ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 24 febbraio 2009

«Isadora», a Busto Arsizio un omaggio alla «dea della danza»

«Addio, amici! Vado alla gloria!»: con queste parole, la sera del 14 settembre 1927, la ballerina e coreografa statunitense Isadora Duncan (San Francisco, 28 maggio 1878 – Nizza, 14 settembre 1927) salutò gli amici con cui aveva cenato. Pochi minuti dopo, le lunghe frange del suo appariscente scialle veneziano, di color rosso fuoco, si impigliarono nelle ruote dell'automobile decapottabile Bugatti che la stava riportando a casa, strangolandola in una stretta mortale e sbalzandola fuori dal sedile. Si concludeva così, con un vero e proprio coupe de theatre, la vita di una delle madri del balletto moderno americano e del «teatro-danza».
Alla figura magica e leggendaria di questa artista, che calcò a piedi nudi, con i capelli sciolti al vento e vestita di morbidi pepli di velo le ribalte di mezzo mondo, è dedicato Isadora. Omaggio alla Duncan, spettacolo che il Centro arte danza di Olgiate Olona e la compagnia Attori del teatro Sociale portano in scena alle 21.00 di giovedì 26 febbraio al teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito di BA Teatro–Stagione cittadina 2008/2009, rassegna che riunisce, sotto l’egida e il contributo economico dell’amministrazione comunale bustese, i cartelloni di Palkettostage–International theatre productions e dei teatri Manzoni, San Giovanni Bosco e Sociale.
La rappresentazione, per le coreografie di Antonella Colombo e con la regia di Delia Cajelli, ripercorre la vita della «divina» Duncan, usando come fonti documentarie due scritti che la stessa artista ha lasciato -Lettere dalla danza e La mia vita, entrambi pubblicati postumi, nel 1928 -, nonché la biografia scritta dalla giornalista Curzia Ferrari per i tipi della Viennepierre edizioni di Milano.
Ne emerge il ritratto di una donna eccentrica e affascinante, emancipata e impetuosamente anticonvenzionale, che è stata non solo il simbolo del rinnovamento della danza tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, ma anche una figura estremamente interessante per gli studiosi del costume, ammaliati dal suo innovativo abbigliamento ispirato all’antica Grecia, e per gli appassionati della cultura dell'epoca, avvinti dal suo volto di scrittrice e intellettuale fuori dagli schemi, oltre che di madre affettuosa e di amante appassionata e sensibile.
Nata a San Francisco il 27 maggio 1877 ed emigrata giovanissima in Europa, Isadora Duncan è, infatti, conosciuta come l’esponente più prestigiosa della cosiddetta «danza libera e naturale», nuovo genere che si pose in aperta polemica con l’Accademia e la grammatica esasperatamente virtuosistica del balletto classico, proponendo coreografie incentrate sul libero e fluido movimento del corpo, sugli impulsi emotivi ed espressivi degli interpreti. Ecco perché, abbandonate le scomode scarpette a punta e gli artificiosi vestiti delle ballerine del XIX secolo, che il pittore Edgar Degas ha consegnato alla storia, l’artista americana predilesse morbide e leggere tuniche drappeggiate, chitoni o pepli, in grado di facilitare i gesti dei danzatori, il cui linguaggio coreutico doveva rifarsi alla plasticità della scultura greca, ma anche ai moti degli elementi naturali: aria, acqua, fuoco e terra.
Le «danze libere» di Isadora Duncan, che la vedevano ballare sola o con pochi allievi su un grande palco spoglio, privo di scenografia, furono, dunque, interpretazioni emotive ed improvvisate, che avevano come colonna sonora musiche trascinanti, non espressamente scritte per il balletto, come potevano essere quelle di Frédéric Chopin e Ludwig Van Beethoven.
Fu con queste coreografie, ispirate alle onde del mare e al soffio del vento, ma anche con il suo carattere estremamente emancipato e con la sua vivace intelligenza che la ballerina americana affascinò i più grandi protagonisti del suo tempo, dall’arciduca Ferdinando d’Amburgo allo scultore Auguste Rodin, dal vate Gabriele D’Annunzio allo scrittore Massimo Gorki e al regista Kostantin Sergeevič Stanislavskij, senza dimenticare i suoi tre grandi amori: il coreografo Gordon Craig e il milionario Paris Singer, dai quali ebbe i figli Dendrie e Patrick, nonché il poeta russo Sergej Esenin.
La vicenda affascinante di questa ballerina, passata alla storia come la «dea della danza», rivivrà sul palco del teatro Sociale di Busto Arsizio grazie a quattro attori –Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano-, che daranno voce ad alcuni suoi scritti e a una cinquantina di ballerini, dai dodici anni in su, che interpreteranno una decina di coreografie, corali e soliste, per lo più ispirate ai movimenti della natura.
Lo spettacolo, per la cui realizzazione il Centro arte danza di Olgiate Olona ha ottenuto un contributo economico di 6mila euro dalla Fondazione comunitaria del Varesotto, è inserito nel cartellone della rassegna Donna è…teatro, che prevede, tra l’altro, omaggi ad Anna Magnani, Eleonora Duse e Maria Callas.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1 e fig. 2] Isadora. Omaggio alla Duncan. Coreografia di Antonella Colombo. Foto: Silvia Consolmagno.

Informazioni utili

Isadora. Omaggio alla Duncan
. Teatro Sociale, piazza Plebiscito 1 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Data: giovedì 26 febbraio 2009, ore 21.00. Ingresso: intero: € 16.00, ridotto € 12.00 (giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone). Orari botteghino: il botteghino, ubicato negli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00. Prenotazioni telefoniche possono essere effettuate allo 0331.679000, in orario lavorativo: dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, e il sabato,dalle 9.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 0331.679000. Sito internet: www.teatrosociale.it.

venerdì 20 febbraio 2009

20 febbraio 1909-20 febbraio 2009: cent'anni di futurismo

«Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerarietà […] il coraggio, l'audacia, la ribellione […] il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della vittoria di Samotracia». Con questa dichiarazione d’intenti, apparsa il 20 febbraio 1909 in un elzeviro pubblicato sulla prima pagina del quotidiano parigino Le Figaro, lo scrittore, poeta e drammaturgo Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d'Egitto, 1876 – Bellagio, 1944) dava inizio all'avventura di uno dei più noti movimenti d’avanguardia del XX secolo, il solo di matrice totalmente italiana: il futurismo.
Dalla fondazione di questa scuola letteraria e artistica, votata al mito del progresso e della velocità, all’amore del pericolo, all’esaltazione della metropoli, al disprezzo dei musei e delle biblioteche, sono trascorsi cent'anni. Per ricordare l’evento, sulla scia di molte grandi città italiane ed europee, l’associazione culturale Educarte organizza proprio per la serata di venerdì 20 febbraio (ore 21.00) presso il ridotto Luigi Pirandello, nuovo spazio dedicato al «teatro di parola e di ricerca» del Sociale di Busto Arsizio, una «grande serata futurista» dal titolo Zang tumb tumb tuuumb tuuuum tuuuum tuuuum. Parole in libertà.
L’evento, inserito nel cartellone di BA Teatro–Stagione cittadina 2008/2009, vedrà salire sul palco la compagnia Attori del teatro Sociale e una ventina di allievi del liceo artistico Paolo Candiani, sotto la regia di Delia Cajelli. Ospite d’eccezione dell’appuntamento sarà l’architetto Carlo Moretti, protagonista di una performance a sorpresa.
Sull’impronta delle «gloriose serate futuriste» degli anni immediatamente antecedenti al primo conflitto bellico, show sempre in bilico tra vivaci battaglie di idee e furibonde risse, tra irridenti canzonature e intrattenimenti goliardici, gli attori daranno voce a manifesti programmatici del movimento marinettiano, da quello fondativo del 1909 a quello sul teatro di varietà, ma anche a sintesi e sorprese teatrali futuriste, poesie parolibere, sperimentazioni letterarie e giochi onomatopeici.
Ricco di sketch eccentrici, divertenti e sopratutto inaspettati, il programma della serata prevede, tra l’altro, l’interpretazione delle poesie La fontana malata e Lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi, degli intermezzi comici I salamini e Fortunello di Ettore Petrolini e dell'ode Desolazione del povero poeta sentimentale di Sergio Corazzini, nonché la lettura drammatizzata di un cospicuo numero di testi poetici e teatrali di Filippo Tommaso Marinetti, dal celebrerrimo Zang Zang Tumb. Bombardamento di Adrianopoli al Discorso contro i veneziani, da Donna + amici = fronte a Musica da toletta, da Gran teatro del pericolo alla poesia Al Duomo di Milano, contenuta nel breve «autoritratto umorista, spavaldo e simultaneo» che apre il volumetto Scatole d'amore in conserva.
Non mancherà, infine, un cammeo dedicato agli sviluppo del movimento futurista a Busto Arsizio, e più precisamente alla presenza di Filippo Tommaso Marinetti ed Enrico Prampolini al teatro Sociale. La «Manchester d'Italia», che dato i natali all'aereo-pittore Ivanhoe Gambini (1902-1992) e che è citata nel Manifesto del teatro aereo-futurista (Il volo come espressione artistica di stati d'animo) di Fedele Azari, ospitò, infatti, ben due serate futuriste: il 4 novembre 1930 accolse Filippo Tommaso Marinetti per l'inaugurazione dell'anno didattico dell'Istituto italiano di cultura fascista; il 18 maggio 1931 aprì le porte alla rappresentazione de La simultanina dello stesso Filippo Tommaso Marinetti, come ben ricorda il libro Del teatro. 150 anni di vita teatrale a Busto Arsizio, pubblicato nel 1991 dagli Amici del liceo e del quale verranno lette alcune pagine.
Una serata, dunque, ricca di materiali quella ideata dall'associazione Educarte, che permetterà di rivivere le suggestioni del teatro futurista, così come venne teorizzato nei manifesti del Teatro di varietà (1913), del Teatro sintetico futurista (1915) e del Teatro a sorpresa (1921), nonché in numerosi altri interventi sul tema dello spettacolo, quali Drammaturghi futuristi del 1911, Danza futurista del 1917, Teatro aereo-futurista del 1919, Teatro visionario del 1920, Teatro della sorpresa e Teatro tattile del 1921 e, infine, Teatro magnetico del 1925.
In ognuna di queste opere viene sottolineata la volontà di ripudiare le rappresentazioni naturalistiche, di evitare qualsiasi tentativo di illusione realistica e di realismo psicologico; ciò, infatti, nuocerebbe a una libera espressione della creatività e della fantasia. Quello che Marinetti e sodali vogliono è, infatti, -si legge nel Manifesto dei drammaturghi futuristi (1911)- «un teatro dello stupore, del record, della fisicofollia», «nato dalla fulminea intuizione, dalla attualità suggestionante e rivelatrice».
Spazio teatrali apertamente diversi da quelli usuali, situazioni che si risolvono in tempi brevissimi -spesso in un unico, rapido atto- e scenografie astratte o metaforiche -mai realistiche- sono tra le caratteristiche principali del teatro marinettiano. Un teatro nel quale lo spettatore diventa protagonista attivo di quanto avviene sulla scena. Provocando e conducendo il pubblico in «un labirinto di sensazioni improntate alla più esasperata originalità e combinate in modi imprevedibili», gli attori arrivano, infatti, a creare con esso un dialogo serrato, che molto spesso si trasformò, negli anni gloriosi del primo futurismo, -lo ricordano molte cronache dell'epoca- in «un'occasione circense per lanciare ortaggi e frutta agli oratori», in «una battaglia, un pandemonio, un caos».
In occasione dello spettacolo, sarà inaugurata, presso il ridotto Luigi Pirandello, la mostra Omaggio al futurismo, realizzata dagli studenti del liceo artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio; mentre la Biblioteca civica di Busto Arsizio allestirà una piccola rassegna con opere sul futurismo appartenenti alla propria collezione.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1, 2 e 3] Immagini di alcune delle tele che compongono la mostra
Omaggio al futurismo, realizzata dagli studenti del liceo artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio; [fig. 4 e fig. 5] Immagine della rassegna promossa dalla Biblioteca civica di Busto Arsizio; [ fig. 6] L'architetto Moretti al ridotto Luigi Pirandello di Busto Arsizio]. Foto: Silvia Consolmagno.

Informazioni utili
Zang tumb tumb tuuumb tuuuum tuuuum tuuuum. Parole in libertà. Teatro Sociale - ridotto Luigi Pirandello, piazza Plebiscito 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Data: venerdì 20 febbraio 2009, ore 21.00. Ingresso: intero € 8.00, ridotto € 6.00 (riservato a giovani fino ai 21 anni; ultra 65enni; militari; Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone). Botteghino: il botteghino, ubicato negli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00. Prenotazioni telefoniche possono essere effettuate al numero 0331.679000, in orario d’ufficio: dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, e il sabato, dalle 9.30 alle 12.30. Informazioni: tel. 0331.679000. Sito web: www.teatrosociale.it.

venerdì 30 gennaio 2009

«Aldo Moro: una tragedia italiana»: sul palco va in scena la storia

16 marzo 1978, poco minuti dopo le 9.00 di mattina: a Roma, all’incrocio tra via Fani e via Stresa, una Fiat 130, guidata dall’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci e con a bordo l’onorevole Aldo Moro, viene bloccata da un commando di terroristi, formato da una dozzina di persone. In soli due minuti, l’auto su cui si trova il presidente della Democrazia cristiana e l’Alfetta bianca, con le guardie del corpo, vengono crivellate da un centinaio di colpi d’arma da fuoco. I cinque uomini della scorta -Raffaele Jozzino, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e lo stesso Domenico Ricci- vengono uccisi; l’uomo politico sequestrato. Nelle stesso giorno, ottiene la fiducia il IV governo Andreotti, un monocolore democristiano, formato con il sostegno esterno, fortemente voluto dallo stesso statista pugliese, del Partito comunista italiano.
9 maggio 1978, in tarda mattinata: le Brigate rosse comunicano al professor Franco Tritto, amico della famiglia Moro, che il politico democristiano è stato assassinato. Le foto del corpo del presidente Dc, riverso nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, targata Roma N56786 e parcheggiata simbolicamente in via Caetani (a metà strada tra piazza del Gesù e le Botteghe Oscure, tra la sede della Dc e quella del Pci), fanno il giro del mondo.
Tra queste due date-simbolo della storia italiana della secondo dopoguerra, trascorrono cinquantacinque giorni. Cinquantacinque giorni, lunghissimi e carichi di ansia, nei quali lo Stato è tenuto in scacco dalle Br e nei quali il dibattito politico si trasforma in conflitto etico: cedere al ricatto dei terroristi o opporsi con forza? Difendere ad ogni costo le ragioni dello Stato o salvare la vita di un uomo innocente, la cui unica colpa è stata quella di essere un punto di riferimento imprescindibile nel panorama frammentato del sistema politico del tempo? Polis o pietas, come domanda il sofocleo «dilemma di Antigone»?
Da allora sono passati trent’anni. Cinque processi e due commissioni parlamentari d’inchiesta, un numero infinito di libri, spettacoli teatrali e fiction TV non sono bastati a dissolvere i dubbi e a fare chiarezza su quello che Leonardo Sciascia ha definito «l’affaire Moro». Un «affaire», scottante e tuttora carico di interrogativi, di cui i giornalisti Corrado Augias e Vladimiro Polchi, su invito dell’Istituto italiano di cultura in Parigi e dopo aver già lavorato a una trilogia di grande successo sulla storia dell’antica Roma (Processo a Caio Giulio Cesare, Processo a Nerone e Processo a Tiberio), hanno ricostruito la storia nel dramma-documento Aldo Moro. Una tragedia italiana, che alle 21.00 di venerdì 30 gennaio 2009 va in scena al teatro Sociale di Busto Arsizio, in esclusiva provinciale e nell’ambito di BA Teatro-Stagione cittadina 2008-2009.
Il testo scenico, per la regia di Giorgio Ferrara, uomo di teatro che vanta collaborazioni con Luchino Visconti e Luca Ronconi, si configura come una vera e propria lezione di educazione civica, un reportage che ricostruisce la storia drammatica di quei cinquantacinque giorni che separarono per sempre Aldo Moro dall’amata famiglia e dal suo lavoro politico, attraverso le missive che lo stesso statista pugliese scrisse agli amici del partito, da Francesco Cossiga a Benigno Zaccagnini, senza dimenticare le lettere che egli vergò per papa Paolo VI e i familiari. Lettere in cui si alternano momenti di speranza e altri di disperazione, tra ricordi privati e raccomandazioni di incombenze quotidiane, tra accuse di errori e ringraziamenti ai collaboratori, fino all’ultima toccante missiva alla moglie Noretta: «Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto, tanto Luca), Anna, Mario, il piccolo non nato, Agnese, Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta».
Allo strazio delle parole del presidente Dc imprigionato, lo spettacolo alterna i commenti e gli interrogativi di Leonardo Sciascia e di Pier Paolo Pasolini (poco prima di morire, l'intellettuale friulano lanciò un appello dalle colonne del Corriere della Sera del 28 agosto 1975 a processare pubblicamente la Dc), ma anche i comunicati ufficiali delle Br e i punti di vista dei politici del tempo, dai democristiani ai socialisti. Il tutto scandito da immagini tratte dai telegiornali d’epoca e da spezzoni di film realizzati su questa storia, come Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara, Piazza delle Cinque lune di Renzo Martinelli (2003) e Buongiorno notte (2003) di Marco Bellocchio.
Sulla scena il dramma umano dello statista pugliese sarà interpretato da Paolo Bonacelli, navigato attore specializzato in personaggi del teatro dell’assurdo e nelle tematiche dell’alienazione e dell’incomunicabilità care al Novecento pirandelliano. «Lui -come ha giustamente scritto Renato Palizzi su Il Sole 24 ore- non recita veramente la parte di Moro, si limita a farne risuonare le parole, la struggente aspirazione a tornare alla famiglia: ma vi infonde una tale lucidità intensa che se ne esce scossi nel profondo».
Accanto a Bonacelli, ci sarà sul palco Lorenzo Amato, voce narrante di quei cinquantacinque giorni che cambiarono per sempre la storia italiana, cronista imparziale di una vicenda che, ieri come oggi, lascia aperti troppi interrogativi.
Efficace la scena di Gianni Silvestri, formata da semplici parallelepipedi neutri, con al centro una nuda struttura metallica che richiama vagamente una gabbia. Le luci portano la firma di Mario Loprevite. Le musiche, suggestive, sono di Marcello Pani.
Dopo Busto Arsizio, lo spettacolo farà tappa a Stradella, Napoli, Roma, Cremona, Monte San Savino e Firenze.

Didascalie delle immagini
Foto di Tommaso La Pera.
[Le foto sono state messe a disposizione dall'ufficio stampa del teatro Stabile di Sardegna].


Per saperne di più
Il sito di Consulenze teatrali


Informazioni utili
Aldo Moro. Una tragedia italiana. Busto Arsizio (Varese), teatro Sociale, piazza Plebiscito 8. Data: venerdì 30 gennaio 2009, ore 21.00. Ingresso: € 16.00/12.00. Informazioni: tel. 0331 679000, fax. 0331 637289, info@teatrosociale.it. Sito web: www.teatrosociale.it.