ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 12 febbraio 2014

Premio Andersen, un concorso per fiabe e «Scatti da favola»

È appena partito il conto alla rovescia per la quarantasettesima edizione del Premio Andersen - Baia delle favole, lo storico concorso letterario internazionale per fiabe inedite la cui premiazione si terrà sabato 7 giugno in Liguria, a Sestri Levante, nell’ambito dell’Andersen Festival, la grande e popolare kermesse internazionale di teatro e narrazione all’aperto, da sempre curata da Artificio 23, con la direzione artistica di Leonardo Pischedda, e che quest’anno avrà come filo conduttore il tema «Arte come energia – Energia per la vita» e guarderà alla storia del Rwanda, ricordando il genocidio dell’etnia Tutsi avvenuto nel 1994.
Il concorso letterario, le cui iscrizioni sono aperte fino al 14 aprile, è suddiviso in quattro categorie: «Scuola materna» (da 3 a 5 anni), «Bambini» (da 6 a 10 anni), «Ragazzi» (da 11 a 16 anni) e «Adulti» (oltre i 17 anni). Il premio, che avrà per madrina la scrittrice Esther Muyawayo, è aperto anche ad autori stranieri, che potranno partecipare con fiabe in lingua inglese, francese, tedesca, spagnola, araba, cinese e, da questa edizione, anche in idioma russo e danese.
Grazie a questa apertura internazionale e multilinguistica, ma anche al fatto che è possibile iscriversi al concorso on-line, nel 2013 sono state più di mille le fiabe in gara, circa la metà scritte da adulti, il resto da ragazzi di differenti età. «In questi racconti -affermano gli organizzatori del premio- emergono alcune differenze rispetto alla tradizione: fa, ad esempio, capolino la quotidianità, rielaborata con creatività e condita di sana ironia anche per esorcizzare i tempi di crisi, compaiono bambine intraprendenti e coraggiose al posto di eteree e accondiscendenti principesse e, al contrario, ometti timidi e sognatori predominano su principi e re sempre pronti a brandire una spada».
Tutti i vincitori riceveranno l’opera «Sirefiaba Andersen» dell’artista Alfredo Gioventù, raffigurante la celebre Sirenetta. Sono, inoltre, in palio per i vincitori delle quattro categorie premi in denaro da 1000 a 3000 euro. Il trofeo «Baia delle favole» andrà, invece, a un’opera particolarmente significativa nell’ambito della produzione per l’infanzia e un fine settimana per due persone a Sestri Levante sarà assegnato alla migliore favola in lingua straniera. La giuria - presieduta da David Bixio e che vede la presenza, tra gli altri, di Rosellina Archinto, Maarten Veeger, Carlo Alberto Bonadies e Antonio Bozzo- consegnerà, poi, un diploma ad alcuni scritti non premiati nelle categorie ufficiali, ma particolarmente meritevoli per contenuti e originalità.
Grande novità di questa edizione sarà il concorso «Scatti da favola», dedicato alle immagini fotografiche che i partecipanti realizzeranno ispirandosi a fiabe famose di Hans Christian Andersen come «La principessa sul pisello», «Il brutto anatroccolo», «La piccola fiammiferaia» o «I vestiti nuovi dell’imperatore» e che «leggeranno la realtà» catturata dallo scatto fotografico alla luce delle trame scelte.
Le più belle immagini saranno visibili sul sito del festival e quelle selezionate per essere premiate saranno pubblicate sul quotidiano genovese «Il Secolo XIX», media partner dell’iniziativa. «L’idea –spiegano gli organizzatori- è quella di dare spazio all’aspetto visivo delle favole che nei libri si esprime con le illustrazioni. Qui saranno le fotografie – oggi, grazie all’avvento del digitale, strumento alla portata di tutti - a rivisitare testi famosi della letteratura di genere e saranno i social network a favorire la diffusione di questo racconto per immagini, che permette di oltrepassare, con un linguaggio universale, le barriere nazionali».
Il concorso, le cui iscrizioni saranno aperte dal 1° marzo al 15 aprile, si avvarrà della collaborazione dell’associazione «Carpe Diem» di Sestri Levante. La partecipazione è aperta a tutti i fans della pagina Facebook Premio H. C. Andersen e ai follone su Twitter di @premioandersen, di qualsiasi nazionalità ed età. Fiabe in forma di parola e di immagine, dunque, in concorso per omaggiare il genio di Hans Christian Andersen.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sestri Levante, La baia del silenzio, sede dell'annuale Adersen Festival; [fig. 2] Un momento di una precedente edizione del Premio Andersen. Foto: Ilaria Bini; [fig. 3] Un'illustrazione sul libro  «La principessa sul pisello» di Hans Christian Andersen; [fig. 4] Un'illustrazione sul libro  «La piccola fiammiferia» di Hans Christian Andersen;

Informazioni utili 
 Premio Andersen - Baia delle favole. Quota di iscrizione: € 20,00 per la sola sezione «Adulti» da versarsi su c/c postale n. 12489167, intestato a Comune di Sestri Levante – Servizio Tesoreria. Data di consegna materiali: settore letterario, fino al 14 aprile 2014; settore fotografico, dal 1° marzo al 30 aprile 2014. Indirizzo per la consegna dei materiali (valido solo per la sezione letteraria: Giuria del Premio Hans Christian Andersen – Baia delle Favole – Sezione (indicare qui la categoria per la quale si concorre), Piazza Matteotti, 3 – 16039 Sestri Levante. Sito web: www.andersenpremio.it. Informazioni: Segreteria del concorso: informagiovani@comune.sestri-levante.ge.it e andersen@comune.sestri-levante.ge.it; tel. 0185.458490 (lunedì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-17.00; mercoledì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-17.00; venerdì, ore 9.00/13.00.

martedì 11 febbraio 2014

Un focus sui manoscritti miniati del Correr nel nuovo Bollettino dei Musei civici veneziani

Presenta un interessante focus sulla collezione dei manoscritti miniati appartenenti alla Biblioteca del museo Correr il nuovo bollettino della Fondazione civici musei di Venezia, a cura di Camillo Tonini e Cristina Crisafulli.
La pubblicazione, giunta all’ottavo numero della terza sezione, propone come di consueto una serie di interventi scientifici su argomenti storico-artistici legati alle collezioni veneziane, continuo oggetto di studio e indagine scientifica, oltre che tema centrale nelle strategie e nella programmazione della fondazione museale veneziana, presieduta da Walter Hartsarich e diretta da Gabriella Belli.
«Collezioni», «Studi e contributi» e «Attività» sono le tre sezioni in cui si suddivide il volume, edito da Skira/Musei civici veneziani (192 pagine, 137 illustrazioni, 81 a colori, € 29,00), e che si apre con un focus sulla recente mostra «Miniature dei Dogi. Venezia e veneziani, santi e virtù nelle Commissioni ducali del museo Correr» (dal 12 ottobre 2012 al 3 marzo 2013), nel quale Piero Lucchi, Helena K. Szépe, Gabriele Paglia, Ekaterina Zolotova e Sabine Engel presentano una serie di interventi sulla splendida collezione di più di seicento manoscritti miniati appartenenti alla Biblioteca del museo Correr e riuniti sotto il nome di «Commissioni dogali».
Questi rari documenti, sapientemente impreziositi da splendide miniature, dipinte a pennello con colori brillanti e oro, datati dal Trecento fino alla fine del Settecento, sono stati oggetto di un importante momento di esame e riflessione a seguito del completamento del catalogo scientifico dell’intera raccolta pubblicato on-line all’interno del progetto «Nuova biblioteca manoscritta», promosso e finanziato dalla Regione Veneto.
Nella sezione «Studi e contributi» si segnalano i primi tre interventi sulla prestigiosa collezione di opere appartenute un tempo alla famiglia Morosini, precedentemente collocata nel Palazzo seicentesco a Santo Stefano e ora in parte conservata presso il Museo correr. Qui le complicate vicende relative all’eredità della sua ultima discendente, Loredana Morosini Gatterburg (morta nel 1894), vengono ricomposte da Camillo Tonini ponendo un particolare accento al gruppo di strumenti musicali ottomani facenti parte del bottino di guerra del Peloponnesiaco.
Seguono due studi che ricostruiscono attraverso le opere e i documenti rintracciati presso le collezioni civiche la storia di due monumenti funebri: la cappella gentilizia degli Zane, già nella demolita Chiesa di San Stin a Venezia, a cura di Massimo Favilla e Ruggero Rugolo, e il monumento per Francesco Algarotti, eretto nel Camposanto di Pisa, analizzato da Diana Cristante.
Chiude la sezione un saggio di approfondimento di Silvio Fuso e Laura Poletto sulla XXIV Biennale di Venezia (1848), della quale la Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro conserva un gruppo importante di opere che sottolineano il ruolo propulsivo svolto da questo evento nell’ambito dell’arte italiana del dopoguerra.
La sezione dedicata alle «Attività» si concentra sull’importante opera di catalogazione degli archivi con due interventi: il primo testo, a cura di Luisa Servadei e Michela Tombel, analizza le carte della famiglia Correr di San Giovanni Decollato, comprendenti anche quelle importantissime riferite al fondatore del primo museo civico veneziano, mentre il secondo articolo, di Matteo Piccolo, conclude la pubblicazione del carteggio De Lisi Usigli a Ca’ Pesaro, avviata con il precedente numero del bollettino. Chiude l’opera, come di consueto, il resoconto annuale dell'intensa attività scientifica, d'esposizioni, di restauri e di offerta didattica dei Musei civici veneziani, redatto da Monica da Cortà Fumei e Claudia Calabresi.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] cover del Bollettino 2013; [fig. 2] Bottega di Alessandro Merli, foglio sciolto da una Commissione per un Contarini, ca. 1580 – 1610. Pergamena su tavola. Venezia, Biblioteca del Museo Correr; [fig. 3] Commissione del doge Francesco Morosini a Giampaolo Widmann eletto capitano di Vicenza, 1692-1694. Venezia, Biblioteca del Museo Correr 

Informazioni utili 
AA.VV., Bollettino dei Musei civici veneziani, III serie – 8.2013 (Le Commissioni ducali nelle collezioni dei Musei Civici Veneziani). Skira /Musei civici veneziani, Milano-Venezia 2013, 192 pagine, 137 illustrazioni, 81 a colori, € 29,00.

lunedì 10 febbraio 2014

Giorno del ricordo, sul porto di Rimini una «Biblioteca di pietra»

Ci sono il «Canzoniere» di Umberto Saba, il romanzo «Una vita» di Italo Svevo e «Il mio Carso» di Scipio Slataper tra le trenta opere letterarie scelte dall’Amministrazione comunale di Rimini per il progetto «Biblioteca di pietra», promosso in occasione del decimo anniversario del Giorno del ricordo, momento di riflessione istituito per legge il 30 marzo 2004 in memoria delle foibe, dell’esodo giuliano–dalmata, delle vicende del confine orientale.
Il nuovo lavoro scultoreo, collocato all’ingresso del porto (all'altezza del Rockisland), è opera di Vittorio D’Augusta (Fiume, 1937), artista riminese di origini istriane che ha fatto parte del gruppo «Nuovi Nuovi», teorizzato da Renato Barilli, e che, in passato, è stato anche direttore dell’Accademia di belle arti di Ravenna.
L’opera –racconta il sindaco Andrea Gnassi- è «frutto di un confronto tra persone con sensibilità e storie diverse: l'Unione degli istriani, l'Associazione amici e discendenti degli esuli giuliani-istriani-fiumani e dalmati, l'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, nonché l'Istituto storico della Resistenza, l'Anpi e il coordinamento delle associazioni combattentistiche e d'arma».
Non si tratta di un monumento, ma di un «segno commemorativo» proteso nel mare verso la costa istriana e dalmata, «nel cuore dell’Adriatico –afferma ancora il sindaco Gnassi- che lambisce quelle terre dove il Novecento ha picchiato con violenza ideologica e guerre».
Su targhe in ottone posizionate sopra i grandi massi del nuovo molo in pietra d’Istria della città di Rimini sono riprodotte le copertine o meglio i titoli e i nomi degli autori di trenta opere nelle quali è narrata quell'area geografica che ha visto la tragedia delle foibe o nelle quali viene interpretato l’umanità e il dolore dei tanti che si sentirono improvvisamente «stranieri indesiderati» nella propria terra, che vissero il dolore profondo per lo sradicamento dalle proprie case. Ci sono in mostra anche volumi che, fin dal primo Novecento, hanno anticipato, con la parola, ansie e complessità di quei luoghi di frontiera che, tra il 1943 e il 1947, videro abbattersi la furia dei partigiani jugoslavi di Tito.
I nomi e le opere di Giovanni Arpino, Enzo Bettiza e Carlo Sgorlon, ma anche, per citarne altri, di Claudio Magris, Pietro Luxardo e Fulvio Tomizza «compaiono - racconta l'ufficio stampa del Comune di Rimini- sui grandi blocchi di pietra che fiancheggiano il camminamento centrale della nuova diga che si innesta sul molo di levante dedicato a capitan Giulietti, in un luogo, come il porto, che è nel cuore e nell’immaginario dei riminesi, centro di affezione e di identità collettiva».
«Il ricorso alla letteratura per una simile ‘commemorazione’ -racconta Vittorio D’Augusta- toglie retorica e aggiunge sensibilità, ‘ampiezza di respiro’, un salutare vento di mare contro i residui di opposte ideologie che porta a guardare quei luoghi come patrimonio culturale comune, per un futuro europeo di concordia, pur non dimenticando, anzi ricercando, le scabrose verità del passato».
Su un semplice leggio musicale che si protende verso il mare, unico oggetto tridimensionale del percorso, la dedica a quegli uomini, a quelle donne e a quei bambini la cui unica colpa fu di «essere italiani due volte», come scrisse Indro Montanelli, «la prima per nascita, la seconda per scelta»: «questa scogliera come biblioteca di pietra, questi massi di pietra come libri, il Comune di Rimini dedica agli esuli istriani, fiumani, dalmati e alle vittime dei conflitti di confine e delle foibe ultima tragedia dell’alto adriatico, area plurale di lingue, tradizioni, genti diverse, sconvolta in passato da nazionalismi e scontri ideologici tornata oggi cuore d’Europa e mosaico di culture».

Informazioni utili 
Elenco dei narratori e delle relative opere: Giovanni Arpino - «Il fratello italiano»; Silvio Benco - «La corsa del tempo»; Enzo Bettiza - «Esilio»; Viktor Car Emin - «Cavaliere del mare»; Diego De Castro - «Memorie di un novantenne. Trieste e l’Istria»; Elsa Fonda - «La cresta sulla zampa»; Virgilio Giotti - «Colori»; Pier Antonio Quarantotti Gambini - «L’onda dell’incrociatore»; Ivan Goran Kovačić - «Jama»; Marko Kravos - «Quando la terra cresceva ancora»; Drago Jančar - «Aurora boreale»; Pietro Luxardo - «Dietro gli scogli di Zara»; Marisa Madieri - «Verde acqua»; Claudio Magris -«Un altro mare»; Laura Marchig – «Dall’oro allo zolfo»; Biagio Marin - «Elegie istriane»; Predag Matvejević - «Breviario Mediterraneo»; Carlo Michelstaedter - «Poesie»; Anna Maria Mori e Nerida Milani - «Bora»; Milan Rakovac - «Riva i druzi»; Alojz Rebula - «Notturno sull’Isonzo»; Paolo Rumiz - «Viaggio istriano»; Umberto Saba – «Canzoniere»; Giacomo Scotti - «Goli Otok»; Carlo Sgorlon - «La foiba grande»; Scipio Slataper - «Il mio Carso»; Giani Stuparich - «L’isola»; Italo Svevo - «Una vita»; Fulvio Tomizza - «Materada»; Diego Zandel - «Una storia istriana». 
Infoline: Assessorato al turismo – Comune di Rimini, Piazzale Fellini, 3 – Rimini, tel 0541.704587 o Ufficio informazioni turistiche (IAT) tel 0541.53399.

domenica 22 dicembre 2013

Roma, villa Torlonia ritrova il suo teatro

Ha conosciuto solo una volta, nella sua lunga vita, l’emozione del «Chi è di scena?» e gli applausi scroscianti del pubblico. Era il 6 maggio 1905 e, stando alle cronache e ai documenti del tempo, a conquistare la ribalta del palcoscenico furono il conte Antonio Pietromarchi e il marchese Sommi Picenardi con l’operetta «Il profilo di Agrippina», un vero e proprio evento mondano per l’aristocrazia romana del tempo, costato al principe Giovanni Torlonia Junior ben 17mila lire tra orchestra, ballerini, costumi, scenografie e bengala. Poi, per più di un secolo, l’elegante teatro di villa Torlonia, progettato nel 1841 dall’architetto Quintiliano Raimondi (Nerola, 1794-Roma, 1848) e decorato tra il 1842 e il 1845 da Costantino Brumidi (Roma, 1805- Washington, 1880), il «Michelangelo d’America» alla cui mano si devono anche gli affreschi del Campidoglio di Washington, ha conosciuto l’oblio.
A pochi giorni dal Natale, dopo un complesso lavoro di restauro e di adeguamento funzionale durato più di cinque anni e costato intorno ai 9milioni di euro, Roma Capitale restituisce alla fruizione dei suoi cittadini questo meraviglioso gioiello architettonico, di sua proprietà dal 1978 (come il resto della villa), trasformandolo in un museo da ammirare attraverso visite guidate e in un teatro da vivere attivamente grazie a residenze creative, spettacoli teatrali, laboratori per la formazione di giovani attori e incontri, promossi da Zetema Cultura, sotto la direzione di Emanuela Giordano, nell’ambito della rete romana Casa dei teatri e della drammaturgia contemporanea.
A segnare la storia costruttiva del teatro di casa Torlonia, uno tra i più interessanti esempi di architettura per la scena dell’Ottocento italiano, furono due matrimoni. I lavori iniziarono, infatti, nel 1840 per celebrare le nozze del principe Alessandro con Teresa Colonna e terminarono una trentina d’anni dopo, nel 1874, in occasione dello sposalizio della figlia, Annamaria, con Giulio Borghese.
Secondo il gusto eclettico del tempo, l’architetto Quintiliano Raimondi combinò nell’edificio, formato da tre spazi scenici (palcoscenico, platea e gallerie) e due appartamenti laterali per le pause degli spettacoli, diverse tipologie architettoniche. Il corpo centrale si distingue, infatti, per uno stile neoclassico e solenne che guarda alla grandiosità del Pantheon, mentre l’esedra del prospetto meridionale, composta da una serra in vetro e ghisa, si ispira a modelli prettamente nordici. Altre sale presentano, invece, chiari riferimento allo stile gotico e quello moresco o citano la pittura vascolare greca e quella pompeiana. Interessante si rivela, poi, la scelta di dotare il palcoscenico di un fondale apribile sul parco della villa, una scenografia, questa, da sogno per qualsiasi spettacolo.
Tutti gli ambienti sono completamente decorati con pitture a tempera e a olio, con fregi e statue in stucco e marmo e con mosaici pavimentali. Autore di gran parte delle opere pittoriche fu Costantino Brumidi, il cui lavoro spazia da motivi ornamentali a scene figurative articolate e complesse. Il pittore, ancora poco conosciuto nel nostro Paese, usò sfumature e cromie ricche e originali; delineò forme e figure delicate e sapienti che dimostrano una forte influenza della cultura classica, frutto dell’osservazione diretta delle opere di Raffaello e Michelangelo. Le opere scultoree portano, invece, la firma di vari artisti della scuola di Bertel Thorwaldsen, tra i quali Vincenzo Gaiassi e Pietro Galli.
Grazie ai lavori di restauro e di adeguamento funzionale, progettati dall’architetto Piercarlo Crachi, questa gloriosa tradizione antica convive ora con il moderno.
Il recupero filologico degli ambienti originari e degli apparati decorativi si è, infatti, sposato con un radicale aggiornamento degli apparati impiantistici e tecnologici. Tutti i lavori sono stati realizzati nel totale rispetto degli preesistenze, dal mantenimento di materiali e componenti per non alterare l’acustica alla ricerca del minimo impatto del progetto illuminotecnico, dal controllo di temperatura e umidità degli ambienti al parziale recupero del sistema di riscaldamento originario delle serre, sino alla ricostruzione degli apparati decorativi. Ora il piccolo «teatro delle meraviglie» di villa Torlonia,
poco meno di duecentocinquanta posti a sedere, aspetta il suo pubblico per ritornare a vivere. Le vacanze di Natale sono un'ottima occasione per una visita.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Esterno del teatro; [fig. 2] Decorazione parietale interna al palcoscenico;  [fig. 3] La sala del teatro; [fig. 4] Il fondale del palcoscenico; [fig. 5] Sala del foyer detta «Della guerra di Troia» [Immagini fornite da Zetema] 

Informazioni utili 
Teatro di Villa Torlonia, via Spallanzani, 5 – Roma. Visite guidate: sabato, domenica e giorni festivi, alle ore 11.30 e alle ore 16.30; giorni feriali (ad esclusione del lunedì), dalle ore 11.30; prenotazione obbligatoria al numero 060608; costo € 5,00. Informazioni: tel.060608. Sito web: www.casadeiteatri.roma.it.

sabato 21 dicembre 2013

Da San Pietroburgo a Torino: Raffaello in mostra a Palazzo Madama

C’è un soggetto che Raffaello Sanzio, nella sua breve e folgorante carriera, ha indagato più e più volte. Si tratta della Madonna con il Bambino, raffigurazione della quale esistono diverse variazioni sul tema, destinate a diventare modelli di riferimento per la devozione cristiana. Questa immagine è al centro anche della tela che il Museo statale Ermitage di San Pietroburgo ha prestato alla città di Torino in occasione del Natale: una «Sacra famiglia», dipinta probabilmente intorno al 1506, dopo l’arrivo del pittore a Firenze, e identificata con uno dei «quadri di Nostra Donna» che Giorgio Vasari segnala tra quelli realizzati per Guidobaldo da Montefeltro, il duca di Urbino.
L’opera, in mostra da sabato 21 dicembre a domenica 23 febbraio, giunge a Palazzo Madama, nella Torre Tesori al piano terra, grazie a uno scambio culturale: nello stesso periodo, un’altra grande tela del Rinascimento italiano -il «Ritratto d’uomo» di Antonello da Messina, di proprietà della Città di Torino- sarà, infatti, in Russia, per essere esposto nella Sala di Apollo all’Ermitage.
Rispetto all’ampio sfondo di paesaggio che domina negli esempi più noti e celebrati, Raffaello privilegia in questa tela un’imponente quinta architettonica: «la Vergine, idealizzata e con lo sguardo perso in meditazione, indossa -si legge nella presentazione- abiti classicheggianti. Un velo cangiante e un nastro rosso trattengono la sofisticata acconciatura con trecce. Giuseppe le fa da contraltare e incrocia lo sguardo con il Bambino: la sua espressione malinconica allude forse al futuro che attende Gesù. Questi, in grembo alla madre e nudo a simboleggiare che Cristo è vero uomo, sembra cercare protezione» dal cupo presagio sul suo futuro, aggrappandosi al seno della donna.
L’opera, le cui prime notizie risalgono al XVIII secolo, risente dell’influenza di Leonardo da Vinci nell’uso del colore e di quella Michelangelo nel dinamismo compositivo, ma l’artista seppe rielaborare i vari elementi appresi a Firenze inserendoli in un’opera inedita, la cui novità è riscontabile immediatamente nella scelta di dipingere Giuseppe privo della barba, quasi fosse un contemporaneo.
Dopo essere stata nelle collezioni del duca d'Angoulême e di Pierre Crozat, la «Sacra famiglia» di Raffaello arrivò in Russia nel 1772, per acquisto dell’imperatrice Caterina II e nel 1827 fu oggetto di restauro con il trasferimento della pittura dalla tavola alla tela.
Grazie a questo prestito temporaneo, Torino potrà così vedere uno dei capolavori del maestro urbinate, il cui perfetto equilibrio di forme, proporzioni, prospettiva e colori ha sempre sollecitato artisti e letterati, come ben testimonia un passo dello scrittore francese Honoré de Balzac: «ogni figura è un mondo, un ritratto il cui modello apparve in una visione sublime, intriso di luce, designato da una voce interiore, tracciato da un dito celeste».
Contemporaneamente, a Palazzo Madama sarà possibile ammirare una grande tavola inedita di Defendente Ferrari, uno dei più sottili e intriganti protagonisti della pittura rinascimentale in Piemonte: «L’Incoronazione della Vergine». L’opera, recentemente sottoposta a restauro, è databile al 1530, ossia all’ultima fase di attività dell’artista, e raffigura la Trinità, con Dio Padre, la colomba dello Spirito Santo, e Gesù che pone la corona sul capo della Vergine. Si tratta un’iconografia piuttosto rara, ma ciò che più colpisce è l'intensa gamma cromatica usata dal pittore: i verdi della veste e del manto del Cristo, il blu dedicato alla Madonna, il rosso brillante dell’Eterno dialogano con le ricche decorazioni in oro dello sfondo, dalle tonalità chiare.
Non si hanno purtroppo notizie sulla originaria destinazione di quest'opera di grandi dimensioni, che risulta proprietà di una prestigiosa e antica famiglia piemontese già nei primi decenni dell’Ottocento. È probabile che la tavola fosse l’elemento centrale di una grande macchina d’altare, smembrata con le soppressioni degli ordini religiosi di epoca napoleonica, e solo successivamente isolata come un dipinto adatto a un ambiente privato.
Grazie al restauro, «L’Incoronazione della Vergine» viene ora temporaneamente depositata presso il museo torinese per essere esposta al pubblico in dialogo con i diciassette dipinti di Defendente Ferrari già presenti nel percorso della Sala Acaia, tra cui la prima opera sicuramente datata del pittore: la «Natività notturna» del 1510.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Raffaello Sanzio, «Sacra Famiglia», 1506-1507 circa. Olio e tempera su tela, 72,5 x 56,5 cm. San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage; [figg. 2 e 3] Defendente Ferrari, «L’Incoronazione della Vergine», 1530 circa. Collezione privata.  

Informazioni utili 

«Sacra famiglia» di Raffaello. Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello -  Torino. Orari: martedì-sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 10,00; ridotto € 8,00; gratuito ragazzi minori di 18 anni. Informazioni: tel.011.4433501. Sito web: www.palazzomadamatorino.it. Da sabato 21 dicembre 2013 a domenica 23 febbraio 2014.