ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 13 dicembre 2019

Parma, un anno da capitale italiana della cultura

Dall’arte del «pittore singularissimo» Antonio Allegri, conosciuto come il Correggio (Correggio, c. 1489 – Correggio, 5 marzo 1534), a quella manierista di Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540). Dalla musica scritta di Giuseppe Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901) a quella diretta da Arturo Toscanini (Parma, 25 marzo 1867 – New York, 16 gennaio 1957). Dalla letteratura di Giovannino Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968) al cinema di Bernardo Bertolucci (Parma, 16 marzo 1941 – Roma, 26 novembre 2018). Dall’austera semplicità architettonica della facciata del duomo con il suo battistero in marmo rosa firmato da Benedetto Antelami (Val d'Intelvi, 1150 circa – 1230 circa), insigne esempio del Romanico padano, all’eleganza formale del teatro Farnese alla Pilotta, ricostruito nel Novecento, ma simbolo vivido della capacità costruttiva del seicentesco Giovanni Battista Aleotti, detto l'Argenta (Argenta, 1546 – Ferrara, 12 dicembre 1636). Il genio creativo ha da sempre casa a Parma e non è un caso, dunque, che la città emiliana sia stata scelta come Capitale italiana della cultura 2020.
Il cartellone è ambizioso con i suoi quasi cinquecento eventi (tra mostre, performance teatrali, concerti, festival d’arte, rassegne, open call e dibattiti), frutto della progettualità, delle competenze e della passione di oltre settecento partner dell’Amministrazione comunale parmense, motore dell’iniziativa, che ha voluto coinvolgere nel suo anno speciale anche le vicine Piacenza e Reggio Emilia.
«La cultura batte il tempo» è il claim scelto per il programma di «Parma 2020», la cui inaugurazione si terrà con una tre giorni in programma da sabato 11 a lunedì 13 gennaio, festa del patrono cittadino Sant’Ilario, che vedrà arrivare al teatro Regio, nella giornata di domenica 12, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nella stessa giornata si inaugurerà, inoltre, la prima mostra in cartellone: «Time machine. Vedere e sperimentare il tempo» (Palazzo del Governatore, 11 gennaio – 3 maggio 2020), nata da un’idea di Michele Guerra e curata da Antonio Somaini con Eline Grignard e Marie Rebecchi.
L'esposizione esaminerà il modo in cui il cinema e altri media fondati sulle immagini in movimento hanno trasformato nel corso degli ultimi centoventicinque anni la nostra percezione del tempo, attraverso una serie di tecniche di manipolazione temporale: dall'accelerazione al ralenti, dal fermo immagine al time-lapse, dalla proiezione a ritroso al loop e alle infinite varianti di quella operazione cinematografica fondamentale che è il montaggio.
Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Stan Douglas e filmmakers come Martin Arnold, Harun Farocki, Jean-Luc Godard e Bill Morrison sono tra i protagonisti del percorso espositivo, che permetterà di «vedere e sperimentare il tempo» attraverso estratti filmici, videoinstallazioni, immagini fotografiche e proiezioni provenienti dal cinema delle origini e da quello sperimentale, dal cinema classico e da quello contemporaneo.
Tra le mostre da non perdere c’è anche «Hospitale. Il futuro della memoria» (Oltretorrente, 24 aprile – 10 ottobre 2020), una video-narrazione su grande scala ideata da Studio Azzurro che racconterà, attraverso otto tappe, la storia dell’Ospedale vecchio, uno dei più antichi d’Italia, del quale sono attualmente in corso i lavori di restauro.
«Parma 2020» vedrà arrivare in città anche Anish Kapoor (Bombay, 12 marzo 1954), artista conosciuto per le sue creazioni a forte coinvolgimento emotivo e sensoriale, protagonista di un progetto ancora da definire che metterà in dialogo il passato e il presente della città, le sue varie anime: la romana e la medioevale, la rinascimentale e la barocca, la borbonica e l’asburgica, la contadina e l’imprenditrice, quella delle tradizioni popolari e del melodramma e quella dell’innovazione tecnologica, aperta al futuro.
I tre eventi espositivi rientrano nel Progetto Pilota del Dossier di candidatura, al cui interno sono previste anche quattro Open Call per promuovere l’accessibilità e la contaminazione tra cultura, imprese, tessuto urbano, periferie e comunità locali: «Imprese Creative Driven», «Creating sustainability», «Cultura per tutti, cultura di tutti», dedicata alle nuove sfide dei musei, e «Temporary Signs», un progetto di riscrittura ambientale che tiene insieme quartieri e artisti under 35.
Al Progetto Pilota, il Dossier di candidatura affianca «Officine contemporanee», un palinsesto di mostre, produzioni teatrali e musicali, festival e cantieri-laboratorio che vogliono offrire un pensiero sul contemporaneo, inteso come «luogo che tiene insieme i tempi».
In questo frangente, Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition presenterà «Noi, il cibo, il nostro pianeta: alimentiamo un futuro sostenibile» (Galleria San Ludovico, Portici del Grano e Spazio A, 11 gennaio – 13 aprile 2020). La Diocesi di Parma proporrà la mostra «I mesi e le stagioni. Piazza Duomo con gli occhi di Benedetto Antelami» (Battistero di Parma, maggio – novembre 2020). Il teatro Regio ha in calendario un festival dedicato alla rivoluzione del concetto di tempo nelle arti del Novecento. Il Festival Verdi presenterà la mostra «Opera!» (Palazzo del Governatore, 19 settembre 2020 – 13 gennaio 2021). Il Complesso monumentale della Pilotta guarderà, invece, alla sua storia con «I Farnese: le arti, il potere. 1513-1731» (21 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021), un'esposizione che indaga come questa potente casata abbia scritto pagine importanti per le arti nel Rinascimento e nel Barocco.
Tra i tanti altri eventi in calendario meritano una segnalazione anche l'antologica dell’austriaco Francesco Ciccolella, premiato come illustratore dell’anno 2019 dall’American Illustration and American Photography, la mostra «Labirinti. Umberto Eco, Franco Maria Ricci. Storia di un segno», la rassegna «You are Here. The cities of Spiekermann», in programma per ottobre all’Abbazia di Valserena, sede del CSAC – Centro studi e archivio della comunicazione, che omaggerà la figura di Erik Spiekermann, ideatore dell’iconica P, brand di «Parma 2020».
Per celebrare questo intenso anno all’insegna della cultura, Fabrica realizzerà, infine, un inedito reportage del territorio, curato da Oliviero Toscani, con l’intento di raccontare ogni singola iniziativa in programma.
«Points of view», questo il titolo del progetto, sarà la più grande chiamata a raccolta di fotografi di tutti i tempi. Professionisti, grandi maestri e amatori saranno invitati a raccontare Parma e il suo progetto di valorizzazione della cultura. Cultura come «metronomo della vita della città». Cultura come strumento per il «benessere della comunità, veicolo di sviluppo sociale ed economico, luogo di libertà e democrazia, spazio e tempo di inclusione e di crescita individuale e comunitaria». Cultura come sguardo rivolto al passato, alla storia della città, per creare un futuro migliore, scommettendo, anche e soprattutto, sulla «carta dell’inclusione e della sostenibilità».



Didascalie delle immagini
Le immagini di Parma pubblicate sono di Edoardo Fornaciari. In ordine è possibile vedere: il teatro Regio, il teatro Farnese, il parco di Palazzo Ducale, il teatro dei burattini, la Galleria nazionale e il Museo Bodoni. Nella prima immagine è visibile il logo di Erik Spiekermann per Parma 2020
Si ringrazia l'ufficio stampa Delos di Milano (delos@delosrp.it) per le fotografie

Per saperne di più
www.parma2020.it

giovedì 12 dicembre 2019

Napoli, quattro sculture di Jan Fabre per il Pio Monte della Misericordia

«La purezza della misericordia», «La libertà della compassione», «La rinascita della vita» e «La liberazione della passione»: sono questi i titoli delle quattro sculture che Jan Fabre (Anversa, 14 dicembre 1958) ha realizzato per la Cappella del Pio Monte della Misericordia a Napoli.
Si tratta di un ritorno in città per l’artista, che la scorsa estate ha presentato, con il titolo di «Oro rosso», la sua ricerca sulla vita e sulla morte, sulla vanitas e sulla bellezza in quattro sedi partenopee: il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Madre, la storica galleria Studio Trisorio e, appunto, la Chiesa del Pio Monte della Misericordia.
In questi spazi Jan Fabre aveva allestito, per la curatela di Melania Rossi, «The Man Who Bears the Cross (L’uomo che sorregge la croce)», un autoritratto in cera, del 2015, in cui l’artista tiene in bilico, sul palmo della mano, una croce di oltre due metri.
L’iniziativa aveva riscosso un grande successo e un fortissimo afflusso di pubblico, affascinato dal modo in cui l’opera si era armonizzata con il contesto della chiesa sia dal punto di vista estetico-formale che in senso concettuale e spirituale.
Da questo appuntamento espositivo è nata l’idea di allestire in maniera permanente al Pio Monte della Misericordia un insieme di nuove opere di Jan Fabre, recuperando così anche un passato glorioso dell’istituto che, nell’allestimento della propria cappella, ha sempre fatto ricorso all’arte contemporanea (tale era, all’epoca in cui fu introdotta, la pittura del Caravaggio, così come quella di Battistello, di Luca Giordano e di altri artisti ancora).
L’artista belga ha così creato un corpus di quattro sculture in corallo rosso che rappresentano complesse associazioni simboliche e iconografiche, concepite per essere poste in stimolante dialogo con i dipinti seicenteschi già esistenti nella chiesa.
I lavori - ciascuno alto 110 centimetri e del peso di circa 50 chilogrammi - sono interamente ricoperti di corallo rosso, sotto forma di roselline, perle e mezze perle e di piccoli cornetti.
La scelta del materiale -prodotto naturale che, sebbene raro e prezioso, è già ampiamente documentato nella produzione artistica napoletana- è evidentemente carico di significati simbolici e implica una suggestione spirituale di energia e di forza vitale.
Se fin dai primi anni Ottanta il corpo in tutte le sue forme è l’oggetto centrale della ricerca di Jan Fabre e un tema ricorrente della sua produzione artistica, un posto particolare, in questa costellazione concettuale, è occupato dal cuore -elemento centrale di ciascuna scultura- simbolo, al tempo stesso fisico e spirituale, di compassione e di amore universale, e rappresentazione dell’unità centrale di una saggezza costituita da sentimento e pensiero.
Nelle sculture ideate per Cappella del Pio Monte della Misericordia, la cui inaugurazione si terrà il prossimo 21 dicembre, a ciascuno dei quattro cuori raffigurati sono legati elementi diversi, ma sempre muniti di forte suggestione simbolica e in relazione costante con il contesto estetico e spirituale di riferimento.
«La purezza della misericordia» presenta un giglio, attributo dell’immacolata purezza di Maria, e la mascella d’asino, metafora direttamente prelevata dalle «Sette Opere di Misericordia» di Caravaggio (1606 -1607) per indicare l’atto di «dare bere agli assetati». «La libertà della compassione» raffigura una colomba, simbolo dello Spirito Santo, e rinvia al «San Paolino che libera lo schiavo» di Giovan Bernardo Azzolino (1626-1630). «La rinascita della vita» con l’edera, figura della resurrezione e della vita eterna, che avvolge la croce, simbolo centrale del cristianesimo e albero della vita, intende porsi in dialogo con la «Deposizione» di Luca Giordano (1771). Nella scultura «La liberazione della passione», infine, la torcia, emblema di illuminazione e di speranza, e la chiave, simbolo di San Pietro e della porta del regno dei cieli, si pongono in rapporto con il «San Pietro che resuscita Tabithà» di Fabrizio Santafede (1611).
Il progetto, che vede ancora una volta la curatela di Melania Rossi, è stato reso possibile grazie alla generosità e all’amore per l’arte del collezionista Gianfranco D’Amato e di Enzo Liverino, proprietario di una storica azienda che lavora ed esporta corallo. Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo edito da Electa Mondadori, con testi di Luigi Pietro Rocco di Torrepadula, Gianfranco D’Amato e Vincenzo Liverino, saggi di Stefano Causa, Bianca Cerrina Feroni, Dimitri Ozerkov, Melania Rossi, Els Wuyts, oltre ai disegni collage realizzati dall’artista.
Un progetto, dunque, composito quello del Pio Monte della Misericordia, grazie al quale Jan Fabre si confronta ancora una volta con il brillio del corallium ruber del Mediterraneo, lavorato nella cittadina vesuviana di Torre del Greco, e con la storia di Napoli.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Jan Fabre, «La Libertà della Compassione». Cappella del Pio Monte della Misericordia, Napoli. Foto: Luciano Romano; [fig. 2]  Jan Fabre, «La Purezza della Misericordia». Cappella del Pio Monte della Misericordia, Napoli. Foto: Luciano Romano Jan Fabre; [fig. 3] Jan Fabre, «The Man Who Bears the Cross (L’uomo che sorregge la croce)». Cappella del Pio Monte della Misericordia, Napoli. Foto: Luciano Romano

Informazioni utili
Jan Fabre - La Purezza della Misericordia | La Libertà della Compassione | La Rinascita della Vita | La Liberazione della Passione. Installazione permanente di quattro sculture in corallo. Pio Monte della Misericordia, Via dei Tribunali 253 - Napoli. Orari: lunedì – sabato, ore 9.00–18.00; domenica, ore 9.00–14.30; ultimo ingresso consentito 30 minuti prima della chiusura. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00. Informazioni: segreteria@piomontedellamisericordia.it. Ufficio stampa: Alessandra Santerini, email alessandrasanterini@gmail.com, cell. 3356853767 | Giovanni Sgrignuoli, email giovanni@gmspress.com, cell. 3289686390. Sito internet: www.piomontedellamisericordia.it. Dal 22 dicembre 2019.

mercoledì 11 dicembre 2019

«La critica e l’arte di Leonardo da Vinci», Crossmedia ristampa il saggio di Lionello Venturi

Gli anniversari, come i restauri, si rivelano spesso straordinarie occasioni di studio, approfondimento e conoscenza. A questo assunto non è venuto meno il cinquecentenario dalla morte di Leonardo da Vinci, che ha permesso di riscoprire i molteplici interessi dell’artista toscano.
In questo scorcio di fine anno, il calendario prevede ancora, nel nostro Paese, qualche appuntamento leonardesco interessante. Mentre a Milano ha da poco inaugurato, al Museo della scienza e della tecnica, una mostra permanente con centosettanta opere e trentanove installazioni multimediali che raccontano l’interesse del maestro per l’arte della guerra, il volo e le vie d’acqua, Torino risponde con una rassegna, alla Biblioteca reale, che allinea nove disegni autografi dell’artista, tra i quali il celebre «Autoritratto».
Sotto la Mole, al Museo storico nazionale d’artiglieria, nel Mastio della Cittadella, c’è, in questi giorni, anche la possibilità di vedere all’opera un robot progettato da Camau mentre disegna «La Gioconda». La performance, più spettacolare e divulgativa che rigorosamente scientifica, fa parte del percorso espositivo di «Leonardo da Vinci. I volti del genio», la rassegna a cura dello spagnolo Christian Gálvez, che ha il suo pezzo forte nella «Tavola lucana», una tempera su legno realizzata tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo, ritrovata nel 2008 da Nicola Barbatelli, che raffigura il volto dell’artista ripreso di tre quarti in semi-profilo, con caratteristiche fisiche molto diverse dalle aspettative e da quelle già evidenziate dal famoso ritratto della Biblioteca reale di Torino.
Anche Firenze celebra, in questi ultimi giorni di dicembre, l’anniversario leonardesco e la fa in maniera insolita, con la presentazione al complesso monumentale di Santo Stefano al Ponte, a due passi da Ponte vecchio, di un libro fondamentale per gli studi sull’artista.
Lunedì 16 dicembre, alle ore 17, Roberta Barsanti, direttrice del Museo leonardiano di Vinci, e Raffaele Nencini presenteranno, infatti, la ristampa del volume «La critica e l’arte di Leonardo da Vinci» (160 pagine, 25 euro), un classico di Lionello Venturi, storico dell’arte che ha lavorato nei musei di Venezia, Roma e Urbino e che si è distinto, nei suoi anni torinesi, per essere stato uno dei pochi docenti italiani a rifiutare di firmare il giuramento di fedeltà al fascismo.
L’iniziativa editoriale è stata fortemente voluta da Crossmedia Group, realtà fiorentina attiva dal 2008 che, in anni recenti, ha creato prodotti innovativi per la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali come le mostre multimediali, immersive e itineranti, su Raffaello, Magritte e Leonardo.
Apparso nel 1919 in occasione del quattrocentesimo anniversario della morte dell’artista toscano, il libro era fuori catalogo da tempo: l’ultima ristampa del volume risaliva, infatti, al 1988, quando la Zanichelli editore di Bologna ne aveva pubblicato un’edizione anastatica.
L’anniversario del mezzo millennio è sembrata, quindi, l’occasione giusta per riportare il testo sul mercato editoriale e renderlo disponibile alle nuove generazioni di studiosi e appassionati di Leonardo.
Il libro, uno dei testi più importanti di Lionello Venturi insieme con «Il gusto dei primitivi», è un saggio inconsueto, che viola la consueta regola della trattazione monografica, preferendo un taglio per tematiche. La natura, i contemporanei, la scienza, le fonti e il disegno sono gli argomenti trattati.
Il critico d’arte Giulio Carlo Argan ne parlava come di un libro profondamente segnato dall'esperienza bellica, che lo studioso aveva vissuto in prima persona come tenente in un reparto di fanteria.
L’opera, di grande vivacità intellettuale, è percorsa da un forte disprezzo verso i pregiudizi e da una notevole capacità di sintesi. Lionello Venturi separa l'indagine dello scienziato dall'opera dell'artista, e ammette spregiudicatamente che molti aspetti della prima ritornano inesorabilmente nella seconda.
In questo libro appare, inoltre, per la prima volta uno dei fondamenti del fare critica dello studioso, che, muovendo dallo storicismo crociano, ha approfondito le questioni metodologiche della storia dell'arte introducendo il concetto di gusto come elemento soggettivo di cultura figurativa.

Per saperne di più 
www.ctcrossmedia.com