ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 18 luglio 2013

Un Lele Luzzati da paura al Porto Antico di Genova

Due scheletri neri, con cappuccio e veste bianca, campeggiano sulla locandina della mostra «The Dark Side of Luzzati», nuovo progetto espositivo del museo fondato nel 2008 a Genova, all’interno degli spazi cinquecenteschi di Porta Siberia al Porto Antico, con l’intento di promuovere l’arte dello scenografo e illustratore ligure, fondatore, insieme a Tonino Conte, del Teatro della Tosse e autore di cartoni da premio Oscar come «La Gazza ladra» (1964).
La scelta dell’immagine guida, uno schizzo per il film di animazione «Pulcinella» (1973), è vincente. La rassegna, promossa dalla casa editrice Nugae di Sergio Noberini, si propone, infatti, di raccontare il «lato oscuro» di Lele Luzzati (Genova, 1921-2007), artista conosciuto dal grande pubblico per aver colorato e reso gioiosa l’infanzia di molti bambini con libri come «I paladini di Francia» o «Il Milione di Marco Polo» e con rivisitazioni ironiche e vivaci di personaggi come Pulcinella, Arlecchino, Papagena e Papageno, tante figure che popolano la nostra Commedia dell’arte.
Lele Luzzati fu, dunque, non solo un funambolico «maestro di sogni», capace di avvicinare i più piccoli alla musica di Wolfgang Amadeus Mozart e Gioachino Rossini, ma anche il creatore di un mondo ambiguo e sinistro, a tratti orrifico, che «non ha nulla da invidiare -dichiarano gli organizzatori- all’immaginario di Tim Burton». Lo dimostrano chiaramente i manifesti, i bozzetti per scenografie e le illustrazioni che scorrono lungo le pareti e all’interno delle sale espositive di Porta Siberia, fortificazione cinquecentesca progettata da Galeazzo Alessi e riqualificata da Renzo Piano, nell’ambito del restauro dell’intero Porto Antico.
Sono le parole dell’artista a Paola Pollottino, riportate nel saggio «Volta la carta e vedi…Luzzati» del 1985, a farci da guida tra le tavole per «Gli uccelli» di Aristofane e per la «Medea» di Euripide: «in ogni oggetto ci deve sempre essere qualcosa di ambiguo, in modo che sembri vero, ma non lo sia mai del tutto, e ci sia sempre posto per un po’ di sogno». In questa esposizione, in effetti, l’ambiguo fa da fil rouge, ma il sogno diventa incubo, dimostrando la fascinazione dell’illustratore e scenografo genovese per ciò che incute paura. Succede, per esempio, nelle illustrazioni dedicate alle fiabe dei fratelli Grimm, realizzate -ricorda Tonino Conte nel volume «Lo scenografo della porta accanto», pubblicato nel 2001- da un Luzzati «mai tanto incontentabile e tormentato», un Luzzati «più nascosto e segreto, che non si accontenta facilmente di quello che fa, che scarta, butta via, taglia e ricompone, cancella e ridisegna», tutto teso a riproporre nella sua opera «la straordinaria profondità», il «mondo complesso delle fiabe tedesche, in cui il fiabesco ha un taglio realistico, la crudezza è mescolata alla poesia, la fantasia è spesso perversa e il sangue scorre nelle scenografie più mirabolanti».
Un lato dark si respira anche nei meravigliosi bozzetti per i costumi dello spettacolo «Ubu Incatenato», prodotto dal Teatro della Tosse nella stagione 1994/95. E’ lo stesso Tonino Conte a ricordarlo, descrivendo così il materiale realizzato dal suo amico e compagno d’avventura: «decine di tavole di straordinario vigore espressivo, popolate di donne con tre seni e cosce abnormi, magrezze spettrali e grassezze oscene: creature forse ridicole, forse mostruose. Per inventarle pareva che Luzzati avesse mescolato Bosh con Ionesco, Picasso con Topor».
Ma il «lato oscuro» dell’artista genovese si esprime benissimo anche in manifesti e locandine teatrali. Ecco così le maschere senza occhi per lo spettacolo «I satiri», la fissità immobile in nero e rosso della ioneschiana «Cantatrice calva», gli scheletri e mostri che popolano alcune scenografie per le rappresentazioni di Paolo Poli. Tanti modi differenti per raccontare un Luzzati da paura.

Durante l’estate, il museo di Porta Siberia ospiterà anche una mostra antologica su Andrea Pazienza. Dalle storie in slang di «Pentothal » a quelle ribelli di «Zanardi », dalle illustrazioni di «Campofame » alla divertita e affettuosa ironia di «Pert », una serie di tavole dedicate al presidente Pertini: sono circa un centinaio i lavori esposti che ripercorreranno la storia di uno dei disegnatori più amati del fumetto italiano.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Emanuele Luzzati, «Carabinieri» per il film di animazione «Pulcinella», 1974.Tempera su carta, cm 22.7x30.4; [fig. 2] Emanuele Luzzati, bozzetto per D«ialoghi di Luciano», spettacolo per la regia di Tonino Conte, 1991. Tecnica mista, cm 33 x 47.8 tecnica mista e collage; [fig. 3] Emanuele Luzzati, bozzetto per «Igne Migne», anni '90. Tecnica mista e collage, 48x33  

Informazioni utili 
«The Dark Side of Luzzati». Museo Luzzati a Porta Siberia,  Area Porto Antico, 6 - Genova. Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-18.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 4,00 (over 65 anni) o € 2,00 (dai 7 ai 18 anni), gratuito per i bambini fino ai 6 anni, Informazioni: tel. 010.2530328 o info@museoluzzati.it. Sito web: www.museoluzzati.it. Fino a domenica 13 ottobre 2013.  [Mostra prorogata fino a domenica 10 novembre 2013]




martedì 16 luglio 2013

A Genova un’estate all’insegna della fotografia: il Giappone delle geishe incontra gli scatti giovanili di Kubrick

L’Oriente, con il suo mondo di rituali senza tempo e la sua ineffabile raffinatezza, trova casa a Genova, negli spazi di Palazzo Ducale. Centoventicinque stampe fotografiche originali del periodo compreso tra il 1860 e i primi anni del Novecento, riunite sotto il titolo di «Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800», esplorano l’idea dell’uomo e della donna nipponici, sia attraverso il gusto memorialistico dei primi turisti occidentali, sia nelle reali condizioni socio-culturali del tempo.
L’iniziativa espositiva, ideata da GAmm Giunti e curata da Francesco Paolo Campione e Marco Fagioli, offre anche l’occasione per conoscere una selezione di immagini del ricco archivio che la fondazione «Ada Ceschin Pilone» di Zurigo ha concesso in comodato d’uso nel 2012 al Museo delle culture di Lugano: più di cinquemiladuecento fotografie all’albumina colorate a mano, per metà circa contenute all’interno di oltre novanta album-souvenir, racchiusi da coperte splendidamente decorate da maestri dell’arte giapponese della lacca, che Marco Fagioli ha collezionato a partire dal 1973.
Lottatori di sumo dagli occhi di bragia, fieri samurai che fecero della battaglia la concretizzazione di un’idea di vita, sensuali e servizievoli geishe, attori di kabuki, donne di piacere raffigurate nei quartieri a luci rosse, ma anche paesaggi stilizzati e ritratti di donne, bambini e uomini raccontati nella loro quotidianità, durante i lavori domestici o in occasione di cerimoniali e funzioni religiose, scorrono lungo le pareti dello spazio espositivo, permettendo di comprendere cosa significhino, nella filosofia zen, concetti come delicatezza, raffinatezza, bellezza e armonia assoluta.
Il percorso espositivo, completato da sette vasi d’epoca Meiji prestati dal Museo d’arte orientale «Edoardo Chiossone» di Genova e da cinque maschere teatrali di una collezione privata, analizza, inoltre, un momento della fotografia nipponica conosciuto con il nome di Scuola di Yokohama, la cui caratteristica risiedeva nell’unire la fotografia, la forma artistica più d’avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi, realizzando stampe su carta all’albumina, delicatamente colorate a mano da raffinati artigiani. Le immagini prodotte, destinate prevalentemente ai viaggiatori stranieri, venivano, poi, assemblate in esotici album-souvenir, ma anche utilizzate per illustrare una ricca pubblicistica fatta di guide, di resoconti di viaggio e, soprattutto, di descrizioni della vita quotidiana e dei costumi di un mondo che appariva all’Occidente come la quintessenza di un Oriente medievale, educato ed elegante, arrivato miracolosamente intatto alla soglie della civiltà industriale.
In contemporanea, il Palazzo Ducale di Genova ospita, nel Sottoporticato, un altro progetto espositivo ideato da GAmm Giunti: la mostra «Stanley Kubrick. Fotografo», per la curatela di Michel Draguet, già presentata lo scorso anno nella prestigiosa sede dei Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles. Centosessanta fotografie, selezionate tra gli oltre ventimila negativi conservati presso il Museo della Città di New York e appositamente tirate con stampa al bromuro d’argento dagli originali, ricostruiscono un aspetto poco conosciuto nella carriera del grande regista statunitense, quello che lo vide, a soli 17 anni, venir assunto come fotoreporter dalla rivista americana «Look», uno dei più diffusi mensili dell’epoca, dopo aver immortalato un edicolante il giorno della morte del presidente Roosevelt.
Le immagini esposte, realizzate tra il 1945 e il 1950, documentano la vita quotidiana dell’America nell’immediato dopoguerra, attraverso inquadrature fulminanti e ironiche di una città, New York, che si apprestava a diventare la nuova capitale mondiale.
Dalla photo-story su Mickey, un ragazzino di dodici anni che lavora come lustrascarpe nel quartiere di Brooklyn, si dipana un racconto in bianco e nero tra pugili come Rocky Graziano e Walter Cartier, stelle del cinema quali Montgomery Clift, assonnati viaggiatori della metropolitana, musicisti dixieland, artisti circensi, studenti della Columbia University, uomini e donne qualunque ritratti in luoghi di incontri casuali, come la sala d’aspetto di un dentista o le scale antincendio di un palazzo. Sono scatti, questi, che raccontano scampoli di vita, dai quali si evince la grande capacità di scandagliare l’animo umano e i meccanismi della mente che ha fatto di Stanley Kubrick uno dei grandi cineasti del Novecento.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Anonimo, «Venditore ambulante di scope», 1880-1890 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 2] Ueno Hikoma, «Veduta di Tokyo dal Colle di Atagoe», 1870 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 3] Tamamura Kozaburo, «Geisha che gioca con una palla legata a un filone», 1900 ca. © 2013 Città di Lugano, Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone»/Fagioli; [fig. 4] Stanley Kubrick, , «A tale of a shoe-shine boy»,, 1947

Informazioni utili
«Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800». Palazzo Ducale,piazza Giacomo Matteotti, 9 - Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì, ore 14.00-19.00; la biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gruppi € 7,00; scuole € 4,00;congiunto con la mostra «Stanley Kubrick. Fotografo» intero € 14,00; ridotto € 12,00. Catalogo: GAmm Giunti, Firenze. Informazioni e prenotazioni: biglietteria Palazzo Ducale, tel. 010.5574065. Sito internet: www.giapponegenova.it. Fino a domenica 25 agosto 2013.

«Stanley Kubrick. Fotografo». Palazzo Ducale, piazza Giacomo Matteotti, 9 - Genova. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-19.00; lunedì, ore 14.00-19.00; la biglietteria chiude un'ora prima. Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gruppi € 7,00; scuole € 4,00;congiunto con la mostra «Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone del '800». intero € 14,00; ridotto € 12,00. Catalogo: GAmm Giunti, Firenze. Informazioni e prenotazioni: biglietteria Palazzo Ducale, tel. 010.5574065. . Sito internet: www.mostrakubrick.it. Fino a domenica 25 agosto 2013.

domenica 14 luglio 2013

Dagli aquiloni di Jashimoto alle mappe di Qiu Zhijie: suggestioni orientali alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia

Colore, leggerezza, gioco e poesia: sono queste le parole chiave della grande installazione site specific «Gas Giant» che l’artista statunitense, di origine giapponese, Jacob Jashimoto (Greeley, Colorado, 1973) propone a Venezia, in concomitanza con la cinquantacinquesima edizione della Biennale d’arte.
Diecimila aquiloni in carta di riso e bambù, realizzati a mano secondo un’antica tradizione nipponica, occupano (o meglio invadono) il quarto piano della Fondazione Querini Stampalia, recentemente sottoposto a intervento conservativo da parte dell’architetto ticinese Mario Botta. Il risultato è un’architettura incantata e di grande impatto scenografico, nella quale centinaia e centinaia di moduli, in predominanza di colore bianco, dialogano con altri, dal decoro geometrico e fitomorfo, tenuti assieme da fili di nylon e sorretti al soffitto grazie a un sistema di ancoraggio, costituito da catene e staffe a muro.
La mostra di Jacob Jashimoto, organizzata dallo Studio «La Città» di Verona e curata da Marco Meneguzzo, è solo uno dei tanti appuntamenti che il museo presieduto da Marino Cortese propone durante questa estate. Negli spazi dell’area Scarpa, al pianoterra, è, per esempio, allestita, per iniziativa della Galleria d’arte «Maggiore» di Bologna e con la curatela di Danilo Eccher, una rassegna sui linguaggi figurativi della famiglia Matta, che propone, per la prima volta, un confronto tra l’opera di Roberto Sebastián Matta (Santiago del Cile, 1911- Civitavecchia, 2002), figura storica del Surrealismo e caposcuola dell’Espressionismo astratto americano, e quella dei due figli (avuti da mogli differenti): Gordon Matta-Clark (New York, 1943-1978) e Pablo Echaurren (Roma, 1951).
Attraverso oli su tela, disegni, pastelli su carta e collage, si dipana un percorso lungo cinquant’anni, che ha per scenario gli Stati Uniti e l’Europa, nel quale l’arte diventa strumento per un dialogo concettuale tra i tre artisti, che nel privato ebbero rapporti conflittuali. L'affinità di Gordon Matta-Clark con Roberto Sebastián Matta è riconducibile soprattutto a un livello formale, estetico ed architettonico, mentre in Pablo Echaurren riguarda il carattere più propriamente concettuale del linguaggio espressivo, derivato dalla stessa matrice Dadaista e tardo Surrealista del padre e del fratello. Il filo comune tra i tre artisti, secondo il curatore, è, invece, da individuarsi nella socialità, ovvero nella ricerca continua di un rapporto di partecipazione del fruitore, caratterizzato da un coinvolgimento diretto o indiretto, fisico o mentale, culturale o sociale dello stesso con l'opera.
Al terzo piano della Fondazione Querini Stampalia è, invece, possibile vedere la mostra «Qiu Zhijie. L’unicorno e il dragone», prima tappa di «New Roads», progetto triennale di collaborazione tra Italia e Cina, nato in sinergia con il Museo Aurora di Shangai e Arthub Asia al fine di creare una piattaforma di dialogo multiculturale attraverso l’arte contemporanea.
Una quindicina di mappe site specific, impresse sulla carta con una secolare tecnica cinese di tamponamento con spugne o disegnate direttamente a parete con l’inchiostro, tessono un dialogo tra antico e moderno, tra Oriente e Occidente.
Qiu Zhijie (Fujian, 1969), alla sua prima personale in Italia, si è confrontato per questo progetto espositivo con le collezioni della Fondazione Querini Stampalia e del Museo Aurora di Shangai, restituendo le suggestioni ricevute attraverso un universo figurativo popolato da creature mitologiche, divinità astrali, motivi vegetali, scritte in inglese e cinese. Il tutto intende raccontare gli errori e i fraintendimenti nati dagli scambi culturali tra Italia e Cina, a partire da Marco Polo che, vedendo un rinoceronte durante i suoi viaggi in Oriente, lo identificò subito come un unicorno, seguendo l’unica possibile classificazione che la tradizione occidentale gli aveva messo a disposizione per definire una creatura con un solo corno. Un aneddoto, questo, raccontato nel 1993 da Umberto Eco, durante una conferenza all’Università di Pechino, che mostra come l’uomo classifichi e decodifichi ciò che non conosce secondo standard familiari, spesso sbagliando e non lasciandosi stupire dal mistero. (sam)

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Jacob Hashimoto, «Gas Giant», installazione alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Venezia, 2013. Foto: Studio  «La Città» di Verona; [figg. 3 e 4] Qiu Zhijie alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Foto di Agostino Osio 

Informazioni utili 
«Jacob Hashimoto. Gas Giant». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: Marsilio editore, Mestre-Venezia (monografia a cura di Luca Massimo Barbero). Informazioni: Studio  «La Città» di Verona , tel. 045.597549. Sito internet: www.jacobhashimotovenice.com. Fino a domenica 1° settembre 2013. 

«Matta». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Galleria d’arte «Maggiore» di Bologna , tel. 051.235843 o info@maggioregam.com. Sito internet: www.maggioregam.com. Fino a domenica 18 agosto 2013. 

«Qiu Zhijie. L’unicorno e il dragone». Fondazione Querini Stampalia, Santa Maria Formosa, Castello 5252 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso (comprensivo della visita all’intero museo): intero € 10,00, ridotto € 8,00. Catalogo: : Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Fondazione Querini Stampalia, tel. 041.2711411. Sito internet: www.querinistampalia.org. Fino a domenica 18 agosto 2013.