ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 26 maggio 2017

Vivian Maier, una fotografa da scoprire

La vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, l’artista americana non ha mai abbandonato la sua macchina fotografica, una Rolleiflex, con la quale ha scattato, tra il 1950 e il 1990, centinaia di migliaia di fotografie in giro per il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti. Questi lavori sono rimasti a lungo sconosciuti fino a quando, nel 2007, John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquistò durante un’asta parte dell’archivio di Vivian Maier, confiscato per un mancato pagamento. Capì subito di trovarsi di fronte a un tesoro prezioso e iniziò a ricercare altro materiale sull’artista, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe.
Una selezione di questi scatti è in mostra fino al 18 giugno al Museo di Roma in Trastevere e farà, quindi, tappa al Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visibile dal 23 giugno al 24 settembre. La curatela della rassegna è di Anne Morin e Alessandra Mauro. Si tratta di centoventi fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti.
Figura imponente, ma discreta, decisa e intransigente nei modi, l’artista ritraeva le città dove aveva vissuto, New York e Chicago, con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale.
I suoi incredibili scatti in bianco e nero sono, dunque, uno straordinario specchio della società americana, ritratta nella quotidianità del Dopoguerra con l’abilità e il talento che un buon street photographer deve possedere: un occhio per il dettaglio, per la luce e la composizione, un tempismo impeccabile, un atteggiamento partecipe e umano verso gli altri e un’instancabile capacità di continuare a scattare per riuscire a cogliere ogni istante.
È già difficile trovare tutte queste qualità in un fotografo professionista che dispone di una buona preparazione e vive a contatto con colleghi e mentori, ed è ancora più raro trovarle in una persona priva di formazione specifica e senza una rete di relazioni professionali. Vivian Maier, invece, possedeva queste doti. Le sue sono immagini straordinarie, di ampio respiro e di ottima qualità, che raccontano con ironia, sensibilità e dinamismo le mille sfaccettature della vita urbana americana.
Osservando il corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui l’artista non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi al suo lavoro, che non è mai pubblicato quando era in vita.
Come scrive, infatti, Marvin Heiferman: «Vivian Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo». Vivian Maier è, dunque, un caso estremo di riscoperta postuma: «ciò che visse coincise esattamente con ciò che vide. Non solo era sconosciuta in ambito fotografico – scrive Geoff Dyer- ma sembra addirittura che nessuno l’abbia mai vista scattare fotografie. Può sembrare triste e forse anche crudele -una conseguenza del fatto che non si sposò, non ebbe figli e apparentemente nessun amico- ma la sua vicenda rivela anche molto su quanto sia grande il potenziale nascosto di tanti esseri umani». Come scrive Wisława Szymborska, nel poema «Census», a proposito di Omero, «Nessuno sa cosa faccia nel tempo libero».

Didascalie delle immagini
[Fig.1] New York, 10 settembre, 1955.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery; [fig. 2] New York.7. New York, 1954.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery; [fig. 3] New York.Senza titolo, senza data.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Informazioni utili
Vivian Maier. Museo di Roma in Trastevere, piazza di Sant’Egidio, 1/b - Roma. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-20.00, chiuso lunedì e il 1° maggio; la biglietteria chiude alle ore 19.00. Ingresso: intero € 9,50, ridotto € 8,50. Informazioni: tel. 060608. Sito web: www.museodiromaintrastevere.it. Fino al 18 giugno 2017.  

Vivian Maier. Palazzo Ducale, piazza Matteotti, 9 - Genova. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso. Ingresso: Open € 12,00; intero € 10,00; ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 010.9280010 o biglietteria@palazzoducale.genova.it. Dal dal 23 giugno al 24 settembre 2017. 

giovedì 25 maggio 2017

«Dialoghi sull’uomo», a Pistoia tre giorni di appuntamenti sulla cultura

Compie otto anni «Pistoia – Dialoghi sull’uomo», festival di antropologia del contemporaneo, ideato e diretto da Giulia Cogoli, che da venerdì 26 a domenica 28 maggio porterà nella città toscana, scelta per il 2017 quale Capitale italiana della Cultura, venticinque incontri di profilo internazionale, rivolti a un pubblico intergenerazionale, sempre alla ricerca di nuovi strumenti per comprendere la realtà di oggi.
«La cultura ci rende umani. Movimenti, diversità e scambi» è il tema scelto per questa edizione della manifestazione che sarà inaugurata da una lezione magistrale di Salvatore Settis a partire dal libro «Cieli d’Europa» (venerdì 26 maggio, dalle ore 17.30, in piazza Duomo), appena pubblicato per i tipi di Utet. Lo studioso, attualmente presidente del consiglio scientifico del Louvre di Parigi, parte dal presupposto che siamo ormai incapaci di convivere con il nostro passato, al quale guardiamo spesso solo con nostalgia o disagio. Questo comporta uno scenario difficile: le distruzioni intenzionali di opere d’arte, l’incuria che affligge monumenti e paesaggi, il declino delle città storiche e il diffondersi dei ghetti urbani sono segnali di una crisi che non è solo economica e politica, ma anche culturale. L’esercizio creativo del pensiero critico diventa così l’unica cosa che può consentirci di comprendere i processi in corso oggi nel mondo: una memoria «plurale», un sentimento che incardina l’individuo nella comunità di cui fa parte, «è -secondo Salvatore Settis- il terreno di crescita di una creatività che non mira all’effimera felicità del successo, ma comporta la piena realizzazione delle proprie potenzialità».
La giornata inaugurale vedrà anche la presenza a Pistoia del fisico Guido Tonelli (venerdì 26 maggio, alle ore 19, al teatro Bolognini), uno dei protagonisti della scoperta del bosone di Higgs, che parlerà al pubblico dell’importanza della cultura e della ricerca scientifica e delle nuove sfide che la scienza sta affrontando a partire dallo studio dalle nostre origini.
Sempre il primo giorno «Pistoia – Dialoghi sull’uomo» vedrà la presenza di Claudio Magris (venerdì 26 maggio, dalle ore 21.30, in piazza Duomo), uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo, che, partendo dalla sua personale esperienza di allievo del poeta Biagio Marin e poi di insegnante, affronterà il tema dello speciale rapporto che intercorre tra maestro e allievo e che fin dall’antichità – come dimostrano i grandi esempi della letteratura – ha permesso la trasmissione di conoscenza e il riconoscimento tra le due figure.
Evento clou della giornata di apertura sarà l’esecuzione della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven (venerdì 26 maggio, alle ore 21, al teatro Manzoni - ingresso € 7,00). Il messaggio di fratellanza universale di questo brano musicale, adottato nel 1972 come inno europeo, sarà portato in scena, sotto la direzione del maestro Daniele Giorgi, dall’Orchestra Leonore, un progetto di eccellenza culturale, che dal 2014 riunisce musicisti di prestigiosi ambiti cameristici e di orchestre internazionali.
A chiudere la programmazione della giornata sarà la proiezione del film «Il ragazzo selvaggio» (venerdì 26 maggio, alle ore 22.30, con l’intervento di Adriano Favole) nell’ambito di una mini-rassegna sulla cinematografia di François Truffaut al teatro Bolognini, che prevede anche appuntamenti con «Fahrenheit 451» (sabato 27 maggio, dalle ore 22.30, con il commento di Stefano Allovio) e «L’ultimo metrò» (domenica 28 maggio, alle ore 20, con l’analisi critica di Marco Aime).
Il secondo giorno di festival si aprirà con un incontro sulla gastronomia e la dieta mediterranea animato dagli antropologi Elisabetta Moro e Marino Niola (sabato 27 maggio, alle ore 10.30, al teatro Bolognini).
Lo scrittore Edoardo Albinati (sabato 27 maggio, alle ore 11, in piazza San Bartolomeo), che da oltre vent’anni insegna nel penitenziario di Rebibbia, sarà, invece, testimone di come la cultura possa intervenire in situazioni di degrado sociale, creando una diversa consapevolezza e l’apertura di nuove possibilità per chi non ne ha avuto o ha mancato quelle che gli si presentavano.
Appuntamento da non perdere anche quello con la filosofa Michela Marzano (sabato 27 maggio, alle ore 12, in piazza Duomo) che intratterrà i presenti sul tema «A cosa serve la cultura oggi?», affermando che avere capacità critica significa anche avere il coraggio di pensare in maniera autonoma, senza cedere ai processi globali che producono cultura, esattamente come si producono le merci.
Spazio, quindi, a Gianni Berengo Gardin (sabato 27 maggio, alle ore 15, al teatro Bolognini), maestro della fotografia italiana, che rifletterà su quale sia il senso del lavoro del fotografo oggi, in un dialogo con l’editore e curatore Roberto Koch: «si avverte più che mai la necessità -afferma il fotografo- di un tempo lento, approfondito, diverso da quello tumultuoso che porta a realizzare scatti a valanga, a riempire i social di selfie, a guardare e dimenticare immediatamente migliaia di immagini».
L’incontro sarà accompagnato da una mostra a cura di Giulia Cogoli, che racconta attraverso sessanta fotografie in bianco e nero, realizzate da Gianni Berengo Gardin fra 1957 e il 2009 ed esposte al Palazzo comunale, la società italiana, i suoi riti e mutamenti, le feste popolari, i costumi e le tradizioni antiche e meticce di tutte le regioni.
Il festival proseguirà con un incontro animato dallo storico francese Serge Gruzinski (sabato 27 maggio, alle ore 15.30, al Palazzo comunale) e con un appuntamento con lo psichiatra e psicanalista Vittorio Lingiardi (sabato 27 maggio, alle ore 16, in piazza Bartolomeo). Sarà, quindi, la volta di Silvia Ronchey (sabato 27 maggio, alle ore 17.30, al teatro Bolognini) e dell’antropologo Adriano Favole (sabato 27 maggio, alle ore 17.30, al Palazzo comunale) che parlerà dei limiti della cultura a partire dal mito di Prometeo che metteva in guardia sui rischi della hybris, dell’arroganza delle tecniche: si tratta di un tema oggi molto attuale, per esempio nel campo delle leggi che regolano la vita del nostro pianeta, al punto da trasformare il suo clima, o delle tecnologie genetiche.
L’antropologo Marco Aime e il genetista Guido Barbujani (sabato 27 maggio, alle ore 18.30, in piazza Duomo) dialogheranno, quindi, sui processi dell’evoluzione umana: «il lungo cammino degli umani, i loro continui spostamenti, gli incontri, gli scambi hanno portato -affermano i due studiosi- a una mescolanza genetica e culturale tale che non esistono più razze o culture pure, contrariamente a quanto vogliono far credere costruzioni identitarie che rievocano il mito della purezza».
La serata di sabato vedrà due appuntamenti da non perdere. Si inizia con l’assegnazione del «Premio internazionale Dialoghi sull’uomo» all’autore israeliano David Grossman che racconterà, con lo scrittore Paolo Di Paolo (sabato 27 maggio, alle ore 21.15, in piazza Duomo), il suo lavoro letterario e il suo costante impegno nella ricerca di una soluzione pacifica della questione mediorientale. Si proseguirà con Toni Servillo (sabato 27 maggio, alle ore 21.30, al teatro Manzoni) e il suo omaggio, a trent’anni dalla morte, a Primo Levi con letture tratte da «Il sistema periodico» e da «Se questo è un uomo», che restituiscono – come ne «Il canto di Ulisse» – il senso e il ruolo fondamentale della cultura nella vita di un uomo.
Ad aprire l’ultimo giorno di festival sarà la scrittrice Paola Mastrocola (domenica 28 maggio, alle ore 10.30, al teatro Bolognini), che si interrogherà sulle parole della nuova scuola – percorsi formativi, piano per la scuola digitale, certificazione delle competenze, alternanza scuola-lavoro – chiedendosi se esse hanno ancora a che fare con l’idea classica di cultura.
Mentre l’antropologo francese Jean-Loup Amselle (domenica 28 maggio, alle ore 11.30, in piazza San Bartolomeo) indagherà il destino del format «museo» come forma di narrazione culturale, partendo dal Louvre di Abu Dhabi di prossima apertura. Donald Sassoon (domenica 28 maggio, alle ore 11.30, al Palazzo comunale), massimo storico dei processi culturali, racconterà, invece, che la cultura è intrattenimento, istruzione, strumento di promozione personale e sociale, ma è anche un business.
Una delle massime esperte di antropologia culturale, Amalia Signorelli (domenica 28 maggio, alle ore 15, al teatro Bolognini), declinerà il concetto di «cultura popolare» nelle sue espressioni più attuali: la cultura televisiva, la cultura di massa, la cultura che nasce dalle esperienze dei mondi virtuali, la cultura delle reti e dei social, per arrivare a comprendere qual è oggi e quale ruolo occupa nella nostra società la cultura popolare. Mentre l’etno-antropologo Stefano Allovio (domenica 28 maggio, alle ore 16, in piazza San Bartolomeo) ripercorrerà la nostra storia evolutiva, evidenziando come vi si possa ritrovare la forza della cultura nel costruire umanità.
John Eskenazi (domenica 28 maggio, alle ore 17, al Palazzo comunale), uno dei maggiori studiosi dell’arte dell’Asia meridionale, metterà, invece, a confronto le figure del Buddha e di Alessandro Magno. Questo fortunoso incrocio sarà l'inizio di un innesto riuscitissimo di civiltà, religione, cultura, arte e commerci. Una straordinaria commistione di idee e stili, raccontata attraverso le immagini dell'arte Gandhara, che nasce dall'arte ellenistico-romana, assorbe influenze medio orientali e centro asiatiche, e finisce per determinare l'immagine del Buddha alla guisa di un imperatore romano.
Il festival si chiuderà con uno sguardo sul futuro che ci attende. In una conferenza-lezione speciale Marco Paolini (domenica 28 maggio, alle ore 18.30, in piazza Duomo) ci parlerà del futuro prossimo e del ruolo sempre maggiore della tecnologia. «Non sono un esperto di Internet, non sono un utente dei social. Non conosco la meccanica quantistica, né le neuroscienze e la fisica, né la robotica e le intelligenze artificiali» -dice l’attore-, «ma tutto questo mi riguarda e mi interessa. So che la mia vita sta cambiando grazie o per colpa delle tecnologie che da queste innovazioni derivano e di cui faccio uso anch’io come i miei simili».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Immagine scattata durante una passata edizione di «Pistoia – Dialoghi sull’uomo»; [ fig. 2] Gianni Berengo Gardin. Foto: Luca Nizzoli Toetti; [fig.  3] Orchestra Leonore; [fig. 4] Giulio Paolini. Foto: Elisa Temporin; [fig. 5] Toni Servillo. Foto: Grazia Lissi; [fig. 6] Salvatore Settis

Informazioni utili
Gli eventi proposti sono tutti a pagamento (€ 3,00 per le conferenze; € 7,00 per gli spettacoli);  la lectio di apertura e la mostra di Gianni Berengo Gardin sono gratuite.  Prevendita biglietti: dal 28 aprile presso la biglietteria La Torre, via Tomba di Catilina 5/7 - Pistoia, dal lunedì al sabato, dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30. Informazioni: tel. 0573.371305. Programma: www.dialoghisulluomo.it.

mercoledì 24 maggio 2017

Inaugurato «Il Ferdinando», il nuovo museo delle fortificazioni e delle frontiere della Valle d’Aosta


Si configura come un coinvolgente viaggio attraverso l’evoluzione delle tecniche difensive, dei sistemi di assedio e del concetto di frontiera, il nuovo progetto museografico del Forte di Bard. Dopo aver inaugurato i percorsi tematici «Museo delle Alpi», «Alpi dei ragazzi» e «Prigioni», il grande polo turistico della Regione autonoma Valle d’Aosta ha da poco inaugurato il «Ferdinando, Museo delle fortificazioni e delle frontiere».
Collocato nell'Opera Ferdinando, un’area situata al primo livello della rocca fortificata e recentemente sottoposta a restauro nell’ambito del progetto «Sentinelle delle Alpi», il museo si estende su una superficie di oltre duemila metri quadri. Tre sono le sezioni che formano il percorso espositivo: il «Museo del Forte e delle fortificazioni», «Le Alpi fortificate (1871-1946)» e «Le Alpi, una frontiera?».
La prima parte, allestita nell’Opera Ferdinando superiore, presenta una serie di ambientazioni storiche corredate da plastici, filmati e armi autentiche, con un iter narrativo che mette in luce l’evoluzione delle fortezze delle Alpi occidentali attraverso il progredire delle armi e delle strategie militari, dei materiali e delle tecniche costruttive, a partire dall’epoca romana per giungere sino alle nuove soluzioni architettoniche e balistiche del Novecento. La visita permette un apprendimento rapido: grazie alla riproposizione cinematografica di celebri spezzoni di film contenenti scene di guerra («Le Crociate - Kingdom of Heaven», Ridley Scott, 2005; «Masada», Boris Sagal, 1981; «Il mestiere delle armi», Ermanno Olmi, 2001; «Alatriste, il destino di un guerriero», Augustin Diaz Yanks, 2006; «The last valley», James Clavell, 1971; «Revolution», Hugh Hudson, 1985; «L’ultimo dei Mohicani», Michael Mann, 1992; «Glory. Uomini di gloria», Edward Zwick, 1989, «Cold Mountain», Anthony Minghella, 2003) e percorsi narrativi, cartografia d’epoca e contemporanea e scenografie ricreate con armi e ricostruzioni in scala di sezioni murarie di fortificazioni, lo spettatore è proiettato nell’epoca di pertinenza di ogni singola sala in un viaggio che lo vede protagonista.
La seconda parte del museo, «Le Alpi fortificate (1871-1946)», collocata nelle sale dell'Opera Ferdinando inferiore, è dedicata alle trasformazioni intervenute tra la fine del XIX e il XX secolo, e inserisce il Forte di Bard all’interno del sistema delle fortezze ottocentesche. Al suo interno sono riproposti modelli in scala e ricostruzioni scenografiche, volti a evidenziare non solo i caratteri considerati maggiormente rappresentativi delle fortificazioni nell’arco alpino, ma cercando anche di rendere protagoniste le Alpi stesse, teatro di un’evoluzione tecnologica che le ha portate a divenire la frontiera d’Italia. Il percorso espositivo si configura così come un racconto nell’evoluzione delle fortezze attraverso il progredire delle armi, il mutare dei materiali e delle tecniche costruttive, il graduale ispessimento dei muri, la collocazione dei forti in luoghi sempre più dominanti, l’evolversi delle metodologie strategiche e delle soluzioni architettoniche, il tutto costantemente rapportato alle capacità offensive del nemico.
Il tema della montagna militarizzata è toccato nelle sezioni dedicate alla Prima e alla Seconda guerra mondiale e alla Resistenza, sempre puntando sull'impatto evocativo affidato a un approccio multimediale.
La terza e ultima parte del museo pone l’interrogativo «Le Alpi, una frontiera?» con l’obiettivo di mettere il visitatore nella condizione di riflettere sul percorso compiuto e sul significato da dare al termine frontiera: confine o barriera? Ostacolo o tratto d’unione?
Si delinea così un percorso espositivo che trasmette una visione complessa e strutturata non solo del Forte di Bard, ma anche del contesto storico, sociale, culturale e geopolitico all'interno del quale esso è inserito nelle diverse epoche storiche: un viaggio nel passato che si conclude con una riflessione estremamente attuale sul presente.
Il visitatore è così protagonista di un dialogo con il luogo in cui si trova, alla ricerca di un’identità, quella delle Alpi, in continua evoluzione, che diviene crocevia delle grandi vicende del passato e di quella storia degli uomini fatta di semplici memorie e azioni.
In occasione dell’inaugurazione il Ferdinando ospiterà, fino al 26 novembre, la prima mondiale dell’esposizione «Paolo Pellegrin. Frontiers», un reportage esclusivo che documenta il dramma dei viaggi della speranza delle migliaia di migranti che fuggono in cerca di un futuro migliore. Gli intensi scatti del reporter della Magnum Photos testimoniano l’orrore delle traversate del Mar Mediterraneo, l’esperienza degli sbarchi e della permanenza nei centri di accoglienza.
Queste fotografie, tutte in bianco e nero, sono state scattate nel 2015 e raccontano prevalentemente la situazione sull’isola greca di Lesbo dove, secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), sono sbarcati più di 500.000 degli 850.000 rifugiati giunti in Grecia nel corso del 2015.
Il tema dell’esposizione offre un punto di vista quanto mai attuale sul dramma dei migranti, oltre a un’esplicita riflessione sulle frontiere –visibili o invisibili, geografiche, politiche e sociali– che dividono le persone, in un’Europa che oggi è chiamata alla sfida dell’accoglienza. Nelle sue fotografie, Paolo Pellegrin documenta i fatti di cui è testimone dalla prospettiva del fotogiornalista, ma soprattutto interpreta la tragicità del dolore attraverso la sua esperienza di essere umano. Il suo intento è rinnovare la visione degli accadimenti che registra: «Quella che mi interessa di più è una fotografia non finita, dove chi guarda ha la possibilità di cominciare un proprio dialogo… Io presento la domanda che mi sono fatto davanti ai morti, alle guerre, alla sofferenza, poi lascio spazio ad ognuno perché si interroghi, perché si faccia un'idea».

Informazioni utili
Il Ferdinando. Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere. Forte di Bard - Valle d’Aosta. Orari: da martedì a venerdì, ore 10.00 – 18.00 | sabato, domenica e festivi, ore 10.00 – 19.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 9,00, ridotto € 7,00, ridotto ragazzi (6-18 anni) e scuole € 5,00, cumulativo adulti (Museo delle Alpi, Il Ferdinando, Prigioni) € 15,00, visita assistita (per gruppi) sino a 25 persone € 80,00 + biglietto ingresso ridotto. Informazioni: Associazione Forte di Bard, tel. 0125.833811 o info@fortedibard.it. Sito internet: www.fortedibard.it.

martedì 23 maggio 2017

Dal Cafè all’Educational Center: nuovi spazi alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

Sono giunti al termine i lavori di ristrutturazione e ampliamento degli spazi della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, avviati nel 2015 grazie alla Campagna Capitale intrapresa dal museo dal 2014 per tre anni. Ad orchestrare l’importante operazione di raccolta fondi il direttore Philip Rylands, affiancato da un Comitato preposto, costituito da alcuni rappresentanti del Comitato Consultivo del museo: Alberto Vitale (chair), Barbara Maccaferri (co-chair), Marco Carbonari, Stefano Del Vecchio, Giovanna Forlanelli Rovati, David Gallagher, Leon Koffler, Benjamin B. Rauch, Miles Rubin e James B. Sherwood.
L’acquisizione di nuovi spazi, dove è stata creata una nuova caffetteria e un giardino per le sculture, la nascita di due nuove sale espositive e la conversione di una veranda in spazio espositivo per sculture e zona relax con WiFi per i visitatori, un Education Center per laboratori e workshop per adulti e bambini. È questo il ragguardevole traguardo raggiunto grazie alla Campagna Capitale sostenuta in primis dai soci dell’Advisory Board della collezione, che dal 1980 ricopre un ruolo consultivo a fianco del direttore e storicamente è intervenuto in tutte le fasi di crescita del museo e dalla Fondazione Araldi Guinetti Vaduz. A questo si uniscono numerosi altri sostenitori, soci della collezione, membri degli International Patrons e Guggenheim Circle, appassionati filantropi, donatori che hanno preferito rimanere anonimi, a cui il museo è oggi grato.
Al fianco dei privati si sono unite prestigiose realtà aziendali nazionali e internazionali, il cui contributo è stato di fondamentale importanza: Enel, Lavazza, Aermec, Manifatture Sigaro Toscano e Swatch, che hanno finanziato la campagna. A queste si aggiunge il contributo di molte aziende del gruppo Guggenheim Intrapresæ: di nuovo Aermec, insieme a Arclinea, Florim, Arper, Mapei, Reggiani Illuminazione, Hangar Design Group, Istituto Europeo di Design.
Nell’area recentemente acquisita, adiacente il museo, è stato aperto, lo scorso settembre, il nuovo Peggy Guggenheim Cafè: uno spazio luminoso, dotato di un’ampia veranda e giardino, in cui i visitatori possono rilassarsi tra le sculture della Collezione, sorseggiando un caffè o pranzando, scegliendo dal ricco menù a loro disposizione. Indispensabili in questo ambito i contributi di Arclinea, che ha progettato la zona bar, Arper, che firma gli arredi, Florim, protagonista per i rivestimenti ceramici, Reggiani Illuminazione, che ha lavorato con alcuni light designer sull’illuminazione, Mapei, che ha fornito prodotti edilizi di ultima generazione, Hangar Design Group ha contribuito alla fase progettuale. La cucina professionale è Electrolux. All’apertura della caffetteria-ristorante, è seguita quella delle Project Rooms, inaugurate lo scorso 25 febbraio in occasione dell’apertura al pubblico della mostra «Rita Kernn-Larsen. Dipinti surrealisti», a cura di Gražina Subelytė. Le due nuove sale nascono come spazi destinati ad accogliere progetti espositivi raccolti e mirati, finalizzati ad approfondire il lavoro di un artista, o specifiche tematiche legate alla produzione artistica di un determinato interprete del XX secolo, legato alla collezione di Peggy. All’omaggio all’artista danese Rita Kernn-Larsen, scoperta ed esposta dalla mecenate americana nella galleria londinese Guggenheim Jeune nel 1938, seguirà la mostra in focus «Picasso sulla spiaggia», a cura di Luca Massimo Barbero, in apertura il 26 agosto, giorno del compleanno di Peggy. Una selezione di undici opere, tra disegni e dipinti, realizzati tra febbraio e dicembre del 1937, che ruotano intorno al capolavoro picassiano «Sulla spiaggia» (1937), proprietà del museo veneziano, legate al tema della spiaggia.
Infine, ciliegina sulla torta di questa significativa operazione di ampliamento, la creazione, terminata a fine marzo, dell’Education Center: una nuova area dedicata alle attività educative del museo, ideata come spazio flessibile, funzionale ai diversi utilizzi, come luogo preposto allo svolgimento dei laboratori didattici per i più piccoli e, al contempo, come sala per l’incontro, il confronto e la formazione per gli adulti, nonché luogo per gli appuntamenti di «Doppio Senso», il progetto di accessibilità inclusivo per non vedenti e ipovedenti. Indispensabile nella realizzazione è stata la donazione di Mary e Howard S. Frank, soci del Comitato consultivo, mentre il prezioso pavimento e le pareti a mosaico sono il risultato del generoso contributo di Orsoni, storicamente celebre per i mosaici veneziani. Alla fase progettuale ha partecipato con entusiasmo un gruppo di studenti dello IED Venezia, Istituto Europeo di Design. Sia Orsoni che IED sono soci di Guggenheim Intrapresae.
Tutti i lavori sono stati sovrintesi dallo studio di architetti TheMa, di Giacomo di Thiene.


Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] Particolari della collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Foto di Matteo De Fina

Informazioni utili
Collezione Peggy Guggenheim - Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 - Venezia | tel. 041.2405415 o guggenheim-venice.it

lunedì 22 maggio 2017

City Lego®: una città di mattoncini in mostra a Pesaro

Il mondo dei Lego va in scena a Pesaro, negli spazi del Centro arti visive Pescheria. Sono oltre sette milioni i celebri mattoncini per le costruzioni che il Lab - Literally Addicted to Bricks ha utilizzato per comporre il grandioso diorama di quindici metri per quattro ospitato, fino al prossimo 11 giugno, nello spazio ottagonale dell’ex chiesa del Suffragio e introdotto da gigantografie a tema Lego, allestite nel Loggiato.
City Lego®, in mostra nelle Marche per iniziativa di Kornice e con la collaborazione di Giuliamaria Dotto, è il frutto della fantasia di Wilmer Archiutti, fondatore del Lab, laboratorio creativo di Roncade, in provincia di Treviso, nato allo scopo di realizzare forme e architetture di Lego, uniche e irripetibili. I celebri mattoncini-giocattolo vengono assemblati con cura certosina e uno dei giochi più creativi di sempre si è trasformato in un vero e proprio mestiere, grazie a una squadra di bricks addicted, specializzati nella creazione di scenografie incredibili. Il progetto prende il nome di City Booming ed è il risultato di circa un anno di lavoro, iniziato nel 2012, con i pezzi provenienti dalla collezione di Wilmer, raccolta in quarant’anni anni di passione.
Una città vera e funzionante, con il centro commerciale, la fioreria, la pasticceria, il negozio di giocattoli, il negozio di animali, cinema e pinacoteche, e ancora, il quartiere residenziale con il barbiere e l’investigatore privato intento a consultare le mappe con la lente d’ingrandimento: tutto è ricostruito nei minimi dettagli.
Sono ricostruite persino le vite private negli appartamenti, arredati e illuminati, nei quali, ad esempio, padre e figlio si preparano da mangiare mentre qualcuno si rilassa nella vasca a idromassaggio o si prepara un caffè in cucina.
In questa fantastica città ci sono inoltre tantissimi personaggi famosi inseriti appositamente per focalizzare l’attenzione su alcuni dettagli del diorama: supereroi quali Batman, Wonder Woman, Spiderman, Hulk e molti altri si mescolano tra la folla ed è un incentivo a riconoscere momenti noti, ad esempio, l’arrivo alla prima di un film americano con tanto di red carpet calcato dai divi del jet set internazionale come Sean Connery.
Dal centro pulsante ai numerosi particolari naturalistici, i più disparati scenari convivono permettendo al visitatore di ammirare le competenze artistiche e i virtuosismi costruttivi.
Si tratta di un’esperienza unica nel suo genere che riunisce il lato ludico al lato artistico rivolgendosi non solo ai più piccoli ma anche agli appassionati, ai curiosi e a tutti coloro che amano ampliare i loro orizzonti: la presenza di video e immagini dell’interno delle costruzioni, permette infatti al pubblico di avere una percezione reale e tecnica di quanto è nascosto dietro ogni singola riproduzione. Si possono, per esempio, ammirare i sistemi di automazione e illuminazione, gru, elevatori e i meccanismi che fanno funzionare per esempio il treno o la coloratissima ruota panoramica all’interno di un Luna Park.
Quando, nel lontano 1932, l’olandese Ole Kirk Christiansen ebbe l’idea di creare i colorati mattoncini con cui sperava di intrattenere qualche bambino, non poteva di certo immaginare che stava dando forma a uno dei successi più clamorosi di tutti i tempi: capace di vincere latitudini ed ere, gli ormai celebri mattoncini, da giocattoli comuni sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo fino a essere considerati opere d’arte.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2 e 3] ©Giulia Fedel / City Lego®

Informazioni utili
City Lego®. Centro arti visive Pescheria, corso XI settembre, 18 – Pesaro. Orari: 8 aprile – 11 giugno 2017 Orario da martedì a venerdì, ore 15.00-20.00; sabato e domenica e festivi, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso (la biglietteria chiude mezz'ora prima). Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00 o € 4,00, biglietto famiglia € 20,00 (fino a 2 adulti € 6 cad + fino a 2 bambini € 4 cad + 3° bambino omaggio); ingresso libero > bambini fino a 6 anni non compiuti; disabili più accompagnatore; giornalisti con regolare tessera dell’Ordine nazionale. Informazioni: tel. 0721.387541 o pesaro@sistemamuseo.it. Sito internet: www.pesarocultura.it. Fino all’11 giugno 2017.