ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 19 dicembre 2016

Busto Arsizio, il Natale degli «Attori in erba» tra poesie e una storia su Rossini e la cucina

Che cosa metterebbe in tavola Gioachino Rossini, il compositore ottocentesco che ha lasciato musiche indimenticabili con quelle de «Il barbiere di Siviglia» e de «La Cenerentola», per il prossimo Natale? Un’inedita amatriciana con i bucatini al gusto di cioccolato amaro, un tacchino ripieno al tartufo nero di Norcia e la torta «Guglielmo Tell», una specialità dello chef Antonin Carême con mele caramellate e glassa di zucchero. Parola degli «Attori in erba», ventotto bambini dai 6 ai 12 anni che stanno frequentando «Il cantiere delle arti», scuola multidisciplinare di teatro che ha da poco aperto i battenti negli spazi del Manzoni di Busto Arsizio e del vicino oratorio «San Filippo Neri» per iniziativa di «Culturando», nuova realtà associativa che ha tra le proprie finalità l’educazione e la formazione dei giovani nell’ambito delle attività connesse al mondo dello spettacolo.
A partire dai racconti contenuti nei libri «Rossini – Ascoltando ‘Il barbiere di Siviglia’, ‘La Cenerentola’ e ‘Guglielmo Tell’» (Sillabe, Livorno 2015) di Isabella Vasilotta, scritto in collaborazione con l’Accademia Teatro alla Scala di Milano, e «A cena con Gioachino Rossini» (Babetta’s World, Usa 2012) di Monica E. Lapenta, illustrato da Stefania Pravato, gli «Attori in erba» hanno redatto, nell’ambito del loro laboratorio di scrittura creativa condotto da Annamaria Sigalotti, una storia di Natale dedicata al compositore pesarese e alla sua passione per i piaceri della buona tavola e dell’arte culinaria.
 La favola, ambientata tra le montagne del Sud Tirolo e tesa a porre l’attenzione sui prodotti enogastronomici tipici dei territori colpiti dal recente terremoto, è stata presentata nel pomeriggio di venerdì 16 dicembre, nel Salone dell’oratorio «San Filippo Neri», durante la festa degli auguri con i genitori e i parenti degli «Attori in erba».
Il reading ha visto, inoltre, i più piccoli recitare -sotto la supervisione degli attori Gerry Franceschini e Davide De Mercato, assistiti per l’occasione da Stefano Montani e Igino Portatadino- alcune poesie natalizie come «La Notte Santa» di Giudo Gozzano, «Il vecchio Natale» di Marino Moretti, «A Gesù Bambino» di Umberto Saba, il canto popolare germanico «Ora dormi» e la canzone popolare «Maria lavava, Giuseppe stendeva».
A chiudere il mini-spettacolo è stata una coreografia ideata da Elisa Vai sulle note del brano «Feliz Navidad», canzone pop-natalizia scritta e cantata da José Feliciano.
Al termine dell’incontro il Babbo Natale di «Culturando», Stefano Montani, ha consegnato a tutti i bambini presenti un libro a scelta tra la raccolta «I racconti della slitta» della Giacomo Morandi editore e «Quando Hitler rubò il coniglietto rosa» di Judith Kerr, edito per i tipi della BurRagazzi.
L’appuntamento ha offerto anche l’occasione per fare un primo bilancio di «Attori in erba», corso di educazione allo spettacolo e alla teatralità per bambini delle scuole primarie e secondarie di primo grado (dai 6 ai 12 anni), le cui lezioni si tengono una volta a settimana, in orario non scolastico, negli spazi del teatro Manzoni e dell’oratorio «San Filippo Neri»: il venerdì pomeriggio, dalle ore 16.45 alle ore 18.45, con ingresso a partire dalle ore 16.30 e uscita entro le ore 19.00.
 Il corso, le cui lezioni riprenderanno nella giornata di venerdì 13 gennaio, si chiuderà nella serata martedì 9 maggio 2017, alle ore 21.00, con un un saggio-spettacolo di fine anno dal titolo (ancora provvisorio) «Figaro qua, Figaro là». Le iscrizioni ad «Attori in erba» rimarranno aperte fino a venerdì 20 gennaio. «Tutti all’opera con…Gioachino Rossini e Lele Luzzati» è il tema scelto per questa prima edizione del laboratorio, ideata con l’intento di avvicinare i più piccoli al mondo del teatro e dell’opera lirica attraverso la figura del «cigno di Pesaro» e alcune delle sue opere più importanti come «Il barbiere di Siviglia», «La cenerentola», «Guglielmo Tell» e «La gazza ladra», rivisitate anche attraverso le illustrazioni di Lele Luzzati e di altri artisti contemporanei. Un'occasione per avvicinare i più piccoli, in maniera ludica e creativa, al magico mondo dell'opera lirica, del teatro, della danza e della scrittura creativa.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Un momento della festa degli auguri con gli «Attori in erba» di «Culturando», tenutasi nella giornata di venerdì 16 dicembre 2016 all'oratorio «San Filippo Neri» di Busto Arsizio. Foto di Valentina Eleonora Colombo 

Informazioni utili 
 «Attori in erba» -  scuola multidisciplinare di teatro per bambini dai 6 ai 12 anni. Teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Quando: il venerdì, dalle ore 16.30 alle ore 19.00. Quanto: da venerdì 13 gennaio a martedì 9 maggio 2017 | € 200,00 (pagabili anche in cinque rate) + € 30,00 per l'iscrizione. Lezioni di prova: venerdì 13 gennaio 2017 e venerdì 20 gennaio 2017, dalle ore 16.30, nel Salone dell'oratorio «San Filippo Neri» di Busto Arsizio (via don Albertario, 10). Prenotazione obbligatoria all'indirizzo info@associazioneculturando.com.  Informazioni: info@associazioneculturando.com o stampa@cinemateatromanzoni.it.    

giovedì 15 dicembre 2016

«Andrea Doria», la storia della «nave più bella del mondo» in mostra a Genova

«Un pezzo d’Italia se ne è andato, con la terrificante rapidità delle catastrofi marine e ora giace nella profonda sepoltura dell’oceano. Proprio un pezzo d’Italia migliore, la più seria, geniale, solida, onesta, tenace, operosa, intelligente». Così il 27 luglio del 1956 lo scrittore Dino Buzzati parlava, sul quotidiano «Il Corriere della Sera», dell’«Andrea Doria», la «nave più bella del mondo» che nella notte tra il 25 e il 26 luglio era bruscamente affondata nel suo viaggio tra Europa e America.
A sessant’anni dal naufragio, il Mu-Ma - Galata Museo del mare di Genova e la Fondazione Ansaldo ricostruiscono, attraverso una mostra che si basa sui documenti ritrovati , la storia di quell’imbarcazione leggendaria, vanto della marineria italiana, la cui costruzione segnò l’inizio di una nuova era, quella caratterizzata dall’italian style come cifra dell’eleganza sul mare e del bel vivere. L’«Andrea Doria», che qualche critico considerò un anticipo di Dolce Vita, era, infatti, «una nave dove, per la prima volta in Italia, -si legge nella nota stampa- ingegneri e architetti avevano lavorato insieme e, gli architetti, avevano avuto negli artisti incaricati delle decorazioni, in primis Salvatore Fiume, dei ‘complici’, per creare un’atmosfera, un climax, che non si sarebbe più ripetuto».
L’esposizione vuole essere, secondo uno stile ormai consolidato al Galata, una Doria Experience. Nel museo genovese sono, infatti, stati ricostruiti alcuni ambienti del transatlantico a partire dalla prora, riprodotta in scala 1:5, che incombe sul visitatore mentre le pareti della mostra lo avvolgono come se si trattasse delle fiancate stesse della grande nave, segnata dalle linee bianche e rosse dello scafo.
L’esposizione è scandita dai portali presenti sulle rampe inclinate che conducono al Mirador, uno degli spazi architettonicamente più affascinanti dell’edificio genovese, rimodellato nel 2004 dall’architetto spagnolo Vazquez Consuegra.
Il primo dei portali introduce alla genesi del Doria, costruita nel secondo Dopoguerra, in un contesto caratterizzato da una marina mercantile azzerata e da una cantieristica sopravvissuta a stento.
La seconda sezione investiga l’aspetto artistico e architettonico: con fotografie e ricostruzioni 3D di alcuni degli ambienti più prestigiosi della nave come la «Suite dello Zodiaco», dove tutti gli elementi d’arredo, dalle tende ai copriletto, dal telefono alla tavoletta del wc erano disegnati nello stesso stile.
Il terzo portale è dedicato al varo e al maiden voyage, il «viaggio della vergine», ovvero la prima traversata dell’Atlantico, dove la nuova nave debuttava e, a seconda della sua accoglienza, si capiva quale sarebbe stato il suo successo di pubblico.
Per sei giorni gli ospiti del transatlantico passavano un periodo di estraniazione dalla vita comune, fatto di attività sociali a bordo, di giochi, di cucina, di letture, di bagni di sole e molta, molta piscina (l’«Andrea Doria» aveva addirittura tre vasche, una per ogni classe, secondo un lido digradante che era la vera particolarità dei transatlantici italiani).
La sezione successiva mostra il vero gioiello dell’esposizione: un modello di sei metri del transatlantico, realizzato dalla ditta Giacomo Patrone nel 1952 per essere esposto negli atri delle principali stazioni ferroviarie italiane. Ritrovato dal curatore del Galata, Pierangelo Campodonico, nella fine degli anni Novanta e donato dalla Finmare, prima della sua liquidazione, il modellino, al quale è affiancata in mostra la ricostruzione di una parte del ponte di passeggiata della nave, è stato completamente restaurato dal modellista Cambiassi di Genova.
La quinta sezione è più tecnica: spiega, attraverso un filmato realizzato appositamente dallo Studio ToonTaun, la cinematica del viaggio, proponendo una sorta di conto a rovescio che mostra, sulla base dei verbali e della documentazione esistente, che cosa avvenne prima del naufragio, che cosa è stato visto e fatto nei due ponti di comando e, infine, grazie alla visione dei tracciati di rotta, la prova che scagiona definitivamente il comando italiano. «La collisione -si legge nella nota di presentazione della mostra- avvenne in un tempo brevissimo, in seguito a una decisione sbagliata presa a bordo della nave investitrice, non più tardi di due minuti prima. Il tempo del destino».
La settima sezione è dedicata all’equipaggio. Attraverso la ricostruzione dei dialoghi che, nella notte avvennero tra le navi soccorritrici e il «Doria», il Galata vuole rappresentare quella che è stato considerato il più grande (e il più riuscito) salvataggio in mare della storia. Se è vero che parte dei cinquecentosettantuno membri dell’equipaggio si mise in salvo non appena ne ebbe la possibilità è vero che chi rimase, gli ufficiali, i macchinisti, i marinai e molti tra i camerieri e gli addetti ai servizi generali, misero in salvo la gran parte dei passeggeri.
In quella notte, il comando di bordo e quarantasette, tra uomini e donne dell’equipaggio, «meritano un particolare riconoscimento per il lodevole comportamento tenuto»: quella notte le scialuppe del «Doria» salvarono il 70% dei naufraghi e questo perché andarono avanti e indietro, senza sosta. E il manifesto della mostra è dedicato a loro: una foto, inedita, che mostra la scialuppa n. 5, una delle ultime a fermarsi, i volti dell’equipaggio con il comandante Piero Calamai, a guardarsi e a guardare la nave che affonda.
L’ottava sezione rappresenta l’impatto che la vicenda del «Doria» ebbe sui mass-media. L’affondamento del transatlantico italiano fu, infatti, la prima «tragedia in diretta» della storia: la radio, le televisioni, immortalarono attimo per attimo l’evento. Il fotografo Harry Trask conseguì il «Pulitzer Price» per le immagini scattate negli ultimi istanti della nave a galla. I giornali ne parlarono con le loro edizioni speciali, settimanali come «Life» ed «Epoca» fecero servizi che passarono alla storia del giornalismo.
Un’ultima sezione rappresenta il «Doria dopo il Doria» ed è la ricostruzione e la riflessione su ciò che avvenne dopo: le polemiche, la causa in tribunale, il processo che non si tenne mai, ma anche la storia della marineria italiana negli anni successivi. Il «Doria» rappresentò, infatti, il breve «canto del cigno» di un’epoca e di un mondo. La «nave più bella del mondo» non avrebbe, infatti, avuto eredi.

Informazioni utili 
«T/N Andrea Doria, lanave più bella del mondo». Galata Museo del Mare, Calata De Mari, 1 (Darsena - via Gramsci) – Genova. Orari: da novembre a febbraio  - martedì–venerdì, ore 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso, ore 17.00); sabato, domenica e festivi, ore 10.00 – 19.30  (ultimo ingresso 18.00) | da marzo a ottobre  - lunedì-domenica, ore 10.00 – 19.30  (ultimo ingresso 18.00). Ingresso (solo museo): intero  € 12,00, gruppi € 9,00, ridotto € 10,00, ragazzi dai 4 ai 12 anni  7,00, scuole € 5,50, bimbi 0-3 anni gratuito. Sito internet: www.galatamuseodelmare.it. Fino al 30 maggio 2017. 

mercoledì 14 dicembre 2016

Reggia di Caserta, tre installazioni site-specific sulla Natività

La Natività, il numero tre legato alla Trinità, ma anche un concetto laico di rinascita e rinnovamento: sono questi gli elementi che compongono il progetto espositivo «The Rebirth Triad», ideato, promosso e realizzato dall’agenzia di comunicazione Uncommon di Milano e dalla Galleria Intragallery di Napoli, con la curatela di Chiara Canali.
La mostra, che si avvale del patrocinio di Michelangelo Pistoletto e del Rebirth Day da lui ideato, allinea negli spazi della Sala delle Battaglie di Spolverini alla Reggia di Caserta tre installazioni site-specific elaborate da Vincenzo Marsiglia, Anita Calà e Lapo Simeoni.
Il progetto, visibile fino al prossimo 8 gennaio, nasce con lo scopo di creare un dialogo profondo tra una delle residenze reali più importanti non solo in Italia ma anche nel mondo, spesso lasciata in secondo piano, con l'arte contemporanea.
Traendo spunto dal presepe settecentesco custodito nell’Appartamento Reale della Reggia, per il quale è stato realizzato un nuovo impianto illuminotecnico, Chiara Canali ha invitato tre artisti a reinterpretare il concetto di Natività in senso laico, parlando di nascita e di ri-nascita anche in senso culturale.
Le sculture di Vincenzo Marsiglia (1972, Belvedere Marittimo), con la loro imponente struttura esagonale in legno, sono forme di interazione che contengono nel loro interno un mondo artificiale e tecnologico: captato il volto del fruitore, un software nascosto all’interno legge le emozioni umane e genera suoni e forme diverse, mutevoli e immateriali, rispettando esternamente il cambiamento interiore dell’uomo.
L'opera di Anita Calà (1971, Roma) è formata da un grande ovale in resina trasparente, opaca all'interno e lucida all’esterno, che contiene al suo interno una sfera più piccola rossa; al di fuori si trova un’altra sfera rossa, identica a quella contenuta all’interno, in un rispecchiamento del dentro con il fuori.
Il progetto di Lapo Simeoni (1979, Orbetello) è costituito, invece, da una struttura a forma di anello che attraverso la sua forma e il suo contenuto evoca la trasposizione concreta del virtuale tradotto in reale, rendendo tangibile e materico quel portale (Internet) che rappresenta oggi lo scollegamento tra uomo e macchina.
Al tema della Ri-Nascita si rapporta il fil rouge dei simboli del cerchio e della luce, così come quello dell’infinito, sintetizzando il gesto creativo dell’artista che nelle sue mani fa risorgere e rinascere ciò che prima non aveva significato. Queste tre opere dialogano tra loro secondo il principio, formulato da Michelangelo Pistoletto, della Trinamica, cioè della dinamica del numero tre. Il simbolo-formula del triplo offre l'energia necessaria alla trasformazione della società a partire dall'arte, in quanto essa è fondamentalmente incentrata nella creazione e può portare la creazione nella società non solo come prodotto da fruire, ma come attività a cui partecipare.

Informazioni utili 
 «The Rebirth Triad». Reggia di Caserta, viale Dohuet – 81100 Caserta. Orario di visita: ore 8.30-19.30; chiusura biglietteria, ore 18.45; ultimo ingresso, ore 19.00. Ingresso: intero € 12,00 (solo appartamento € 9.00), ridotto € 6,00 (solo appartamenti € 4,00).  Informazioni: tel. (0039)0823-448084 o (0039)0823-277580. Sito internet: http://www.reggiadicaserta.beniculturali.it. Fino all'8 gennaio 2017. 

martedì 13 dicembre 2016

Venezia, tre giorni alla scoperta de «Il cinema ritrovato»

È nato nel 1986 a Bologna, ma da qualche anno ha varcato i confini del capoluogo emiliano. Stiamo parlando del festival «Il cinema ritrovato», un appuntamento importante a livello internazionale per gli appassionati, che porta alla riscoperta di pellicole poco note, con particolare riferimento alle esperienze delle origini del cinematografo.
Da mercoledì 14 a venerdì 16 dicembre la rassegna sbarca in Laguna, negli spazi del teatrino di Palazzo Grassi. A curare il programma della tappa veneziana sono Mariann Lewinsky e Antonio Bigini.
Ad aprire il cartellone è la mini-serie «Au pays des Lumière», due film dedicati al grande cinema francese delle origini con uno speciale omaggio ai fratelli Lumière, gli inventori del cinematografo, che tra il 1895 e il 1905 realizzarono ben centoquattordici film, recentemente restaurati in versione digitale in 4K con la voce narrante di Valerio Mastrandrea.
Ad inaugurare la serata, alle ore 18, è, nello specifico, il filmato «Lumière! La scoperta del cinema», girato da Thierry Frémaux nel 2015, che racconta come il duo di Lione, grazie alla sua macchina magica, ritrasse «città, paesaggi, uomini, donne, bambini, animali, il lavoro, il gioco, il mare, la folla, la solitudine»: un insieme di vedute che lascia ancora senza fiato.

A seguire, alle ore 20, ci sarà la proiezione del film «Les enfants du paradis» (Francia, 1943-1944, 189’) di Marcel Carné, un film vibrante di un'identità intima, segreta, disperata, il cui recente restauro, con tutti i suoi grigi e qualche luccicanza, ha accentuato - racconta Jacques Lourcelles- «il lato onirico, evanescente, di un'opera pronta ad affrontare l'eternità».
Giovedì 15 dicembre si prosegue con una serata consacrata alle «Donne e Dive» del cinema. Si inizia con un omaggio a Ella Maillart, fotografa e viaggiatrice svizzera che, mentre l'Europa sprofonda nella guerra, parte alla volta dell’Afghanistan e dell’India. La sua storia viene raccontata in un film di Mariann Lewinsky e Antonio Bigini: «Double Journey» (Svizzera, 2015, 40’). Seguirà, quindi, l'omaggio a Lyda Borelli con il film «Rapsodia satanica» di Nino Oxilia (Italia, 1915-1917, 45’), la storia di un'anziana dama dell'alta società, Alba d'Oltrevita, che stipula un patto con Mefisto per riacquistare la giovinezza in cambio della quale ha però il divieto di innamorarsi.
L'ultima parte della serata sarà, invece, dedicata al mito di Greta Garbo, protagonista della commedia romantica «Ninotchka» (USA, 1939, 110’).
Infine, venerdì 16 dicembre, il pubblico del teatrino di Palazzo Grassi sarà trasportato tra Mosca, Napoli e New York nel corso della serata dedicata ai «Viaggi».
Ad aprire la serata sarà la proiezione del film «Il treno va a Mosca» (Italia, 2013, 70’) di Federico Ferrone e Michele Manzolini, «un poema lirico, visivo, musicale, politico, umano, esistenziale, storico, comico, struggente –per usare le parole di Paolo Virzì- su cosa voleva dire il comunismo italiano e su cosa era l’Italia negli anni’50».
Seguirà la visione di una raccolta di preziosi «film dal vero» dei primi del Novecento restaurati dalla Cineteca di Bologna e da altri istituti italiani, per essere raccolti sotto il titolo di «Grand Tour italiano» (Italia, 45’), un raro viaggio dalla Sicilia al Cervino, in un’Italia sospesa tra Ottocento e modernità.
Sarà, quindi, la volta di grande capolavoro di Charlie Chaplin, «The Immigrant» (Usa, 1917, 25’); mentre a concludere la serata sarà «Viaggio in Italia» (Italia, 1954, 97’) di Roberto Rossellini.
Le tre serate veneziane, tutte a ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili, sono organizzate in collaborazione con la Cineteca di Bologna che, fino al 30 gennaio, dedica ai fratelli Lumière una mostra a cura di Thierry Frémaux, nello Spazio Sottopasso di piazza Re Enzo, cuore del capoluogo emiliano.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Les enfants du paradis» di Marcel Carné. Francia, 1943- 1944, 189’; [fig. 2] «Ninotchka» di Ernst Lubitsch. USA, 1939, 110’; [fig. 3] «The Immigrant» di Charlie Chaplin. USA, 1917, 25’

Informazioni utili 
www.palazzograssi.it.

lunedì 12 dicembre 2016

Nicolas Party, la natura morta incontra la street art

La Marchese Antinori, famiglia toscana che ha legato il proprio nome all’eccellenza in campo viticolo, apre per la prima volta al pubblico le porte del suo palazzo fiorentino per un evento di arte contemporanea. Protagonista dell’appuntamento, in cartellone fino al 14 gennaio, è l’artista svizzero Nicolas Party (Losanna, 1980), la cui opera site-specific «Giant Fruit» è entrata ufficialmente a far parte della collezione permanente nella cantina di famiglia nel Chianti Classico.
Il lavoro, realizzato nel 2015 per la collettiva «Still-life Remix», raffigura una natura morta dai colori pop e dalle forme un po’ surreali, un vero e proprio inno a tutto ciò che la terra ci offre, in dialogo con l’architettura innovativa del luogo costruito con materiali naturali quali cotto, legno, acciaio corten e affacciato sulla bellezza dei vitigni dell’azienda.
Per celebrare questa importante acquisizione, la storica sede fiorentina di Palazzo Antinori ospita il progetto speciale «Nicolas Party in the Garden Room», curato da Ilaria Bonacossa.
L’artista svizzero presenta qui una serie di lavori prodotti tra il 2013 e il 2016. Si tratta di un insieme di sei opere pittoriche, tre nuovi acquerelli e altrettanti sassi-scultura, che illustrano come il genere della natura morta sia oggi più che mai vivo e capace di trasmettere emozione.
L’artista si riappropria così, con ironia, di un’iconografia classica. I suoi lavori lasciano, infatti, ben trasparire come i valori della composizione e dell’equilibrio cromatico siano reinventati, completamente trasformati e tradotti nella contemporaneità, per conservare l’efficacia dell’indagine.
La volontà di Nicolas Party di rimescolare i limiti tra arte e decorazione rendono i suoi interventi negli spazi ancora più incisivi. Per questo motivo la scelta di presentare le opere nella boschereccia, la saletta di palazzo Antinori completamente affrescata alla fine del Settecento con vedute tratte da un paesaggio bucolico e boschivo, diventa una dichiarazione d’intenti e si inserisce in maniera puntuale nella pratica artistica di questo giovane talento.
L’idea di trasformare gli affreschi del paesaggio toscano in una sorta di carta da parati che faccia da sfondo agli acquerelli esposti, nasce dal fatto che Nicolas Party, artista che ha iniziato il proprio iter creativo dipingendo sui vagoni dei treni e negli spazi urbani degradati, spesso ha dipinto gli sfondi prima di allestire le sue opere sulle pareti mettendo così in discussione il rapporto tra opera unica e decorazione e tra prospettiva e bidimensionalità.
Ceramiche e stoviglie sono soggetti ricorrenti nella produzione dell’artista e denotano il suo interesse nei confronti dei precedenti storici della pittura, richiamando alla memoria pittori come Giorgio Morandi. Tuttavia i dipinti e i pastelli di Nicolas Party, connotati da proporzioni spesso improbabili, sono portati in vita da sfumature di colori brillanti e vitali capaci di alterare, trasformare e attivare le più svariate superfici, pietre comprese; in tutti si respira il suo inizio da street artist.
In occasione della mostra sarà presentata al pubblico anche la nuova opera site-specific dell’«Antinori Art Project» nella cantina di Bargino: «Portal del Angel» dello scultore Jorge Peris.
Il tutto si iscrive in una tradizione secolare della famiglia Antinori di passione per l’arte che –oggi come allora– si impegna a tutto campo per realizzare una forte connessione tra le migliori espressioni della tradizione e della contemporaneità.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Facciata di Palazzo Antinori a Firenze; [fig. 2] Nicolas Party, Giant Fruit, 2015 – 2016, Cantina Antinori , Bargino, Chianti Classico; [fig. 3] Nicolas Party, Two Pots, 2016, pastel on canvas. Courtesy of the artist and kaufmann repetto, Milano-New York

Informazioni utili 
«Nicolas Party in the Garden Room». Palazzo Antinori, piazza degli Antinori, 3 – Firenze. Orari: lunedì-venerdì, ore 8.00-19.00. Ingresso libero. Antinori nel Chianti Classico, via Cassia per Siena, 133 - Località Bargino (Firenze), tel. 055.2359700 o visite@antinorichianticlassico.it. Sito internet: www.antinorichianticlassico.it. Fino al 14 gennaio 2017.