ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 14 aprile 2008

Violetta e Alfredo, gli amanti immortali di Verdi in scena a Busto Arsizio

«Faccio la Dame aux Camelias che avrà per titolo, forse, Traviata. Un soggetto dell’epoca. Un altro forse non l’avrebbe fatto per i costumi, pei tempi, e per mille altri goffi scrupoli (…) Io lo faccio con tutto il piacere»: scriveva il compositore Giuseppe Verdi all’amico Cesare de Sanctis nel gennaio 1853. Nasceva così La traviata, opera in tre atti e quattro scene su libretto di Francesco Maria Piave, che viene unanimemente considerata «uno dei drammi in musica più importanti a livello universale» e, grazie alla sua raffinata vena intimistica e al suo elegante dialogo tra eros e thanatos, il capolavoro della celebre «trilogia popolare verdiana» (della quale fanno parte anche il Rigoletto e Il trovatore).
Sotto l'occhio di bue del palcoscenico la bella e scostante Violetta Valery, una prostituta parigina d’alto bordo realmente esistita con il nome di Alphonsine Plessis, che Alexandre Dumas figlio consegnò a futura memoria nel romanzo e, quindi, nella «comédie mêlée d’ariettes» Le dame aux camélias come Margherite Gautier, donna che, dopo una vita trascorsa nel vizio, si innamora, ricambiata, di un giovane di buona famiglia, cui è costretta a rinunciare in nome delle convenzioni sociali del tempo e che ritroverà sul letto di morte, riappacificandosi solo poco prima di spirare, appena ventitreenne, per colpa della tisi.
A far rivivere sul palcoscenico del teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito della rassegna BA Teatro–Stagione cittadina 2007/2008, la romantica e struggente storia di Violetta e del suo amato Alfredo Germont saranno, alle 21 di giovedì 17 aprile, il coro lirico del BelCanto e l’orchestra Filarmonìa di Milano, sotto la direzione del maestro Pierangelo Gelmini. In scena ci saranno anche i danzatori Lino Villa, Roberta Corva e Stefania Barina. Firma la regia Gianfranco Ronconi.
La traviata, il cui debutto risale al 6 marzo 1853 presso il teatro La Fenice di Venezia, si configura come un’«opera di carattere morale», con al centro diversi ingredienti tipici della librettistica ottocentesca: dall’amore inteso come legame che supera ogni limite imposto dalle regole della convenienza sociale alla preminenza del valore della famiglia su qualsiasi altro. Nuova è, invece, la scelta di trattare una vicenda legata alla cronaca contemporanea, per giunta mutuata da un best-seller della cosiddetta letteratura scandalistica, laddove la librettistica prediligeva il più delle volte ambientazioni lontane nel tempo e nello spazio, se non addirittura mitiche. Non è un caso che solo nell’edizione del 1906 l’opera verdiana venisse rappresentata in abiti ottocenteschi; le prime repliche retrodatarono, infatti, la storia all’epoca di Luigi XIV per non incorrere nella censura, ma anche per motivi pratici: «abituati ai costumi, difficilmente i coristi, che cantavano per arrotondare lo stipendio, -ricorda il musicologo Gianni Ruffin- avrebbero indossato con disinvoltura gli abiti di lusso dell’aristocrazia e alta borghesia del tempo».
La grande innovazione di questo melodramma, unanimemente considerato l’«ultima opera belcantistica di Giuseppe Verdi», sta, però, nelle soluzioni drammaturgico-musicali adottate, che ne hanno fatto il perfetto spartiacque fra il modello di inizio Ottocento, ancora legato a una dimensione vocale idealizzata, e la nuova via «realistica», percorsa dal compositore di Busseto con i suoi lavori successivi. La parte di Violetta Valery ne è l’immagine con la sua esuberante ornamentazione virtuosistica del primo atto («tutta quanta risolta con picchi, acuti, scalette e arpeggi», per usare le parole di Renato Bossa), cui segue un finale quasi recitato, giocato su intensi momenti di declamazione, in cui incide più il sentimento del bel canto, dove si respirano tutte le mille sfaccettature dell’animo della protagonista, in bilico tra gioia, dolore, vergogna, pentimento, malinconia. Una novità, questa, che fu colta dal critico dell’Italia musicale nei giorni antecedenti la sfortuna “prima” (l’opera verdiana raggiunse il successo solo nella seconda edizione, quella presentata il 6 maggio 1854 al teatro San Benedetto di Venezia): «La traviata è la migliore o almeno la più progressiva delle opere moderne […] D'ora innanzi [...] si anderà al teatro d'opera con quella medesima disposizione con cui si va al teatro del dramma. [...] Verdi è inventore di un nuovissimo genere di musica, egli ha moltiplicato i suoi mezzi e vuole che essa sia capace di esprimere non solo i pensieri e i sentimenti in generale, ma anche tutte le loro modificazioni».
Fra i passaggi più popolari del capolavoro verdiano, il motivo Amami, Alfredo, amami quanto io t’amo, diventato un topos della lirica, oltre al celeberrimo brindisi Libiamo ne’ lieti calici, alla cabaletta Sempre libera degg’io, all’aria Addio, del passato bei sogni redenti e al duetto Parigi, o cara, noi lasceremo. Tutti brani entrati prepotentemente nel comune sentire e capaci di emozionare, con il loro pathos e il loro romanticismo, non solo i melomani, ma anche un pubblico non esperto.
Dopo Busto Arsizio, La traviata prodotta dalla compagnia del BelCanto di Milano sarà, nella serata del 19 aprile, a Cabiate (Como).

Didascalie delle immagini
(fig. 1) Compagnia del BelCanto; (fig. 2 e fig. 3) Veduta interna del teatro Sociale di Busto Arsizio.


Informazioni utili

La traviata
. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Orari: giovedì 17 aprile 2008, ore 21.00. Biglietto: intero € 30.00, ridotto € 25.00. Informazioni: tel. 0331 679000 (lunedì-venerdì, 16.00-18.00; sabato, ore 10.00-12.00). Sito web: www.teatrosociale.it.

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La compagnia del BelCanto


mercoledì 2 aprile 2008

Kledi Kadiu, un Romeo sulle punte in tournée

Dalla Verona del Medioevo a un assolato e cupo paese dell'Italia meridionale, scampato alle devastazioni della seconda guerra mondiale, dove desuete tradizioni e leggi furibonde, feroci sentimenti d'odio ed estreme passioni d’amore convivono tra loro. E’ un’ambientazione fiammeggiante e mediterranea quella che il coreografo e metteur en scene Fabrizio Monteverde ha scelto per la sua rilettura danzata della più nota e rappresentata tragedia shakespeariana di tutti i tempi: la storia d’amore e di morte di Giulietta e Romeo. Una storia romantica e travagliata, in bilico tra sentimento e ragioni di famiglia, che alle 21.00 di giovedì 10 aprile rivivrà sul palcoscenico del teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito di BA Teatro–Stagione cittadina 2007/2008, grazie all’Ente nazionale del balletto–Balletto di Roma, compagnia capitolina diretta da Cristina Bozzolini e Walter Zappolini.
A vestire i panni dei due leggendari amanti veronesi saranno la giovanissima, ma capace Noemi Arcangeli e il ballerino albanese Kledi Kadiu, noto al grande pubblico per i suoi interventi in programmi televisivi di grande ascolto come Buona domenica, C'è posta per te e Amici di Maria De Filippi, oltre che per la sua partecipazione alla fiction Rai Ma chi l’avrebbe mai detto (2006) e al film Passo a due (2005) di Andrea Barbini.
Nata nel 1989 in seno al Balletto di Toscana, compagnia straordinaria che s'impose per la bravura e per una strategia produttiva che puntava all’innovazione e alla danza d'autore, la coreografia di Fabrizio Monteverde, suddivisa in due atti e venti scene di forte impatto emotivo, cui fanno da colonna sonora le splendide musiche composte da Sergej Prokofiev nel 1940, «modernizza» il racconto shakespeariano. L’eterno astio tra le famiglie Montecchi e Capuleti viene trasferito da Verona a un qualsiasi paese del Meridione italiano, dal Medioevo al secondo dopoguerra, come ben dimostra la scenografia di desolata essenzialità ideata dallo stesso coreografo romano, con il fondamentale apporto del light designer Carlo Cerri, che ricrea sullo sfondo del palco un muro decrepito, un accumulo di macerie, simbolo della tragedia e degli orrori lasciati alle spalle.
La coreografia portata in scena dall’Ente nazionale del balletto–Balletto di Roma propone anche una Giulietta diversa dallo stereotipo restituitoci dalle numerose riduzioni musicali e cinematografie del capolavoro shakespeariano, dai balletti di Pëtr Il'ič Čajkovskij e Sergej Sergeevič Prokof'ev ai film di Franco Zeffirelli e Baz Luhrmann, passando per il musical West Side Story. La protagonista femminile pensata da Fabrizio Monteverde non è, infatti, l’adolescente timida, innocente e impacciata cui siamo abituati, ma una giovane ribelle, inquieta e passionale, simbolo di un irresistibile desiderio di sfuggire alle regole di un mondo piccolo e provinciale che impone alla donna un ruolo di sudditanza rispetto all’uomo.
Romeo, invece, è un ragazzo timido, introverso, solitario, totalmente aperto al desiderio e all’amore, vittima consapevole della volitiva irruenza di Giulietta, ma anche del livore che alberga nei cuori delle due madri, la sua e quella dell’amata, figure solo sinteticamente “affrescate” da William Shakespeare, che in questa rilettura diventano i veri motori della vicenda con la loro presenza ossessiva e opprimente, con i loro odi tessuti in silenzio. L’una, la Capuleti, è la tipica donna-oggetto sottomessa, «beghina» e sciocca; l’altra, la Montecchi, è una figura onnipresente, asfissiante e grintosa, «inchiodata istericamente a una sedia a rotelle».
Una scrittura d’autore di danza originale, dunque, quella proposta dall’Ente nazionale balletto-Balletto di Roma. Una scrittura serrata, dal ritmo cinematografico, «non soggiogata –si legge nella nota di presentazione- dai temibili riferimenti "storici", ma autonoma e sicura nel mettere a fuoco dal plot shakespeariano, scavando con ispirazione "rabbiosa" nei sentimenti e nei caratteri dei personaggi gli aspetti più consoni all'umore e all'immaginario del coreografo romano, fortemente influenzato da echi cinematografici (da qui il riferimento nell'ambientazione e nei costumi, al cinema neorealista di Rossellini e Visconti), ma anche da riferimenti letterari (così che la governante di Giulietta ha inquietudini e fremiti che ricordano l'omonima creatura di Brancati), o da citazioni di usanze e costumi nostrani (tanto che il ballo diventa una "vasca" da struscio cittadino, con le donne in piena "esposizione" delle proprie "mercanzie" e Giulietta morta indossa il virginale abito da sposa dei funerali meridionali)».
Il risultato è una coreografia nervosa, scattante, asciutta e lineare, che cede spesso il posto a passi a due di intima dolcezza e nella quale le forze espressive della formazione modern di Fabrizio Monteverde si fondono in un legato continuo agli spunti e alle linee della danza neoaccademica. Semplici e senza fronzoli anche i costumi di Eve Kohler, che mai fanno rimpiangere i ricchi merletti e gli improbabili corpetti d’oro e d’argento, da falso Medioevo, dei balletti del grande repertorio, soprattutto ottocentesco.
La tournée di Giulietta e Romeo toccherà anche le città di Comiso (teatro Naselli, 5 aprile 2008), Faenza (teatro Masini, 8 aprile 2008), Carpi (teatro Comunale, 11 aprile 2008), Viareggio (teatro Politeama, 14 aprile 2008), Castiglione delle Stiviere (teatro Sociale, 15 aprile), Bologna (teatro delle Celebrazioni, dal 17 al 19 aprile 2008), San Severo (teatro Verdi, 23 e 24 aprile 2008), Mantova (piazza Castello, 26 aprile 2008) e Cosenza (teatro Rendano, 30 aprile 2008).

Didascalie delle immagini
(fig. 1) Kledi Kadiu, (fig. 2) Kledi Kadiu e Noemi Arcangeli, (fig. 3) kledi Kadiu. Tutte le immagini pubblicate sono di Cristiano Castaldi e sono state fornite dall'Ente nazionale del balletto - Balletto di Roma

Informazioni utili
Giulietta e Romeo. Il teatro Sociale Srl, piazza Plebiscito 1 – Busto Arsizio (Varese). Orari botteghino: lunedì-venerdì 16.00-18.00. Ingresso: intero € 30,00, ridotto (riservato a giovani fino a 26 anni, militari, over 65, Cral, scuole, biblioteche, associazioni con minimo dieci persone) € 25.00. nformazioni: tel. 0331 679000. Sito web: www.teatrosociale.it.

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giovedì 20 marzo 2008

Busto Arsizio, al Sociale il teatro di Karol Wojtyla

Una casa privata, cinque attori, venti spettatori, una candela e qualche brano di Frédéric Chopin al pianoforte: iniziò così l’avventura del Teatro rapsodico clandestino di Crocovia, fondato negli anni Quaranta, in pieno regime nazista, dal professore Mieczyslaw Kotlarczyk, insegnante di lingua polacca e teorizzatore di una forma di rappresentazione legata al culto della «parola viva», dove si cessava di far uso di sipario e palcoscenico tradizionale, nonché di scene, costumi e trucco, per dare spazio prioritario alle rime e al ritmo di un’opera teatrale. Un'esperienza, questa, che segnò profondamente la gioventù di Karol Wojtyla. Nacquero in quegli anni piéce come La bottega dell’orefice, Fratello del nostro Dio e Giobbe, che rivelano un talento capace di esprimere poeticamente i più profondi concetti di carattere teologico e filosofico. La passione del futuro papa Giovanni Paolo II, allora studente di filologia polacca all’Università Jaghellonica di Cracovia, non si limitò, però, alla sola stesura di commedie e drammi: Karol Wojtyla -lo si evince da testi autobiografici come Dono e mistero nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio (1996) e Alzatevi, andiamo! (2004) - sperimentò e visse in prima persona tutte le componenti del teatro, esercitando i ruoli di voce recitante, attore, regista e, persino, critico teatrale per il settimanale Tygodnik Powszechny, dove scrisse dal 1959 al 1961, quando era già sacerdote, con lo pseudonimo di Andrzej Jawien. A questa esperienza giovanile di papa Giovanni Paolo II e alla storia, romantica e avventurosa, del Teatro rapsodico -definito anche «teatro delle catacombe» perché recitato in clandestinità, per pochi «iniziati» e con il costante timore di una retata nazista- è dedicata la nuova produzione del teatro Sociale di Busto Arsizio: Karol Wojtyla, con testo e per la regia di Delia Cajelli. Lo spettacolo -che debutta alle 21 di giovedì 27 marzo 2008, nell’ambito di BA Teatro–Stagione cittadina 2007/2008- vedrà salire sul palco Ambra Greta Cajelli, Gianluigi Colombo, Davide De Mercato, Gerry Franceschini, Giorgio Paiano e Anita Romano. A loro il compito, non facile, di raccontare un aspetto intimo e ancora poco approfondito della figura di papa Giovanni Paolo II, l’«attore di Dio»: la sua passione per il teatro, «veicolo di un messaggio capace di esercitare un grande influsso su quanti, come attori o spettatori, vi partecipano», e –soprattutto- la sua continua esplorazione del mistero della parola, quale mezzo per la ricerca del senso ultimo delle cose e della vita e, quindi, di Dio. «La pièce –spiega Delia Cajelli, direttrice artistica del teatro di piazza Plebiscito- sarà propedeutica a un altro evento in programma al Sociale nei prossimi mesi. Sabato 28 giugno, la sala ospiterà, infatti, -su invito di monsignor Claudio Livetti e nell’ambito delle celebrazioni per la festa patronale di Busto Arsizio- La bottega dell’orefice, una meditazione sul sacramento del matrimonio scritta nel 1960». L’appuntamento di giovedì 27 marzo si configura, pertanto, come un itinerario didattico all’interno della produzione teatrale e, soprattutto, poetica di papa Giovanni Paolo II, un itinerario che sarà segnato profondamente dalla parola e dall’emozionalità e che presenterà gestualità e scenografie ridotte all’essenziale, secondo i dettami della tradizione del Teatro rapsodico. Numerosi i brani che la compagnia Attori del teatro Sociale porterà in scena, in uno spettacolo itinerante che toccherà vari spazi della sala: palcoscenico, atrio e «Ridotto». Il testo spazia, infatti, dalla poesia Sulla tua tomba bianca della primavera 1939, scritta in ricordo della madre Emilia, alle Meditazioni sulla Genesi, estrapolate dal Trittico romano del marzo 2003, in cui papa Giovanni Paolo II si ferma in contemplazione sulla soglia della Cappella Sistina ed elogia l'opera di Michelangelo che, attraverso una «ricchezza affluente di colori», ha saputo tradurre in visione concreta quello stupore che vive ed esiste nell'atto straordinario della Creazione. La poesia, redatta durante un soggiorno nella residenza estiva di Castelgandolfo, si chiude con un passo intenso, in cui Wojtyla si rivolge con chiarezza ed estrema serenità ai cardinali del Conclave successivo alla sua morte, auspicando che essi vengano illuminati e guidati dalla luce e dalla trasparenza delle immagini affrescate: «Gli uomini, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi, -scrive il papa polacco- si riuniscono qui, lasciandosi avvolgere dalla policromia sistina, da questa visione che Michelangelo ci ha trasmesso. Era così nell'agosto e poi nell'ottobre del memorabile anno dei due conclavi, e così sarà ancora, quando se ne presenterà l'esigenza dopo la mia morte. Bisogna che a loro parli la visione di Michelangelo». Il testo Karol Wojtyla prosegue con la presentazione di brani dedicati ai temi del lavoro, della multiculturalità e della fede come Canto dello splendore dell’acqua (1950), Profili di Cireneo (1957), Il negro (1962), Pellegrinaggio ai luoghi santi (1965), Veglia pasquale (1966), Meditazioni sulla morte (1975) e La cava di pietra (1956), poesia quest’ultima che ricorda gli anni in cui papa Giovanni Paolo II lavorò come spaccapietre nella miniera di Zakrzowek e che verrà recitata nel cantiere del «Ridotto», permettendo al pubblico di conoscere uno spazio del teatro Sociale di prossima apertura: il vecchio Salone delle feste, di cui l’associazione culturale Educarte sta curando il restyling. Chiuderanno lo spettacolo la Preghiera per la pace, recitata per la prima volta al Peace memorial di Hiroshima, tenutosi il 25 febbraio 1981 in ricordo delle vittime del primo bombardamento nucleare, e il Decalogo della pace, presentato il 24 gennaio 2002 ad Assisi durante l’incontro con i capi religiosi di tutto il mondo. Il pubblico potrà, inoltre, ascoltare due interviste ad amiche e colleghe attrici di papa Giovanni Paolo II: Danuta Mickalowska e Halina Kròlikiewicz

Didascalie delle immagini (fig. 1) Karol Wojtyla da giovane 

Informazioni utili Karol Wojtyla. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - Busto Arsizio. Data: 27 marzo 2008, ore 21.00. Ingresso: € 16.00/12.00. Informazioni: tel. 0331 679000. Sito Web: www.teatrosociale.it.