ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 31 maggio 2017

Milano, una settimana all'insegna della fotografia

Mostre, incontri, visite guidate, laboratori, progetti editoriali e proiezioni urbane: è ricco il cartellone della Milano PhotoWeek, prima edizione di una rassegna promossa dall'Assessorato alla Cultura -con la collaborazione di ArtsFor e con il supporto di Fondation Carmignac e di Leica- che da lunedì 5 a domenica 11 giugno coinvolgerà più di cento sedi espositive e offrirà alla città oltre centocinquanta appuntamenti.
Dai grandi scatti d’autore ai reportage di guerra, dalle immagini di moda e architettura che hanno reso celebre Milano nel mondo alla storia dei principali interpreti dell'obiettivo è uno sguardo a trecentosessanta gradi sul mondo della fotografia quello che propone l'intensa settimana meneghina, nata con l'intento di valorizzare e promuovere quest'arte in tutte le sue possibili espressioni e forme per offrire ai cittadini, appassionati e non, una proposta diversificata e di qualità.
Ad aprire il programma sarà, lunedì 5 giugno, il progetto «365+1 Ritratti a Milano», ideato da Leica Camera Italia, che vedrà oltre trenta professionisti milanesi fotografare coppie di persone che vivono e abitano Milano o che la visitano, vi studiano, lavorano o vi passano parte del proprio tempo, con l’intento di sottolineare i valori di identità, multiculturalità, attrattività e accoglienza che appartengono alla città.
Sempre lunedì 5 giugno, a partire dalle ore 21, ci sarà a Base Milano «Common Thinking», una serata interamente dedicata ai collettivi fotografici dal mondo, nuove forme di associazione, alternativa alle agenzie, che permettono ai fotografi di produrre idee e progetti, distribuirli, trovare finanziamenti. Sarà così possibile conoscere i francesi Fractures, i portoghesi Colectivo Photo, i peruviani Versus Photo, i serbi Kamerades, gli americani MJR e gli italiani Cesura. Mentre in via Maroncelli inaugurerà il progetto «Icon Magazine: 5 mostre d’autore», una rassegna diffusa in cinque gallerie milanesi in cui altrettanti temi -moda, ritratto, luoghi, storie e talent- saranno raccontati attraverso una video proiezione dei servizi fotografici autoriali realizzati per Icon.
Il giorno di apertura del festival vedrà anche, allo Spazio Big Santa Marta, l'inaugurazione della mostra «The Anachronism of the Shaman Power», in cui l'artista Gianluca Balocco presenta una serie di opere fotografiche dedicate alle sciamane andine e alle loro cerimonie anacronistiche in dialogo con un'installazione site-specific di foglie che ricordano il rituale della chakana, richiamano le simbologie del potere economico occidentale e di quello cosmico delle curandere.
Nel lavoro esposto –scrive Francesca Bacci nel testo critico che accompagna la mostra, allestita fino al 30 giugno– «l’artista crea una precisa iconologia della guarigione. I ritratti delle sciamane andine sono costruiti per il nostro linguaggio visivo, così da portarci più vicino a un punto origine che un tempo ci apparteneva. Sono donne dalle sapienti mani-ponte, che cercano costantemente il punto di contatto con un’altra riva – o meglio, lo offrono».
La rassegna proseguirà martedì 6 giugno con una serata dedicata alla fotografia africana negli spazi dei Frigoriferi Milanesi. Il Lagos Photo Festival proporrà la proiezione «Snapshots», nella quale saranno proposti racconti e linguaggi di grande forza che aprono a un mondo e a un’iconografia per noi ancora sconosciuti. Contestualmente ci saranno la proiezione del documentario «African Photo. Mama Casset» di Elisa Mereghetti e la presentazione del catalogo della mostra «Il cacciatore bianco» con opere di Seydou Keita, Malik Sidibé e Guy Tillim.
Il giorno successivo, alle ore 21, nel chiostro di Fondazione Stelline si terrà l'anteprima del documentario «Robert Doisneau: Through the Lens» di Clémentine Deroudille; l'appuntamento si inserisce in «SHOT! Grandi fotografi su grande schermo», una piccola rassegna proposta da CineWanted che omaggia alcuni tra i più grandi e conosciuti fotografi della storia: Bill Cunningham, Tim Hetherington, Vivian Maier, Mapplethorpe e Robert Frank.
Giovedì 8 giugno, dalle ore 16.00, ci si sposterà in Triennale per due eventi inseriti in MiBACT per la fotografia: nuove strategie e nuovi sguardi sul territorio. Si tratta di una visita guidata alla mostra «La Terra Inquieta», a cura di Massimiliano Gioni, e di una conferenza dedicata al tema «Fotografia e società: documento o espressione artistica?», che vedrà al tavolo dei relatori Clarice Pecori Giraldi, Anna Maria Montaldo, Giovanna Calvenzi, Lorenza Bravetta, Raffaella Cortese, Filippo Maggia, Linda Fregni Nagler, Beatrice Trussardi, Bas Vroege, Tobias Zielony e Catterina Seia.
Da venerdì 9 a domenica 11 giugno, piazza Gae Aulenti ospiterà, quindi, il Wide Photo Fest 17, promosso da Aif - Associazione Italiana Foto & Digital, con un calendario di eventi e contest, dedicati a tutti, dai professionisti agli appassionati, per vedere ma soprattutto sperimentare le nuove tecnologie messe a disposizione dai principali marchi del settore.
Sabato 10 giugno si terrà un laboratorio per bambini organizzato dal fotografo Paolo Ventura in collaborazione con il Muba: una scatola di cartone, scotch, forbici, un po’ di luce naturale e i più piccoli saranno a metà strada dal costruire la loro macchina fotografica personale, una camera obscura dentro cui infilare la loro testa e accedere a un mondo fatto all’incontrario.
A chiudere il cartellone sarà domenica 11 giugno, nell’area di Porta Nuova, il progetto ponte tra la Milano PhotoWeek e la Milano ArchWeek dal titolo Milano «Open Portrait»: un'installazione a sorpresa di Antonio Ottomanelli che coniuga fotografia e architettura, promossa dalla Fondazione Riccardo Catella, che nella stessa giornata organizzerà anche l'incontro «Magazine a confronto: dialogo sulla Fotografia Narrativa. Il senso dell’immagine secondo Icon».

Informazioni utili
Milano PhotoWeek. Programma completo con orari e sedi su: www.photoweekmilano.it. Dal 5 all’11 giugno 2017.

martedì 30 maggio 2017

Jacopo Di Cera e le sue barche di Lampedusa in mostra a Venezia

«L’uomo, cantami, dea, l’eroe dal lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo dopo che distrusse la città sacra di Ilio. Vide molti paesi, conobbe molti uomini, soffrì molti dolori, nell’animo, sul mare, lottando per salvare la vita a sé, il ritorno ai suoi compagni». Sono queste parole dell’«Odissea» di Omero a fare da filo conduttore alla mostra «Fino alla fine del mare» che il fotografo milanese Jacopo Di Cera presenta a Venezia, negli spazi della Galleria Accorsi in Campo San Stae.
Dopo aver toccato le città di Milano, Roma, Arles, Carrara, Napoli, Torino e Parigi, l’esposizione arriva nella città lagunare, in occasione della cinquantasettesima edizione della Biennale, con l’intento di sensibilizzare su un tema di stretta attualità come quello dell’immigrazione attraverso il linguaggio dell’arte.
Trenta scatti a colori con i frammenti delle imbarcazioni che riposano nel cimitero delle barche di Lampedusa, imbarcazioni che hanno traghettato centinaia di migliaia di persone sulle coste italiane, sono esposte fino al prossimo 6 giugno anche per motivi sociali: parte del ricavato delle vendite delle opere esposte verrà, infatti, devoluto ai progetti «Informazione e sensibilizzazione» e «Minori in transito» di «Save The Children».
Il visitatore è, dunque, invitato a compiere un viaggio metaforico che parte dall'«Odissea» di Omero, da cui sono estratte le sei parole chiave del progetto -il viaggio, l'isola, il legame, la lotta, la salvezza, il ritorno-, e arriva ai riferimenti visivi di Rothko e Klein per raccontare, semplicemente attraverso le forme e i colori, tutto quello che si nasconde negli occhi di chi abbandona la propria terra per fame, disperazione e paura attraverso associazioni visive e cromatiche.
Il fotografo milanese Jacopo Di Cera, attivo ormai da quindici anni nel campo della fotografia di paesaggio, racconta, dunque, in maniera nuova e sensibile un tema molto attuale e sceglie di farlo trattando la materia viva dei viaggi della speranza, le imbarcazioni. Il risultato sono una serie di immagini stampate in alta definizione direttamente su pezzi di legno prelevati in parte dal cimitero della barche di Lampedusa, su cui riversa una resina che dà l’idea dell’acqua.
Il legno è il materiale-simbolo di questo movimento, di questo viaggio. L’uomo è completamente assente; è presente solo il mezzo che lo ha salvato o tradito, che gli ha regalato una nuova vita o che ha scritto per sempre la parola fine al suo destino.
«Tutto è nato qualche anno fa osservando un servizio sugli sbarchi nel Mediterraneo - racconta Di Cera - probabilmente per la maggior parte delle persone le barche dei migranti trasmettono un sentimento di morte o di tristezza, in realtà io ci ho visto grande speranza: in questi pezzi di legno ho sentito un cuore pulsante».
«Fino alla fine del mare» narra così di Lampedusa, una terra fatta di contraddizioni, sofferenza, approdi e speranza con la sua umanità in continuo cambiamento e movimento. Un’umanità in cerca di una nuova, dovuta opportunità.

Informazioni utili
«Fino alla fine del mare» - Mostra personale di Jacopo Di Cera. Galleria Accorsi, Campo San Stae, 30135 Santa Croce - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 11.00-20.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 328.4156545 o info@finoallafinedelmare.com. Sito internet: www.finoallafinedelmare.com. Fino al 6 giugno 2017

lunedì 29 maggio 2017

Una ricca estate di appuntamenti culturali e visite guidate alla Certosa di Bologna

Rappresentazioni teatrali, concerti, incontri e visite guidate a tema: sono oltre cinquanta gli eventi messi in cantiere dall’Istituzione Bologna Musei | Museo civico del Risorgimento per il calendario estivo della Certosa. Ritorna così, per il nono anno consecutivo, il programma di appuntamenti che porta il pubblico alla scoperta di uno dei luoghi più suggestivi della città: il complesso monumentale risultato di oltre duemila anni di storia, che fu prima necropoli etrusca, poi -dal 1334 al 1796- monastero certosino e infine -a partire dal 1801-cimitero, dando sepoltura, tra gli altri, al pittore Giorgio Morandi, allo scrittore Giosuè Carducci, al cantante d’opera Carlo Broschi detto Farinelli, al compositore Ottorino Respighi e ai fondatori delle aziende Maserati, Ducati e Zanichelli.
Tra le principali iniziative va segnalato lo spettacolo itinerante «Zanardi: pane, alfabeto e socialismo» (ingresso € 10,00, prenotazione obbligatoria al numero 333.4774139, proposto in tre repliche dall'associazione Youkali (sabato 15 luglio, martedì 5 e 26 settembre, ore 20.30) che, grazie alla presenza in Certosa del monumento della famiglia del primo sindaco socialista della città, celebrerà il centenario dall'apertura del Forno del Pane, l'attuale sede del MAMbo - Museo d'arte moderna di Bologna. Lo spettacolo, che vedrà in scena l’attrice Simona Sagone con il musicista Salvatore Panu, racconterà la vita e l'operato di Francesco Zanardi e della sua giunta, che dal 15 luglio 1914 avviò radicali riforme, incidendo sulla vita sociale cittadina.
La danza, insieme alla musica e alla recitazione, sarà, invece, protagonista di «Viaggio nel labirinto. Io, l’Altro: la danza del doppio» (giovedì 20 luglio e sabato 16 settembre, ore 21; ingresso € 12,00, prenotazione obbligatoria al numero 340.6435704), un progetto di Emilia Sintoni dedicato al simbolo del Labirinto e al mito del Minotauro che lo abita. Il percorso, in più tappe, è inteso -si legge nella presentazione- come «metafora di un viaggio di esplorazione di diverse parti del Sé, attraverso l’incontro con il simbolo del doppio –lo specchio, l’ombra, l’eco, la statua, il sosia- e le proprie emozioni, la parte razionale e la parte istintiva».
Tra gli appuntamenti musicali e teatrali in agenda si segnala anche «Un altro Orfeo ovvero il ritorno di Euridice» (sabato 30 settembre, ore 20.30; ingresso € 10,00, prenotazione obbligatoria al numero 329.6150164), un’inedita pièce ideata e scritta da Pier Paolo Scattolin appositamente per la Certosa, che conduce attraverso i meandri del mito musicato anche da Claudio Monteverdi.
Appuntamenti con il teatro saranno promossi anche da Alessandro Tampieri con il suo «Shakespeare In Death. Passeggiate shakespeariane in Certosa» (martedì 20 giugno, 11 luglio e venerdì 25 agosto, ore 21; ingresso € 10,00, prenotazione obbligatoria al numero 338.9300148) e dal Teatro dei Mignoli che, con il gruppo Angeli alle Fer-mate e la musica dal vivo della Compagnia d’Arte Drummatica, darà vita ad «Amore e guerra» (giovedì 31 agosto e 21 settembre, ore 21; ingresso € 15,00, prenotazione obbligatoria al numero 338.3802652), un percorso storico tra gli spiriti rivoluzionari fuori e dentro la città, contaminato da romanzi quali «Guerra e Pace» o «Dottor Zivago».
Tante le visite guidate in cantiere, sia in orario diurno che notturno, grazie alle quali sarà possibile, tra l’altro, scoprire i canoviani che lavorarono alla Certosa (sabato 16 settembre, ore 17), le sculture di Alessandro Massarenti per il cimitero (domenica 24 settembre, ore 15), le storie della Bologna noir (mercoledì 7 giugno e 5 luglio, martedì 1 agosto, mercoledì 6 settembre, ore 20.30) o, ancora, le vicende della città in epoca romantica, pettegolezzi compresi (mercoledì 21 giugno, 19 luglio, 23 agosto, 20 settembre, ore 20.30).
Tornano per il secondo anno consecutivo nel cartellone estivo della Certosa di Bologna le proposte di City Red Bus, che con il suo pullman aperto collegherà piazza Maggiore al complesso cimiteriale felsineo nelle serate dedicate alla rassegna «Arte e storia fra i portici e la Certosa» (giovedì 1 giugno, 6 luglio, 3 agosto e venerdì 1 settembre, ore 20; intero € 25,00, ridotto € 15,00).
Iniziativa importante di questa edizione della rassegna bolognese è anche la raccolta fondi a favore del restauro del Monumento Strick, opera significativa di età neoclassica, realizzata nel 1822 da Giovanni Putti su progetto di Ercole Gasparini, che rappresenta l’unico elemento monumentale del piccolo recinto dedicato alla comunità protestante felsinea.
Mentre la principale novità sul fronte della valorizzazione del Cimitero monumentale della Certosa è la proiezione del programma estivo in un ambito che va oltre la scena locale, per espandersi su quella nazionale. Le iniziative bolognesi si inseriscono, infatti, in una strategia di azioni condivise di promozione turistica e sviluppo culturale dei cimiteri italiani, prevista dal protocollo d'intesa siglato lo scorso ottobre dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con Utilitalia, la federazione che annovera tra i suoi associati le aziende pubbliche che gestiscono i più importanti cimiteri italiani, dislocati sull'intero territorio nazionale.
La firma del protocollo, che si propone di trasformare i cimiteri italiani di rilevanza storico-artistica in un nuovo segmento di sviluppo dell’offerta turistica nazionale, è stata resa possibile da un lungo lavoro congiunto operato da un gruppo ristretto di realtà operanti a Bologna, Genova, Roma, Ferrara, Milano, Trento e Torino. La prima iniziativa in comune è la Settimana alla scoperta dei cimiteri europei, in agenda fino al prossimo 4 giugno, promossa dall'Asce - Association of Significant Cemeteries in Europe.

Informazioni utili
Certosa di Bologna – Cartellone estate 2017. Informazioni: Museo civico del Risorgimento, piazza Carducci, 5 – Bologna, tel. 051.347592, museorisorgimento@comune.bologna.it | Infopoint storico-artistico, tel. 051.6150840  o infopointcertosa@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/risorgimento o www.storiaememoriadibologna.it. Programma completo. www.museibologna.it/risorgimento. Fino al 30 settembre 2017.

venerdì 26 maggio 2017

Vivian Maier, una fotografa da scoprire

La vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, l’artista americana non ha mai abbandonato la sua macchina fotografica, una Rolleiflex, con la quale ha scattato, tra il 1950 e il 1990, centinaia di migliaia di fotografie in giro per il mondo, dalla Francia agli Stati Uniti. Questi lavori sono rimasti a lungo sconosciuti fino a quando, nel 2007, John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquistò durante un’asta parte dell’archivio di Vivian Maier, confiscato per un mancato pagamento. Capì subito di trovarsi di fronte a un tesoro prezioso e iniziò a ricercare altro materiale sull’artista, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe.
Una selezione di questi scatti è in mostra fino al 18 giugno al Museo di Roma in Trastevere e farà, quindi, tappa al Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visibile dal 23 giugno al 24 settembre. La curatela della rassegna è di Anne Morin e Alessandra Mauro. Si tratta di centoventi fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti.
Figura imponente, ma discreta, decisa e intransigente nei modi, l’artista ritraeva le città dove aveva vissuto, New York e Chicago, con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale.
I suoi incredibili scatti in bianco e nero sono, dunque, uno straordinario specchio della società americana, ritratta nella quotidianità del Dopoguerra con l’abilità e il talento che un buon street photographer deve possedere: un occhio per il dettaglio, per la luce e la composizione, un tempismo impeccabile, un atteggiamento partecipe e umano verso gli altri e un’instancabile capacità di continuare a scattare per riuscire a cogliere ogni istante.
È già difficile trovare tutte queste qualità in un fotografo professionista che dispone di una buona preparazione e vive a contatto con colleghi e mentori, ed è ancora più raro trovarle in una persona priva di formazione specifica e senza una rete di relazioni professionali. Vivian Maier, invece, possedeva queste doti. Le sue sono immagini straordinarie, di ampio respiro e di ottima qualità, che raccontano con ironia, sensibilità e dinamismo le mille sfaccettature della vita urbana americana.
Osservando il corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui l’artista non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi al suo lavoro, che non è mai pubblicato quando era in vita.
Come scrive, infatti, Marvin Heiferman: «Vivian Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo». Vivian Maier è, dunque, un caso estremo di riscoperta postuma: «ciò che visse coincise esattamente con ciò che vide. Non solo era sconosciuta in ambito fotografico – scrive Geoff Dyer- ma sembra addirittura che nessuno l’abbia mai vista scattare fotografie. Può sembrare triste e forse anche crudele -una conseguenza del fatto che non si sposò, non ebbe figli e apparentemente nessun amico- ma la sua vicenda rivela anche molto su quanto sia grande il potenziale nascosto di tanti esseri umani». Come scrive Wisława Szymborska, nel poema «Census», a proposito di Omero, «Nessuno sa cosa faccia nel tempo libero».

Didascalie delle immagini
[Fig.1] New York, 10 settembre, 1955.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery; [fig. 2] New York.7. New York, 1954.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery; [fig. 3] New York.Senza titolo, senza data.© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Informazioni utili
Vivian Maier. Museo di Roma in Trastevere, piazza di Sant’Egidio, 1/b - Roma. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-20.00, chiuso lunedì e il 1° maggio; la biglietteria chiude alle ore 19.00. Ingresso: intero € 9,50, ridotto € 8,50. Informazioni: tel. 060608. Sito web: www.museodiromaintrastevere.it. Fino al 18 giugno 2017.  

Vivian Maier. Palazzo Ducale, piazza Matteotti, 9 - Genova. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00-19.00; lunedì chiuso. Ingresso: Open € 12,00; intero € 10,00; ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 010.9280010 o biglietteria@palazzoducale.genova.it. Dal dal 23 giugno al 24 settembre 2017. 

giovedì 25 maggio 2017

«Dialoghi sull’uomo», a Pistoia tre giorni di appuntamenti sulla cultura

Compie otto anni «Pistoia – Dialoghi sull’uomo», festival di antropologia del contemporaneo, ideato e diretto da Giulia Cogoli, che da venerdì 26 a domenica 28 maggio porterà nella città toscana, scelta per il 2017 quale Capitale italiana della Cultura, venticinque incontri di profilo internazionale, rivolti a un pubblico intergenerazionale, sempre alla ricerca di nuovi strumenti per comprendere la realtà di oggi.
«La cultura ci rende umani. Movimenti, diversità e scambi» è il tema scelto per questa edizione della manifestazione che sarà inaugurata da una lezione magistrale di Salvatore Settis a partire dal libro «Cieli d’Europa» (venerdì 26 maggio, dalle ore 17.30, in piazza Duomo), appena pubblicato per i tipi di Utet. Lo studioso, attualmente presidente del consiglio scientifico del Louvre di Parigi, parte dal presupposto che siamo ormai incapaci di convivere con il nostro passato, al quale guardiamo spesso solo con nostalgia o disagio. Questo comporta uno scenario difficile: le distruzioni intenzionali di opere d’arte, l’incuria che affligge monumenti e paesaggi, il declino delle città storiche e il diffondersi dei ghetti urbani sono segnali di una crisi che non è solo economica e politica, ma anche culturale. L’esercizio creativo del pensiero critico diventa così l’unica cosa che può consentirci di comprendere i processi in corso oggi nel mondo: una memoria «plurale», un sentimento che incardina l’individuo nella comunità di cui fa parte, «è -secondo Salvatore Settis- il terreno di crescita di una creatività che non mira all’effimera felicità del successo, ma comporta la piena realizzazione delle proprie potenzialità».
La giornata inaugurale vedrà anche la presenza a Pistoia del fisico Guido Tonelli (venerdì 26 maggio, alle ore 19, al teatro Bolognini), uno dei protagonisti della scoperta del bosone di Higgs, che parlerà al pubblico dell’importanza della cultura e della ricerca scientifica e delle nuove sfide che la scienza sta affrontando a partire dallo studio dalle nostre origini.
Sempre il primo giorno «Pistoia – Dialoghi sull’uomo» vedrà la presenza di Claudio Magris (venerdì 26 maggio, dalle ore 21.30, in piazza Duomo), uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo, che, partendo dalla sua personale esperienza di allievo del poeta Biagio Marin e poi di insegnante, affronterà il tema dello speciale rapporto che intercorre tra maestro e allievo e che fin dall’antichità – come dimostrano i grandi esempi della letteratura – ha permesso la trasmissione di conoscenza e il riconoscimento tra le due figure.
Evento clou della giornata di apertura sarà l’esecuzione della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven (venerdì 26 maggio, alle ore 21, al teatro Manzoni - ingresso € 7,00). Il messaggio di fratellanza universale di questo brano musicale, adottato nel 1972 come inno europeo, sarà portato in scena, sotto la direzione del maestro Daniele Giorgi, dall’Orchestra Leonore, un progetto di eccellenza culturale, che dal 2014 riunisce musicisti di prestigiosi ambiti cameristici e di orchestre internazionali.
A chiudere la programmazione della giornata sarà la proiezione del film «Il ragazzo selvaggio» (venerdì 26 maggio, alle ore 22.30, con l’intervento di Adriano Favole) nell’ambito di una mini-rassegna sulla cinematografia di François Truffaut al teatro Bolognini, che prevede anche appuntamenti con «Fahrenheit 451» (sabato 27 maggio, dalle ore 22.30, con il commento di Stefano Allovio) e «L’ultimo metrò» (domenica 28 maggio, alle ore 20, con l’analisi critica di Marco Aime).
Il secondo giorno di festival si aprirà con un incontro sulla gastronomia e la dieta mediterranea animato dagli antropologi Elisabetta Moro e Marino Niola (sabato 27 maggio, alle ore 10.30, al teatro Bolognini).
Lo scrittore Edoardo Albinati (sabato 27 maggio, alle ore 11, in piazza San Bartolomeo), che da oltre vent’anni insegna nel penitenziario di Rebibbia, sarà, invece, testimone di come la cultura possa intervenire in situazioni di degrado sociale, creando una diversa consapevolezza e l’apertura di nuove possibilità per chi non ne ha avuto o ha mancato quelle che gli si presentavano.
Appuntamento da non perdere anche quello con la filosofa Michela Marzano (sabato 27 maggio, alle ore 12, in piazza Duomo) che intratterrà i presenti sul tema «A cosa serve la cultura oggi?», affermando che avere capacità critica significa anche avere il coraggio di pensare in maniera autonoma, senza cedere ai processi globali che producono cultura, esattamente come si producono le merci.
Spazio, quindi, a Gianni Berengo Gardin (sabato 27 maggio, alle ore 15, al teatro Bolognini), maestro della fotografia italiana, che rifletterà su quale sia il senso del lavoro del fotografo oggi, in un dialogo con l’editore e curatore Roberto Koch: «si avverte più che mai la necessità -afferma il fotografo- di un tempo lento, approfondito, diverso da quello tumultuoso che porta a realizzare scatti a valanga, a riempire i social di selfie, a guardare e dimenticare immediatamente migliaia di immagini».
L’incontro sarà accompagnato da una mostra a cura di Giulia Cogoli, che racconta attraverso sessanta fotografie in bianco e nero, realizzate da Gianni Berengo Gardin fra 1957 e il 2009 ed esposte al Palazzo comunale, la società italiana, i suoi riti e mutamenti, le feste popolari, i costumi e le tradizioni antiche e meticce di tutte le regioni.
Il festival proseguirà con un incontro animato dallo storico francese Serge Gruzinski (sabato 27 maggio, alle ore 15.30, al Palazzo comunale) e con un appuntamento con lo psichiatra e psicanalista Vittorio Lingiardi (sabato 27 maggio, alle ore 16, in piazza Bartolomeo). Sarà, quindi, la volta di Silvia Ronchey (sabato 27 maggio, alle ore 17.30, al teatro Bolognini) e dell’antropologo Adriano Favole (sabato 27 maggio, alle ore 17.30, al Palazzo comunale) che parlerà dei limiti della cultura a partire dal mito di Prometeo che metteva in guardia sui rischi della hybris, dell’arroganza delle tecniche: si tratta di un tema oggi molto attuale, per esempio nel campo delle leggi che regolano la vita del nostro pianeta, al punto da trasformare il suo clima, o delle tecnologie genetiche.
L’antropologo Marco Aime e il genetista Guido Barbujani (sabato 27 maggio, alle ore 18.30, in piazza Duomo) dialogheranno, quindi, sui processi dell’evoluzione umana: «il lungo cammino degli umani, i loro continui spostamenti, gli incontri, gli scambi hanno portato -affermano i due studiosi- a una mescolanza genetica e culturale tale che non esistono più razze o culture pure, contrariamente a quanto vogliono far credere costruzioni identitarie che rievocano il mito della purezza».
La serata di sabato vedrà due appuntamenti da non perdere. Si inizia con l’assegnazione del «Premio internazionale Dialoghi sull’uomo» all’autore israeliano David Grossman che racconterà, con lo scrittore Paolo Di Paolo (sabato 27 maggio, alle ore 21.15, in piazza Duomo), il suo lavoro letterario e il suo costante impegno nella ricerca di una soluzione pacifica della questione mediorientale. Si proseguirà con Toni Servillo (sabato 27 maggio, alle ore 21.30, al teatro Manzoni) e il suo omaggio, a trent’anni dalla morte, a Primo Levi con letture tratte da «Il sistema periodico» e da «Se questo è un uomo», che restituiscono – come ne «Il canto di Ulisse» – il senso e il ruolo fondamentale della cultura nella vita di un uomo.
Ad aprire l’ultimo giorno di festival sarà la scrittrice Paola Mastrocola (domenica 28 maggio, alle ore 10.30, al teatro Bolognini), che si interrogherà sulle parole della nuova scuola – percorsi formativi, piano per la scuola digitale, certificazione delle competenze, alternanza scuola-lavoro – chiedendosi se esse hanno ancora a che fare con l’idea classica di cultura.
Mentre l’antropologo francese Jean-Loup Amselle (domenica 28 maggio, alle ore 11.30, in piazza San Bartolomeo) indagherà il destino del format «museo» come forma di narrazione culturale, partendo dal Louvre di Abu Dhabi di prossima apertura. Donald Sassoon (domenica 28 maggio, alle ore 11.30, al Palazzo comunale), massimo storico dei processi culturali, racconterà, invece, che la cultura è intrattenimento, istruzione, strumento di promozione personale e sociale, ma è anche un business.
Una delle massime esperte di antropologia culturale, Amalia Signorelli (domenica 28 maggio, alle ore 15, al teatro Bolognini), declinerà il concetto di «cultura popolare» nelle sue espressioni più attuali: la cultura televisiva, la cultura di massa, la cultura che nasce dalle esperienze dei mondi virtuali, la cultura delle reti e dei social, per arrivare a comprendere qual è oggi e quale ruolo occupa nella nostra società la cultura popolare. Mentre l’etno-antropologo Stefano Allovio (domenica 28 maggio, alle ore 16, in piazza San Bartolomeo) ripercorrerà la nostra storia evolutiva, evidenziando come vi si possa ritrovare la forza della cultura nel costruire umanità.
John Eskenazi (domenica 28 maggio, alle ore 17, al Palazzo comunale), uno dei maggiori studiosi dell’arte dell’Asia meridionale, metterà, invece, a confronto le figure del Buddha e di Alessandro Magno. Questo fortunoso incrocio sarà l'inizio di un innesto riuscitissimo di civiltà, religione, cultura, arte e commerci. Una straordinaria commistione di idee e stili, raccontata attraverso le immagini dell'arte Gandhara, che nasce dall'arte ellenistico-romana, assorbe influenze medio orientali e centro asiatiche, e finisce per determinare l'immagine del Buddha alla guisa di un imperatore romano.
Il festival si chiuderà con uno sguardo sul futuro che ci attende. In una conferenza-lezione speciale Marco Paolini (domenica 28 maggio, alle ore 18.30, in piazza Duomo) ci parlerà del futuro prossimo e del ruolo sempre maggiore della tecnologia. «Non sono un esperto di Internet, non sono un utente dei social. Non conosco la meccanica quantistica, né le neuroscienze e la fisica, né la robotica e le intelligenze artificiali» -dice l’attore-, «ma tutto questo mi riguarda e mi interessa. So che la mia vita sta cambiando grazie o per colpa delle tecnologie che da queste innovazioni derivano e di cui faccio uso anch’io come i miei simili».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Immagine scattata durante una passata edizione di «Pistoia – Dialoghi sull’uomo»; [ fig. 2] Gianni Berengo Gardin. Foto: Luca Nizzoli Toetti; [fig.  3] Orchestra Leonore; [fig. 4] Giulio Paolini. Foto: Elisa Temporin; [fig. 5] Toni Servillo. Foto: Grazia Lissi; [fig. 6] Salvatore Settis

Informazioni utili
Gli eventi proposti sono tutti a pagamento (€ 3,00 per le conferenze; € 7,00 per gli spettacoli);  la lectio di apertura e la mostra di Gianni Berengo Gardin sono gratuite.  Prevendita biglietti: dal 28 aprile presso la biglietteria La Torre, via Tomba di Catilina 5/7 - Pistoia, dal lunedì al sabato, dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30. Informazioni: tel. 0573.371305. Programma: www.dialoghisulluomo.it.