ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 29 aprile 2011

A Busto Arsizio un reading teatrale su Wojtyla e la pace

C’è una frase che, forse, più di tutte riassume il messaggio di papa Giovanni Paolo II agli uomini di oggi. E’ l’espressione «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! […] Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!». Queste parole, pronunciate il 22 ottobre 1978 nell’omelia di inizio pontificato, risuoneranno domenica 1° maggio, alle ore 20.45, negli spazi del Tempio civico sant’Anna, casa della memoria dei caduti di tutte le guerre e Centro permanente per la pace della città di Busto Arsizio. Si chiuderà, infatti, con una registrazione d’epoca di questo appassionato invito di Giovanni Paolo II, vera e propria «frase-guida» dei suoi ventisei anni sul soglio di san Pietro (come dimostrano tante omelie di inizio anno e numerosi discorsi ai giovani), il reading-spettacolo «Wojtyla. Parole di pace», nuova co-produzione del teatro Sociale di Busto Arsizio e dell’associazione culturale «Educarte», in programma nella chiesetta settecentesca di largo «Angioletto Castiglioni» per iniziativa del Comitato Amici del Tempio civico. Sul palco saliranno gli attori Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano, già protagonisti dell’apprezzato spettacolo «Vita di Karol», andato in scena lo scorso 19 aprile al teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito della stagione cittadina «BA Teatro». La regia e la guida storica dell’incontro, a ingresso libero e gratuito, portano la firma di Delia Cajelli; mentre l’accompagnamento musicale è a cura del pianista Michele Formenti. Ad aprire il breve momento di spettacolo, proposto in occasione della cerimonia di beatificazione in programma a Roma per la giornata del 1° maggio, sarà sempre una registrazione della voce di Karol Wojtyla che, sulle note di «Jesus Christ you are my life», proporrà alcune frasi-simbolo sulla pace, pronunciate nel corso dei tanti viaggi per il mondo: da «Mai più la guerra!» a «Basta con il sangue!», sino a «Mai potremo essere felici gli uni contro gli altri». Verrà, quindi, offerta una lettura drammatizzata di alcuni passi tratti dall’ampia opera letteraria del papa polacco, a partire dai venticinque messaggi per la Giornata mondiale della pace, dei quali verranno, tra l’altro, ripercorsi quelli con riferimento alle donne (1° gennaio 1995) e ai bambini (1° gennaio 1996). «L’itinerario del recital -spiega Delia Cajelli- è articolato per argomenti: si parlerà della seconda guerra mondiale, dell’Olocausto, della minaccia delle armi nucleari, dei conflitti bellici che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento, del terrorismo islamico, ma anche del lavoro, della salvaguardia dell’ambiente e del rapporto con le altre confessioni religiose». «L’appuntamento proporrà -racconta ancora la regista- raffronti con altri autori che hanno trattato il tema della guerra, come Primo Levi e Salvatore Quasimodo. Scrittori dei quali verranno proposte, rispettivamente, le poesie «La bambina di Pompei» e «Uomo del nostro tempo». Questi ultimi versi verranno letti per un confronto con l’omonima preghiera di Karol Wojtyla, recitata in occasione della Pasqua 1990». «Non mancherà, inoltre, -termina Delia Cajelli- un riferimento al «Cantico delle creature» di san Francesco, in apertura dell’ampio spazio che, durante la serata, verrà dedicato al rapporto tra papa Giovanni Paolo II ed Assisi, in occasione dei venticinque anni dal primo incontro interreligioso per la pace». Saranno, infatti, vari i richiami ai testi prodotti in occasione delle due Giornate mondiali di preghiera, che il 27 ottobre 1986 e il 24 gennaio 2002 (anno internazionale della pace per iniziativa dell’Onu) portarono, nel «cuore verde d’Italia», rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali. Tra questi va ricordato il celebre «Decalogo di Assisi per la pace», uno dei “testi pacifisti” più famosi di Karol Wojtyla, presentato nel reading-spettacolo accanto ad altri tre brani noti al grande pubblico: le preghiere «Ascolta la mia voce», composta in memoria delle vittime del primo bombardamento nucleare e recitata il 25 febbraio 1981 al «Peace memorial» di Hiroshima, «Dio dei nostri Padri, grande e misericordioso», letta per la prima volta il 2 febbraio 1991, nei giorni in cui si combatteva la Guerra del Golfo, e la «Preghiera al muro del pianto di Gerusalemme», del marzo 2000. In occasione della Festa del 1° maggio, il recital «Wojtyla. Parole di pace» verrà, poi, arricchito da una breve sezione dedicata al tema del lavoro, con un passo tratto dall’enciclica «Laborem exercens», della quale ricorrono quest’anno i trent’anni dalla pubblicazione, e due poesie giovanili di Wojtyla: «In memoria di un compagno di lavoro» e «Operaio in una fabbrica d’armi». «Il nostro spettacolo -racconta Delia Cajelli- permetterà al pubblico di capire come il tema della pace sia stato uno dei fili rossi del pontificato di Giovanni Paolo II. E’ stato arduo selezionare tra le tante omelie, preghiere, poesie e lettere con le quali Wojtyla ha detto il suo «no ai conflitti», ha invitato al dialogo tra i popoli e le religioni». «Il papa ha vissuto in prima persona le asperità della seconda guerra mondiale e ha sentito spesso il dovere di dire, soprattutto ai giovani, «mai più la guerra». E’ per questo motivo -termina la regista bustese- che dedico, idealmente, questo mio lavoro ad Angioletto Castiglioni, ex deportato nel campo di concentramento di Flossembürg ed anima del Tempio civico sant’Anna, un uomo che ha fatto del dovere della testimonianza la missione della sua vita». 

Didascalie delle immagini 
[fig. 1, 2 e 3] Una scena dello spettacolo «Vita di Karol», andato in scena il 19 aprile 2011 al teatro Sociale di Busto Arsizio. Nella foto: Gerry Franceschini. Foto: Silvia Consolmagno. 

Informazioni 
Wojtyla. Parole di pace. Tempio civico Sant'Anna, largo Angioletto Castiglioni - Busto Arsizio (Varese). Ingresso libero e gratuito. Informazioni: tel. 0331.679000. Domenica 1° maggio, ore 20.45.

martedì 12 aprile 2011

Siena, il Trittico di Badia a Rofeno torna al suo antico splendore

Torna a risplendere il Trittico di Badia a Rofeno, una delle opere più straordinarie del Medioevo senese. In occasione della XIII Settimana della Cultura, il laboratorio dei dipinti dell’Opificio delle pietre dure di Firenze ha presentato in anteprima assoluta il restauro di uno dei capolavori indiscussi di Ambrogio Lorenzetti (Siena, notizie dal 1319 al 1348). L'opera, il cui intervento conservativo è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione Musei Senesi (con il supporto della Fondazione Monte dei Paschi e con finanziamenti ministeriali), farà ritorno al Museo d'arte sacra di Palazzo Corboli ad Asciano fra la fine di maggio e gli inizi di giugno.
Attribuito per la prima volta ad Ambrogio Lorenzetti nel 1912 dal De Nicola, che lo vide nella sua antica collocazione di Badia a Rofeno, il trittico costituisce una delle più formidabili testimonianze della pittura di questo artista: l’immagine imponente del san Michele Arcangelo, elegantissimo, che lotta con la bestia dalle sette teste descritta dall'Apocalisse, ebbe una singolare risonanza nelle generazioni di artisti a venire, apprezzato anche per gli azzardati ed accattivanti contrasti cromatici.
L’intervento conservativo, curato da un’equipe di restauratori, diretta da Marco Ciatti e coordinata da Luisa Gusmeroli, è stato reso necessario dal repentino aggravarsi nel dicembre del 2006 delle condizioni dell’opera, già segnata da una storia conservativa complessa, che presentava gravissimi ed estesi distacchi e sollevamenti del colore. Una prima fase del lavoro è stata, perciò, compiuta in loco al fine di proteggere con una adeguata velinatura la superficie pittorica e di predisporre tutte le altre operazioni necessarie per poter poi trasportare in sicurezza il dipinto al Laboratorio della Fortezza. Qui la situazione è stata documentata ed il dipinto è stato sottoposto alle indagini diagnostiche necessarie per la comprensione dei suoi materiali, della tecnica artistica e delle patologie in atto. Secondo la metodologia propria dell’Opificio delle pietre dure si è iniziato con le indagini non invasive di area (radiografia Rx, riflettografia Ir, fluorescenza Uv, falso colore Ir, ecc.), per passare poi agli approfondimenti tramite misure non invasive puntuali (fluorescenza X, misure di riflettanza Fors), riservando così la conoscenza più approfondita propria delle tecniche invasive, cioè con prelievo, ad un numero limitatissimo di punti.
Per far fronte ai distacchi ed ai sollevamenti del colore è stato messo a punto un sistema di consolidamento tramite l’impiego del sottovuoto e per poterlo realizzare si è reso necessario separare il trittico nei suoi elementi costitutivi: le tavole dipinte da Ambrogio e la complessa cornice intagliata, dorata e dipinta del secolo XVI, attribuita a Fra’ Raffaele da Brescia (Brescia 1479 - Roma 1539), pesantemente inchiodata alle parti più antiche.
Grazie allo smontaggio è stato possibile compiere l’interessante scoperta delle antiche cornici dipinte da Ambrogio, nascoste da secoli, che, insieme agli originari perni di collegamento tra le tre tavole maggiori, dimostrano che esse costituivano fin dall’origine un unico dipinto.
Risolti i problemi di adesione del colore, il restauro ha affrontato il risanamento delle strutture lignee secondo il progetto di rendere le due parti, il trittico di Ambrogio e la cornice cinquecentesca, ciascuna autoportante ed indipendente rispetto all’altra.
È poi seguita la pulitura della superficie dallo sporco e dalle ridipinture alterate, recuperando sia la raffinata cromia di Ambrogio, sia alcuni dettagli della figurazione. Le mancanze di colore sono state stuccate e trattate con due sistemi di reintegrazione: una di tipo ricostruttivo delle forme, sia pur in modo differenziato e riconoscibile, dove ciò era filologicamente possibile, ed una invece non ricostruttiva, dove non vi erano sufficienti informazioni nelle parti residue, detta “astrazione cromatica” al fine di non falsificare il documento figurativo.
La fortuita scoperta delle antiche cornici trecentesche dipinte da Ambrogio Lorenzetti costituisce una tappa fondamentale nella conoscenza delle capacità formali di Ambrogio e dà un senso alla testimonianza del Vasari che documentava per il Polittico di Badia a Rofeno una fortuna critica straordinariamente vasta.
L’opera è ora presentata in Laboratorio con le due parti separate, il Trittico di Ambrogio Lorenzetti e la cornice cinquecentesca, in modo da consentire una piena fruizione del capolavoro del grande pittore senese e delle novità emerse con il restauro. Con il ritorno dell’opera nel Museo d’Arte Sacra di Asciano si prevede un primo periodo di esposizione analogo a quello qui attuato, ed una successiva ricomposizione, a cura degli specialisti dell’Opificio delle pietre dure delle due parti, che rimarranno comunque strutturalmente indipendenti.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Il Polittico di Badia a Rofeno dopo dell'intervento di restauro; [fig. 2] Il Polittico di Badia a Rofeno prima dell'intervento di restauro; [fig. 3] Particolare del san Michele Arcangelo del Polittico di Badia a Rofeno durante la pulitura [Le foto sono state fornite dall'Agenzia Freelance di Siena]

Informazioni utili
Museo Palazzo Corboli, corso Giacomo Matteotti, 128 - Asciano (Siena). Informazioni: tel. 0577.719524; tel. 0577.718811 (Ufficio turistico) o tel. 0577.707262 (Ufficio turistico Abbazia Monteoliveto Maggiore). Orari: da martedì a domenica, ore 10.30-13.00 e ore 15.00-18.30 Ingresso: intero € 4,50, ridotto € 3,00. Sito web: www.palazzocorboli.it.

Merano, all'Imperialart Hotel si dorme in dodici stanze d'autore

Per tutto il Novecento ha rappresentato il salotto buono di Merano, ospitando tra le sue pareti grandi nomi della cultura internazionale come Hugo von Hoffmannsthal, Franz Kafka, Ezra Pound e Peggy Guggenheim. Stiamo parlando del Caffè e Garni Imperial, affacciato sul centralissimo corso Libertà e a due minuti dal centro termale. Uno spazio, questo, che il nuovo proprietario Alfred Strohmer ha trasformato, dallo scorso autunno, nel raffinato Hotel Imperialart, una meta perfetta per chi ama soggiornare in un ambiente riservato, approfittando di spazi dal grande impatto e personalità. Dietro la facciata originale in stile Liberty, datata al 1899, si “nascondono”, infatti, dodici camere di design e arte, disposte su tre piani, in cui si alternano decori a stucco di cristalli astratti, pareti di ferro e istallazioni al neon, combinazioni di colori e materiali ispirati ad antichi edifici della storia meranese.
Le concept room dell'Imperialart hotel, un vero e proprio museo a quattro stelle con tanto di catalogo d'arte, sono state plasmate dallo stile di tre famosi artisti meranesi contemporanei: Elisabeth Hölzl, Marcello Jori e Ulrich Egger. Tutti e tre hanno lavorato condividendo le proprie visioni con l’architetto Harald Stuppner e sotto supervisione della Fondazione Kunst Meran/o Arte.
Il risultato del restyling sovrappone il passato al futuro. Nel Caffè le restaurate Tulip Chairs di Saarinen, risalenti agli anni Cinquanta, dialogano con nuovissimi oggetti di design, come le famose sedute Moroso. Una fila di luci scorta il visitatore al piano superiore attraverso immagini a parete retroilluminate e ringhiere dorate. Da qui inizia il viaggio tra dodici suite da favola, tutte diversi tra di loro, ma tutte ugualmente magiche.
La proposta concettuale di Ulrich Egger, attraverso un gioco realizzato con differenti materiali, come lastre di ferro e pannelli di video-immagini in movimento, intende portare l’ospite della camera a una riflessione sulla propria funzione di inconsapevole fruitore d’arte e di partecipante alla vita di altre persone. Elisabeth Hölzl rimane, invece, fedele al suo confronto con la memoria dei luoghi. Nelle “sue” stanze sono, infatti, state ricreate le atmosfere di edifici simbolo di Merano, partendo da splendide fotografie che documentano lo stesso vecchio Imperial, l’antico hotel Bristol, le vecchie Terme. Infine, Marcello Jori, artista designer, collaboratore anche per Moroso, ha seguito la sua fascinazione per la densità, la struttura fisica e la luminosità dei cristalli, che per lui sono dei veri e propri talismani in quanto costituenti minimi della vita. Le sue concept room appaiono così come dei “castelli di sogno”, con nomi onirici e fantastici.

Didascalie delle immagini
[fg. 1] Veduta esterna dell'
Imperialart hotel di Merano; [fig. 2] Camera progettata da Elisabeth Hölzl all'Imperialart hotel di Merano; [fig. 3] Camera progettata da Elisabeth Hölzl all'Imperialart hotel di Merano.

Informazioni utili
Imperialart hotel, corso Libertà, 110 -Merano. Informazioni: tel. 0473.237172 o info@imperialart.it. Web Site: www.imperialart.it.

Per saperne di più
www.accart.it/el_h%F6.htm
www.ulrichegger.com
www.marcellojori.it