ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 29 novembre 2017

Un'«Alice nel paese delle meraviglie» solidale al teatro Manzoni di Busto

Un Coniglio bianco con panciotto e orologio da taschino, un grande Bruco azzurro che fuma il narghilè, un’irosa Duchessa che culla un maialino, un Cappellaio tutto matto e una Regina di cuori con la mania delle decapitazioni: gli improbabili e surreali personaggi nati dalla penna di Lewis Carroll troveranno casa per un giorno al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio. Mercoledì 6 dicembre, alle ore 16 e alle ore 21, la sala di via Calatafimi ospiterà una riduzione scenica del romanzo «Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie», nuovo allestimento della compagnia «Il Nodo Teatro» di Desenzano del Garda, per la regia e la traduzione di Raffaello Malesci.
Sul palco saliranno Elisa Benedetti, Danilo Furnari, Fabio Tosato, Silvia Pipa, Giuseppe Sacco, Giorgio Mosca, Fiorenzo Savoldi, Adele Draisci, Stefano Maccarinelli, Silvia Lobertini, Luca Vassalini, Matteo Mario e Michele Zanola.
L’appuntamento è promosso dall’agenzia teatrale «Premier Show» di Alessandria per conto dell’associazione «DottorSorriso», una onlus nata nel 1995 con la missione di rendere più serena la degenza dei bambini in ospedale attraverso la clownterapia.
Nato in abbozzo il 4 luglio 1862, durante una gita in barca sul Tamigi, con la piccola Alice Liddell e le sue due sorelle, Edith e Lorina (le tre figlie di Henry George Liddell, decano del Christ Church College di Oxford), il racconto «Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie» di Lewis Carroll, pseudonimo di matematico e reverendo Charles Lutwidge Dodgson, venne pubblicato a Londra tre anni dopo, nel 1865.
Il successo fu immediato in tutto il mondo (la prima traduzione italiana data al 1872) e la storia affascina ancora oggi la fantasia dei più piccoli, ai quali offre -scrive il traduttore e letterato Piero Pignata- «l’opportunità di vedersi ricreato davanti il mondo quale essi, più o meno consciamente, se lo raffigurano, libero da ogni legame logico».
Il «paese delle meraviglie» è, infatti, un luogo nel quale l’immaginazione e il paradosso regnano sovrani, dove le percezioni spaziali e temporali vengono stravolte e dove tutte le leggi del buon senso non trovano casa. Ed è proprio un sogno quello che porta Alice, una bambina di sette anni dalla curiosità vivace e dallo spirito intraprendente, a inseguire un Coniglio bianco dagli occhi rosa e dal passo svelto, con tanto di panciotto e orologio da taschino, in un luogo solo all’apparenza normale, con aiuole tutte fiorite e fontane zampillanti, dove è possibile cambiare la propria altezza con una facilità sorprendente, solo assaggiando pasticcini speciali, funghi magici e sciroppi dal sapore di «torta alle ciliegie, crema, ananas, tacchino arrosto, caramello e perfino toast col burro».
La bambina si troverà, poi, a fare conoscenza con tanti altri personaggi «colorati ed evanescenti» come il ghignagatto dal sorriso stampato, il caustico grifone, la melanconica tartaruga, il flemmatico re di cuori, la regina con la smania di decapitare tutti i suoi sudditi, la Lepre marzolina e il Cappellaio matto, fino al brusco risveglio finale.
Il «paese delle meraviglie», luogo che ha il suo senso nel nonsense, si dissolve così magicamente, lasciando il posto alla realtà di tutti i giorni. La piccola dovrà continuare a confrontarsi con il conformismo e il convenzionalismo di una società, quella vittoriana, dove le stravaganze e le fantasticherie sono messe al bando, confinate negli spazi più reconditi dell'anima.
 «Le folli avventure di Alice -racconta Raffaello Malesci- hanno una connotazione molto inglese con i vari riferimenti all’ora del tè, al gioco del croquet e ai verdi giardini dell’immaginario anglosassone». La storia è anche ricca di spiritosi giochi di parole e di canzoncine divenute popolarissime in area anglosassone (la filastrocca «The Queen of Hearts» è, per esempio, citata in «Mary Poppins»).
«Le avventure di Alice – ricorda ancora Raffaello Malesci- sono infinite e cangianti e hanno stimolato innumerevoli trasposizioni teatrali e cinematografiche. Noi ci siamo divertiti a cercare la nostra Alice che si perde nella vastità delle fantasie di Lewis Carrol. Una storia ingarbugliata come un gomitolo, che abbiamo attualizzato, cercando di trovare il bandolo dell’infinita avventura di Alice, ma sperando sinceramente di non trovarlo affatto, come era verosimilmente nelle intenzioni dell’autore. Perché le avventure di Alice devono sempre potersi dipanare nuove e inaspettate nella fantasia di ciascuno di noi».

Informazioni utili
«Alice nel paese delle meraviglie». Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio. Quando:  mercoledì 6 dicembre 2017, ore 16.00 e ore 21.00. Ingresso: il costo del biglietto, il cui incasso sarà in parte devoluto all’associazione «DottorSorriso» onlus di Lainate (Milano), è fissato ad euro 20,00 per la replica pomeridiana ed euro 25,00 per quella serale; per entrambi gli appuntamenti è stato pensato un biglietto ridotto per i bambini dai 3 ai 15 anni di euro 15,00. Informazioni e prenotazioni:  tel. 393.1020800 o premier@premiershow.it.

martedì 28 novembre 2017

Genova, al Teatro della Tosse un festival sulla danza come strumento di indagine sociale

Riflettori puntanti sulla danza al Teatro della Tosse di Genova, dove fino a domenica 10 dicembre va in scena «Pubblico corpo», terza edizione di «Resistere e creare», rassegna a cura di Michela Lucenti, coreografa in residenza dal 2015 negli storici spazi di Sant’Agostino, che guarda all’arte coreutica come strumento privilegiato di indagine sociale, estetica e politica.
Sedici spettacoli, di cui cinque in debutto nazionale o anteprima, e numerosi laboratori dedicati ai professionisti e non compongono il cartellone, che individua due tematiche come fili conduttori: «identità del singolo nella relazione con l’altro» e «comunità in un territorio». Campo di indagine di questa edizione della rassegna, il cui manifesto utilizza una foto di Jacopo Benassi con una carismatica Asia Argento, è, dunque, quello della relazione, fra due o fra molti, tra l’artista, il suo pubblico e, in alcuni casi, la critica.
Ad aprire il programma sarà, nella serata del 28 novembre, l’anteprima della performance «Autoritratto di un mammifero» di Jacopo Benassi, con le musiche dal vivo di Calibano; a seguire (intorno alle ore 19.45 e, in seguito, tutti i giorni della rassegna in varie fasce orarie) Balletto civile presenterà, in debutto, «Impronte», improvvisazioni accidentali di “relazione fisica” tra i danzatori della compagnia diretta da Michela Lucenti e chiunque, giovane o anziano, danzatore o no, voglia sperimentare liberamente il movimento in un contesto protetto ed eccezionale. Sempre nella giornata inaugurale, e in replica il 29 novembre, sarà possibile assistere ad «Alfa» di Aldes, il gruppo diretto da Roberto Castelli, con cinque danzatori impegnati nell’indagine sull’identità maschile e la sua costruzione, sul potere e ruoli dominanti.
Giovedì 30 novembre è la volta di «MODIdiDà», esiti di un laboratorio per ragazzi dai 15 ai 20 anni sui poliedrici approcci alla danza contemporanea, condotto da Nicoletta Bernardini, Veronique Liaudat e Claudia Monti. Nella stessa serata ci sarà anche «After party» del Collettivo Poetic Punkers, diretto da Natalia Vallebona: un punto di vista sulla decadenza della donna contemporanea, che si chiuderà con un vero DJ Set.
Il 2 dicembre ci sarà, invece, l’evento «Happy hour» di Alessandro Bernardeschi e Mauro Paccagnella, che partendo da una collaborazione e un’amicizia ventennale, danno vita a un progetto coreografico in progress, itinerante, che si costruisce attorno a una serie di residenze e prevede la presenza di danzatori che avranno preso parte ad un workshop intensivo (in cantiere nella giornata del 1° dicembre). I due interpreti-danzatori ripercorreranno, attraverso dieci coreografie e un dialogo costante e diretto con il pubblico, le loro vite e i loro ricordi di teenagers cresciuti negli anni ‘70 in Italia.
Domenica 3 dicembre il Teatro della Tosse ospiterà, quindi, «Lo schiaccianoci» dei Natiscalzi, opera fantastica in atto unico per ensemble di danzatori e tappeto elastico, che vedrà anche la presenza di dieci bambini del coro delle voci bianche del Teatro Carlo Felice. A seguire, nella stessa serata, è previsto il pluripremiato spettacolo «Quintetto» di TIDA - Théâtre Danse. Il giorno successivo Emanuela Serra, storico membro di Balletto Civile, presenta «Just before the forest», un lavoro sulla relazione, sulla solitudine, il tentativo di orientarsi e di essere trovati al quale fa da filo rosso «La notte poco prima della foresta» di Koltès perché il tema dello spettacolo è lo «straniero» non inteso come nato in un altro paese ma come persona che «perde» un senso di appartenenza e cerca suoi simili.
Mercoledì 6 dicembre il palcoscenico sarà occupato da uno spettacolo in debutto nazionale: «Lunaticus» (parte I) – «Tilietulum» (parte II), opera aperta di soundpainting che nasce dall’incontro fra Giancarlo Locatelli e quattro danzatori -Clelia Moretti, Claudia Monti, Federica Tardito e Aldo Rendina- e che si avvale del fondamentale contributo di Cristiano Calcagnile, Andrea Grossi e Pietro Bologna.
Il giorno successivo il Teatro della Tosse ospiterà «Gli Uomini»: tre solo di Yoris Petrillo, Simone Zambelli, Demian Troiano Hackman intitolati rispettivamente «Nothing to declare», «Non ricordo», «I walk slowly into the wind», quest’ultimo in debutto nazionale.
Venerdì 8 dicembre i riflettori saranno, quindi, puntati su Joerg Hassmann, che incontrerà il pubblico nel corso di un workshop per danzatori esperti sulla contact improvisation (in programma dal 7 al 10 dicembre).
Seguiurà un approfondimento in quattro appuntamenti sulla vita e la poetica di Anna Halprin, danzatrice, coreografa, insegnante di fama mondiale oggi ancora in attività (all’età di 97 anni), che ha formato intere generazioni di danzatori e coreografi di tutte le nazionalità sul principio del LifeArtProcess, che integra nella pratica del danzatore tutte le altre arti e le più avanzate ricerche della somatica. Halprin ha ridefinito l’arte moderna attraverso la convinzione che la danza possa trasformare l’essere umano e guarirlo a qualsiasi età.
L’inserzione inizierà con il debutto nazionale di «Me myself and I» della Compagnia Itinèrrances, per l’ideazione di Christine Fricker, e proseguirà con la proiezione del film «Le soufle de la danse» di Ruedi Gerber.
Sabato 9 dicembre ci sarà un ulteriore momento di approfondimento sulla Halprin con una masterclass diretta da Yendi Nammour, una conferenza danzata a cura di Aude Cartoux e Yoann Boyer e la proiezione del video «Danser la vie», edito da Contredanse, che illustra la ricerca e metodologia di lavoro sviluppata dalla danzatrice americana.
In serata sarà possibile vedere «Salvaje», una carrellata di immagini che espongono, anche in modo crudo, quell’impulso distruttivo in cui emerge l’idea di strumentalizzare l’altro da sé. Attraversando queste emozioni (che si trasformano in stati fisici, danze concitate e immagini disturbanti), accettandole e vivendole senza giudizio per quelle che sono, le performer arrivano a una catarsi, a una necessità di condivisione.
A chiudere la rassegna sarà, nella serata del 10 dicembre, «Danse de nuit» di Boris Charmatz, danzatore e coreografo di fama mondiale, direttore del Musée de la dance di Rennes, celebrato per il suo approccio innovativo alla danza contemporanea. Lo spettacolo, con Magali Caillet-Gajan, sarà in uno spazio urbano della città che sarà comunicato agli spettatori via sms.
Un cartellone, dunque, di grande interesse quello della nuova edizione di «Resistere e creare», che racconterà attraverso vari eventi la danza come strumento di indagine sociale e politica.

Informazioni utili
«Pubblico corpo» - III edizione del festival «Resistere e creare». Teatro della Tosse, piazza Renato Negri, 6 – Genova. Programma: http://www.teatrodellatosse.it/?s=2&id=36. Dal 28 novembre al 20 dicembre 2017.

lunedì 27 novembre 2017

A Torino una mostra sul «Ritratto di Massimo D’Azeglio»

Nel 2016 la Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris ha acquistato per la Gam – Galleria d’arte moderna di Torino un capolavoro della cultura romantica sinora noto come «Autoritratto» di Massimo d’Azeglio.
L’acquisizione ha posto le basi per uno studio sul dipinto. Si è così tentato di rispondere a varie domande che sono sorte durante il lavoro di ricerca: si tratta realmente di un «Autoritratto» o piuttosto di un «Ritratto»? E se è così, chi ne è l’autore? Per chi fu eseguito? A quale tipo di gusto collezionistico appartiene? Quando fu presentato per la prima volta? Cosa ci restituisce della cultura del suo tempo?
Il risultato della ricerca, che ha ricostruito la storia del dipinto anche in relazione viene presentato, dal 29 novembre al 25 febbraio, in una piccola mostra allestita da Virginia Bertone, con Alessandro Botta, negli spazi della Wunderkammer della Gam di Torino.
Il percorso dell’esposizione, di cui rimarrà documentazione in un catalogo edito dalla Fondazione De Fornaris, invita il visitatore a ripercorre le fasi cruciali della ricerca, presentando venti capolavori della cultura figurativa romantica, di cui almeno dieci mai esposti a Torino, insieme a fotografie d’epoca, manoscritti e documenti originali, che portano a svelare il mistero del dipinto.
L’opera può essere oggi restituita a Giuseppe Molteni (1800-1867), uno dei maggiori ritrattisti della Milano romantica, che fu legato da un rapporto di stretta e duratura amicizia con Massimo d’Azeglio (1798 – 1866).
Dopo un lungo soggiorno a Roma, d’Azeglio era tornato a Torino nel 1829 per trasferirsi definitivamente a Milano nel marzo del 1831. Poco dopo il suo arrivo l’artista chiedeva la mano della primogenita di Alessandro Manzoni, Giulia, che avrebbe sposato nel maggio del 1831. Accanto ad un sincero affetto, d’Azeglio non trascurava i benefici che potevano derivare alla sua carriera dall’appartenenza ad una delle famiglie culturalmente più in vista della città. Quello stesso anno egli si presentava con successo all’esposizione di Belle Arti di Brera, ponendo le basi per consolidare la sua affermazione artistica.
A quel felice periodo corrisponde la selezione delle opere in mostra, che si concentra su dipinti realizzati entro gli anni 1831-1836, periodo che vide una singolare collaborazione tra d’Azeglio e Molteni sul piano artistico e commerciale.
Lo testimonia un interessante acquerello di Francesco Gonin, realizzato a Milano nello stesso 1835, che raffigura d’Azeglio intento a dipingere nell’ampio e confortevole atelier di Giuseppe Molteni: sul cavalletto si riconosce la grande tela «Bradamante che combatte col mago Atlante per liberar Ruggero dal castello incantato», che avrebbe presentato a Brera quello stesso anno. Tra le tele poste sullo sfondo è riconoscibile il grande «Ritratto di Alessandro Manzoni», pervaso di impeto romantico, realizzato a quattro mani da due artisti (Molteni per la figura, d’Azeglio per lo sfondo che rievoca le sponde del lago di Como), ma che Manzoni non permise mai di esporre.
Questa tela, raramente concessa in prestito per la sua fragilità, si affianca in mostra a un altro capolavoro, per la prima volta esposto a Torino: si tratta del monumentale «Ritratto della famiglia Belgiojoso», eseguito da Molteni ed esposto a Brera in quello stesso 1831.
Si tratta di un dipinto di grande interesse poiché rinnova l’impianto tradizionale del ritratto di famiglia e che qui assume un particolare rilievo essendo intimamente legato alla committenza del dipinto protagonista.
Il «Ritratto di Massimo d’Azeglio» offre, quindi, lo spunto per ripercorrere un momento centrale nella carriera dei due artisti. Attraverso l’intensità dello sguardo il ritratto restituisce tutto il fascino di un artista maturo - d’Azeglio aveva compiuto 37 anni - che aveva ormai assunto a Milano un indiscutibile ruolo di primo piano. Con effetto attentamente studiato, la figura si staglia sullo sfondo che trascolora dall’arancio all’azzurro creando una sorta di icona dell’artista romantico. Altrettanto interessante è la scelta di rappresentarlo non con pennello e tavolozza, o all’interno dello studio, ma esaltandone le doti intellettuali, una variante che in Italia non aveva ancora molti precedenti, ma che per il talento di d’Azeglio, che si era già autorevolmente affermato nella pittura e nella scrittura, riusciva calzante.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Molteni (Affori, MI 1800 – Milano, 1867), «Ritratto di Massimo d’Azeglio (Ritratto d’uomo)», 1835. Olio su tela, 50,5 x 43,5 cm. Acquisto Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, 2016. Torino, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea; [fig. 2] Giuseppe Molteni (Affori, MI, 1800 – Milano, 1867) - Massimo d’Azeglio (Torino, 1798 – 1866), «Ritratto di Alessandro Manzoni», 1835. Olio su tela, 103 x 80,5 cm. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense; [fig. 3]  Giuseppe Molteni (Affori, MI 1800 – Milano, 1867), «Ritratto di Alessandro Manzoni», 1835 circa. Carboncino su carta, 485 x 345 mm. Torino, Collezione privata

Informazioni utili
Un mistero svelato: «Il ritratto di Massimo D’Azeglio». Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, via Magenta, 31 – Torino. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00 - 18.00, lunedì chiuso | la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card. Informazioni: tel. 011.4429518 – 011.4436907, email: gam@fondazionetorinomusei.it. Sito internet: www.gamtorino.it. Dal 29 novembre al 25 febbraio 2018.