ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 21 novembre 2012

Centoventicinque «Riflessi d’Oriente» al Mao di Torino

Forse nessun altro oggetto artistico della Cina riesce a racchiudere meglio dello specchio la storia delle concezioni estetiche e cosmologiche, lo sviluppo dei motivi decorativi ed iconografici, gli interessi e le aspirazioni della società cinese di ogni epoca. Questi oggetti di uso pratico e rituale, carichi di implicazioni magiche e simboliche, ebbero grande diffusione nell'Asia orientale, grazie alla tecnica eccellente della loro fusione, alla bellezza e al mistero delle decorazioni raffigurate sul retro della faccia riflettente.
Alla cultura dello specchio in cina e nei Paesi limitrofi è dedicata la mostra «Riflessi d’Oriente», la prima del suo genere in Italia,che intende far conoscere al grande pubblico il fascino e l’importanza di questi capolavori di tecnica metallurgica, che non si limitano a costituire uno dei più importanti capitoli della storia artistica cinese, ma che stimolano anche la riflessione sulle differenze e i parallelismi tra Oriente e Occidente in un ambito culturalmente significativo.
La rassegna, in agenda al Museo d’arte orientale di Torino da venerdì 23 novembre a domenica 24 febbraio 2013,è curata da Marco Guglielminotti Trivel e ripercorre duemilacinquecento anni specchi in Cina e dintorni, dal VI secolo all'epoca moderna, attraverso centoventicinque manufatti, buona parte dei quali fanno parte di una importante collezione privata torinese. Il prestatore più importante, in termini di numero degli specchi concessi, è il Museo Nazionale di Arte Orientale (Roma), ma un contributo significativo viene anche dai musei Guimet e Cernuschi di Parigi, dai Musei Vaticani e dal Musée d’Art et d'Histoire di Saint-Denis.
Lo specchio è un oggetto da toeletta comunemente adoperato dalle più diverse culture del pianeta, ognuna delle quali lo ha caricato –nel corso del tempo e in misura diversa l’una dall’altra– di significati e implicazioni simboliche che finiscono per esulare dall’uso pratico e che sconfinano spesso nel campo delle superstizioni, della magia, della psicologia, della spiritualità. Ovunque nel mondo, sono ovviamente le stesse proprietà riflettenti dello specchio, la sua capacità di essere un universo «altro», simile e allo stesso tempo profondamente diverso da quello nel quale viviamo, a facilitare parallelismi e analogie, a stimolare fantasie, a suscitare timori o fascinazioni. Nella sola cultura occidentale, la parola «specchio» comporta un’infinità di associazioni mentali in campo mitologico, letterario, artistico, religioso quali pochi altri oggetti della nostra vita quotidiana possono vantare. Possiamo facilmente immaginare come in altri universi culturali, come quello asiatico, le implicazioni possano essere altrettanto ricche e complesse. Ma si dimentica spesso che lo specchio è composto da un recto e da un verso, il secondo di solito non dotato delle qualità riflettenti del primo e quindi meno carico, almeno in Occidente, di implicazioni simboliche. In Asia orientale invece si è prestata eguale attenzione ad entrambe le facce, con il retro che diventa il supporto privilegiato per raffigurazioni che dialogano –seppur su piani concettuali e formali diversi– con la simbologia inespressa della parte specchiante.
La mostra torinese, che presenta molti specchi per la prima volta in assoluto al pubblico, intende presentare una panoramica ragionata sui significati dello specchio in Asia orientale e sul valore culturale e artistico delle ricche raffigurazioni che ne ornano la faccia nascosta. Sulla superficie metallica –solitamente bronzea– del manufatto, i suoi ideatori e gli esecutori materiali hanno infatti condensato visioni cosmologiche, simbologie più o meno arcane, concezioni estetiche che incarnano aspirazioni e auspici della società in un determinato periodo storico. Forse nessun altro oggetto riesce a rappresentare in maniera così chiara e sintetica le tappe della cultura e dell’arte estremo-orientale nello spazio e nel tempo.

Nucleo centrale dell'esposizione e oggetto principale di attenzione saranno gli specchi prodotti in Cina tra il periodo degli Stati Combattenti e la fine della dinastia Tang, ovvero dal V secolo a.C. al X secolo d.C. ca.: questi millecinquecento anni corrispondono, infatti, al periodo di maggiore sperimentazione e di maggiore interesse artistico-culturale nei confronti dello specchio in Asia orientale. Non mancheranno tuttavia delle esemplificazioni di produzioni più antiche e più recenti, per sfiorare da un lato la questione dell’origine e della protostoria dello specchio in Cina e per mostrare dall’altro i mutamenti artistici e culturali, gli elementi di continuità e di discontinuità nella società cinese tarda. All’ampliamento puntuale dell’arco cronologico corrisponderà anche un’estensione calibrata del contesto geografico della mostra: alcuni esemplari provenienti dall’area iranica, ad esempio, serviranno da stimolo al visitatore per riflettere sulla reciproca interazione tra Cina e Asia occidentale attraverso la mediazione del vasto mondo delle steppe. Ben più approfondito sarà il rapporto con le altre regioni dell’Asia orientale (Corea, Giappone, Sud-est) che hanno adottato forme e simboli dello specchio cinese modificandoli e adattandoli alle proprie culture. Lo specchio della Cina viene così calato in una realtà storico-artistica panasiatica, a ribadirne l’importanza oltre gli attuali confini nazionali.
 Il catalogo che accompagna la mostra, edito da Silvana Editoriale, è frutto degli sforzi congiunti di studiosi internazionali e si presenta come la pubblicazione più completa e aggiornata sugli specchi della Cina disponibile in lingua italiana. Il volume raccoglie i contributi critici di Marco Guglielminotti Trivel, curatore della mostra e conservatore per l’Asia Orientale del Mao, di Ma Jinhong, conservatore per i manufatti in bronzo del museo di Shanghai, di Marcello Pacini, membro del Comitato scientifico della Fondazione Torino Musei, di Gilles Béguin, già direttore del museo Cernuschi di Parigi, e di Aurora Testa, docente di Arte orientale alla Western Washington University.

Didascalie delle immagini
[fig.1 ] Specchio con decorazione di nuvole e animali. Ferro dorato e ageminato in oro, d. 16,5 cm. Cina, dinastia Jin Occidentali, III-IV sec. d.C..Collezione Jingzitang; [fig. 2] Specchio polilobato con fenici e altri uccelli. Bronzo, d. 26,9 cm. Cina, dinastia Tang, VIII sec. d.C.. Collezione Jingzitang; [fig. 3] Specchio con gru, pini e altri elementi vegetali Ottone, d. 11 cm. Giappone, periodo Edo, prima metà XIX sec. d.C.. Museo d’Arte Orientale, Torino; [fig. 4] Specchio con figure stilizzate di uccelli. Bronzo e turchesi, d. 13 cm. Cina, periodo Stati Combattenti, V sec. a.C. .Collezione Jingzitang.

Informazioni utili 
«Riflessi d’Oriente. 2500 anni di specchi in Cina e dintorni». Mao-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico, 11 - Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00, chiuso il lunedì. Ingresso al museo: Ingresso al museo: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 011.4436927 o mao@fondazionetorinomusei.it.Da venerdì 23 novembre 2012 a domenica 24 febbraio 2013.

lunedì 19 novembre 2012

Artcurial, debutto milanese con la collezione Liuba ed Ernesto Wolf

L'Italia attrae investimenti nell'arte, così la casa d'aste francese Artcurial Briest Poulain F. Tajan, prima in Francia e tra le prime dieci nel mondo, dopo aver aperto un ufficio di rappresentanza nel nostro Paese, sviluppa la propria presenza a Milano, inaugurando una prestigiosa sede per mostre, incontri, dibattiti e giornate expertise presso i raffinati spazi di Palazzo Crespi.
Per festeggiare l’apertura delle sale di corso Venezia 22, la cui inaugurazione si terrà mercoledì 21 novembre, Artcurial presenterà un’anteprima dei pezzi importanti che saranno battuti in asta a Parigi il prossimo dicembre, tra i quali una selezione di opere della collezione Liuba ed Ernesto Wolf, raccolta che ben dimostra l’eclettismo della coppia di collezionisti da un lato, e la capacità di Artcurial di essere presente in tutti i diversi ambiti del mercato dell’arte.
La collezione, che sarà aperta gratuitamente al pubblico dal 22 al 24 novembre, è un tesoro ancora sconosciuto ai più. Se il nome di Wolf è indissolubilmente legato alla sua collezione di vetri artistici di epoca bizantina e medievale (poi donati al Landesmuseum di Stoccarda), nondimeno egli fu, con sua moglie Liuba, un grande collezionista eclettico d’arte moderna, libri antichi e arte primitiva.
Uomo di grande gusto ed erudizione, la sua vita fu una continua ricerca del bello. La sua passione lo portò a costituire un insieme di grandissima importanza di libri illustrati, abbracciandone tutta la loro varietà e storia: dai codici miniati più preziosi, come il «Libro d’Ore» del Maestro di Talbot e Robert Boyvin del 1430 (stima 50.000 – 60.000 euro), agli incunaboli più rari, come «Ars Moriendi» di Nikolaus Goetz (Colonia, 1479; stima 300.000-500.000 €), sino ai lavori degli artisti ai quali fu legato, come Picasso e Dalì. «Daphne e Chloe», illustrato da Marc Chagall (stima 120.000-180.000 €), e «Jazz» di Matisse, entrambi editati da Tériade nel 1947 e nel 1961, si collocano a fianco della «Metamorfosi di Ovidio» , illustrata da Picasso (stima: 80 000-120 000 €). Georges Rouault illustra la parte della collezione dedicata all’arte moderna, con il «Clown di profilo», 1938-39, olio su tela (stimato 300.000-400.000 €), insieme a Max Ernst, con la sua «Testa» (stima 80.000-120.000 €).
L’arte islamica e dell’antico Oriente comprende dei pezzi d’arte cicladica, come un «Uomo in piedi» in marmo del III millennio a.C. (stima 45.000 – 65.000 €), insieme a pezzi d’arte della dinastia Abasside d’Irak, tra cui una «Grande coppa lucida a decoro d’uccello» (stima 25.000-35.000 €).
L’arte del Medioevo è rappresentata in particolare da un prezioso «Gémellion», in smalto policromo del XIII secolo (stima 20.000-30.000 €), mentre l’arte africana, apprezzata per le sue qualità estetiche ma anche per il mistero che questi oggetti esprimono, è presente con una collezione importante di antichi cucchiai provenienti da tutte le regioni del continente. Citiamo in particolare un «Cucchiaio Dan» della Costa d’Avorio, scultura in legno che rappresenta un personaggio maschile in piedi (stima 100.000-120.000 €).
In Italia, Artcurial avrà il compito di implementare nel nostro Paese la già fitta rete di relazioni della casa d’aste, operando sia sul fronte degli acquisti che su quello delle vendite. Mostre in anteprima, incontri, dibattiti, giornate expertise e partenariati culturali saranno le attività che la sede di Milano avrà il compito di sviluppare.
La sede di Milano continuerà a essere diretta da Gioia Sardagna Ferrari, che già lo scorso maggio aveva aperto gli uffici della casa d’aste a Milano. Italiana d’origine, ma con studi e un background professionale interamente maturato all’estero, Gioia Sardagna Ferrari ha conseguito due lauree, alla Sorbona e all’Ecole du Louvre a Parigi, con un master finale in arte contemporanea. Gioia Sardagna Ferrari collabora con Artcurial dal 2004, come specialista di arte italiana moderna e contemporanea. In precedenza, ha lavorato presso altri enti e istituzioni, tra cui Gagosian Gallery a New York.
Con questa apertura Artcurial manifesta un interesse programmatico e strategico nei confronti della realtà italiana, dopo aver promosso importanti appuntamenti nell’ambito delle arti del nostro tempo. In particolare a Venezia, dove in occasione della Biennale d’arte contemporanea per ogni edizione presenta –sempre sotto la guida e la collaborazione di Gioia Sardagna Ferrari– il lavoro di un artista, come lo scorso giugno, nel caso di Cyprien Gallard, vincitore nel 2010 del Premio Marcel Duchamp. La presenza continuativa e permanente in Italia di Artcurial consentirà anche di stabilire più stretti legami con i numerosi clienti italiani che ogni estate si danno appuntamento a Montecarlo, in occasione delle aste di gioielli e orologi e, dallo scorso luglio, anche di opere d’arte moderna e contemporanea.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Maître de Talbot e Robert Boyvin, «Livre d'heures», Rouen, circa 1430;: [fig. 2] Marc Chagall,« Bibbia» , Paris, Tériade, 1956

Informazioni utili
Artcurial Milano. Palazzo Crespi, corso Venezia, 22 - Milano. Informazioni: tel. 02.86337813. Sito Web: www.artcurial.com

sabato 17 novembre 2012

Una nuova casa per Giorgio Morandi: il Mambo di Bologna

«C’è qualcosa di nuovo oggi […], anzi di antico». Si può prendere a prestito un verso di Giovanni Pascoli, tratto dalla poesia «L’aquilone», per descrivere la nuova operazione culturale del Mambo – Museo d’arte moderna di Bologna che, da domenica 18 novembre (la prima giornata di apertura sarà ad ingresso gratuito), presenta al pubblico un Giorgio Morandi conosciuto, quello della collezione esposta dagli anni Novanta nelle sale di Palazzo d’Accursio, ma inedito, raccontato cioè attraverso un dialogo in punta di pennello, innovatore e per nulla scontato, con artisti internazionali contemporanei quali Tony Cragg e Jean-Michel Folon.
L’occasione è offerta dallo spostamento temporaneo, presso gli spazi dell’ex Forno del Pane, delle ottantacinque tele, facenti parte della raccolta donata dalla sorella dell’artista, Maria Teresa Morandi, al Comune di Bologna.
In seguito agli eventi sismici del maggio scorso, che hanno provocato infiltrazioni d’acqua dal tetto e danni ai muri della sede storica del museo di piazza Maggiore, con possibile pericolo per la tutela dei dipinti, delle opere grafiche e del patrimonio librario, l’Amministrazione comunale felsinea, in accordo con la Galleria d'arte moderna (a cui la collezione pertiene) e Carlo Zucchini, garante testamentario del lascito, ha, infatti, deciso di trovare una nuova casa per il «pittore delle bottiglie» e per la sua opera. La scelta non poteva non ricadere sul Mambo, il vivace museo d’arte moderna della città, diretto da Gianfranco Maraniello, che vanta una ricca raccolta di opere d’arte dal secondo dopoguerra ad oggi.
Il nuovo progetto espositivo per le opere di Giorgio Morandi, che trovano collocazione all'interno della collezione permanente del museo di via don Minzoni, recentemente rinnovata nelle sue sezioni, analizza i temi e le stagioni che hanno caratterizzato l'attività dell’artista e offre una rilettura del suo percorso, anche attraverso i lavori di autori contemporanei.
Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente da Morandi, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, in particolare per i celebri fiori, che qui vediamo accostati a una tela, «Tulip Sundae» (2010), che l’artista americano Wayne Thiebaud ha voluto donare al museo e che testimonia quanto sia attuale l’influenza di Morandi sulla cultura visiva contemporanea internazionale. Conclude il percorso di questa sezione l'installazione dell'opera video «Composing a Battle for Narrative» (2011) dell'artista londinese Jesse Ash, recentemente acquisita nella collezione permanente del Mambo.
L’allestimento prosegue, quindi, con il tema «La superficie pittorica», che mette in risalto l'equilibrio delle composizioni morandiane, comune a tutte le tecniche. Negli acquerelli, che caratterizzano l'ultima stagione, il colore liquido e quasi monocromo, steso secondo griglie geometriche, pur perdendo ogni valenza di contorno, esalta le forme e i volumi attraverso le diverse gradazioni tonali. La pittura, a partire dagli anni Cinquanta, è definita da un alternanza di positivo e negativo, forme piene e vuote armonicamente combinate secondo perfetti accordi compositivi e cromatici, che determinano, di volta in volta, la costruzione volumetrica degli oggetti. La presenza, in questa sala, di un opera di Sean Scully, «Long Light» (1997), mostra come il pittore irlandese abbia pienamente accolto la lezione coloristica di Morandi.
Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
Il tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da Jean-Michel Folon, e il video documentario «La polvere di Morandi» (2012) di Mario Chemello, prodotto con la collaborazione di Imago Orbis. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.
Contestualmente allo spostamento delle opere, anche il patrimonio librario del museo Morandi cambierà sede e sarà consultabile, a partire da domenica 18 novembre, presso la Biblioteca del Museo d'arte moderna; per l’occasione verrà riallestito anche il «CorrainiMAMboartbookshop», che presenterà una selezione di titoli e oggetti inerenti l'opera del pittore bolognese e che ospiterà, tra i suoi scaffali, la linea di merchandising dedicata all'artista.

Didascalie delle immagini
[figg.1,2 e 3] Collezione Museo Morandi al MAMbo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti; [figg. 4 e 5] La collezione del Mambo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti

Informazioni utili 
Il Museo Morandi al Mambo. Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: gratuito nella giornata di domenica 18 novembre; intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org.

venerdì 16 novembre 2012

Pirelli, 140 anni di storia tra ricerca scientifica e cultura

Una mostra, un convegno, una rassegna filmica, un laboratorio creativo per bambini, un ciclo di visite guidate, ma non solo: è ricco il calendario di eventi promosso dalla Fondazione Pirelli in occasione della XI Settimana della cultura d’impresa, manifestazione in programma da lunedì 19 a domenica 25 novembre, su tutto il territorio nazionale, per iniziativa di Confindustria e di Museimpresa.
E’, dunque, uno sguardo a 360° sulle varie branche del sapere umanistico e del sapere scientifico, come è nella filosofia Pirelli, quello proposto dalla multinazionale italiana per far conoscere al pubblico il proprio patrimonio culturale, ma anche per festeggiare centoquaranta anni di attività.
Lo stile di Pirelli, basato sulla capacità di dialogo tra tecnologia, sapere umanistico e ricerca scientifica e di apertura ai vari aspetti delle attività culturali, ha portato la società a collaborare, negli anni, con i grandi nomi della grafica (Bob Noorda, Riccardo Manzi, Alessandro Mendini, Pino Tovaglia), della fotografia (Ugo Mulas, Gabriele Basilico, Annie Leibovitz) e dell’arte (Renato Guttuso, Bruno Munari) e a dare vita, dal 1948 al 1972, alla rivista «Pirelli» (ancora oggi magazine di culto per grafici, artisti e intellettuali), sulla quale, nel corso di un dibattito culturale durato oltre due decenni, hanno scritto Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Italo Calvino, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Arrigo Levi, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alberto Ronchey, Elio Vittorini e molti altri.
Fondazione Pirelli ha deciso, recentemente, di rivalutare questo prezioso patrimonio storico del nostro Paese e di metterlo a disposizione del pubblico, con la sua completa digitalizzazione e con la possibilità di consultazione on-line, sul sito www.fondazionepirelli.org.
La rivista, insieme a numerosi bozzetti di Ezio Bonini, Riccardo Manzi, Bob Noorda, a una serie di disegni tecnici di battistrada dalla texture minimalista e ai reportage pittorici di fabbrica di Fulvio Bianconi, Ernesto Treccani e Giancarlo Cazzaniga, diventa, ora, protagonista dell’intenso programma di iniziative della Fondazione Pirelli per la XI Settimana della cultura d’impresa.
Ad aprire il programma sarà l’inaugurazione della mostra «L’Umanesimo industriale di Pirelli. Dalla natura alla produzione con gli occhiali dell’arte», in programma dal 19 novembre al 19 febbraio presso gli spazi di viale Sarca, dove sono ospitati il dipinto «La ricerca scientifica» e il grande mosaico per «Italia ’61», entrambi realizzati da Renato Guttuso.
L’esposizione offrirà l’occasione per presentare, per la prima volta, uno dei fondi più preziosi conservati presso l’archivio storico della Fondazione Pirelli: oltre trecento disegni tecnici che riproducono i modelli dei pneumatici prodotti a partire dagli anni Cinquanta, tra i quali il «Cinturato», lo «Stelvio», il «Rolle», l’«Atlante» e il «BS3». Saranno, inoltre, esposti numerosi bozzetti originali di Ezio Bonini, Riccardo Manzi, Bob Noorda e una testimonianza dei reportage pittorici di fabbrica, firmati dagli artisti Fulvio Bianconi, Ernesto Treccani e Giancarlo Cazzaniga. Sarà, infine, possibile studiare anche le innovative campagne pubblicitarie dell’azienda, che presero corpo dal dialogo tra l’ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli ed Arrigo Castellani.
Seguirà la presentazione del dvd «Pirelli in 35 mm – volume II», con una selezione di filmati e caroselli appena restaurati e in parte provenienti dall’archivio della Cineteca italiana. Si tratta di sette pellicole da 35 e 60 mm, che testimoniano l’influenza che il linguaggio cinematografico ha avuto sulla comunicazione aziendale. Tra questi documenti, si segnalano il film promozionale «La Lepre e la tartaruga», diretto da Hugh Hudson (1966), la pubblicità cinematografica «La ruota» dei fratelli Pagot, in animazione e technicolor, e la serie televisiva con la famiglia preistorica «Babbut, Mammut, Figliut alle Olimpiadi» (1963-1964), realizzata per Carosello.
L’incontro, programmato per la serata di mercoledì 21 novembre (alle 19.30) all’Auditorium Pirelli, vedrà la partecipazione di Raffaele De Berti, docente di Storia e critica del cinema e Cinematografia documentaria presso l’Università degli Studi di Milano.
Sarà all’insegna della settima arte anche l’appuntamento di giovedì 22 novembre all’Hangar Bicocca, tra le più significative testimonianze dell’impegno di Pirelli nella cultura, che ospiterà, a partire dalle 21.00, la rassegna «Il ritmo della tecnologia», un’occasione per esplorare, attraverso cinque rare pellicole di ricerca, realizzate tra gli anni Cinquanta e Settanta, il rapporto tra le sperimentazioni visive e cinematografiche e le tematiche legate alla tecnologia e alle innovazioni dell’industria.
Da «La canzone del Polistirene», primo cortometraggio di Alain Resnais, ad «Arte programmata», che documenta la storica mostra organizzata da Bruno Munari, ai due rari film giovanili del regista Edgar Reitz su «Velocità e comunicazione», le immagini di questo excursus cinematografico racconteranno la fascinazione di una generazione di creativi e intellettuali per il progresso e la tecnologia.
Seguirà, quindi, il convegno «Scienze, cultura e tecnologia tra le pagine della rivista «Pirelli», programmato per venerdì 23 novembre, alle 9.30, presso la sede di viale Sarca, al quale parteciperanno Giorgio Bigatti, Giuseppe Lupo e Carlo Vinti.
Mentre il week-end prevede visite guidate alle installazioni «On Space Time Foam» di Tomás Saraceno e «unidisplay» di Carsten Nicolai, allestite all’Hangar Bicocca, e un laboratorio creativo per bambini (dai 6 agli 8 anni) sulla pubblicità cinematografica, in compagnia della famiglia preistorica «Babbut, Mammut, Figliut».

Per saperne di più 
www.museimpresa.com/images/stories/pdf/programma-xi-settimana-cultura-impresa.pdf
www.fondazionepirelli.org/upload/iniziative_materiali/1352714733.pdf

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ezio Bonini, «Bozzetto per pubblicità di pneumatici da moto-scooter», 1952. Tempera e matita su carta; [fig. 2] Pirelli. Rivista di informazione e di tecnica, 1954. Copertina del n.6/1954. La scimmietta Zizì e il clown Tony disegnati da Bruno Munari, premiati al Compasso d'oro di quell'anno; [fig. 3] Pirelli. Rivista di informazione e di tecnica, Jean Michel Folon, 1970. Copertina del n.9-10/1970 dedicato al decennale del grattacielo Pirelli; [fig. 4] Armando Testa, Bozzetto per pubblicità di pneumatici, 1954. Collage, matita e tempera su carta 

Informazioni utili
Pirelli per l’XI Settimana della cultura d’impresa. Ingresso libero, con accredito al numero 02.644270613 o a info@fondazionepirelli.org. Dal 19 al 25 novembre 2012. 
La mostra: «L’Umanesimo industriale di Pirelli. Dalla natura alla produzione con gli occhi dell’arte». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Inaugurazione: lunedì 19 novembre, ore 19.00. Orari: dal 25 novembre al 19 febbraio 2013, lunedì-venerdì, ore 9.00-18.00; mercoledì 21 novembre, ore 9.00-22.00; sabato 24 novembre, ore 11.00-17.00, domenica 25 novembre, ore 11.00-13.00. Ingresso libero. 
Il dvd: «Pirelli in 35 mm – volume II». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Presentazione: mercoledì 21 novembre, ore 19.30. 
La rassegna filmica: «Il ritmo della tecnologia». Hangar Bicocca, via Chiese, 2 – Milano. Presentazione: giovedì 22 novembre, ore 21.00. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Informazioni: info@hangarbicocca.org.
Il convegno: «Scienze, cultura e tecnologia tra le pagine della rivista «Pirelli». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Presentazione: venerdì 23 novembre, ore 9.30. 
Le visite guidate: le visite permetteranno l’accesso all’Archivio storico Pirelli e agli spazi espositivi della Fondazione. Successivamente ci si sposterà in HangarBicocca dove sarà possibile visitare le installazioni di Tomás Saraceno e di Carsten Nicolai. Orari: ore 11.00, 12.00, 14.30, 15.30 e 16.30. Note: sarà disponibile gratuitamente il servizio navetta dalla Fondazione Pirelli all’HangarBioccca.
Laboratorio creativo: «Ohe’ bambini, non siamo più all’età della pietra. Alla scoperta del cinema d’impresa». Fondazione Pirelli, viale Sarca 222 Milano. Presentazione: domenica 25 novembre, ore 11.00 – 12.30.

giovedì 15 novembre 2012

Tra video-arte e musica, due incontri a Venezia con Hassan Khan

L’artista e musicista Hassan Khan ritorna a Venezia. Dopo essere stato presidente nella giuria internazionale della 54° Esposizione internazionale d’arte, il giovane talento egiziano, che vanta partecipazioni alle Biennali di Sydney (2006) e di Istanbul (2003), sarà in Laguna nelle giornate di lunedì 26 e martedì 27 novembre, su invito della Fondazione François Pinault, protagonista di una conferenza e di un concerto.
La duplice iniziativa si colloca nell'ambito del calendario «Incontri con gli artisti», promosso in occasione della mostra «La voce delle immagini», allestita a Palazzo Grassi fino al 13 gennaio 2013.
La conferenza, in programma a Punta della Dogana, vedrà Hassan Khan, in esposizione a Venezia con l’opera «Jewel», conversare con Andrea Lissoni, curatore dell’Hangar Bicocca a Milano, e con Caroline Bourgeois. L’incontro, in agenda per le 18 di lunedì 26 novembre, sarà a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Oltre alla conversazione con il pubblico, appuntamento che si rinnova mensilmente nell’ambito delle mostre «Elogio del dubbio» a Punta della Dogana e «La voce delle immagini» a Palazzo Grassi e che quest’anno ha già avuto ospite Anri Sala, l’artista egiziano sarà protagonista di uno speciale concerto, promosso con la preziosa collaborazione del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia.
«Superstructure», questo il titolo dell’appuntamento in programma alle 21 di mercoledì 27 novembre, è stato recentemente presentato anche a Parigi, all’auditorium del Louvre. Durante l’esibizione, l’artista utilizzerà la tipica combinazione tra suoni da lui prodotti e performance live, proponendo quattro dei suoi set più significativi: «A short story based on distant memory», basato su ipnotici arrangiamenti per strumenti a corda e modulazioni di ritmi sincopati ; «The Big One», realizzato attraverso la giustapposizione di elementi musicali chaâbi rielaborati al sintetizzatore; «12 pieces for piano and electronica», che propongono brevi pezzi al piano cui sono associati arrangiamenti elettronici e, infine, «Superstructure: the ammunition of the nation», che attraverso la continua trasformazione in crescendo di una cellula sonora sapientemente decostruita segna il passaggio da un universo intimo e fragile a un esplosivo e coinvolgente momento collettivo.
Hassan Khan, nato nel 1975, vive e lavora al Cairo. Utilizza principalmente il video, ma si interessa parallelamente alla musica e alla scrittura. Dagli anni Novanta, conduce una ricerca musicale che unisce composizione e interpretazione. Da solo, con l’ausilio di un mixer, l’artista manipola e trasforma in maniera sorprendente diversi tipi di materiali sonori, prodotti da lui stesso attraverso un processo di ibridazioni multiple. Khan trae la propria ispirazione da un amplissimo ventaglio di generi e stili che vanno dalla musica popolare egiziana, come il Chaâbi, utilizzata per esempio nell’opera «Jewel», sino al linguaggio minimo della musica contemporanea o colta. La sua opera è stata presentata in esposizioni personali in numerosi musei internazionali, tra cui il Queens Museum, New York (2011), Kunst Halle Sankt Gallen (2010), e Le Plateau di Parigi (2007). L’artista ha, inoltre, partecipato a grandi esposizioni internazionali come Manifesta 8 (2010), la Yokohama Triennale (2008), la Gwangju Biennale (2008), la Biennale di Sydney (2006) e la Biennale di Istanbul (2003). Suoi concerti sono stati ospitati in città come Alessandria d´Egitto, Amsterdam, Barcellona, Beirut, Berlino, Buenos Aires, Cairo, Delhi, Ginevra, Londra, New York, Parigi, Roma, San Paolo, Stoccolma, e Zurigo.

Didascalie delle immagini
[figg. 1 e 2] Hassan Khan, «Jewel», 2010. Pellicola 35mm trasferita su video in full HD, musica originale dell'artista, 6'30''. © Hassan Khan. Courtesy the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris

Informazioni utili
Hassan Khan. Incontro pubblico. Punta della Dogana, Dorsoduro 2 - Venezia.  Orari: martedì 26 novembre, ore 18. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: tel. 199139139. Sito web: www.palazzograssi.it/punta-della-dogana/museo/arte-contemporanea-venezia.html 
Hassan Khan. Superstructure. Teatro Fondamenta Nuove, Cannaregio 5013 - Venezia. Orari: mercoledì 27 novembre, ore 21. Ingresso: da € 20,00 a € 2,50. Informazioni: info@teatrofondamentanuove.it. Sito web: www.fondamentanuove.it.