ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 21 aprile 2012

«Titanic», a Trieste una mostra per il centenario

Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 avveniva una delle più grandi tragedie che la storia della navigazione ricordi in tempo di pace: il naufragio, nel corso del suo viaggio inaugurale, del transatlantico britannico «Titanic», allora la più grande nave passeggeri del mondo. Un evento, questo, che ha inciso in profondità sull’immaginario collettivo attraverso decine di libri e film che hanno rievocato il disastro che vide la scomparsa degli oltre millecinquecento passeggeri. Sono poche, invece, le testimonianze relative agli anni impiegati dalla compagnia britannica «White Star Line» per la costruzione del «transatlantico inaffondabile», di una grande imbarcazione, cioè, che potesse battere qualunque altra nave per dimensioni, comfort, lusso, sicurezza e che avesse così il dominio delle rotte oceaniche che collegavano il Vecchio continente all’America. Tra queste, una tra le più recenti è rappresentata dal volume «Titanic – dal cantiere all’oceano», scritto dal giovane ricercatore Gaetano Anania. Il libro, frutto di una passione a lungo coltivata dall’autore, racconta la vicenda del «Titanic» da una prospettiva inedita, quella di William Walsh, studente di ingegneria navale che ebbe la possibilità di documentare in un diario i lavori di costruzione della nave nei cantieri «Harland & Wolff» di Belfast. Il ricco apparato iconografico contenuto nel libro, proveniente in buona parte dal prestigioso archivio dello storico navale Maurizio Eliseo, costruisce il cuore della mostra «Titanic – dal cantiere all’oceano», allestita a Trieste, al Centro commerciale «Il Giulia». L’esposizione, curata da Claudio Luglio, raccoglie una quarantina di immagini d’epoca che raffigurano soprattutto gli operai al lavoro e le diverse fasi di lavorazione del transatlantico all’interno dei cantieri irlandesi che, per poter costruire navi di così grandi dimensioni, all’epoca subirono grandi lavori di potenziamento. «In quegli anni - racconta lo storico navale Matteo Martinuzzi - le compagnie inglesi e tedesche, ovvero le principali potenze marittime dell’epoca, si contendevano il primato delle navi più grandi lussuose e veloci, arrivando a costruire veri e propri colossi del mare. La compagnia britannica «White Star Line» progettò la realizzazione di tre transatlantici giganti da oltre 45.000 tonnellate: l’«Olympic», il «Titanic» e il «Britannic». Tutte e tre le imbarcazioni verranno ricordate come le più sfortunate navi mai esistite, con le ultime due affondate e la prima sopravvissuta ad almeno tre gravi incidenti. L’insegnamento che ci ha lasciato la perdita del «Titanic» -conclude Martinuzzi- è la sconfitta della superbia dell’uomo che credeva di aver realizzato qualcosa che la natura mai avrebbe potuto distruggere ed invece non fu così». «La mostra vuole essere un modo originale di rievocare il centenario – dichiara il curatore Claudio Luglio – in quanto la nostra attenzione è diretta a coloro che hanno contribuito alla realizzazione della nave, il più delle volte dimenticati dalle cronache e dalle opere di fiction sul «Titanic». Ma l’esposizione triestina - conclude Luglio – oltre ad avere un forte legame con una città che ha una lunga tradizione navale, intende essere anche un significativo sforzo di aprire ad iniziative culturali un luogo solitamente deputato al commercio come «Il Giulia»».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Il «Titanic» alla banchina di allestimento; [fig. 2] Le imponenti eliche del «Titanic»


Informazioni utili
Titanic – dal cantiere all’oceano. Centro Commerciale Il Giulia - galleria pianoterra, via Giulia 75/3 – Trieste. Orari: lunedì-sabato, ore 9.30-20.00 e domenica, 10.00-19.30. Ingresso libero. Fino a sabato 28 aprile 2012.

mercoledì 18 aprile 2012

«Pollock Day», un giorno per il genio dell’Action painting

Una giornata per ricordare Jackson Pollock: ecco quanto propone la collezione Peggy Guggenheim di Venezia per sabato 21 aprile 2012. In occasione del centenario della nascita dell’artista americano, considerato uno dei principali rappresentanti dell’Action painting, il museo lagunare proporrà uno specialissimo Pollock Day.
Il programma si aprirà, alle ore 11, con una conferenza sulla terrazza panoramica del museo, dal titolo «Pollock e Peggy. La fortuna critica di Jackson Pollock in Italia negli anni ’50», alla quale seguirà un aperitivo. Insieme a Luca Cerizza, curatore e critico, Giovanni Bianchi, docente di arte contemporanea all’Università di Padova, e Philip Rylands, direttore della collezione Peggy Guggenheim, verrà tracciato un profilo a tutto tondo dell'artista d'oltreoceano. Bianchi delineerà la figura del «personaggio Jackson Pollock», sottolineando l’importanza delle sue radici americane e la sua formazione a contatto con Thomas Benton (massimo rappresentante del Regionalismo americano), con l’opera dei muralisti messicani José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros, e con l’attenzione posta ai lavori sulla sabbia degli indiani del West. Cerizza si concentrerà, poi, sulla fortuna critica di Pollock in Italia, dal 1948 al 1963, ovvero dalla prima partecipazione del pittore alla Biennale di Venezia, evento che costituisce anche la prima occasione in assoluto per vedere la sua opera oltreoceano, fino agli anni in cui le poetiche informali ed espressioniste-astratte cominciano a essere sostituite da nuove ricerche di matrice più ‘fredda’ e meno esistenziale. Chiuderà Rylands, parlando dello stretto legame che si creò tra Pollock e Peggy Guggenheim, sua scopritrice e prima mecenate.
La giornata proseguirà con la proiezione in loop, dalle 12.30 alle 14.30 nella biblioteca del museo, del video «Jackson Pollock» (Usa, 1951) di Hans Namuth e Paul Falkenberg: un celebre film d'artista sul pittore americano, presentato al MoMa di New York, con la colonna sonora originale di Morton Feldman, che segnò la prima rappresentazione importante della musica del compositore, allora venticinquenne.
Nel pomeriggio, il giardino del museo si trasformerà in un enorme ‘tela’ pronta ad accogliere un dripping a ‘grandezza naturale’, al quale potranno partecipare tutti coloro che vogliono sentirsi Pollock, almeno per un giorno. Alle 14.30 e alle 16 ci sarà un doppio laboratorio, aperto a grandi e piccini, dal titolo «Ciak… (pittura d') azione!». I partecipanti potranno cimentarsi nell’action painting, e potranno così esprimersi attraverso la loro personale pittura d’azione avvicinandosi al tempo stesso al pensiero creativo dell’artista.
Anche il Museum Cafè parteciperà ai festeggiamenti proponendo un omaggio culinario all’artista con il piatto «Pollock 100»: tagliolini fatti in casa in bianco e al nero di seppia con verdurine dell’orto.

Informazioni utili
Pollock Day. Peggy Guggenheim Collection, Dorsoduro 701 – Venezia. Quando: sabato 21 aprile 2012, dalle ore 11.00. Ingresso: € 12,00 (ridotto € 10.00/ € 7.00), conferenza € 5,00, laboratorio € 5.00; i soci del museo e i bambini fino ai 10 anni hanno diritto a ingresso e attività gratuiti. Prenotazione obbligatoria (i posti sono limitati) a membership@guggenheim-venice.it o tel. 041.2405440/412.

venerdì 13 aprile 2012

Brescia, in mostra «Il grande gioco» del surrealista Maurice Henry

«Non sono più capace di mettere da un lato la realtà e dall’altro il sogno […]. Preferisco restare in un vuoto galleggiante [...]. Non esiste più che un solo universo, quello del sogno, del quale possiedo tutte le leve di comando a sorpresa [...]. Donne di carne nascono con una testa di stella [...] I gigli spalancati che calmano il loro dolore ridono come bocche [...]. Ci sono attorno cavalli di piume, uccelli nelle canne dei fucili da caccia, gufi mostruosi ornati da palchi di cervi. Ci sono donne dall’occhio rosso, dalle guance di coccinella, dai piedi di smalto, da immagini perse nello schermo dei sogni, ci sono innocenti decapitati dalla corda della forca […]». E’ racchiuso in queste parole, scritte nel «Discours du rivolté» per un numero del 1927 della rivista «Le Grand Jeu», il significato della ricerca artistica di Maurice Henry (Cambrai, 1907–Milano, 1984), surrealista francese, amico di intellettuali e artisti del calibro di Pablo Picasso, Jean Cocteau, Jaques Prévert, André Breton e Albert Camus, al quale la galleria «Forma e Colore» di Brescia dedica la sua prossima mostra.
L’esposizione, intitolata «Il grande gioco» e curata da Giorgio Pajetta, riunisce molti degli esiti più significativi della produzione dell’artista, dagli esordi degli anni Venti fino alla piena maturità degli anni Settanta, offrendo un panorama completo della molteplicità delle tecniche utilizzate: dalla scultura-oggetto, alla gouache, alla tecnica mista, all’olio su tela. Sedici le opere esposte che fanno di questa piccola, ma intensa mostra, che sarà aperta da sabato 21 aprile (l’inaugurazione si terrà alle ore 18.30, alla presenza di Elda Henry), una buona occasione per accostarsi all’inesauribile e caleidoscopica creatività di uno dei maestri del gruppo artistico capitanato da André Breton, Marcel Duchamp, Salvador Dalì, Max Ernst e Man Ray, quello che -per usare le parole di Michel Boujut - «ha saputo, per primo, adattare al Surrealismo il disegno umoristico».
Maurice Henry è stato un precursore assoluto dai differenti talenti, che si esprimeva con la stessa disinvoltura nella pittura, nella scultura, nella poesia, nel disegno, nell’arte cinematografia e persino nel teatro, per il quale si occupò dell’allestimento della scenografia e dei costumi del balletto «But» di Michel Desconbay, andato in scena all’Opera di Parigi nel 1963. E’ stato un artista indipendente che nelle sue opere si è espresso come alchimista di sogni, affrancando la mente dalle convenzioni e dalle abitudini di pensiero. Sull’opera di Maurice Henry hanno scritto molti tra i maggiori poeti, intellettuali e storici del suo tempo ma due giudizi critici esprimono efficacemente il valore dell'artista. Eugène Ionesco, in una presentazione per una mostra alla Galerie Grisebach di Heidelberg nel 1962, osservava: «In Maurice Henry vi è un contenuto fatto di sogno e di angoscia; sono quadri che ci raccontano delle storie [...] Nelle sue opere vi è indiscutibilmente un'angoscia fondamentale, una paura, è il mondo del pericolo che pesa su di noi [...]. Coloro che conosceranno la pittura di Maurice Henry capiranno meglio i disegni del pittore [...] I suoi personaggi che possono apparire spiritosi, comici, umoristicamente insoliti, svelano il loro più recondito significato...sono in qualche modo gli indizi, i sintomi di un universo che ci è sempre più difficile controllare e che è pronto a sfuggirci. Forze misteriose, perché incontrollabili, aspettano solo un ordine imminente per distruggerlo, o per obbligarlo a distruggersi. Un altro universo, inconcepibilmente diverso dal nostro, è già lì, creato, pronto a sfuggirci […]" . Mentre Arturo Schwarz, che più d’ogni altro ha capito la grandezza di Maurice Henry, ha scritto : «È sorprendente che un artista di una tale statura sia stato quasi completamente dimenticato in Francia come in Italia. Penso che, paradossalmente, gli abbia nuociuto l'essere stato considerato non solo l'inventore del disegno umoristico surrealista e senza dubbio il più grande umorista francese vivente, ma anche soprattutto un poeta. La sua fama di disegnatore ha eclissato il grande e sensibile pittore che è sempre stato nonostante molti abbiano presto capito che Maurice Henry, dall’impressionate potere poetico, fu tra i più rari umoristi di oggi a meritare il nome di artista. Sicuramente egli è uno dei più grandi testimoni del suo tempo».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Maurice Henry, «Les mots d’amour», 1968,olio su tela, 73x92 cm; [fig. 2] Maurice Henry, «Vampire de lune», 1969, tecnica mista su cartone; [fig. 3] Henry, «Hommage a Paganini», assemblage, 50x22 cm

Informazioni utili
Maurice Henry. Il grande gioco. Forma & Colore, contrada Soncin Rotto 5/B - Brescia. Orari: martedì-sabato, ore 10.30–12.30 e ore 16.30–19.30; lunedì chiuso. Ingresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 030.293064 o cell. 335.8258616. Da sabato 21 aprile (inaugurazione alle ore 18.30) a sabato 16 giugno 2012.

lunedì 12 marzo 2012

«O la Borsa o la vita», la crisi economica raccontata dal cinema

Proiezioni, dibattiti e tavole rotonde per raccontare la crisi economica attraverso il linguaggio cinematografico: ecco quanto propone la rassegna «O la Borsa o la vita - 1929/2012», in programma a Siena, da giovedì 22 a sabato 24 marzo, presso il Complesso museale di santa Maria della Scala.
«Il titolo dell’iniziativa -racconta il giornalista senese Claudio Carrabba, presidente del comitato scientifico di «Campo&Controcampo-SienaFilmFestival»- è stato preso in prestito da una vecchia commedia girata da Carlo Ludovico Bragaglia nel 1933, con il grande Sergio Tofano sull’orlo del suicidio per un tracollo in Borsa. Questo per ricordare che, se l’epica della ‘grande crisi’ fu raggiunta dal cinema americano, anche nell’Italia, autarchica e tendente alle distrazioni di regime, il timore del crac non fu ignorato».

La rassegna senese, che vede alla direzione artistica il giornalista fiorentino Giovanni Maria Rossi, è promossa dall’associazione «Amici del cinema in Terra di Siena», presieduta dall’imprenditore e docente universitario Antonio Sclavi e, a una decina di giorni dal suo inizio, vede confermata la presenza di importanti personalità del mondo dell’economia e del cinema come Gianni Amelio (direttore del Torino Film Festival), Andrea Molaioli (autore del lungometraggio «Il gioiellino», ispirato alla vicenda finanziaria della Parmalat), Giuliano Montaldo (regista del film «L'industriale», drammatico spaccato della crisi socio-economica odierna), i docenti Stefano Bartolini, Pier Luigi Fabrizi e Omar Calabrese, i giornalisti Concita De Gregorio e Paolo Ermini, il vignettista Sergio Staino.
Ognuna delle tre giornate previste analizzerà una crisi storica attraverso dibattiti e proiezioni. Si comincerà nel pomeriggio di giovedì 22 marzo (alle ore 15.30) con «Ma cos’è questa crisi: 1929, ’30, ’31», un’antologia di film degli anni Trenta, con l’introduzione critica di Claudio Carabba e il contributo di Ernesto Screpanti. Seguirà (a partire dalle ore 16.30) la proiezione delle pellicole «L’impareggiabile Godfrey» di Gregory La Cava (Usa, 1936), «Furore»
di John Ford (Usa, 1940) e «Questa terra è la mia terra» di Hal Ashby (Usa,1976).
La seconda giornata, venerdì 23 marzo, sarà dedicata alla riflessione sulle crisi attuali con «I peggiori anni della nostra vita: Novanta-Duemila», un’antologia dei film di questi anni, con l’introduzione critica di Giovanni Maria
Rossi e l’intervento dell’economista Pier Luigi Fabrizi. A seguire, dalle ore 16.30, saranno proiettati i film «Wall Street» di Oliver Stone (Usa, 1987) e «Piovono pietre» di Ken Loach (GB, 1993). La serata proseguirà al cinema Nuovo Pendola per la proiezione speciale del film «L'industriale» di Giuliano Montaldo (Italia, 2011), alla presenza dell'autore.
La terza giornata, intitolata «2011-2012 - Una storia non ancora finita», comincerà, alle ore 10.00, con la proiezione di brani tratti da «Inside Job» di Charles Ferguson (Usa, 2010).
A seguire, intorno alle ore 10.30, avrà inizio una tavola rotonda, moderata da Concita De Gregorio, alla quale prenderanno parte, tra gli altri, Adriano Sofri, Giorgio Ruffolo e Sandro Bonaceto, direttore della Confindustria Toscana.
«L’ambizione della tavola rotonda –racconta il giornalista Claudio Carabba, presidente del comitato scientifico di «Campo&Controcampo-SienaFilmFestival»- è quella di mescolare le carte, di far parlare (e riflettere) saggisti, economisti, filosofi, industriali, sindacalisti e appunto uomini di cinema. Sperando di trovare un filo unificatore. Di sicuro il grande schermo continua ad essere uno specchio significativo. Negli ultimi due anni sono uscite numerose variazioni sul tema, dalla resistenza dei ‘nuovi poveri’ («Miracolo a Le Havre», «Le nevi del Kilimangiaro») ai giochi dei potenti («Too Big To Fail» di Curtis Hanson, sulla caduta della Lehman Brothers). Ma forse, il quadro più spietato viene dipinto in un film, intenso e imperfetto, come «In Time» dell’estroso Andrew Niccol. In un futuro piuttosto prossimo, il tempo è l’unica moneta in circolazione».
A chiudere la rassegna sarà la proiezione di due film italiani: «Il gioiellino» di Andrea Molaioli (Italia, 2011) e «La stella che non c'è» di Gianni Amelio (Italia, 2006), pellicole che, con poetiche diverse, hanno raccontato l’ansia da dismissione e la catastrofe del fallimento industriale. Pellicole molto diverse da quelle italiane dell’epoca della ‘grande crisi’, quando nel nostro Paese, ricorda Claudio Carabba, prevalevano i toni leggeri delle filastrocche cantabili, come il motivetto «ma cos’è questa crisi..., lasci stare il gavazzare, cerchi un po’ di lavorare e vedrà che la crisi passerà…».

Didascalie delle immagini [fig. 1] Immagine promozionale della rassegna«O la Borsa o la vita - 1929/2012»; [fig. 2] Il regista Giuliano Montaldo sul set del film «L'industriale» (Italia, 2011) con Pierfrancesco Favino; [fig. 3] Locandina del film «Tempi moderni», con Charlie Chaplin. La pellicola verrà proiettata nell'ambito dell'antologia «Ma cos’è questa crisi: 1929, ’30, ’31»

Informazioni utili
«O la Borsa o la vita - 1929/2012». Complesso museale di santa Maria della Scala c/o Mediateca, piazza Duomo – Siena. Informazioni: associazione Amici del cinema in terra di Siena c/o Sclavi Srl via Montanini, 82 –Siena, tel. 0577.530803 o cell. 3393900640, e-mail: info@campoecontrocampo.it. Sito internet: www.campoecontrocampo.it. Dal 22 al 24 marzo 2012.

Dall’Africa a Giava: musiche dal mondo in scena a Venezia

«Un incontro di culture e sensibilità, una riflessione sulla musica africana e i nuovi linguaggi», «una serata speciale tutta da ascoltare e da ballare»: viene presentato così il progetto «Re:African:Mix», con il quale giovedì 15 marzo si inaugura il ricco programma di seminari, eventi, concerti e spettacoli di musica e teatro da tutto il mondo, promosso per il 2012 dall’Istituto interculturale di studi musicali comparati della Fondazione Cini di Venezia.
Realizzato in collaborazione con il Teatro Fondamenta Nuove, l’appuntamento prevede due momenti: alle 18.30 si terrà una tavola rotonda, condotta dal giornalista Marco Boccitto e dall’etnomusicologa Serena Facci sul tema «Connessioni e nuove pratiche nell’incontro con la musica africana»; alle 21 ci sarà un’intrigante performance del compositore tedesco Sven Kacirek, tra elettronica, percussioni e materiale registrato in Kenya, e un’irresistibile dj-set di Awesome Tapes From Africa, progetto ideato da Brian Shimkovitz artista newyorkese che utilizza solo musicassette originali africane, raccolte durante i sui viaggi alla ricerca di musica prodotta e consumata solo localmente.
«Re:African:Mix» invita, dunque, a una specifica riflessione riguardo la musica africana: il continente che forse più di tutti ha influenzato le musiche popular novecentesche (grazie soprattutto alle cosiddette musiche della «diaspora africana»), continua a essere una grande fucina di idee e repertori che però restano sovente fuori dai media della globalizzazione.
L’incontro tra musicisti di diversa provenienza geografica e dunque di diversa formazione e sensibilità musicale è un fenomeno che si è andato sempre più consolidando e radicando, lungo il XX secolo, nella prassi compositiva e performativa. Dalle forme di esotismo e primitivismo di inizio Novecento si è passati al vero e proprio bilinguismo musicale e alla profonda ibridazione, attraverso lo studio di teorie e pratiche e l’ampia circolazione di musiche e musicisti. Tutto questo verrà affrontato nel nuovo programma dell’IISMC, che, dopo l’incontro sulla musica africana, proseguirà con due conferenze e due concerti dedicati alla musica rituale daoista cinese, organizzati in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con gli Istituti Confucio di Venezia, Milano, Roma e Torino.
Il programma prevede, nelle giornate dal 25 al 27 marzo, incontri con Stephen Jones, uno dei massimi esperti di folklore musicale cinese, e spettacoli dell’Orchestra daoista di Li Manshan del monte Hengshan della provincia cinese dello Shanxi, composta da strumenti a fiato (oboe, organo a bocca, brogna) e a percussione (tamburi, cimbali, campane).
Si proseguirà, quindi, con dei seminari di musica ottomana Bîrûn, corsi di alta formazione in musica classica ottomana rivolti a musicisti e musicologi che intendano perfezionare le loro conoscenze strumentali e musicologiche in quest’ambito di tradizioni musicali. I corsi, in programma dal 16 al 21 aprile, sono a cura del maestro Kudsi Erguner, eminente musicista e musicologo noto a livello internazionale, assistito dall’etnomusicologo Giovanni De Zorzi, specialista delle tradizioni musicali dell’area. Il tema del seminario prevede lo studio di brani di compositori provenienti dalle differenti comunità etniche e religiose dell’Impero Ottomano (turchi, greci, ebrei, armeni, e anche italiani) e di diversi periodi storici (dal XVII al XX secolo) con l’intento di sottolineare il carattere multietnico e multiculturale della tradizione musicale ottomana nella sua storia. I seminaristi saranno scelti tramite un bando per sei borse di studio rivolto a musicisti professionisti, o semi professionisti specializzati in musica classica ottomana oppure desiderosi di approfondire questo genere.
A giugno, nella giornata di martedì 12, è prevista un evento unico: al teatro Goldoni andrà in scena uno spettacolo di teatro delle ombre giavanese (wayang kulit), con gli artisti dell’Institut Seni Indonesia di Yogyakarta. Questa genere di rappresentazione, di forte carattere sacrale, viene eseguita in occasione di festività pubbliche e celebrazioni religiose e, a Giava, è considerato un modello di riferimento estetico per musica, parola, pittura, gesto, tutti compresenti nella rappresentazione.
I personaggi sono figure intagliate nel cuoio e finemente decorate che vengono manovrate, proiettandone l’ombra su un telo illuminato, da un solo attore (dalang), che muove e dà voce a una grande quantità di personaggi, accompagnato dal suono del gamelan, orchestra di percussioni intonate che sottolinea tutti i momenti drammatici della rappresentazione, esprimendo attraverso il canto e le musiche strumentali di diverso carattere, le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo dei personaggi che agiscono sul telo illuminato.
In settembre, dopo la pausa estiva, le attività riprenderanno con il tradizionale corso di Duduk, strumento a fiato a doppia ancia simbolo della tradizione musicale armena. Il corso sarà tenuto, presso la Biblioteca Zenobiana del Temanza, da Gevorg Dabaghyan, uno dei massimi specialisti di questo antichissimo strumento, e realizzato in collaborazione con la sezione musicale del Centro studi e documentazione della cultura armena di Venezia.
Il 24 e 25 ottobre invece, dopo il successo dello scorso anno, si terrà presso l’Isola di San Giorgio Maggiore un laboratorio di aggiornamento didattico per insegnanti, a cura di Serena Facci e Gabriella Santini, sul tema «Canti italiani di tradizione orale per una didattica interculturale».
Il 7 novembre sarà, poi, la volta della sedicesima edizione di «Polifoniein viva voce», iniziativa a cura di Maurizio Agamennone, dedicata alle polifonie maschili di Ceriana (Ponente ligure), che prevede, oltre ad un seminario di studio con Febo Guizzi, anche un concerto aperto al pubblico del gruppo polifonico «Compagnia Sacco» di Ceriana. Il 5 dicembre il programma dell’IISMC sia avvierà alla conclusione con una giornata di studi, a cura di Girolamo Garofalo, e un concerto dedicati alla liturgia libanese Kika. Mentre nel gennaio 2013 si terrà il tradizionale seminario di etnomusicologia.

Didascalie delle immagini
[fig. 1 e 2] Immagini relative al progetto «Awesome Tapes From Africa», che verrà presentato durante «Re:African:Mix»; [fig. 3] Sven Kacirek sarà tra i protagonisti di «Re:African:Mix»
Informazioni utili
Programma musicale 2012 / Fondazione Cini -Istituto interculturale di studi musicali comparati. Venezia, sedi varie. Per informazioni: Fondazione Cini - Istituto interculturale di studi musicali comparati, tel. 041-2710357; e-mail: musica.comparata@cini.it. Sito Web: www.cini.it. Da giovedì 15 marzo 2012 al gennaio 2013.