ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 14 novembre 2014

«Imaginarium», a Genova per mostre per viaggiare con le ali della fantasia

Le immagini della fantasia trovano casa, ancora una volta, al museo Luzzati di Genova. Lo spazio espositivo di Porta Siberia propone, infatti, «Imaginarium», una mostra una e trina che comprende le esposizioni «Pinocchio Biennale 2014», «Burning Water» e «Temporary Artshop». Comune denominatore delle tre rassegne, visitabili fino al prossimo 25 gennaio, è la possibilità di portarsi via un po’ del mondo che fa capo al museo, dove immaginazione, fantasia e colore sono da sempre di casa. Tutto quello che è esposto è, infatti, in vendita, a partire dalle opere dedicate a Pinocchio per giungere alle proposte del «Temporary Artshop», vetrina espositiva che ogni Natale permette agli amanti dell’illustrazione di acquistare idee-regalo che coniugano qualità, fantasia e valore come, per esempio, serigrafie, stampe d’arte, grafiche con opere di Emanuele Luzzati, Flavio Costantini, Quentin Blake, Silver, Nicoletta Costa e Altan.
La prima delle tre mostre in programma, «Biennale Pinocchio 2014», continua il percorso iniziato nel 2012 e dedicato alla figura del burattino italiano più celebre e amato nel mondo. L’idea era nata nel 2011 da un incontro con il pittore Flavio Costantini, allora presidente del Museo internazionale Luzzati. L’edizione del 2012 accolse, tra l’altro, le opere di Baj, Dine, Dalisi, Fiorato, Grondona, Innocenti, Jacovitti, Luzzati, Nespolo, Paladino e Topor; fu corredata da un corposo catalogo e ricevette importanti riconoscimenti come il premio di rappresentanza della Presidenza della Repubblica.
Mentre la nuova edizione presenta sculture di Vincent Maillard e Piergiorgio Colombara, con una serie di tavole a collage firmate da Fabio de Poli per un libro su testo di Andrea Rauch.
A queste opere vanno affiancati i lavori vincitori dei premi messi in palio nel 2012 da Latte Tigullio e Faber-Castell. Si trovano così in mostra trentadue nuovi illustratori, autori di tavole realizzate con le tecniche più varie. Ecco così il Pinocchio a forma di pallone aerostatico di Francesca Di Martino o il burattino sognante di Laura Desirèe Pozzi o, ancora, la poetica illustrazione «Radici» di Michela Costantin.
«Burning Water» è, invece, la sezione di «Imaginarium» in cui vengono esposti i lavori dell’omonimo concorso organizzato nel 2013 da « AnoMali Festival», in collaborazione con l’associazione culturale «Campo di carte» e la libreria «Cibrario» di Acqui Terme. Il tema analizzato lo scorso anno dalla competizione artistica era «Acqua che brucia», un ossimoro di particolare suggestione che viene rivisitato ora a Genova attraverso una cinquantina illustrazioni provenienti da tutto il mondo, Giappone compreso, come documentano i lavori di Kumiko Matsumoto.
Mentre nel «Temporary Artshop» si potrà trovare una vasta scelta di idee-regalo come sagome in legno dipinte a mano dagli allievi del maestro Emanuele Luzzati, grandi riproduzioni su tela o microforato, oggetti d’arredo e parti di scenografie.

«Imaginarium» propone, poi, tre incontri per i bambini, nelle giornate del 16 e del 30 novembre e del 7 dicembre. Un’occasione, questa, per avvicinare i più piccoli all’arte costruendo sculture in terracotta o inventando storie, in compagnia di Piergiorgio Colombara, Vincent Maillard e Fabio De Paoli.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sagome di un Pulcinella di Emanuele Luzzati; [fig. 2] Vincent Maillard, «Balena», scultura in terracotta; [fig. 3] Michela Costantin, «Radici» 

Informazioni utili 
«Imaginarium». Museo Luzzati a Porta Siberia,  Area Porto Antico, 6 - Genova. Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-18.00; sabato e domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: gratuito. Laboratori didattici: € 5,00. Informazioni: tel. 010.2530328 o info@museoluzzati.it. Sito web: www.museoluzzati.it. Fino al 25 gennaio 2015. 

giovedì 13 novembre 2014

Louis Michel van Loo e Giovanni Battista Quadrone, a Torino un percorso tra ritrattistica e pittura di genere ottocentesca

Fu uno dei più famosi e richiesti ritrattisti del XVIII secolo, tanto da lavorare alla corte spagnola di Filippo V e a quella francese di Luigi XV. Stiamo parlando di Louis Michel van Loo (Tolone, 1701 – Parigi, 1771), discendente di una dinastia di artisti originaria dell’Olanda, che operò tra il Seicento e il Settecento a Parigi, Torino, Madrid e Berlino. Alla sua mano si devono i ritratti dei quattro figli piccoli di Carlo Emanuele III di Savoia: Vittorio Amedeo, Maria Luisa Gabriella, Maria Felicita Vittoria ed Eleonora Maria Teresa.
Il pittore realizzò questi quattro quadri, pagatigli il 4 gennaio 1734, poco prima di ritornare in Francia, al termine del suo secondo soggiorno italiano, che lo vide nel 1733 a Torino in compagnia dello zio Charles-André; tre anni prima Louis Michel van Loo era, invece, stato a Roma, ospite all’Accademia di Francia, per studiare la pittura rinascimentale e la scultura antica, dando prova delle sue potenzialità in una serie di ritratti raffiguranti gli allievi dell’istituzione francese.
Dei quattro ritratti sabaudi si perse ben presto memoria, al punto che per molto tempo si è pensato fossero andati perduti. Almeno fino a una recente asta, quando dei quattro documentati ne sono stati presentati tre. Di questi la Fondazione Accorsi-Ometto di Torino se ne è aggiudicato uno, quello raffigurante Maria Luisa Gabriella, e, grazie alla disponibilità degli altri proprietari, il quadro viene ora esposto insieme a quelli raffiguranti le due sorelle, Maria Felicita Vittoria ed Eleonora Maria Teresa.
Si tratta di tre opere straordinarie, cariche di fascino che rivelano pienamente le capacità dell’artista nella levigata stesura degli incarnati, nella salda qualità della composizione e nella perfetta resa dei tessuti, nell’uso costante di colori luminosi e ben sfumati. Per eseguire i dipinti, van Loo attinse ai modelli della grande ritrattistica francese, da Hyacinthe Rigaud a Nicolas Largille. Pur indulgendo su una rappresentazione ufficiale delle fanciulle, eredi di un’importante dinastia europea, il pitture scelse di raffigurarle con estrema modernità e con una vena quasi intimista, cogliendole ognuna in un’azione diversa.
Questi ritratti ebbero un peso notevole nella codificazione delle immagini infantili all’interno della corte sabauda e garantirono all’artista un rapporto privilegiato con i Savoia. Un rapporto, questo, testimoniato dallo splendido ritratto che il pittore fece a Madrid nel 1750 della principessa Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, andata in sposa quello stesso anno a Vittorio Amedeo III principe di Piemonte.
In contemporanea, alla Fondazione Accorsi Ometto di Torino è allestita la mostra «Giovanni Battista Quadrone. Un iperrealista nella pittura piemontese dell’Ottocento», curata dal professore Giuseppe Luigi Marini e organizzata in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio.
Il percorso espositivo si apre con una selezione di quadri giovanili, di ispirazione romantica, come «L’agguato», «Un giullare», «Vergognosa» e «Ogni occasione è buona! », nei quali l’artista di Mondovì dipinge soggetti in costume del passato, di riferimento letterario, ma collocati in situazioni riferibili al proprio tempo. Ampio spazio è, poi, dedicato ai temi quali lo sport venatorio e il mondo arcaico della Sardegna, come documentano le tele «Cacciatore fortunato», «Entrate che fa freddo» e «Una vecchia berlina».
Tra i soggetti di riferimento cinegetici, sono presenti in mostra anche capolavori che colgono attimi di vita quotidiana, quali «Fortune diverse», che fissa un momento del dopo caccia, e «L’occasione fa il ladro», titolo che spiega le simultanee reazioni a catena di una mancata sorveglianza.
La mostra è completata da due quadri dell’ultimo periodo: «Il circo» e «Ciarlatani con oche», in cui l’attenzione vira dalla collettività della rappresentazione –i protagonisti sulla pista e gli spettatori sulle panche- a momenti più intimi legati alla vita quotidiana, del backstage e degli artisti dello spettacolo.
Giovanni Battista Quadrone fu autore di dipinti finitissimi, di piccole e medie dimensioni. Il fil rouge che lega tutti i soggetti delle sue opere è la paziente definizione «iperrealistica»; il maestro cesellava, con il colore, i particolari anche minimi, con tecnica e precisione inesorabili, nulla dimenticando e a nulla rinunciando di quanto riteneva utile alla completa rappresentazione di una situazione.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Louis Michel van Loo, ritratto di Maria Luisa Gabriella di Savoia, 1733. Torino, Fondazione Accorsi–Ometto; [fig. 2] Giovanni Battista Quadrone, Pranzo democratico, 1894. Olio su tavola, cm32 x 44. Collezione privata; [fig. 3] Giovanni Battista Quadrone, Il circo (I saltimbanchi), 1894. Olio su tela. Collezione privata 

Informazioni utili
«Giovanni Battista Quadrone. Un iperrealista nella pittura piemontese dell’Ottocento» e « Louis Michel van Loo - Le tre principessine di Casa Savoia». Museo di arti decorative Accorsi–Ometto, via Po, 55 - Torino. Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-18.00; sabato e domenica, ore 10.00-13.00 e ore 14.00-19.00; lunedì chiuso. Visite guidate: tutti i giorni, ore 11.00 e ore 17.00; domenica, ore 11.00, ore 17.00 e ore 18.00. Ingresso: mostra € 6,00; mostra con visita guidata - intero € 8,00, ridotto € 6,00; abbonamento musei € 3,00. Informazioni: Biglietteria, tel. 011.837.688 (int. 3). Sito web: www.fondazioneaccorsi-ometto.it. Fino all’11 giugno 2015. 

mercoledì 12 novembre 2014

«Morandi e l’antico» in mostra a Bologna

Federico Barocci, Giuseppe Maria Crespi, Rembrandt van Rijn e Vitale da Bologna: sono questi gli artisti selezionati per la mostra «Morandi e l’antico» che, in occasione dei cinquant’anni dalla morte del maestro bolognese, focalizza l’attenzione sul suo rapporto con l’arte del passato, scegliendo di introdurre nel percorso espositivo del Museo Morandi di Bologna alcuni capolavori di autori che hanno operato tra il Trecento e il Settecento.
Il rinnovato allestimento, visitabile fino al 17 maggio, va di pari passo con gli importanti prestiti legati all'imminente apertura al National Museum of Modern and Contemporary Art di Deoksugung della mostra su Giorgio Morandi promossa in occasione delle celebrazioni per i centotrent'anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Corea e che, dal 19 novembre al 25 febbraio, vedrà protagonista il «pittore delle bottiglie» della prima personale a lui dedicata nel Paese asiatico.
Per Giorgio Morandi l’osservazione degli antichi non era solo studio accademico e parte integrante della pratica che accompagna ogni formazione artistica. Si trattava soprattutto di una traiettoria per collegarsi a quella linea ideale che congiungeva Piero della Francesca a Paul Cézanne attraverso Chardin e Camille Corot. L'artista era assiduo visitatore della Pinacoteca cittadina, dove non si stancava di osservare le tele di Guido Reni e del Guercino o i dipinti di Giuseppe Maria Crespi, di cui possedeva alcune opere nella sua collezione privata. Ma amava anche le tavole dei Primitivi ed era un fine conoscitore della pittura bolognese delle origini fino a conservare per sé tre frammenti attribuiti da Roberto Longhi allo Pseudo Jacopino di Francesco.
Quando non entrava in una chiesa della sua città per ammirare le pale d’altare, il maestro emiliano era a Firenze, Padova, Roma, Venezia o a mostre e biennali, dove aveva occasione di confrontarsi con i francesi Renoir, Monet e Courbet.
Ma l’occhio del grande artista e la sua eccezionale capacità percettiva si manifestavano ancor prima nella conoscenza e nella profonda comprensione degli artisti attraverso le sole riproduzioni in bianco e nero. Oltre a Cézanne, Giorgio Morandi scoprì la pennellata lenta di Chardin, la nitidezza dell’immagine di Vermeer, i paesaggi immensi di Corot, cui si aggiungono i fondamentali esempi di Seurat e Rousseau.
L'artista non ebbe meno interesse nei confronti di Rembrandt, considerato un maestro assoluto dell'arte incisoria. È, infatti, a lui che il pittore bolognese si ispirò per diventare uno fra i più grandi incisori all’acquaforte di tutti i tempi, tecnica che insegnò ininterrottamente all'Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1930 al 1956.
Il progetto espositivo rilegge il percorso di Giorgio Morandi, analizzandone i temi e le stagioni che hanno caratterizzato la sua attività artistica. Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente dal maestro bolognese, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, che ben si sposa con le due opere di arte antica scelte per il nuovo allestimento, studiato dall’Istituzione Bologna Musei, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Bologna, Ferrara, Forlì/Cesena, Ravenna e Rimini e la Pinacoteca nazionale.Lungo il percorso si trova così la tela «Giocatori di dadi» di Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747),un’opera del 1740 conservata al Museo Davia Bargelini e comparsa per la prima volta nelle fonti nel 1920 grazie all’interessamento del critico Matteo Marangoni, la cui essenzialità della fattura e il vibrare dei chiari sui toni fondi, ma colorati la rendeva degna dell’ammirazione di Giorgio Morandi.
Nella stessa sezione sono, poi, visibili due lavori di Vitale da Bologna (notizie dal 1330 al 1359): le tempere su tavola «Sant'Antonio Abate e San Giacomo Maggiore» (1345-50 ca.) e «San Pietro benedicente un donatore con veste da pellegrino» (1345-50 ca.), per lungo tempo credute parti di un polittico al cui centro avrebbe dovuto trovarsi la «Madonna col Bambino», detta «Madonna dei Denti», ora al museo Davia Bargellini, che il pittore bolognese celebrò in una lettera all'amico Cesare Brandi del marzo 1939: «[...]Oggi sono stato in Municipio a vedere i due laterali del trittico di Vitale. Sono veramente stupendi; molto più belli, almeno per me, della parte centrale della Galleria Bargellini...».
Il percorso espositivo dedica, quindi, una bella sezione all'incisione, nella quale sono accostate diciannove acqueforti morandiane, tra le quali «Natura morta con pane e limone» (1921) e «Il giardino di via Fondazza» (1924), a due opere di Rembrandt (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669) e Federico Barocci (Urbino, 1535 – 1612). Del primo artista è esposto «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», un'opera grafica appartenuta all'artista bolognese, nella quale il maestro olandese riuscì a far emergere la figura scura dalla penombra dello sfondo, modulando con cura i diversi volumi del corpo in toni e semitoni. Di Barocci  è, invece, esposta un'«Annunciazione» (1584–1588), nella quale il maestro urbinate sperimenta per la prima volta il nuovo processo delle morsure replicate, caratterizzato da una copertura a cera, mezzo fondamentale per creare profondità prospettica e diverse intensità di chiaroscuro.
L’utilizzo sulla stessa lastra di tecniche diverse quali il tratteggio, il reticolo e il puntinato consente all’artista di raggiungere esiti altissimi, e di risolvere il problema del rapporto forma – luce – spazio, graduando l’intensità del segno e ottenendo così inediti valori tonali. Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
l tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da Jean-Michel Folon. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.

Didascalie delle immagini 
 [Fig. 1] Rembrandt van Rijn (Leiden, 1606 – Amsterdam, 1669), «Nudo femminile disteso (La negra sdraiata)», 1658. Acquaforte, bulino e puntasecca su rame, 80 x 157 mm. Istituzione Bologna Musei - Casa Morandi; [fig. 2] Giorgio Morandi, «Natura morta con pane e limone», 1921 (V.inc.13). Acquaforte su rame. Istituzione Bologna Musei - Museo Morandi; [fig. 3]  Giuseppe Maria Crespi (Bologna, 1665 - 1747), «Giocatori di dadi», 1740 ca.. Olio su tela, 58 x 46,5 cm. Museo Davia Bargellini, Bologna; [fig. 4] Giorgio Morandi, «Natura morta», 1963 (V.1323). Olio su tela. Istituzione Bologna Musei | Museo Morandi; [fig. 5] Federico Barocci (Urbino, 1535–1612), «Annunciazione», 1584–1588. Acquaforte e bulino, 438 x 313 mm. Pinacoteca Nazionale, Bologna; [fig. 6] Giorgio Morandi,«Natura morta con panneggio a sinistra», 1927 (V.inc.31).Acquaforte su zinco. Collezione privata

Informazioni utili 
«Morandi e l’antico: Vitale da Bologna, Barocci, Rembrandt e Crespi». Museo Morandi @ Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org. Fino al 17 maggio 2015.

martedì 11 novembre 2014

AAA cinquanta mostre offronsi. Anonima Talenti mette on-line il suo catalogo

In tempi di crisi economica, arrivano le mostre «chiavi in mano». A proporle è Anonima talenti, società della Repubblica di San Marino che ha appena messo on-line il suo ricco catalogo di esposizioni. Va subito chiarito che quelle proposte dal gruppo fondato da Cesare Bernardi non sono mostre formate da pannelli fotografici o da riproduzioni, ma rassegne vere e proprie con opere d’arte originali realizzate da grandi maestri del passato o del contemporaneo storicizzato, curatori di fama e comitati scientifici di alto livello. Mostre serie e di qualità, dunque, capaci di attrarre anche un buon numero di visitatori, ma tutte disponibili a un costo limitato.
Ma come è nata l’idea di proporre questo nuovo servizio ad Anonima Talenti? «Ci siamo resi conto -spiega Cesare Bernardi- delle difficoltà da parte di molte amministrazioni a ideare e gestire, al proprio interno, eventi espositivi di richiamo, soprattutto se a cadenza annuale. Le strutture interne necessitano di tempi medi per pensare, finanziare e gestire una loro mostra. Mediamente almeno due anni. Mentre questi uffici stanno lavorando alla concretizzazione dei loro progetti, gli spazi espositivi non possono restare vuoti e non possono nemmeno accogliere esposizioni che comprometterebbero l’immagine che la sede si è conquistata». Da queste considerazioni -racconta ancora il patron di Anonima Talenti- «è nata la nostra proposta di ideare mostre di elevata qualità, personalizzabili rispetto ad esigenze e strategie territoriali, che richiedono l’impegno di direttori o funzionari soprattutto nella fase di condivisione e personalizzazione del progetto, sgravandoli però da tutto il resto».
«Altra caratteristica -prosegue Cesare Bernardi- è il costo molto contenuto dei nostri lavori, che possiamo garantire perché siamo attivi su diversi fronti contemporaneamente».
Dopo aver offerto servizi che spaziavano dalla segreteria organizzativa alla comunicazione, la società sanmarinese ufficializza, dunque, anche la fase propositiva, mettendo a disposizione progetti per grandi mostre e, se di interesse dell’acquirente, anche la loro gestione parziale o completa.
Centocinquanta eventi gestititi in venti anni di esperienza fanno di Anonima Talenti una garanzia di successo per chiunque voglia sperimentare questo nuovo servizio. Ma cosa offre il catalogo? Sfogliandolo si possono consultare più di quaranta proposte che, però, diventano almeno una cinquantina giocando su ulteriori mostre nate dal confronto tra due artisti qui proposti in monografiche. Dai massimi esponenti della storia dell’arte italiana tra Quattrocento e Settecento a grandi autori degli ultimi due secoli come Giorgio Morandi e Massimo Campigli, senza dimenticare contemporanei ancora viventi è, dunque, ampio l’offerta espositiva, realizzata a partire da collezione private come la Cavallini-Sgarbi e la Reverberi e dalle raccolte di un nucleo di pinacoteche e di musei italiani di rilievo. Tra le proposte, si segnalano l’intera collezione Brandi o i magnifici fiamminghi della collezione Spannocchi, entrambe patrimonio dei musei senesi, i capolavori della Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi di Rovigo o monografiche raffinate e colte, come quelle sul Trecento senese e su artisti tutti da scoprire come Leonello Spada, detto la «Scimia del Caravaggio», il bavarese Ignazio Stern, maestro del barocco molto attivo in Italia, o ancora Marco Marchetti, che operò accanto a Giorgio Vasari in Palazzo Vecchio.
Sul fronte del Novecento, Anonima Talenti propone mostre con opere della collezione Venezia e importanti monografiche su maestri quali Guttuso, de Chirico, Mattia Moreni, Sebastian Matta, Agenore Fabbri e il raffinato futurista Mino delle Site, ma non solo. Varia è anche l’offerta di mostre di disegni, fotografia e grafica, tra le quali spiccano quelle dedicate a Le Courbousier e a Franco Fontana. Di notevole pregio si rivelano, poi, le mostra dedicate alle arti applicate: dalle opere di Gio Ponti per Richard Ginori a quelle che mette in raffronto ceramiche e vetri firmati da Giovanni Gariboldi e Paolo De Poli.
Tante, dunque, le mostre proposte da Anonima Talenti, «in grado di soddisfare –afferma, per finire, Cesare Bernardi- anche palati difficili e attenti, com’è giusto siano quelli di coloro che negli enti e nelle istituzioni hanno il compito di programmare le stagioni d’arte».

Informazioni utili 
www.anonimatalenti.com

lunedì 10 novembre 2014

Restauro, il fondo Tefaf premia due progetti su Francisco Zurbarán

Sono due progetti legati alla figura di Francisco Zurbarán (Fuente de Cantos, 1598 – Madrid, 1664), pittore spagnolo che ha interpretato il fervore religioso dei suoi tempi con uno stile moderno, intimo e grandioso nello stesso tempo, ad essere stati premiati quest’anno dall’Executive Committee della Tefaf (The European Fine Art Foundation), fiera di arte e antiquariato famosa in tutto il mondo per il suo impegno nell’eccellenza e nell’eleganza, che sta già lavorando alacremente alla sua prossima edizione in programma dal 13 al 22 marzo 2015 al Meec di Maastricht.
Henk van Os, Kenson Kwok, Rachel Kaminsky e David Bull, i quattro esperti che compongono la commissione del Museum Restoration Fund, hanno, infatti, deciso di premiare con una donazione di cinquantamila euro le candidature avanzate dal Museo Kunstpalast di Düsseldorf per il restauro del «San Francesco d’Assisi in meditazione»(circa 1630-1635) e dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford per il recupero del «San Serapio»(1628).
Il comitato che gestisce il fondo per i restauri della Tefaf, nato nel 2012 per celebrare i venticinque anni della fiera, si è detto piacevolmente colpito per l’elevata qualità e diversità dei progetti presentati, grazie ai quali è stata offerta una rara occasione per stimolare lo scambio di expertise tra i musei, a seguito dei quali sono stati premiati due lavori di Francisco Zurbarán, definito dalla critica il «Caravaggio spagnolo» per la sua capacità di disegnare i volumi attraverso sapienti pennellate di luce.
Il «San Francesco d’Assisi in meditazione», realizzato tra il 1630 e il 1635, ha un valore straordinario per la Germania dal momento che è uno degli unici cinque dipinti autentici di Francisco Zurbarán che si trovano in collezioni pubbliche tedesche. L’opera, esposta nella galleria Rubens del Kunstpalast di Düsseldorf, sarà al centro di un’ampia mostra sull’artista spagnolo che il museo ha in programma per l’autunno del 2015, ragion per cui un intervento immediato di conservazione e di restauro della tela (di cui il museo intende creare un film-documentario) è condizione indispensabile.
Il «San Serapio» venne, invece, dipinto nel 1628 per il convento della Merced Calzada di Siviglia ed è uno degli esiti più alti del primo periodo dell’artista. L’opera è giunta al Wadsworth Atheneum nel 1951 ed è oggi una delle tele principali della sua collezione di dipinti barocchi, tra i più grandi depositi di opere del XVII secolo presente negli Stati Uniti, ed è destinata a diventare il cuore pulsante del nuovo allestimento la cui inaugurazione si terrà il prossimo anno.
Attualmente, entrambe le opere versano in condizioni seriamente compresse strutturalmente ed esteticamente. Sebbene ciascun dipinto necessiti di un trattamento specifico e ad hoc, entrambi richiedono un’ampia azione di conservazione. Quindi, per riportare i due capolavori alla gloria di un tempo, si prevede la rimozione di un precedente e mediocre tentativo di restauro, della vecchia vernice e delle parti che si stanno disgregando e il riempimento delle aree di caduta del colore e delle vecchie abrasioni.
Per l'intervento sul «San Serapio» del Wadsworth Atheneum si prevede, nello specifico, un consolidamento e una trasformazione estetica. Non solo il valore dell’opera ne verrà aumentato ma questa sarà anche messa in una nuova luce nell’ambito della storia dell’arte, permettendo al visitatore di apprezzare a pieno l’intento originale dell’artista. Il lavoro di restyling sul «San Francesco d’Assisi in meditazione» servirà, invece, a creare una superficie più omogenea, migliorandone l’apparenza estetica così che possa, ancora una volta, trasmettere il suo potente messaggio.
Entrambi i lavori saranno raccontati, passo dopo passo, sul sito web di Tefaf e sui social media, mentre il video relativo a ciascun progetto scorrerà sugli schermi posti nella hall di ingresso del Meec di Maastricht, in occasione della prossima edizione della fiera.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Francisco Zurbarán, «San Serapio», 1628. Usa, Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford; [fig. 2] Francisco Zurbarán, «San Francesco d’Assisi in meditazione», 1630-1635. Germania, Museo Kunstpalast di Düsseldorf

Informazioni utili
www.tefaf.com