ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 31 marzo 2014

Palazzo Madama diventa un’aula di tribunale. Alla sbarra la pittrice Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi ritorna alla sbarra. Accade a Torino, nella Sala del Senato di Palazzo Madama, dove mercoledì 2 aprile si rivivrà il celebre processo che vide protagonista, nel Cinquecento, la pittrice romana, nota per aver contribuito alla diffusione del caravaggismo nella città di Napoli e per essere stata vittima di uno stupro da parte di Agostino Tassi, amico e collega pittore del padre Orazio.
L’appuntamento, in programma dalle ore 21, è inserito nel format «Personaggi e protagonisti: incontri con la storia» di Elisa Greco che, in passato, ha visto al banco dei testimoni anche Winston Churchill, Margaret Thatcher e Tony Blair, interpretati da professionisti provenienti dal mondo giuridico, politico e intellettuale come l’onorevole Paolo Gentiloni e il dirigente d’azienda Chicco Testa.
A far rivivere Artemisia Gentileschi e la sua dolorosa vicenda processuale, una tra le più seguite causes célèbres dell'epoca, sarà Giovanna Milella, giornalista Rai e per cinque edizioni segretario generale del Prix Italia; mentre il presidente della Corte sarà interpretato da Franco Debenedetti, editorialista e politico italiano. L’accusa verrà sostenuta dal pubblico ministero Stefano Dambruoso, magistrato, membro della Commissione Giustizia e Questore della Camera dei Deputati, con il collegio di Difesa composto da Giovanni Monchiero, componente della Commissione permanente Affari sociali della Camera dei Deputati, e da Anna Simioni, talent leader di Ernest&Young. Testimone di difesa sarà, invece, suor Giuliana Galli, membro del Consiglio di amministrazione della Compagnia di San Paolo. Al termine del dibattimento (che non prevede un copione prestabilito), il pubblico esprimerà, con una propria votazione, il verdetto finale reso noto dal Presidente della Corte.
«Protagonista del processo -racconta Elisa Greco- sarà un'Artemisia non solo artista, ma figlia e donna, che con la sua arte è riuscita a superare i suoi tempi». La Gentileschi è, infatti, non solo un’apprezzata interprete della prima espressione pittorica «di genere», ma anche un’eroina del femminismo moderno. Di lei si ricordano tele di grande richiamo come «Susanna e i vecchioni», «Autoritratto come allegoria della pittura» o «Giuditta che decapita Oloferne», che la fecero definire da Roberto Longhi, in un articolo del 1916, «l'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura e colore, e impasto, e simili essenzialità». Ma la pittrice romana è anche un’artista che è stata capace di affermarsi in un mondo, fino ad allora (e ancora per molto tempo), totalmente maschile. Merito, questo, della raffinata pittura e del forte carattere, grazie al quale la Gentileschi sopportò anche le tortuosità burocratiche e le tante calunnie che animarono il processo ad Agostino Tassi.
Occasione per ripercorrere la storia dell’autrice seicentesca è una delle mostre attualmente in corso a Palazzo Madama, dove è esposta la «Santa Caterina» degli Uffizi, una tela datata 1620, in dialogo con due opere di Orazio Gentileschi: il «San Gerolamo» (che ebbe come soggetto Pietro Molli) e una «Santa Caterina» già attribuita a Bassante e proveniente dalla collezione Einaudi.
Il lavoro di Artemisia Gentileschi, usualmente conservato nel museo fiorentino, potrebbe essere un autoritratto, o anche raffigurare Maria Maddalena d’Austria, moglie del duca Cosimo II de Medici. La donna dipinta indossa una ricca veste di velluto e una corona tempestata di gemme, a ricordare le sue nobili origini ed è raffigurata in un atteggiamento contemplativo. La mano sinistra è appoggiata sulla ruota dentata, uno degli strumenti con cui l'artista fu torturata durante il processo. La destra regge la palma simbolo del martirio. Il risultato è una figura di forte presenza fisica, che si staglia dal fondo scuro come affacciandosi sulla ribalta di un palcoscenico.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Artemisia Gentileschi, «Autoritratto come allegoria della Pittura», 1638-39, Royal Collection, Windsor; [fig. 2] Artemisia Gentileschi, «Santa Caterina», 1620 circa, Uffizi, Firenze

Informazioni utili 
Il processo di Artemisia Gentileschi. Palazzo Madama – Sala di Palazzo Madama, piazza Castello – Torino. Quando: mercoledì 2 aprile 2014, ore 21. Ingresso: € 30,00. Informazioni e prenotazioni: tel. 011.5211788 , e-mail prenotazioniftm@arteintorino.com

Artemisia Gentileschi. La Santa Caterina degli Uffizi. Palazzo Madama, piazza Castello – Torino. Orari: martedì-sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì (a biglietteria chiude un'ora prima). Ingresso (valido per la visita a tutte le collezioni di Palazzo Madama): intero € 10,00, ridotto € 8,00, libero per tutti il primo martedì del mese (se feriale). Informazioni: tel. 011.4433501. Sito web: www.palazzomadamatorino.it. Fino al 3 giugno 2014.

venerdì 28 marzo 2014

«Jessica and Me», un racconto autobiografico a passo di danza. In scena Cristina Morganti

Il debutto è previsto per il prossimo ottobre al Cavallerizza di Reggio Emilia, nell'ambito del «Festival Aperto» promosso dalla fondazione «I Teatri». Le prime date della tournée italiana saranno, in dicembre, a Piacenza e Rimini. Ma Cristiana Morganti, storica danzatrice del «Tanztheather Wuppertal Pina Bausch», ha già pronta la sua nuova creazione e ha deciso di presentarla in anteprima assoluta a Pistoia. Le date da segnarsi in agenda sono quelle di venerdì 4 e sabato 5 aprile, quando il Centro culturale «Il Funaro» farà da scenario allo spettacolo «Jessica and Me», che vede la collaborazione artistica di Gloria Paris, la consulenza musicale di Kenji Takagi, video ad opera di Connie Prantera e disegno luci a cura di Laurent P. Berger.
Dopo il successo di «Moving with Pina», l’omaggio alla Bausch ideato nel 2010 e presentato anche nell’ambito della Biennale Danza di Venezia, Cristina Morganti si confronta ancora una volta con il delicato tema della memoria, delle radici e delle eredità.
Come gestire l’influenza artistica di un grande maestro? Come non cedere alla consuetudine di una certa estetica? Come rielaborare un passato di studi di danza classica lavorando al Wuppertal? Queste sono le tre domande che stanno alla base del nuovo lavoro dell’artista, solista della compagnia tedesca dal 1993 e interprete in spettacoli come «Masurca Fogo» e «Bamboo Blues», che ha voluto con questa creazione ripercorrere il proprio lungo e straordinario cammino professionale con l’intento di comprendere meglio il viaggio percorso e di ripartire carica di nuovi stimoli verso il futuro.
Quella di Cristina Morganti è una storia che ha inizio con il diploma in danza classica all’Accademia nazionale di Roma e con quello in danza contemporanea alla Folkwang Hochschule di Essen e che è, poi, continuata attraverso prestigiose collaborazioni con Susanne Linke, Urs Dietrich, Joachim Schlömer e Felix Ruckert. La ballerina, vincitrice del «Premio Positano per la danza Leonide Massine» nel 2011, vanta, inoltre, una cattedra al Conservatoire Nationale Superieure de Paris e la partecipazione ai film «Parla con lei» di Pedro Almodovar e «Pina» di Wim Wenders.
«Avevo bisogno di buttare uno sguardo indietro per potermi proiettare in avanti» - ha affermato Cristiana Morganti, parlando di questa sua nuova creazione - «lavoro a Wuppertal da vent’anni e vivo in Germania da quasi trenta. Fondamentalmente volevo capire chi sono diventata nel frattempo».
Non tutti -va detto- hanno la fortuna di incontrare un maestro come Pina Bausch. La maggior parte delle persone lamenta la loro mancanza. Ma tutti conoscono la complessità della gestione di un passato «ingombrante». Quasi sempre vale la pena tenerne molti pezzi per il viaggio futuro, anche se, per trovare la propria originale identità, è necessario un superamento. Ed è questo quello che fa Cristina Morganti con «Jessica and Me», riflessione ironica, poetica e spiazzante a passo di danza, che si sviluppa in un continuo infrangere i limiti di cosa è dentro e cosa è fuori lo spettacolo. Un assolo, dunque, di grande impatto visivo ed emotivo quello proposto dall’artista, che ha preso come spunto la frase di un autore anonimo: «All’ombra di un grande albero non cresce mai nulla». Sarà vero? Guardando la carriera di Cristina Morganti, allieva dell'insuperabile Pina Bausch, si direbbe proprio di no.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Cristina Morganti. Foto di Antonella Carrara. 

Informazioni utili
«Jessica and Me», con Cristina Morganti. Il Funaro, via del Funaro, 16/18 – Pistoia. Informazioni: tel. 0573.977225 o tel 0573.976853; info@ilfunaro.org. Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 18,00. Sito internet: www.ilfunaro.org. Venerdì 4 e sabato 5 aprile 2014, ore 20.45. 

giovedì 27 marzo 2014

«Cantando sotto la pioggia», in scena tutta la magia di Broadway

«Due ore di gioia contagiosa e di musica famosissima», con «gag divertenti, momenti di profondo sentimento e una forte originalità»: così la compagnia «Corrado Abbati» presenta il musical «Cantando sotto la pioggia», prodotto da «Inscena» in esclusiva italiana per la stagione 2013/2014 (tra le prossime piazze ospitanti Busto Arsizio e Reggio Emilia) e la cui tournée, visto il grande successo di pubblico che lo spettacolo sta riscuotendo, proseguirà anche il prossimo anno su tutto il territorio nazionale.
L’allestimento, per la regia dello stesso Corrado Abbati e con le indimenticabili musiche di Nacio Herb Brown e le liriche di Arthur Freed, si avvale della collaborazione della londinese «Up Stage Designs» e dei suoi scenografi Phil R. Daniels e Charles Cusick Smith, autori di un’inedita messa in scena multimediale che avrà per filo conduttore l’ambientazione cinematografica e che ha visto all’opera, nella realizzazione, Giorgio Cassinadri. Le coreografie sono firmate da Giada Bardelli, mentre la direzione musicale è affidata a Maria Galantino. Sul palco, accanto a Corrado Abbati, saliranno Dario Donda, Cristina Calisi, Davide Cervato, Marta Calandrino, Antonella Degasperi, Carlo Monopoli, Fabrizio Macciantelli, Francesca Dulio, Francesca Araldi, Matteo Catalini, Lucia Antinori, Marco Gabrielli ed Elisa Mazzoli.
Giudicato dalla critica come «il più grande e il più amato di tutti i musical sul grande schermo» e diventato il titolo-simbolo del teatro musicale americano,
«Cantando sotto la pioggia» è la rivisitazione del celebre spettacolo di Broadway, reso famoso dall’omonimo film del 1952, diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, che aveva tra i suoi interpreti lo stesso Gene Kelly, Debbie Reynolds e Donald O’Connor.
La storia è ambientata nell'elegante e affascinante mondo di Hollywood, quando il cinema passava al sonoro. L’attore Don Lockwood, acclamata stella del muto, non sopporta la sua partner sullo schermo, la bionda e svampita Lina Lamont. Il successo dei primi film sonori costringe il loro produttore a trasformare l’ultima pellicola interpretata dalla coppia, «Il cavaliere spadaccino», in un lungometraggio parlato, ma l’idea si rivela impraticabile a causa dell’insopportabile voce gracchiante della primattrice. Dopo uno screen test fallimentare, il ballerino Cosmo Brown, miglior amico di Don, suggerisce di trasformare la pellicola in musical, facendo doppiare Lina dalla giovane attrice e cantante Kathy Selden, di cui Don si è nel frattempo innamorato. Scoperto l’inganno, Lina tenta di sabotare la storia d’amore tra i due e il futuro di Kathy nel cinema, ma non ci riesce. Finisce, anzi, per far scoprire a tutti il suo inganno.
Tra le canzoni note che il pubblico potrà ascoltare in versione italiana: «You Are My Lucky Star», «Good Morning» e «Singin’in the Rain», nella quale il personaggio principale, Don Lockwood, nel pieno della felicità di un uomo che ha trovato l’amore, sente che «il sole splende nel suo cuore» e, chiudendo l’ombrello, inizia a cantare e ballare sotto la pioggia scrosciante. Un momento, questo, di gioia contagiosa per una sera a teatro che farà rivivere al pubblico tutta la magia scintillante di Broadway.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3 e 4] Una scena del musical «Cantando sotto la pioggia», per la regia di Corrado Abbati

Informazioni utili 
«Cantando sotto la pioggia», musiche di Nacio Herb Brown; liriche di Arthur Freed; adattamento italiano e regia di Corrado Abbati; coreografie di Giada Bardelli; direzione musicale di Maria Galantino; allestimento di Charles Cusick Smith & Phil R. Daniels (Up-Stage Designs, Londra); scenografo realizzatore: Giorgio Cassinadri; con Dario Donda, Cristina Calisi, Davide Cervato, Marta Calandrino, Antonella Degasperi, Carlo Monopoli, Fabrizio Macciantelli, Francesca Dulio, Francesca Araldi, Matteo Catalini, Lucia Antinori, Marco Gabrielli ed Elisa Mazzoli; produzione: Inscena Compagnia Corrado Abbati, con Up-Stage Designs. Musical. Informazioni: INscena srl - produzione spettacoli, via Galgana, 6 - 42121 Reggio Emilia, tel. 0522.455193, sito internet: www.inscena.it

mercoledì 26 marzo 2014

Miart 2014, tre notti di «Cine Dreams» al Civico Planetario «Ulrico Hoepli»

È tutto pronto a Milano per la diciannovesima edizione di MiArt, la fiera d’arte moderna e contemporanea, curata da Vincenzo De Bellis, che da venerdì 28 a domenica 30 marzo animerà gli spazi di Fieramilanocity. Centoquarantotto gallerie, di cui sessanta straniere in rappresentanza di venti Paesi del mondo, saranno in mostra per tre giorni al Padiglione 3; tra di loro ci sono delle eccellenze come la Lisson Gallery di Londra, la Massimo Minini di Brescia e la Continua di San Gimignano, Beijing e Le Moulin, ma anche delle realtà emergenti, da tenere sott’occhio, come la Freedman Fitzpatrick di Los Angeles o la Mathew di Berlino.
Quattro le sezioni in cui si articola questa edizione: Established, suddivisa al suo interno in Master e Contemporary, presenta una selezione delle più importanti realtà d’arte moderna e contemporanea di tutto il mondo; Emergent mette in mostra venti gallerie d’avanguardia focalizzate sulla ricerca dei next to be del panorama artistico internazionale; THENnow propone diciotto dialoghi tra un artista storicizzato e uno appartenente a una generazione più recente; Object è, invece, interamente dedicata alle gallerie di design. In mostra ci sarà, poi, anche una piattaforma, soprannominata Conflux, all’interno della quale saranno proposti cinque progetti site-specific di artisti contemporanei internazionali, rappresentati da importanti gallerie provenienti da America Latina, Medio Oriente, Stati Uniti ed Europa.
Non mancheranno, inoltre, le consuete Miartalks: conversazioni, incontri e interviste, realizzate in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand, che coinvolgeranno trentotto personaggi internazionali, tra artisti, designer, direttori di museo, critici, curatori e collezionisti.
Tra i progetti più interessanti di questa edizione di MiArt spicca «Cine Dreams», un piccolo festival nato dalla collaborazione tra la Fiera di Milano e la Fondazione Nicola Trussardi, con l’appoggio dell’Assessorato comunale alla Cultura, che porterà l’arte e il cinema nell’eccezionale cornice del Civico Planetario «Ulrico Hoepli», capolavoro architettonico in stile neoclassico progettato da Piero Portaluppi alla fine degli anni Venti e donato alla città nel 1929, che si trova ai margini dei giardini pubblici «Indro Montanelli», verso Porta Venezia.
Per tre sere installazioni, proiezioni multimediali, interventi sonori e video di Stan VanDerBeek, Jeronimo Voss e Katie Paterson -tre artisti selezionati dai curatori Massimiliano Gioni e Vincenzo De Bellis- racconteranno storie di costellazioni e di universi. Un modo nuovo, questo, per vivere uno spazio votato alla scienza che, dalla sua apertura, è stato visitato da oltre cinque milioni di persone e la cui tecnologia d’avanguardia permette di proiettare sull’ampia cupola, del diametro di quasi venti metri, l’intera volta stellata.
Ad aprile il cartellone di eventi, tutti a ingresso gratuito, sarà la proiezione dell’opera che dà il titolo alla rassegna, «Cine Dreams: Future Cinema of The Mind», dell'americano Stan VanDerBeek (New York, 1927 – Baltimora, 1984), famoso fin dagli inizi della sua carriera per la ricerca pionieristica nel cinema e nell'animazione sperimentale, che lo portò a essere uno dei primi artisti invitati a insegnare al Mit (Massachussets Institute of Technology) nel suo celebre programma di integrazione tra arte e tecnologia.
L’opera, presentata per la prima volta nel 1972 al Strassenburgh Planetarium di Rochester (nello Stato di New York), consiste nella proiezione simultanea di ventuno film sulla volta del planetario, sulla quale scorreranno anche proiezioni della calotta celeste. Il risultato è un’esplosione di forme, suoni e colori, che mescola scienza e psichedelia, spettacolo e critica della società delle immagini.
Il progetto, riproposto nella sua versione originale, durerà in tutto otto ore e si terrà venerdì 28 marzo, dalle 22 alle 6 del mattino successivo. Gli spettatori sono invitati a portare cuscini e coperte e a passare la notte sotto la cupola del planetario; si potrà, come nella presentazione originale, sonnecchiare, guardare i film in dormiveglia o a occhi chiusi, sperimentando lo stato individuale e inconscio del sogno in un contesto collettivo e di gruppo.
Sarà, poi, la volta di Jeronimo Voss (Hamm, Germania, 1981), artista tedesco che nelle sue installazioni manipola materiale storico e scientifico per dare vita a nuove storie di costellazioni e universi paralleli. Dopo la presentazione al MMK di Francoforte e ai planetari di Kassel e di Berlino, l'opera «Eternity through The Stars» -il cui titolo è ispirato all’omonimo saggio del 1872 del francese Louis-Auguste Blanqui sulla possibilità dell'esistenza di dimensioni parallele infinite- farà la sua prima apparizione in Italia in occasione di «Cine Dreams». Il lavoro filmico, visibile nella serata di sabato 29 marzo (dalle 22 alle 24), consiste nella proiezione sulla volta del planetario di immagini tratte da antiche diapositive astronomiche raffiguranti rivoluzioni di pianeti e viaggi di comete nel sistema solare.
A chiudere il programma sarà, invece, Katie Paterson (Glasgow, 1981), il cui lavoro indaga i grandi temi che da secoli affascinano l’arte e la connettono alla scienza, spaziando in modo poetico e sorprendente dalla natura all’ecologia, dalla geologia alla cosmologia. Per l’evento milanese l’artista scozzese realizzerà una nuova performance ispirata al lavoro «Earth-Moon-Earth», nella quale le note della «Sonata al chiaro di luna» di Ludwig van Beethoven sono state trasmesse sulla superficie lunare sotto forma di onde radio e, una volta ritornate sulla terra, sono state tradotte in suoni e silenzi da un pianoforte automatico. La nuova versione del «Sonata», accompagnata dalla proiezione sulla volta del planetario di ventisettemila stelle morte, sarà eseguita dal vivo nella serata di domenica 30 marzo, a chiusura di «Cine Dreams». Non aspettatevi la solita musica. Sarà una partitura nuova e strana, frutto dei  magici legami tra arte e scienza. Ascoltare per credere.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Jeronimo Voss, Eternity through the Stars, 2012. Planetarium, Orangerie, Kassel. Photo: Anders Sune Berg. Courtesy the artist & d(13); [figg. 3 e 4]   Stan VanDerBeek, Movie-Drome interior, Stony Point, New York, 1965 | © Estate of Peter Moore / VAGA, New York | Photo: Peter Moore

Informazioni utili
MiArt 2014. Fieramilanocity - Gate 5, pad. 3, ingresso viale Scarampo - Milano. Orari: venerdì e sabato, ore 12.00-19.00; domenica, ore 11.00-19.00. Ingresso: intero € 15,00, ridotto € 10,00. Informazioni: tel. +39.02.49971 o miart@fieramilano.it. Sito internet: www.miart.it. Da giovedì 27 (inaugurazione ad inviti alle ore 18) a domenica 30 marzo 2014. «Cine Dreams. Civico Planetario Ulrico Hoepli, corso Venezia 57 - Milano.  

«Cine Dreams». Civico Planetario Ulrico Hoepli, corso Venezia, 57 – Milano. Programma delle serate: venerdì 28 marzo, dalle 22.00 alle 6.00 - Stan VanDerBeek: «Cine Dreams: Future Cinema of The Mind»; sabato 29 marzo, dalle 22.00 alle 24.00 - Jeronimo Voss: «Eternity through the Stars»; domenica 30 marzo, dalle 22.00 alle 24.00 - Katie Paterson: «Earth-Moon-Earth». Ingresso libero. Informazioni: Fondazione Nicola Trussardi, tel. +39.02.8068821 o info@fondazionenicolatrussardi.com. Sito internet: www.fondazionenicolatrussardi.com. Da venerdì 28 a domenica 30 marzo 2014. 

martedì 25 marzo 2014

«Chapeau, madame!»: ottanta cappelli per raccontare cinquant’anni di stile

Non chiamatelo semplicemente accessorio. È un termine troppo riduttivo per un capo d’abbigliamento capace di regalare eleganza, stile e fascino. Lo dimostra chiaramente il percorso espositivo «Chapeau, madame!», ideato dalla Fondazione Torino Musei per la Sala dei tessuti di Palazzo Madama, dove sono attualmente allineati ottanta cappelli che raccontano il gusto e lo stile della moda femminile nella città sabauda tra il 1920 e il 1970.
L’intera raccolta, in mostra fino al 1° marzo 2015 al secondo piano del monumentale edificio di piazza Castello, proviene dal liceo artistico musicale «Passoni» di Torino ed è frutto di varie donazioni cittadine.
Dalle cloches degli anni Venti ai volumi alla Schiaparelli degli anni Trenta, dai baschi alla Greta Garbo ai cappelli a larga tesa della fine degli anni Settanta, senza dimenticare la deliziose calotte fiorite o le stravaganti bombette di piume degli anni Cinquanta: la carrellata delle fogge più amate dalle signore torinesi nell’arco di cinquant’anni regala ai visitatori uno straordinario viaggio nella storia del costume novecentesco, l’epoca d’oro del cappello.
Usato già nel tardo Medioevo dai ceti più abbienti, il copricapo diventa, infatti, un vero e proprio must-have agli inizi del secolo scorso, quando donne di ogni classe sociale fanno a gara per avere il modello più raffinato e à la page nel proprio armadio. Torino è, allora, la capitale della moda italiana e le signore che vivono all’ombra della Mole, aggiornate sulle ultime tendenze sartoriali della vicina Francia, sono simbolo di un’eleganza discreta da imitare. Alcune di loro si servono da couvre-chefs di famose sartorie parigine come la Maison Lewis, in rue Royale, o come l’atelier di Caroline Reboux, designer nota anche per aver abbigliato il capo dell’imperatrice Eugenia. Altre fanno acquisti da modisterie di alto livello come Vassallo e David, e altre ancora rivolgono la propria attenzione alle creazioni di sartine semisconosciute, ma abilissime nell’interpretare il gusto dei propri clienti come Giuditta Brasseur, ragazzina orfana che apprese l'arte del taglio e del cucito nel Collegio Figlie dei Militari, o come Angela Gallia, che iniziò la propria attività di cappelleria nel 1904 con il marito Filippo.
Anche nei decenni successivi, modisterie eccellenti, quali Cerrato, Maria Volpi, Gina Faloppa, Chiusano e Rigo, mantengono un rapporto privilegiato con la capitale francese e propongono, accanto alle proprie creazioni, modelli originali o copie su licenza di maison come Pierre Balmain, Christian Dior, Jean Barthet e Claude Saint Cyr.
Lungo il percorso espositivo si trovano così cappelli capaci di affascinare ogni donna per l’eleganza delle linee essenziali, per l’eccentricità della fattura o per la vivacità coloristica dei tessuti. Si spazia, infatti, dalla raffinata cloche in feltro rosa della parigina Maria Guy ai bellissimi ballon di pelliccia degli anni Sessanta, da modelli realizzati con materiali poveri in tempo di guerra a capricapo stravaganti come quelli in piume di Maria Volpi e quello in petali di Diorval.
Insieme alla mostra, Palazzo Madama lancia anche il progetto «Storie di moda», mirato all’indagine sulle sartorie, le modisterie e le calzolerie torinesi attive tra il 1860 e il 1960. Il museo chiederà l’aiuto e la collaborazione del suo pubblico per censire e raccogliere documentazione e testimonianze su attività che hanno rappresentato un’eccellenza della creatività e dell’industria torinese. L’obiettivo è quello di creare un nuovo archivio di comunità che verrà reso disponibile sulle piattaforme web di Palazzo Madama. Un modo, questo, per ritrovare momenti importanti della storia cittadina e per condividerli con le nuove generazioni vicine e lontane.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cappello Diorval, Torino, 1960-65; [fig. 2]Cappello di piume Maria Ennas, Torino, 1965 ca; [Fig. 3] Cappello di piume Maria Volpi, Torino, 1955-60

Informazioni utili 
«Chapeau, madame!». Palazzo Madama – Museo civico d’arte antica, piazza Castello – Torino. Orari: martedì – sabato, ore 10.00-18.00; domenica, ore 10.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito fino a 18 anni e abbonati Musei Torino Piemonte. Visite guidate: 30 marzo - 6 aprile - 4 maggio - 1 giugno, ore 17.00 - € 4,00. Informazioni e prenotazioni: tel. 011.5211788 o tel. 800.329329. Dal 25 marzo 2014 al 1° marzo 2015.