ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 21 settembre 2017

A Venezia i tesori indiani della collezione Al Thani

Gemme splendenti, pietre preziose, antichi e leggendari gioielli, ma anche creazioni contemporanee: duecentosettanta manufatti e cinque secoli di indiscussa maestria artigiana e di design di estrema raffinatezza, specchio della gloriosa tradizione indiana, sono al centro della mostra che la Fondazione Musei civici di Venezia organizza, negli spazi di Palazzo Ducale, grazie alla collaborazione dello sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, membro della famiglia reale del Qatar, e alla sua raccolta di preziosi. «Tesori dei Moghul e dei maharaja: la collezione Al Thani», questo il titolo della rassegna, presenta circa trecento pezzi selezionati da Amin Jaffer e Gian Carlo Calza, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli, che permettono al visitatore un viaggio dai discendenti di Gengis Khan e Tamerlano ai grandi maharaja.
«Fin dall’antichità -raccontano gli organizzatori- l’India è stata una terra ricca di pietre preziose e patria di una tradizione orafa di estrema raffinatezza. Qui gemme e gioielli sono parte integrante dell’abbigliamento e dello stile di vita quotidiano. L’impareggiabile qualità dei diamanti di Golconda, gli spinelli -pietre preziose simili a rubini- del Badakhshan, le spettacolari tonalità degli zaffiri del Kashmir resero celebre l’Asia meridionale, dove confluivano anche i rubini di Ceylon (l’attuale Sri Lanka) e della Birmania (l’attuale Myanmar), e le perle del Golfo persico. Così quando i Moghul assursero al potere, nel XVI secolo, i loro maestri gioiellieri elevarono l’oreficeria a vera e propria forma d’arte».
In India i gioielli sono molto di più di un semplice ornamento: hanno spesso un carattere propiziatorio e riflettono il rango, la casta, la terra d’origine, lo stato civile o la ricchezza di chi li indossa.
Il punto di partenza storico della mostra, della quale rimarrà documentazione in un catalogo di Skira, è lo stile di corte dei Moghul (1526-1858), la dinastia timuride fondata all’indomani della conquista di gran parte dell’India settentrionale per mano di Babur (1526), che divenne da subito epicentro di uno stile peculiare e che raggiunse il suo massimo splendore durante i regni del quarto e del quinto imperatore Moghul. Il visitatore è condotto ad ammirare, attraverso i tesori della Collezione Al Thani, l’incredibile assortimento di gemme dinastiche a partire da due diamanti universalmente noti: l’Idol’s Eye (Occhio dell’idolo), il più grande diamante blu tagliato del mondo, e l’Arcot II, uno dei due diamanti donati alla regina Charlotte, moglie del re Giorgio III (1738-1820), da Muhammad ‘Ali Wallajah, nawab di Arcot (1717-1795).
Questi due pezzi unici sono esposti insieme a smeraldi e spinelli in parte incisi con i nomi e i titoli dei sovrani che li possedettero.
Punti focali dell’esposizione sono il gusto artistico Moghul e il suo dialogo con la cultura europea, instauratosi a partire dal Rinascimento e incentrato sul reciproco scambio di stili e tecniche. La profondità del legame tra Europa e India è attestata dall’uso frequente nella gioielleria indiana della smaltatura, una tecnica ispirata proprio all’arte delle corti rinascimentali.
La seconda sezione della mostra è dedicata ad alcuni suggestivi esemplari in giada e cristallo di rocca, due materiali molto apprezzati alla corte Moghul. Nella cultura islamica, la giada era considerata una pietra propiziatrice di vittoria e si credeva perfino rivelasse la presenza del veleno e ne contrastasse gli effetti. Tra i pezzi esposti meritano una segnalazione la Coppa per il vino dell’imperatore Jahangir, contenente un’iscrizione in versi in lingua persiana e la titolatura del monarca e il pugnale di Shah Jahan (1620-1625), un capolavoro dell’arte di corte Moghul, che riporta iscritti sulla lama i titoli dell’imperatore.
L’esposizione continua con alcuni oggetti caratterizzati da una raffinata decorazione a smalto policromo e dall’uso del kundan una tecnica che consente di montare le gemme con l’oro senza il ricorso a griffe ma semplicemente avvolgendo il castone con lamine malleabili di oro puro che sviluppano un legame molecolare intorno alla pietra. Tra questi spiccano lo splendido set da scrittoio con portapenne e calamaio (Deccan o India settentrionale, 1575- 1600), realizzato in oro massiccio tempestato di pietre preziose, e la superba collezione di oggetti a smalto verde con gemme incastonate, datati al XVIII secolo, opera delle botteghe di Hyderabad.
Altra meraviglia di questa sezione è l’ornamento del trono di Tipu Sultan a forma di testa di tigre, realizzato in occasione della sua ascesa al potere. In oro tempestato di gemme, il trono fu smembrato dopo l’uccisione di Tipu e la conquista di Seringapatam da parte delle forze britanniche nel 1799. Alcune parti del trono entrarono nella collezione della famiglia reale britannica, mentre altre, tra cui questo oggetto, sono state ritrovate solo di recente.
Incentrata su ornamenti e simboli del potere, la quarta sezione propone un repertorio di manufatti straordinari che copre un arco cronologico che spazia dal XVII al XX secolo. Tra di essi è possibile ammirare una splendida collezione di collier di diamanti e altri oggetti preziosi come la spada del nizam di Hyderabad e il favoloso baldacchino che faceva parte del tappeto di perle di Baroda, commissionato dal maharaja Khanderao Gaekwad tra il 1865 e il 1870. Quest’ultimo oggetto era stato confezionato con l’idea di collocarlo all’interno della tomba del profeta Maometto a Medina, ma il dono non partì mai per la sua destinazione. La seta che riveste la pelle di cervo è riccamente decorata in argento, oro, vetro colorato, diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi e circa 950.000 perle.
La mostra presenta, quindi, una sezione dedicata all’Europa con gioielli realizzati da prestigiose maison occidentali su richiesta dei principi indiani.
Tra tutte spicca Cartier, autrice di un girocollo di rubini disegnato per una delle mogli del maharaja Bhupinder di Patiala, oltre che di due opere per il maharaja Digvijaysinhji, successore del maharaja Ranjitsinhji di Nawanagar: il meraviglioso Occhio della tigre, un diamante color oro montato a ornamento per turbante, e una splendida collana déco impreziosita dai rubini. In questa sezione incanterà i visitatori anche la sublime piuma di pavone in smalto creata da Mellerio detto Meller (Parigi 1905) e acquistata dal maharaja Jagatjit Singh di Kapurthala.
La mostra getta, infine, un occhio alla creatività contemporanea presentando i lavori che Viren Bhagat crea nel suo laboratorio di Bombay, coniugando materiali e tecniche moderne con forme e motivi decorativi antichissimi. Un viaggio, dunque, da mille e una notte attraverso cinquecento anni di maestria artigiana e di rara bellezza attende il visitatore della mostra veneziana, che permetterà di immergersi tra i colori e le suggestioni di un Paese che ha regalato al mondo della gioielleria inestimabili tesori.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Collana di rubini di Nawanagar Cartier, 1937. Platino, rubini, diamanti, h. 20,5 cm, largh. 19,5 cm. The Al Thani Collection, [fig. 2] Aigrette Mellerio dits Meller, Parigi, 1905. Oro, platino, diamanti, fondo a smalto, h. 15,5 cm, largh. 6 cm. The Al Thani Collection; [fig. 3] Diffusore per l’acqua di rose India settentrionale, 1675-1725. Oro, rubini, smeraldi, perle,  h. 25,5 cm, diam. 10,3 cm. Iscrizione in persiano sulla base: 64 tola 4 masha / 64 tola 2 masha. The Al Thani Collection; [fig. 4] Elemento decorativo dal trono di Tipu Sultan Mysore, 1787-1793 circa; plinto 1800 c.. Oro, diamanti, rubini, smeraldi, lacca. Plinto: marmo nero, metallo dorato, h. 17,1 cm /Elemento decorativo h. 6,8 cm, largh. 5,4 cm, sp. 5,5 cm. Plinto h. 10,3 cm, largh. 10 cm, sp. 10 cm. The Al Thani Collection

Informazioni utili 
 «Tesori dei Moghul e dei maharaja: la collezione Al Thani». Palazzo Ducale, San Marco, 1 - Venezia. Orari: fino al 31 ottobre 2017, dalle ore 8.30 alle ore 19.00; dal 1° novembre, dalle ore 8.30 alle ore 17.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 13,00 (ragazzi da 6 a 14 anni; studenti dai 15 ai 25 anni; accompagnatori (max. 2) di gruppi di almeno 15 ragazzi o studenti; visitatori oltre 65 anni; personale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MiBACT); titolari di Carta Rolling Venice; Soci Fai. Informazioni:call center 848082000 (dall’Italia); +3904142730892 (dall’estero); info@fmcvenezia.it. Sito internet:  palazzoducale.visitmuve.it. Fino al 3 gennaio 2018. 

martedì 19 settembre 2017

«Il cantiere delle arti», non solo teatro e dizione nella 'nuova' scuola di «Culturando»

«Il teatro? Un gioco importante per crescere»: così «Culturando», realtà associativa che ha tra le proprie finalità l’educazione e la formazione dei giovani nell’ambito delle attività connesse al mondo dello spettacolo, presenta la scuola multidisciplinare di teatro «Il cantiere delle arti», che venerdì 22 settembre inizierà, con il primo di quattro Open Day conoscitivi, il suo secondo anno di attività al Manzoni di Busto Arsizio. Sono tre i progetti che l’associazione olgiatese ha in programma per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado: «I piccoli attori» per i bambini dai 5 ai 10 anni, «Attori in erba» per i ragazzi dagli 11 ai 15 anni, e «I giovani artisti» per le persone dai 16 ai 23 anni.
A questi corsi di educazione allo spettacolo e alla teatralità, che rinnovano nei nomi e nelle fasce d’età la proposta formativa presentata nella passata stagione, si aggiungerà dal prossimo novembre «Con precise parole», un corso di dizione e public speaking finalizzato non tanto alla formazione attoriale quanto all’acquisizione di una maggiore sicurezza nel parlare in pubblico e di un modo più efficace di gestire la propria comunicazione verbale.
Si completa così, con un progetto riservato agli over 18, l’offerta della scuola «Il cantiere delle arti», nata con l’intento di far sperimentare ai più giovani un linguaggio immediato e coinvolgente quale il teatro praticato, straordinario strumento per la crescita personale, ma anche modo divertente ed efficace per comunicare cultura e tradizioni o per veicolare messaggi importanti, formando così lo spettatore di domani, un futuro uomo o donna che sia curioso, propositivo e mentalmente aperto.
L'esperienza teatrale aiuta, infatti, i bambini, i ragazzi e i giovani nel loro sviluppo psico-fisico: li facilita a esprimere le proprie emozioni, accresce l'autostima, insegna il senso di condivisione con gli altri, stimola la fantasia e la creatività, migliora la percezione dello spazio e acuisce il senso estetico.
Dopo il fortunato progetto dedicato alla vita e alla musica di Gioachino Rossini, due sono i temi che l’associazione «Culturando» ha scelto di approfondire in questa nuova stagione: legalità, cittadinanza attiva e memoria, con particolare riferimento alle figure di Aldo Moro e Peppino Impastato, e la Commedia dell’arte, una pagina appassionante della storia teatrale italiana a cui devono molto autori come Molière, Shakespeare e Goldoni.
I nuovi progetti della scuola «Il cantiere delle arti» nascono dal lavoro di un affiatato gruppo di professionisti specializzati in differenti discipline dello spettacolo, formato da Davide De Mercato (recitazione, animazione e dizione), Gerry Franceschini (regia e recitazione), Stefano Montani (animazione e recitazione) e Annamaria Sigalotti (scrittura creativa e analisi del testo). Da questa stagione «Culturando» potrà, inoltre, vantare la collaborazione di due nuove docenti, fresche di studi all’«MTS – Musical! The School», accademia professionale di spettacolo con sede a Milano: Anna De Bernardi e Serena Biagi, che insegneranno rispettivamente uso della voce e canto e movimento corporeo e danza.

Bambini e adolescenti alla scoperta della Commedia dell'arte
Ad avviare le attività sarà, nel pomeriggio di venerdì 22 settembre, alle ore 16.45, il corso «Attori in erba», laboratorio per ragazzi dagli 11 ai 15 anni, le cui lezioni si terranno una volta a settimana, in orario non scolastico, negli spazi del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio e del vicino oratorio «San Filippo Neri»: il venerdì, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, con ingresso a partire dalle ore 16.45 e uscita entro le ore 19.15.
«Tra maschere, lazzi e canovacci» è il tema scelto per questa edizione del corso che si propone di avvicinare i più giovani al teatro e alla sua storia attraverso lo studio della Commedia dell’arte, approfondendo argomenti quali la maschera e il suo uso, le tecniche di improvvisazione e quelle per la costruzione di un canovaccio, i tipi fissi del teatro (vecchi, zanni, innamorati e capitani), i loro caratteri e i loro linguaggi.
Arlecchino, Pulcinella e i tanti altri protagonisti della Commedia dell’arte, con le loro storie, saranno al centro anche dal corso «I piccoli attori», riservato ai bambini dai 5 ai 10 anni, il cui progetto si intitola «Ti conosco, mascherina!». Le lezioni si terranno negli stessi orari del corso «Attori in erba»; mentre l’Open Day è in cartellone per la giornata di venerdì 29 settembre, dalle ore 16.45. Durante i due laboratori, che prevedono entrambi trenta moduli didattici di due ore e trenta ciascuno, i bambini saranno inizialmente protagonisti di giochi di relazione e di fiducia, improvvisazioni corali e individuali e, poi, impareranno l’ABC del mondo della scena, cimentandosi anche nella stesura del testo drammaturgico e nella costruzione delle maschere, in vista del saggio-spettacolo di fine anno, in cartellone indicativamente nella giornata di sabato 19 maggio 2018.

9 maggio 1978, un progetto de «I giovani artisti» per riflettere
Ai ragazzi dai 16 ai 23 anni è, invece, dedicato il corso «I giovani artisti», che approfondirà le varie discipline del teatro e, contemporaneamente, tratterà dei temi della legalità, della cittadinanza attiva e della memoria storica, a partire dalla storia di Peppino Impastato.
«Se si insegnasse la bellezza…» è la frase scelta come filo rosso del percorso che prevede ventisette moduli didattici di due ore ciascuno, in programma con cadenza settimanale e in orario non scolastico: il lunedì, dalle ore 17 alle ore 19. L’Open Day è fissato per il pomeriggio del 23 ottobre, alle ore 17; mentre lo spettacolo di fine anno si terrà mercoledì 9 maggio 2018, Giornata per la memoria delle vittime del terrorismo.
Nella stessa serata si chiuderà anche il corso di dizione e public speaking «Con precise parole», il cui Open Day si terrà nella mattinata di sabato 4 novembre, alle ore 10.30.
Il laboratorio prevede venti moduli didattici di un’ora e trenta ciascuno, in programma il venerdì sera, dalle ore 21.00 alle ore 22.30, o il sabato mattina, dalle 10.30 alle 12.00. I testi scelti per le esercitazioni in aula, le improvvisazioni individuali e di gruppo mediate dal teatro e il saggio finale, dedicato al ricordo della figura di Aldo Moro, avranno come filo conduttore il tema «1978, un anno su cui riflettere». Un argomento, questo, che sarà al centro di un progetto che «Culturando» sta ideando per la primavera e l’estate 2018, teso ad affrontare la storia e il pensiero di Aldo Moro, Peppino Impastato, Sandro Pertini e i papi Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3] Una scena dello spettacolo «C'era una volta...Gioachino Rossini», con gli «Attori in erba». Foto: Valentina Eleonora Colombo; [fig. 4] Un momento delle lezioni con I piccoli attori e gli «Attori in erba» al teatro Manzoni di Busto Arsizio. Foto: Valentina Eleonora Colombo; [fig.5] Una scena dello spettacolo «Se fosse per me, farei la pace» con gli «Attori in erba». Foto: Moscatelli

Informazioni utili
«Il cantiere delle arti» - scuola multidisciplinare di teatro | II anno. Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese). Informazioni: associazione «Culturando», tel. 347.5776656 o info@associazioneculturando.com.  La scheda di iscrizione ai corsi, con le informazioni dettagliate sui calendari e sui costi, sono scaricabili al link https://goo.gl/E3ZByW.

domenica 17 settembre 2017

Lyda Borelli, una primadonna del teatro italiano

Fu la prima moglie di Vittorio Cini, ma fu soprattutto una delle più affascinanti interpreti italiane del primo Novecento, oltre che una vera e propria icona liberty e una donna d’avanguardia. Stiamo parlando dell’attrice Lyda Borelli (La Spezia, 1887 – Roma, 1959), scelta dalla Fondazione Cini di Venezia, prestigiosa istituzione culturale ubicata sull’Isola di San Giorgio, per festeggiare i dieci anni del suo Istituto per il teatro e il melodramma.
All’artista ligure, che si divise tra i più grandi palcoscenici mondiali e i primi set del cinematografo, è dedicata la mostra in programma fino al prossimo 15 novembre a Palazzo Cini a San Vio, frutto dell’ampio lavoro di ricerca condotto da Maria Ida Biggi, con Marianna Zannoni, recentemente pubblicato dalla Fratelli Alinari di Firenze.
Nata figlia d’arte nel 1887, la Borelli cominciò giovanissima la propria carriera debuttando nel 1901, a soli quattordici anni, nella Drammatica compagnia italiana di Francesco Pasta e Virginia Reiter. Si esibì, quindi, sotto la regia di Virgilio Talli, e nel 1905 ottenne il ruolo di prima attrice giovane, recitando al fianco di Eleonora Duse. Intorno agli anni Dieci l’artista firmò un vantaggioso contratto con la nuova Compagnia drammatica italiana diretta da Ruggero Ruggeri, arrivando a portare in scena fino a settanta titoli in un anno. Nel 1912 divenne capocomica della Compagnia italiana Gandusio-Borelli-Piperno, diretta da Flavio Andò, mentre nel 1915 entrò a far parte della nuova Compagnia diretta da Ermete Novelli, con la quale portò in scena, in prima assoluta al teatro Carignano di Torino, «Le nozze dei Centauri» di Sem Benelli. Nel 1918 l’attrice sposò il conte Vittorio Cini e abbandonò le scene per dedicarsi alla vita familiare.
Questa storia rivive nella mostra veneziana grazie a rari documenti d’archivio, alcuni dei quali inediti, e a una straordinaria galleria di fotografie che gettano luce su una importante interprete del primo Novecento, musa ispiratrice dei più grandi fotografi e artisti del periodo.
Mario Nunes Vais, Arturo Varischi e Giovanni Artico, Emilio Sommariva e Attilio Badodi sono alcuni dei maestri dell’obiettivo per i quali la Borelli posò sia in abiti di scena sia dando sfoggio delle sue celebri toilettes.
Per l’occasione la sartoria veneziana Atelier Nicolao ha realizzato tre abiti di scena dell’attrice: il costume di Favetta in occasione della prima rappresentazione assoluta dell’opera «La Figlia di Iorio» di Gabriele D’Annunzio, quello della protagonista di «Salomè» di Oscar Wilde, indossato durante la «danza dei setti veli», e un abito borghese che documenta l’eleganza dell’artista nella vita quotidiana.
La mostra fornisce anche un quadro generale sulla personalità dell’attrice, la cui immagine di donna emancipata, costruita attraverso il carattere dei personaggi che interpretava, ma anche alla forza del suo carattere nella vita reale, contribuì a farne un modello di modernità. Madrina della jupe-culotte, la prima forma di pantalone femminile, Lyda Borelli fu anche una delle prime donne a sperimentare l’ebbrezza del volo, affiancata dai maggiori aviatori dell’epoca, e a comparire al volante di un’automobile.
In mostra vi sono anche le rare e inedite stereoscopie su lastre di vetro, realizzate da un apparecchio fotografico appartenuto alla stessa Borelli, e diversi album con preziosi ritagli stampa che documentano i suoi successi a livello nazionale e internazionale.
Una sezione della mostra veneziana è dedicata all’immagine pittorica dell’attrice. Tra i ritratti di noti esponenti della pittura italiana della Belle Époque, assume un ruolo particolare il dipinto del pittore Ettore de Maria Bergler, uno dei maggiori rappresentanti del liberty siciliano, e quello della pittrice Maria Vinca, che mostra Lyda Borelli in una dimensione familiare insieme ai due figli Giorgio e Mynna.
Completa il percorso espositivo un montaggio video realizzato dalla Fondazione cineteca italiana di Milano: un excursus sulle interpretazioni cinematografiche della Borelli, fondamentali nella costruzione della sua immagine d’artista. A tal proposito durante i mesi di apertura della mostra si terrà, fino al prossimo 8 novembre, la rassegna «Lyda Borelli diva cinematografica», articolata negli spazi del teatro La Fenice, della Casa del cinema – Videoteca Pasinetti e della stessa Fondazione Giorgio Cini.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Lyda Borelli, 1910. Fotografia Varischi e Artico. Collezione privata; [fig. 2]  Lyda Borelli con un'automobile Isotta Fraschini, 1914. Fotografia di Attilio Badodi. Collezione privata; [fig. 3]  Lyda Borelli con la jupe-culotte, 1911 circa. Fotografia di Mario Nunes Vais. Istituto centrale per il catalogo e la documentazione – Gabinetto Fotografico nazionale, Archivio Nunes Vais, Roma

Informazioni utili 
«Lyda Borelli, una primadonna del Novecento». Palazzo Cini, San Vio, Dorsoduro 864 – Venezia. Orari: ore 11.00 – 19.00 (ultimo ingresso ore 18.15), chiuso il martedì (ultimo ingresso ore 18.15). Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: Istituto per il teatro e il melodramma, tel. 041.2710236 o teatromelodramma@cini.it. Fino al 15 novembre 2017