ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 15 marzo 2017

«Ieri è un altro giorno», humor alla francese sul palco del Manzoni di Busto

Storpia la celebre frase pronunciata da Rossella O’Hara nel finale del film «Via col vento» la commedia brillante «Ieri è un altro giorno», che giovedì 23 marzo, alle ore 21, vedrà salire sul palco del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio due campione della comicità italiana: Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione.
Lo spettacolo, inserito nel cartellone cittadino «BA Teatro», è il settimo appuntamento della stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea, da Stefania Sandrelli a Sebastiano Somma, da Anna Galiena a Enzo Decaro.
Un meccanismo teatrale perfetto e l’ironia come strumento per parlare di un tema drammatico e attuale quale la corruzione caratterizzano lo spettacolo in cartellone nella sala di via Calatafimi, nella mise en scène di Ginevra Media Production con il Théâtre des Bouffes-Parisiens, versione italiana, a firma di Luca Bercellona e David Conati, di una divertente commedia francese scritta da Silvain Meyniac e Jean Francois Cros, vincitrice del Premio Molière nel 2014.
Nel cast, accanto a Gianluca Ramazzotti e Antonio Cornacchione, spiccano i nomi di Milena Miconi, Stefania Barca, Antonio Conte e Alessandro Sampaoli. Firma la regia Eric Civanyac. Le scenografie sono di Eduard Laug, i costumi di Adele Bargilli. Le musiche originali sono state composte da Sylvain Meyniac; mentre il disegno luci è stato ideato da Stefano Lattavo.
«Ieri è un altro giorno» -si legge nella sinossi- «è una commedia solida, moderna, piena di sorprese [...], perfettamente costruita e con un’inventiva folle nella messa in scena che fa ben comprendere il perché di un così inaspettato successo».
Ma che cosa succede in due ore quasi ininterrotte di risate? Presto detto: sul punto di affrontare la causa più importante della sua vita, il freddo e irreprensibile avvocato Pietro Paolucci, magistralmente interpretato da Gianluca Ramazzotti, sta per cedere alla tentazione di far carriera più rapidamente grazie a un escamotage, in netto contrasto con i suoi principi. Aiutando il titolare del studio, Bernardo, che con il genero Federico sta portando a termine «un affare non esattamente cristallino», l’avvocato Paolucci spera di guadagnare il tanto agognato traferimento a Londra. Ma nel momento in cui ha compiuto il gesto irreparabile, un bizzarro e imprevedibile personaggio bussa alla sua porta: è il fantasma del defunto e non compianto Michele Verda (interpretato con brio da Antonio Cornacchione), capace di far retrocere a suo piacimento il corso del tempo e di far rivivere, anche più e più volte, la stessa situazione. La segretaria (Milena Miconi) continua così a inciampare nel tappeto e il capo a chiedere la stessa cosa. Tutto sembra ripetersi ciclicamente e l’avvocato Pietro Paolucci si trova a vivere -si legge nella sinossi- «una giornata, strana, assurda, dove niente va come previsto, niente è prevedibile, dove tutto è possibile e tutto può accadere».
La stagione serale del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio si chiuderà nella serata di venerdì 21 aprile, alle ore 21, con «Bedda Maki – Come reSUSHItare il ristorante e vivere felici», testo di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano che ha vinto la IV edizione del concorso «Una commedia in cerca d'autori». Lo spettacolo, per la regia di Roberto Marafante, narra le vicissitudini di un ristorante siciliano a Milano che, per sconfiggere la crisi, cerca di trasformarsi in un’azienda di ristorazione particolarmente all’avanguardia, dove i capisaldi della gastronomia isolana vengono trasformati in piatti sushi-fusion.

Informazioni utili 
 «Ieri è un altro giorno», con Renato Pozzetto. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 – Busto Arsizio (Varese). Ingresso: poltronissima € 30,00 , poltrona € 26,00 (intero) o € 24,00 (ridotto), galleria € 25,00 (intero) o € 23,00 (ridotto) | Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Orari botteghino: da giovedì 16 marzo, dalle ore 17.00 alle ore 19.00. Informazioni: tel. 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it. Giovedì 23 marzo 2017.

martedì 14 marzo 2017

Art for kids: «Il barbiere di Siviglia», Gioachino Rossini e la Commedia dell’arte

Un’eccellente medicina contro le preoccupazioni e le difficoltà della vita di tutti i giorni: si presenta così «Il barbiere di Siviglia», opera buffa in due atti che il compositore Gioacchino Rossini scrisse all’inizio del 1816, in poco meno di tre settimane (ma qualcuno parla addirittura di solo nove giorni), per le celebrazioni carnevalesche del teatro Argentina di Roma, allora di proprietà del duca Francesco Cesarini Sforza.
Il componimento, su libretto di Cesare Sterbini, trae la propria trama della commedia settecentesca «Le barbier de Séville ou La précaution inutile» del drammaturgo francese Pierre-Augustin-Caron de Beaumarchais, già oggetto di varie versioni musicali, tra le quali quella, molto applaudita, di Giovanni Paisiello, i cui sostenitori -secondo i pettegolezzi del tempo- fischiarono lungamente il debutto della versione rossiniana.
Ma alla «prima» dell’opera non accadde solo questo episodio sfortunato; pare addirittura che, durante lo spettacolo, un gatto sia passato quatto quatto sul palcoscenico.
Nonostante l’insuccesso della prima rappresentazione, andata in scena il 20 febbraio 1816 con il titolo «Almaviva ossia l’inutile precauzione» (l’attuale nome sarà utilizzato solo a partire dalla ripresa bolognese dello stesso anno), il capolavoro del musicista marchigiano, con il suo meccanismo teatrale perfetto e le sue frizzanti e giocose invenzioni musicali, era destinato a diventare uno dei più grandi successi del teatro musicale italiano.

Non a caso un altro importante compositore ottocentesco, Giuseppe Verdi, ebbe a dire: «Non posso che credere il Barbiere di Siviglia, per abbondanza d'idee, per verve comica e per verità di declamazione, la più bella opera buffa che esista».
Definito oggi dalla critica come «il più grande poema musicale, comico, satirico e umoristico dell’umanità», «Il barbiere di Siviglia» ambienta la propria vicenda nel tardo Settecento ed ha come scenario la calda e solare Spagna.
Qui il maturo don Bartolo tiene segregata in casa la pupilla Rosina, che egli desidererebbe sposare. Il barbiere Figaro, fantasioso e pieno di risorse, aiuta l’innamorato conte di Almaviva a conquistare la giovane, che ricambia i suoi sentimenti. Dopo arditi travestimenti, scambi di biglietti, colpi di scena e la corruzione di don Basilio, maestro di musica della fanciulla, Figaro e il conte di Almaviva riescono a compiere il loro progetto: i due giovani innamorati si sposano, don Bartolo non può che rassegnarsi alla situazione e l’opera si chiude nell’allegria generale.
Sembra abbastanza evidente, come ha scritto il regista Luis Jouvet, che nell’opera «Il barbiere di Siviglia» si trova tutta la tradizione della commedia dell’arte: Arlecchino, Scaramuccia e Scapino sono stati tramutati in Figaro, Pantalone in Bartolo, Lelio e Leandro nel conte d’Almaviva.
Tra i brani entrati nell’immaginario collettivo, per quella che il critico Giuseppe Radiciotti ha definito la loro «giocondità serena e benefica», si ricordano l’ ouverture iniziale, la cavatina «Largo al factotum» e l’ aria «La calunnia è un venticello».
Per l’ouverture Gioachino Rossini si autocopiò; la sinfonia esisteva già, era quella dell’«Aureliano in Palmira», opera composta tre anni prima de «Il barbiere di Siviglia». Questo ci mostra un’altra caratteristica del teatro d’opera all’epoca di Gioachino Rossini: l’ouverture era, infatti, sì il momento musicale che annunciava i toni e i temi dell’opera, ma era anche un vero e proprio segnale sonoro che avvisava gli spettatori dell’inizio dello spettacolo ed era, dunque, spesso eseguita tra chiassi e schiamazzi che si calmavano successivamente.

La cavatina «Largo al factotum», grande classico che ogni baritono ha nel proprio repertorio, è così famosa per le sue note gioiose e spavalde che se ne conosce addirittura un’interpretazione del gatto Tom, della celebre coppia Tom e Gerry, nel cartone animato «The Cat Above and the Mouse Below» (1964).
L’ aria «La calunnia è un venticello» è utile per comprendere il cosiddetto «crescendo rossiniano», una tecnica compositiva molto utilizzata da Gioachino Rossini che consiste nel ripetere in maniera ossessiva determinate battute inserendo gradualmente nuovi strumenti a ogni ripetizione.

Per saperne di più
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Il barbiere si Siviglia – Un percorso di sensibilizzazione e avvicinamento all’opera di Gioachino Rossini», Erga edizioni, Genova 2012;
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Figaro qua, Figaro là», Vallardi, Milano 2014 (le immagini pubblicate sono tratte da questo libro);
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma – Il barbiere di Siviglia», Curci, Milano 2010;
Isabella Vasilotta (a cura di), «Rossini. Ascoltando Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola e Guglielmo Tell», Sillabe, Livorno 2015

lunedì 13 marzo 2017

Art For Kids, l'opera lirica: ma che cos'è?

L’opera lirica, detta anche melodramma, è una forma di teatro speciale, nata tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento nella città di Firenze, a casa del conte Giovanni Bardi, per iniziativa di Vincenzo Galilei. Si parlò di recitar cantando per indicare questa invenzione, una speciale tecnica artistica che unisce il canto alla parola e alla gestualità tipica dell’attore.
Gli interpreti, detti cantanti lirici, indossano costumi, trucco e parrucche bellissimi e si muovono sullo sfondo di una scenografia che rappresenta i luoghi in cui si svolge la storia. I loro discorsi canori sono accompagnati dalla musica eseguita da una grande orchestra; a volte è presente in scena anche un corpo di ballo, con le sue étoiles (o primi ballerini).
La storia di un’opera può prendere spunto da una leggenda, da una favola, da un romanzo o da un lavoro teatrale, ma può anche essere completamente inventata. In base all’argomento narrato, l’opera lirica in Italia può essere definita a grandi linee seria o buffa: nel primo caso la trama ha prevalentemente un soggetto storico o mitologico; nel secondo l’ambientazione è contemporanea e la storia è ricca di equivoci, imbrogli e malintesi divertenti, quasi sempre con il lieto fine.
Nel corso dei secoli, in vari Paesi europei, si sono diffusi anche altri generi operistici: il Singspiel tedesco («canto e recitazione», che prevede l’alternanza tra dialoghi e parti cantate), la tragédie-lyrique (opera di corte francese con cori e danze), l’operetta (leggera e spiritosa nei contenuti), l’opéra-ballet, la grand-opéra (fastoso spettacolo musicale in cinque atti con balli, scene sontuose, cori e un gran numero di cantanti).
Uno scrittore, detto librettista, scrive i dialoghi dei personaggi, nella maggior parte dei casi in versi, e le didascalie, con le quali vengono descritte l’epoca e i luoghi in cui si svolge la vicenda. Il risultato finale è il libretto d’opera. Questo è composto da sezioni chiamate atti, a loro volte suddivise in scene; tra uno e l’altro ci sono gli intervalli, durante i quali si cambiano le scenografie e gli spettatori si intrattengono nel foyer.
Seguendo il testo del libretto, il compositore mette in musica i versi, creando l’atmosfera della storia e sottolineando i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Se, per esempio, arriva in scena un personaggio cattivo la musica sarà cupa o minacciosa, mentre se due innamorati si dividono l’orchestra accompagnerà il loro addio con melodie dolci.
I protagonisti indiscussi di un’opera lirica sono i cantanti, che si distinguono in solisti e coro e si classificano in base al loro registro di voce, ovvero all’estensione vocale. Partendo dalla più grave per giungere alla più acuta, le tre voci maschili sono basso, baritono e tenore; le tre femminili contralto, mezzosoprano e soprano.
Il basso di solito interpreta il ruolo di un anziano o di un saggio; mentre nelle opere buffe caratterizza un personaggio un po’ ridicolo, vittima degli scherzi degli altri. La voce del baritono è quella di un uomo adulto; mentre il tenore, al quale è affidato il ruolo del giovane innamorato o dell’eroe romantico, ha il registro vocale più acuto ed è capace di raggiungere il famoso Do di petto che fa tremare i vetri.
Tra le voci femminili quella del contralto è la più scura e profonda ed è legata a personaggi anziani, drammatici e misteriosi. Il mezzosoprano è la voce intermedia; mentre il soprano è generalmente la protagonista femminile dell’opera.
In scena si trovano anche gli orchestrali, tutti vestiti rigorosamente di scuro, con il loro direttore. L’orchestra d’opera è composta da quattro grandi famiglie di strumenti: gli archi (violino, viola, violoncello e contrabbasso), i legni (flauto, clarinetto, oboe, fagotto, corno), gli ottoni (tromba, trombone, corno e tuba) e le percussioni (timpani, grancassa, piatti); talvolta può, però, includere altri strumenti come l’arpa e il pianoforte. A dare il segnale che l’opera lirica sta per incominciare è l’orchestra, con il La d’intonazione del primo violino.
Ci sono, poi, tante altre persone ugualmente importanti per determinare il successo di un’opera lirica: il regista, che decide e coordina le azioni dei cantanti e del coro in palcoscenico; il coreografo, che decide i movimenti dei ballerini; lo scenografo e il costumista, che disegnano rispettivamente le scene e i costumi.
Maestri collaboratori come il direttore di coro, il direttore di palcoscenico e il suggeritore, truccatori, parrucchieri, sarte, datori luci, macchinisti (tecnici addetti al montaggio e smontaggio delle scene e al funzionamento dei dispositivi meccanici), attrezzisti (tecnici che procurano gli elementi di arredo e gli oggetti necessari alla messa in scena) sono le tante altre figure che lavorano «dietro le quinte» per rendere magico lo spettacolo.
Ad aprire un’opera lirica è l’ouverture (in italiano «apertura»), ovvero la sinfonia iniziale suonata dall’orchestra a sipario chiuso. Questa musica è il biglietto da visita dell’opera stessa: ne annuncia il carattere e l’argomento trattato.
Le arie sono, invece, i brani melodici che esprimono un sentimento e che commentano un episodio; sono di solito arricchite da virtuosismi che permettono al cantante di fare sfoggio delle proprie qualità canore. La più nota è la cavatina o aria di sortita, che viene cantata dal personaggio principale alla sua prima entrata in scena per presentare se stesso.
Accanto all’aria e ad altre forme solistiche affini come la cabaletta e la romanza (l’una dall’intonazione vivace, l’altra dallo stile più sentimentale), nell’opera lirica ci sono pezzi di insieme quali il duetto, il terzetto, il quartetto e il quintetto, così detti a seconda del numero di personaggi che cantano contemporaneamente.
Un’altra parte importante dell’opera lirica è il concertato, ovvero la parte di una scena o di un atto, caratterizzata dalla presenza di due o più personaggi che si trovano a cantare contemporaneamente, spesso anche con il coro, senza seguire la medesima linea melodica. Il concertato si usa per far capire che ogni personaggio si è smarrito nei propri pensieri.
Ad unire le varie parti di un’opera lirica è il recitativo, uno stile di canto che si avvicina alla lingua parlata, imitandone il ritmo e l’intonazione.

Per saperne di più 
Cecilia Gobbi e Nunzia Nigro, «Alla scoperta del melodramma. Il teatro e le sue storie», Edizioni Curci, Milano 2009 
Fiorella Colombo e Laura Di Biase, «Recitar cantando ovvero come accostare i bambini all’opera lirica attraverso il teatro», Erga edizioni, Genova 2006 
Giorgio Paganone, «Insegnare il melodramma. Saperi essenziali, proposte didattiche», Pensa MultiMedia, Lecce –Iseo 2010