le Alpi Marittime e la Catalogna.
Costruiti prevalentemente in cartone, ma anche in altri materiali poveri come il legno di castagno, la latta, la cartapesta e la tela, i cartelami rappresentano un patrimonio particolare, e ancora poco conosciuto, dell’arte sacra, che spazia da libere composizioni formate da sagome raffiguranti personaggi della Passio Christi a veri e propri teatri, con tanto di boccascena, quinte e fondale, pensati per ambientarsi senza sforzo nello spazio architettonico di una chiesa. Emblematico è il caso dell’apparato di Ligo, nelle vicinanze di Albenga, o anche l’imponente scenario delle Quarantore per la parrocchiale di Ceriana, nell’Imperiese, scampato fortunosamente al terremoto del 1887, con epicentro a Bussana, che fece cadere la volta della chiesa.
Pezzo forte della mostra genovese, il cui allestimento è curato da Valerio Tunesi, è, senz’altro, il monumentale «Sepolcro» istoriato di Laigueglia, nel Savonese, donato da Giuseppe Musso nel 1835 al suo paese natale e considerato ad oggi il più grande e pregiato cartelame del Ponente ligure. Il manufatto, alto oltre quindici metri e totalmente smontabile, viene presentato al piano nobile del palazzo dei Dogi come se fosse in fase di montaggio; per vederlo nella sua interezza bisognerà, invece, attendere il 2014 quando verrà esposto nella sua sede abituale, la chiesa parrocchiale di san Matteo, in occasione dei cent’anni dall’ultimo utilizzo.
Dalla vicina Savona arriva un altro pezzo di notevole pregio, ma dimenticato per decenni in un deposito: la «Gloria d’angeli» della cattedrale dell’Assunta, un congegno neo-barocco dipinto sul principio dell’Ottocento da Paolo Girolamo Brusco, che sbalordì anche re Carlo Alberto di Savoia e che, dopo la mostra, troverà un’adeguata valorizzazione attraverso la sua esposizione permanente.
 Un discorso analogo si può fare per uno straordinario apparato settecentesco dipinto da Giovanni Agostino Ratti e riscoperto di recente ad Albissola Marina. Si tratta di una sorta di reliquiario gigante composto di diversi materiali (legno, tela e cartapesta), raffigurante una nuvola animata da figurine angeliche recanti i simboli della Passione, utilizzato in passato anche come cassa processionale per una reliquia della Vera Croce che si esponeva il venerdì santo.
A sottolineare il valore e il significato dei numerosi apparati  esposti sarà anche una colonna sonora creata ad hoc: una serie di suoni e rumori, ideati da Federico Bagnasco e Alessandro Paolini. In particolare, a Palazzo Ducale viene ricreata l'alta tensione emotiva legata a specifici riti pre-pasquali, come l'Ufficio delle Tenebre. Con strumenti originali come bàttole, raganelle, corni e trombe di corteccia viene, per esempio, riproposto lo strepito con cui le comunità chiamavano Barabba e allontanavano così antichissime paure ed angosce legate al buio e alla presenza del male.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luigi Morgari (?), Angelo, 1909 (?). Metallo sagomato e dipinto. Cairo Montenotte (Savona), Cappella di San Rocco; [fig. 2] Pittore ligure, Cristo flagellato, secolo XVII. Olio su tela e cartone applicato su sagoma lignea. Villanova d'Albenga (Savona), chiesa di San Bernardo a Ligo di Villanova d'Albenga (Savona); [fig. 3]  Giuseppe Massa (?), Cristo umiliato, primo quarto del secolo XVIII. Tempera su cartone, Sanremo (Imperia), fraz. Coldirodi, chiesa di
San Sebastiano. 

Informazioni utili
«Il Gran Teatro dei Cartelami. Scenografie del sacro». Palazzo Ducale – Appartamento del Doge, piazza Giacomo Matteotti, 9 – Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 7,00, ridotto € 6,00, scuole € 4,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 010.5574065 o biglietteria@palazzoducale.genova.it. Sito internet: www.cartelami.it. Fino a domenica 25 agosto 2013. 

sabato 20 luglio 2013

«La cultura è come l’acqua»: Maria Migliora per la nona Giornata del contemporaneo

«La cultura è un bene comune primario come l'acqua; i teatri, le biblioteche, i cinema sono come tanti acquedotti». Sembra ispirata all'affermazione che fece il maestro Claudio Abbado, durante una puntata della trasmissione «Vieni via con me», l'opera «Aqua Micans», scelta come immagine guida della nona edizione della Giornata del contemporaneo, manifestazione promossa annualmente da Amaci, l’associazione dei musei d’arte contemporanea italiani presieduta da Beatrice Merz e comprendente una trentina di realtà come il Maxxi di Roma, il Mart di Rovereto, il Mambo di Bologna e il Castello di Rivoli.
Il lavoro, che porta la firma di Marzia Migliora (Alessandria, 1972), farà, dunque, da filo rosso tra i tanti eventi che il prossimo sabato 5 ottobre animeranno la penisola, da nord a sud, permettendo al pubblico di entrare attivamente in contatto con il fare artistico del presente, conoscendo meglio spazi espositivi, fondazioni e gallerie (tutti aperti gratuitamente per l’occasione), ma anche visitando atelier d’artista o prendendo parte a dibattiti, visite guidate e laboratori.
Prosegue, dunque, con successo il progetto di affidare a un artista italiano di fama internazionale l’ideazione dell’immagine guida della Giornata del contemporaneo, che, negli anni scorsi, ha visto coinvolti Michelangelo Pistoletto (2006), Maurizio Cattelan (2007), Paola Pivi (2008), Luigi Ontani (2009), Stefano Arienti (2010), Giulio Paolini (2011) e Francesco Vezzoli (2012).
«Aqua Micans», scatto fotografico realizzato in situ grazie alla collaborazione della Fondazione Goca – Gallery of Contemporary Art di Palermo, ha come sfondo una delle opere più suggestive del nostro patrimonio visivo contemporaneo: il «Grande cretto» di Alberto Burri, un’opera di land art, forse una delle più grandi al mondo del suo genere, costruita tra il 1985 e il 1989 sulle rovine di Gibellina, paese del Trapanese di circa sei mila persone completamente distrutto, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, da una forte scossa sismica che colpì una vasta area della Sicilia occidentale, nel distretto conosciuto come Valle del Belice.
Marzia Migliora, artista che in queste settimane espone nelle collettive «Bestiario contemporaneo» (31 maggio-24 ottobre 2013) al Museo di storia naturale di Venezia e «Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell’arte italiana» (12 maggio-1° settembre 2013) al Mambo di Bologna, ha ritratto nell'immagine per la nona Giornata del contemporaneo alcune portatrici d’acqua, mentre attraversano l’opera di Burri, un’enorme colata di cemento bianco sulle macerie della vecchia Gibellina, spaccata da un labirinto profonde crepe e fenditure che ricalcano l’impianto viario del paese, ferita da solchi simili a quelli prodotti dalla terra arsa dal sole.
«Con questa fila di donne, impegnate in un’azione quotidiana e vitale, l’artista piemontese ha scelto -si legge nella nota stampa- di riprendere e ripetere la rituale solennità di un gesto antico e uguale in tutto il Sud del mondo: trasportare un’anfora sul capo o sulle spalle, percorrendo un paesaggio duro e desolato». Protagonista dell’opera-performance sono, per stessa decisione dell’autrice, un gruppo di donne di Gibellina nuova, discendenti di coloro che abitavano le case distrutte dal terremoto del 1968. La loro presenza rinsalda il legame profondo ed emotivo di questo angolo di Sicilia con il «Grande cretto», un ambiente di più di dieci ettari che rinvia all’idea della siccità come assenza di vita.
L’acqua, bene comune per eccellenza, diventa così nell’immagine di Marzia Migliora elemento di sopravvivenza e salvezza, mentre la figura della portatrice si fa simbolo di un atto di cura. Chiara è, poi, l’equivalenza tra l’acqua e la cultura, necessario nutrimento per l’uomo, e tra le donne di Gibellina e gli operatori culturali del contemporaneo, portatori a loro volta di un bene prezioso e insostituibile da cui dipende la crescita e il benessere della società. In un’epoca di crisi e di tagli, «Aqua Micans», opera il cui titolo è tratto dal romanzo «Locus Solus» di Raymond Roussel, introduce, dunque, -spiegano gli organizzatori dell’evento- «una riflessione sul ruolo del museo come istituzione preposta a conservare e tutelare l’esistente e, allo stesso tempo, a stimolare la produzione e il ripensamento del nuovo, creando un ponte ideale tra il presente e il nostro passato storico-artistico, attraverso cui costruire una proiezione futura positiva». Quasi a dire, usando ancora una volta le parole di Claudio Abbado, che «la cultura è vita e la vita è bella».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Marzia Migliora per la nona Giornata del contemporaneo, «Aqua Micans», 2013. Opera realizzata al «Grande Cretto» di Alberto Burri, Gibellina (Trapani). Ph. Turiana Ferrara; [fig. 2] Ritratto di Maria Migliora; [fig. 3] Alberto Burri, «Grande Cretto», 1955-1989.  Gibellina (Trapani)

Informazioni utili
Amaci c/o Gamec, via San Tomaso, 53 - 24121 Bergamo, tel. 035.270272, fax 035.236962, info@amaci.org. Sito web: www.amaci.org.

giovedì 18 luglio 2013

Un Lele Luzzati da paura al Porto Antico di Genova

Due scheletri neri, con cappuccio e veste bianca, campeggiano sulla locandina della mostra «The Dark Side of Luzzati», nuovo progetto espositivo del museo fondato nel 2008 a Genova, all’interno degli spazi cinquecenteschi di Porta Siberia al Porto Antico, con l’intento di promuovere l’arte dello scenografo e illustratore ligure, fondatore, insieme a Tonino Conte, del Teatro della Tosse e autore di cartoni da premio Oscar come «La Gazza ladra» (1964).
La scelta dell’immagine guida, uno schizzo per il film di animazione «Pulcinella» (1973), è vincente. La rassegna, promossa dalla casa editrice Nugae di Sergio Noberini, si propone, infatti, di raccontare il «lato oscuro» di Lele Luzzati (Genova, 1921-2007), artista conosciuto dal grande pubblico per aver colorato e reso gioiosa l’infanzia di molti bambini con libri come «I paladini di Francia» o «Il Milione di Marco Polo» e con rivisitazioni ironiche e vivaci di personaggi come Pulcinella, Arlecchino, Papagena e Papageno, tante figure che popolano la nostra Commedia dell’arte.
Lele Luzzati fu, dunque, non solo un funambolico «maestro di sogni», capace di avvicinare i più piccoli alla musica di Wolfgang Amadeus Mozart e Gioachino Rossini, ma anche il creatore di un mondo ambiguo e sinistro, a tratti orrifico, che «non ha nulla da invidiare -dichiarano gli organizzatori- all’immaginario di Tim Burton». Lo dimostrano chiaramente i manifesti, i bozzetti per scenografie e le illustrazioni che scorrono lungo le pareti e all’interno delle sale espositive di Porta Siberia, fortificazione cinquecentesca progettata da Galeazzo Alessi e riqualificata da Renzo Piano, nell’ambito del restauro dell’intero Porto Antico.
Sono le parole dell’artista a Paola Pollottino, riportate nel saggio «Volta la carta e vedi…Luzzati» del 1985, a farci da guida tra le tavole per «Gli uccelli» di Aristofane e per la «Medea» di Euripide: «in ogni oggetto ci deve sempre essere qualcosa di ambiguo, in modo che sembri vero, ma non lo sia mai del tutto, e ci sia sempre posto per un po’ di sogno». In questa esposizione, in effetti, l’ambiguo fa da fil rouge, ma il sogno diventa incubo, dimostrando la fascinazione dell’illustratore e scenografo genovese per ciò che incute paura. Succede, per esempio, nelle illustrazioni dedicate alle fiabe dei fratelli Grimm, realizzate -ricorda Tonino Conte nel volume «Lo scenografo della porta accanto», pubblicato nel 2001- da un Luzzati «mai tanto incontentabile e tormentato», un Luzzati «più nascosto e segreto, che non si accontenta facilmente di quello che fa, che scarta, butta via, taglia e ricompone, cancella e ridisegna», tutto teso a riproporre nella sua opera «la straordinaria profondità», il «mondo complesso delle fiabe tedesche, in cui il fiabesco ha un taglio realistico, la crudezza è mescolata alla poesia, la fantasia è spesso perversa e il sangue scorre nelle scenografie più mirabolanti».
Un lato dark si respira anche nei meravigliosi bozzetti per i costumi dello spettacolo «Ubu Incatenato», prodotto dal Teatro della Tosse nella stagione 1994/95. E’ lo stesso Tonino Conte a ricordarlo, descrivendo così il materiale realizzato dal suo amico e compagno d’avventura: «decine di tavole di straordinario vigore espressivo, popolate di donne con tre seni e cosce abnormi, magrezze spettrali e grassezze oscene: creature forse ridicole, forse mostruose. Per inventarle pareva che Luzzati avesse mescolato Bosh con Ionesco, Picasso con Topor».
Ma il «lato oscuro» dell’artista genovese si esprime benissimo anche in manifesti e locandine teatrali. Ecco così le maschere senza occhi per lo spettacolo «I satiri», la fissità immobile in nero e rosso della ioneschiana «Cantatrice calva», gli scheletri e mostri che popolano alcune scenografie per le rappresentazioni di Paolo Poli. Tanti modi differenti per raccontare un Luzzati da paura.

Durante l’estate, il museo di Porta Siberia ospiterà anche una mostra antologica su Andrea Pazienza. Dalle storie in slang di «Pentothal » a quelle ribelli di «Zanardi », dalle illustrazioni di «Campofame » alla divertita e affettuosa ironia di «Pert », una serie di tavole dedicate al presidente Pertini: sono circa un centinaio i lavori esposti che ripercorreranno la storia di uno dei disegnatori più amati del fumetto italiano.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Emanuele Luzzati, «Carabinieri» per il film di animazione «Pulcinella», 1974.Tempera su carta, cm 22.7x30.4; [fig. 2] Emanuele Luzzati, bozzetto per D«ialoghi di Luciano», spettacolo per la regia di Tonino Conte, 1991. Tecnica mista, cm 33 x 47.8 tecnica mista e collage; [fig. 3] Emanuele Luzzati, bozzetto per «Igne Migne», anni '90. Tecnica mista e collage, 48x33  

Informazioni utili 
«The Dark Side of Luzzati». Museo Luzzati a Porta Siberia,  Area Porto Antico, 6 - Genova. Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-18.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 4,00 (over 65 anni) o € 2,00 (dai 7 ai 18 anni), gratuito per i bambini fino ai 6 anni, Informazioni: tel. 010.2530328 o info@museoluzzati.it. Sito web: www.museoluzzati.it. Fino a domenica 13 ottobre 2013.  [Mostra prorogata fino a domenica 10 novembre 2013]




martedì 16 luglio 2013

A Genova un’estate all’insegna della fotografia: il Giappone delle geishe incontra gli scatti giovanili di Kubrick

L’Oriente, con il suo mondo di rituali senza tempo e la sua ineffabile raffinatezza, trova casa a Genova, negli spazi di Palazzo Ducale. Centoventicinque stampe fotografiche originali del periodo compreso tra il 1860 e i primi anni del Novecento, riunite sotto il titolo di «Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800», esplorano l’idea dell’uomo e della donna nipponici, sia attraverso il gusto memorialistico dei primi turisti occidentali, sia nelle reali condizioni socio-culturali del tempo.
L’iniziativa espositiva, ideata da GAmm Giunti e curata da Francesco Paolo Campione e Marco Fagioli, offre anche l’occasione per conoscere una selezione di immagini del ricco archivio che la fondazione «Ada Ceschin Pilone» di Zurigo ha concesso in comodato d’uso nel 2012 al Museo delle culture di Lugano: più di cinquemiladuecento fotografie all’albumina colorate a mano, per metà circa contenute all’interno di oltre novanta album-souvenir, racchiusi da coperte splendidamente decorate da maestri dell’arte giapponese della lacca, che Marco Fagioli ha collezionato a partire dal 1973.
Lottatori di sumo dagli occhi di bragia, fieri samurai che fecero della battaglia la concretizzazione di un’idea di vita, sensuali e servizievoli geishe, attori di kabuki, donne di piacere raffigurate nei quartieri a luci rosse, ma anche paesaggi stilizzati e ritratti di donne, bambini e uomini raccontati nella loro quotidianità, durante i lavori domestici o in occasione di cerimoniali e funzioni religiose, scorrono lungo le pareti dello spazio espositivo, permettendo di comprendere cosa significhino, nella filosofia zen, concetti come delicatezza, raffinatezza, bellezza e armonia assoluta.
Il percorso espositivo, completato da sette vasi d’epoca Meiji prestati dal Museo d’arte orientale «Edoardo Chiossone» di Genova e da cinque maschere teatrali di una collezione privata, analizza, inoltre, un momento della fotografia nipponica conosciuto con il nome di Scuola di Yokohama, la cui caratteristica risiedeva nell’unire la fotografia, la forma artistica più d’avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi, realizzando stampe su carta all’albumina, delicatamente colorate a mano da raffinati artigiani. Le immagini prodotte, destinate prevalentemente ai viaggiatori stranieri, venivano, poi, assemblate in esotici album-souvenir, ma anche utilizzate per illustrare una ricca pubblicistica fatta di guide, di resoconti di viaggio e, soprattutto, di descrizioni della vita quotidiana e dei costumi di un mondo che appariva all’Occidente come la quintessenza di un Oriente medievale, educato ed elegante, arrivato miracolosamente intatto alla soglie della civiltà industriale.
In contemporanea, il Palazzo Ducale di Genova ospita, nel Sottoporticato, un altro progetto espositivo ideato da GAmm Giunti: la mostra «Stanley Kubrick. Fotografo», per la curatela di Michel Draguet, già presentata lo scorso anno nella prestigiosa sede dei Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles. Centosessanta fotografie, selezionate tra gli oltre ventimila negativi conservati presso il Museo della Città di New York e appositamente tirate con stampa al bromuro d’argento dagli originali, ricostruiscono un aspetto poco conosciuto nella carriera del grande regista statunitense, quello che lo vide, a soli 17 anni, venir assunto come fotoreporter dalla rivista americana «Look», uno dei più diffusi mensili dell’epoca, dopo aver immortalato un edicolante il giorno della morte del presidente Roosevelt.
Le immagini esposte, realizzate tra il 1945 e il 1950, documentano la vita quotidiana dell’America nell’immediato dopoguerra, attraverso inquadrature fulminanti e ironiche di una città, New York, che si apprestava a diventare la nuova capitale mondiale.
Dalla photo-story su Mickey, un ragazzino di dodici anni che lavora come lustrascarpe nel quartiere di Brooklyn, si dipana un racconto in bianco e nero tra pugili come Rocky Graziano e Walter Cartier, stelle del cinema quali Montgomery Clift, assonnati viaggiatori della metropolitana, musicisti dixieland, artisti circensi, studenti della Columbia University, uomini e donne qualunque ritratti in luoghi di incontri casuali, come la sala d’aspetto di un dentista o le scale antincendio di un palazzo. Sono scatti, questi, che raccontano scampoli di vita, dai quali si evince la grande capacità di scandagliare l’animo umano e i meccanismi della mente che ha fatto di Stanley Kubrick uno dei grandi cineasti del Novecento.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Anonimo, «Venditore ambulante di scope», 1880-1890 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 2] Ueno Hikoma, «Veduta di Tokyo dal Colle di Atagoe», 1870 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 3] Tamamura Kozaburo, «Geisha che gioca con una palla legata a un filone», 1900 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 4] Stanley Kubrick, , «A tale of a shoe-shine boy»,, 1947

Informazioni utili
«Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800». Palazzo Ducale,piazza Giacomo Matteotti, 9 - Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì, ore 14.00-19.00; la biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gruppi € 7,00; scuole € 4,00;congiunto con la mostra «Stanley Kubrick. Fotografo» intero € 14,00; ridotto € 12,00. Catalogo: GAmm Giunti, Firenze. Informazioni e prenotazioni: biglietteria Palazzo Ducale, tel. 010.5574065. Sito internet: www.giapponegenova.it. Fino a domenica 25 agosto 2013.

«Stanley Kubrick. Fotografo». Palazzo Ducale, piazza Giacomo Matteotti, 9 - Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì, ore 14.00-19.00; la biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gruppi € 7,00; scuole € 4,00;congiunto con la mostra «Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800». intero € 14,00; ridotto € 12,00. Catalogo: GAmm Giunti, Firenze. Informazioni e prenotazioni: biglietteria Palazzo Ducale, tel. 010.5574065. . Sito internet: www.mostrakubrick.it. Fino a domenica 25 agosto 2013.

domenica 14 luglio 2013

Dagli aquiloni di Jashimoto alle mappe di Qiu Zhijie: suggestioni orientali alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia

Colore, leggerezza, gioco e poesia: sono queste le parole chiave della grande installazione site specific «Gas Giant» che l’artista statunitense, di origine giapponese, Jacob Jashimoto (Greeley, Colorado, 1973) propone a Venezia, in concomitanza con la cinquantacinquesima edizione della Biennale d’arte.
Diecimila aquiloni in carta di riso e bambù, realizzati a mano secondo un’antica tradizione nipponica, occupano (o meglio invadono) il quarto piano della Fondazione Querini Stampalia, recentemente sottoposto a intervento conservativo da parte dell’architetto ticinese Mario Botta. Il risultato è un’architettura incantata e di grande impatto scenografico, nella quale centinaia e centinaia di moduli, in predominanza di colore bianco, dialogano con altri, dal decoro geometrico e fitomorfo, tenuti assieme da fili di nylon e sorretti al soffitto grazie a un sistema di ancoraggio, costituito da catene e staffe a muro.
La mostra di Jacob Jashimoto, organizzata dallo Studio «La Città» di Verona e curata da Marco Meneguzzo, è solo uno dei tanti appuntamenti che il museo presieduto da Marino Cortese propone durante questa estate. Negli spazi dell’area Scarpa, al pianoterra, è, per esempio, allestita, per iniziativa della Galleria d’arte «Maggiore» di Bologna e con la curatela di Danilo Eccher, una rassegna sui linguaggi figurativi della famiglia Matta, che propone, per la prima volta, un confronto tra l’opera di Roberto Sebastián Matta (Santiago del Cile, 1911- Civitavecchia, 2002), figura storica del Surrealismo e caposcuola dell’Espressionismo astratto americano, e quella dei due figli (avuti da mogli differenti): Gordon Matta-Clark (New York, 1943-1978) e Pablo Echaurren (Roma, 1951).
Attraverso oli su tela, disegni, pastelli su carta e collage, si dipana un percorso lungo cinquant’anni, che ha per scenario gli Stati Uniti e l’Europa, nel quale l’arte diventa strumento per un dialogo concettuale tra i tre artisti, che nel privato ebbero rapporti conflittuali. L'affinità di Gordon Matta-Clark con Roberto Sebastián Matta è riconducibile soprattutto a un livello formale, estetico ed architettonico, mentre in Pablo Echaurren riguarda il carattere più propriamente concettuale del linguaggio espressivo, derivato dalla stessa matrice Dadaista e tardo Surrealista del padre e del fratello. Il filo comune tra i tre artisti, secondo il curatore, è, invece, da individuarsi nella socialità, ovvero nella ricerca continua di un rapporto di partecipazione del fruitore, caratterizzato da un coinvolgimento diretto o indiretto, fisico o mentale, culturale o sociale dello stesso con l'opera.
Al terzo piano della Fondazione Querini Stampalia è, invece, possibile vedere la mostra «Qiu Zhijie. L’unicorno e il dragone», prima tappa di «New Roads», progetto triennale di collaborazione tra Italia e Cina, nato in sinergia con il Museo Aurora di Shangai e Arthub Asia al fine di creare una piattaforma di dialogo multiculturale attraverso l’arte contemporanea.
Una quindicina di mappe site specific, impresse sulla carta con una secolare tecnica cinese di tamponamento con spugne o disegnate direttamente a parete con l’inchiostro, tessono un dialogo tra antico e moderno, tra Oriente e Occidente.
Qiu Zhijie (Fujian, 1969), alla sua prima personale in Italia, si è confrontato per questo progetto espositivo con le collezioni della Fondazione Querini Stampalia e del Museo Aurora di Shangai, restituendo le suggestioni ricevute attraverso un universo figurativo popolato da creature mitologiche, divinità astrali, motivi vegetali, scritte in inglese e cinese. Il tutto intende raccontare gli errori e i fraintendimenti nati dagli scambi culturali tra Italia e Cina, a partire da Marco Polo che, vedendo un rinoceronte durante i suoi viaggi in Oriente, lo identificò subito come un unicorno, seguendo l’unica possibile classificazione che la tradizione occidentale gli aveva messo a disposizione per definire una creatura con un solo corno. Un aneddoto, questo, raccontato nel 1993 da Umberto Eco, durante una conferenza all’Università di Pechino, che mostra come l’uomo classifichi e decodifichi ciò che non conosce secondo standard familiari, spesso sbagliando e non lasciandosi stupire dal mistero. (sam)

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Jacob Hashimoto, «Gas Giant», installazione alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Venezia, 2013. Foto: Studio  «La Città» di Verona; [figg. 3 e 4] Qiu Zhijie alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Foto di Agostino Osio 

Informazioni utili 
«Jacob Hashimoto. Gas Giant». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: Marsilio editore, Mestre-Venezia (monografia a cura di Luca Massimo Barbero). Informazioni: Studio  «La Città» di Verona , tel. 045.597549. Sito internet: www.jacobhashimotovenice.com. Fino a domenica 1° settembre 2013. 

«Matta». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Galleria d’arte «Maggiore» di Bologna , tel. 051.235843 o info@maggioregam.com. Sito internet: www.maggioregam.com. Fino a domenica 18 agosto 2013. 

«Qiu Zhijie. L’unicorno e il dragone». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: : Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Fondazione Querini Stampalia, tel. 041.2711411. Sito internet: www.querinistampalia.org. Fino a domenica 18 agosto 2013.