ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 3 luglio 2020

«Opera tua» di Coop, il «San Francesco» di Filippo da Verona è restaurato

Era il 2017 quando Coop Alleanza 3.0 lanciava «Opera tua», il progetto che sposa il sostegno alla cultura, attraverso la valorizzazione e il recupero di capolavori locali, con l’eccellenza dei prodotti enogastronomici della linea «Fior fiore Coop», nell’ambito dell’iniziativa solidale «1 per tutti 4 per te».
Dal Friuli Venezia alla Sicilia, dalla Lombardia alla Puglia, negli ultimi tre anni sono state restaurate oltre venti opere, tra quelle selezionate da Fondaco Italia, in collaborazione con l’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco, e con il patrocinio del Touring club italiano, ente non profit che, da oltre cent’anni, si occupa di turismo, cultura e ambiente.
Tra queste c’è il dipinto ad olio su tavola «San Francesco riceve le stimmate» di Filippo da Verona, da poco restituito ai Musei civici d'arte antica dell'Istituzione Bologna Musei e, da mercoledì 24 giugno, esposto permanentemente nella Sala 6, con la lettura critica di Silvia Battistini.
L’opera, realizzata probabilmente tra il 1515 e il 1520, è stata attribuita al pittore veneto nel 1990 da Danilo Benati. grazie agli studi sull'artista che si sono succeduti a partire dagli anni Ottanta del XX secolo.
Le notizie in nostro possesso su Filippo da Verona sono molto poche; la maggior parte di queste si desumono dalle firme apposte alle sue opere o da contratti siglati per l'esecuzione di lavori.
Si apprende così che l’artista si spostò frequentemente, per eseguire le commissioni che riceveva, lavorando in numerosissime città dell'Italia settentrionale e adriatica, tra Veneto, Lombardia, Liguria, Emilia, Marche e Lazio.
Noto soprattutto per la realizzazione di opere di soggetto religioso, destinate a luoghi di culto o alla devozione privata, il pittore veneto si distinse per il suo talento e la capacità di aggiornare la sua pittura, formatasi nell'ambiente veneto del tardo Rinascimento.
Gli anni dieci del Cinquecento, quelli ai quali risale l’opera bolognese, furono fondamentali nel suo percorso: Filippo da Verona aggiornò, infatti, il suo stile, mostrando di conoscere bene Raffaello, Dosso Dossi, Lorenzo Lotto, il Romanino e Amico Aspertini (al quale, a lungo, venne anche attribuita la tavola su San Francesco), ma anche Albrecht Dürer e soprattutto Albrecht Altdorfer.
Il dipinto bolognese, che è stato scelto dai soci di Coop Alleanza 3.00 in un voto on-line sull’Emilia Romagna tenutosi dall’1° al 31 maggio 2019, è esposto nelle collezioni comunali dal primo allestimento del 1936 a opera di Guido Zucchini, ma era stato precedentemente individuato da Francesco Malaguzzi Valeri tra i beni tenuti in magazzino e prelevata per essere esposta a partire dal 1924 alla Regia Pinacoteca di Bologna, come opera ferrarese.
Purtroppo non si conoscono le circostanze dell’accesso nel patrimonio pubblico, lasciando aperta sia la possibilità che il lavoro si trovasse in un luogo di culto soppresso sia che fosse parte di una delle eredità pervenute al Comune tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni venti del Novecento, periodo al quale risalgono le donazioni Palagi, Pepoli e Rusconi.
Il restauro, iniziato a fine ottobre 2019, è stato realizzato per la parte riguardante la parchettatura da Daniele Biondino e dalla ditta Pantone Restauri di Roma per la parte pittorica.
L’intervento ha previsto il rilievo fotografico, anche a luce infrarossa, per la localizzazione delle zone maggiormente degradate della tavola, e numerose indagini diagnostiche, che hanno fornito informazioni fondamentali per il corretto svolgimento del restauro. Si è proceduto, quindi, al consolidamento del supporto ligneo, colmando le lacune che si erano create con il tempo nelle assi che compongono la tavola. Per fare ciò è stato necessario rimuovere le traverse apposte sul retro, che sono state rimontate una volta terminate le operazioni di risanamento. Si è, poi, proceduto con la pulitura della superficie pittorica, rimuovendo le ridipinture non coeve all’opera. Infine, sono state fatte le stuccature in corrispondenza delle fessure tra le tavole e i ritocchi pittorici, per permettere una corretta visione dell’immagine.
La pulitura della superficie pittorica e le indagini diagnostiche hanno permesso di approfondire la lettura del quadro, sia da un punto di vista stilistico che iconografico.
Come sempre accade nelle opere di Filippo da Verona, numerose figure popolano il paesaggio in cui si svolge l’evento principale, rappresentando altri momenti della storia o fornendo informazioni aggiuntive per comprenderne il contesto.
Assieme a San Francesco rapito dalla visione del Cristo (qui rappresentato non crocifisso ma Bambino), si possono riconoscere alla sua destra frate Leone e, nella parte alta del dipinto in mezzo al bosco, Santa Lucia che tiene in mano il vassoio con i suoi occhi, rivolta verso un santo vescovo, verosimilmente San Bassiano (o Bassano), riconoscibile per la fibula che trattiene il piviale, all’interno della quale vi è custodito il sangue di Cristo.
Un’altra figura, appena intuibile prima del restauro, si trova nell’angolo inferiore sinistro della tavola. Con l’avanzamento del restauro è stato recuperato il volto velato e il soggolo di una clarissa, probabilmente la committente dell’opera, che assiste orante alla scena miracolosa. Le dimensioni ridotte dell'opera sono coerenti con un’opera di devozione destinata alla cappella di un monastero. Sicuramente un cambio di destinazione indusse la nuova proprietà a modificare l’immagine della donatrice, per sostituirla con un nuovo devoto. Il lavoro fu fatto in un momento successivo, circa un secolo dopo la pittura di Filippo da Verona. Questo non deve stupire. Di fatto non erano inconsueti al tempo cambi di proprietà di oggetti di pregio con relative modifiche per adeguarli ai gusti del nuovo proprietario.
È comunque difficile formulare un’ipotesi sul luogo per cui Filippo da Verona realizzò questo dipinto: la presenza di Santa Lucia suggerisce di dover cercare la committenza in uno dei non numerosi monasteri di clarisse dedicati alla martire di Siracusa. È interessante che uno di questi –di antica tradizione– si trovasse a Rieti, città in cui nel 1522 Filippo da Verona era documentato come residente, ma dove non si conoscono sue opere. La presenza di San Bassano, però, orienterebbe piuttosto per un luogo del nord Italia, dove il culto del santo è vivo tra Lombardia (soprattutto nelle province di Lodi e Cremona) e Veneto (Bassano del Grappa).
L’altissima qualità stilistica del dipinto, la raffinata stesura pittorica, ottenuta con minuziose pennellate giocate su un’incredibile varietà cromatica di verdi, di gialli e di ocre, e la sottile capacità di descrivere lo stupore rapito sul volto del santo girato di trequarti e inondato dalla luce sovrannaturale, rendono evidente come Filippo da Verona dovesse essere un artista molto ricercato, soprattutto negli ambienti francescani, ai quali spesso possono essere ricondotte le sue opere.
Nel frattempo ha già preso il via la nuova edizione di «Opera tua», che toccherà tutte le regioni in cui è presente Coop Alleanza 3.00: ogni mese, due gioielli artistici della stessa zona vengono proposti a soci e clienti che, con il loro voto, determinano a quale opera destinare i fondi per il recupero.
Per votare l’opera da restaurare basta collegarsi al sito www.coopalleanza3-0.it e navigare nella sezione dedicata al progetto accessibile anche dalla short url all.coop/operatua.
L’andamento dei voti sarà visibile sul portale e l’opera vincitrice verrà resa nota alla fine di ogni tappa.
On-line sarà possibile seguire anche il restauro dei lavori scelti, con informazioni sui tempi e l’avanzamento.
Un bel modo, questo, per sostenere l’arte italiana e per conoscere anche la multiforme produzione artistica del nostro territorio nei secoli: dal dipinto di personaggi illustri all’arte religiosa, senza dimenticare le rappresentazioni statuarie.

Didascalie delle immagini 
[fig. 1] Filippo da Verona (doc. 1505 c. - 1522), San Francesco riceve le stigmate. Olio su tavola, cm 130 x 94,8. Bologna, Collezioni comunali d’arte. Courtesy Pantone Restauri, Roma. Immagine successiva all'intervento di restauro conservativo; [figg.2-6] Ritorno del San Francesco riceve le stigmate di Filippo da Verona a Bologna. Foto: Roberto Serra

Informazioni utili 
Collezioni comunali d’arte - Palazzo d’Accursio, piazza Maggiore, 6 – Bologna. Informazioni: tel. 051.2193998. Sito web:_www.museibologna.it/arteantica

giovedì 2 luglio 2020

Firenze, a Manifattura Tabacchi un’estate di arte nel nuovo Cortile della Ciminiera

Concerti, proiezioni cinematografiche, installazioni artistiche, laboratori per bambini, letture drammatizzate, dj set, performance. Ma anche lezioni di yoga, biciclettate culturali nei quartieri, degustazioni di specialità eno-gastronomiche e un mercatino dell’usato interamente dedicato agli amanti del libro.
La Manifattura Tabacchi di Firenze non lascia soli i suoi concittadini o chi sceglierà la città toscana come meta vacanziera in questa lunga e complicata estate, con il Coronavirus ancora in circolazione.
A fare da filo rosso tra i vari appuntamenti, in programma fino al prossimo 13 settembre, sarà un tema quanto mai attuale come quello del rapporto tra l’uomo e l’ambiente.
È nata da qui l’idea di creare uno spazio ad hoc, all’aperto, per trascorrere i prossimi mesi in sicurezza, nel rispetto delle norme anti-Covid.
Da qualche giorno in città ha, infatti, aperto, in modalità temporanea, il Cortile della Ciminiera, un nuovo spazio verde ideato dall’architetto, paesaggista e botanico milanese Antonio Perazzi, che trasforma la corte in un giardino dove il pubblico può interagire con alberi, piante, fiori e specchi d’acqua.
La sistemazione di questo spazio trova ispirazione nella storia dell’ex fabbrica di sigari che negli anni in cui è rimasta vuota, ovvero dal 2001, è stata progressivamente conquistata da specie vegetali, autoctone e non, sbucate spontaneamente dal cemento.
Queste piante pioniere, che si sono adattate a sopravvivere negli spazi abbandonati dall’uomo e hanno ripopolato e abitato la Manifattura fino a oggi, diventano ora protagoniste in un nuovo spazio iconico che anticipa i principi alla base della rigenerazione del complesso edilizio fiorentino e della sua architettura razionalista.
Nel progetto, insieme con i trentotto alberi già allestiti all’ingresso di via delle Cascine, in occasione della passata edizione del festival «God is green» (tenutosi nel settembre 2019), e con il verde cresciuto spontaneamente nel cortile, si trovano settecento nuovi elementi tra fiori, piante acquatiche, cespugli, rampicanti e tappezzanti capaci di adeguarsi a ogni superficie drenante.
Euphorbia, salvia, echinacea, verbena, pennisetum sono alcune delle piante erbacee scelte per il giardino, perché «capaci -racconta Antonio Perazzi- di regalare di continuo nuove architetture inaspettate fatte di prolifica generosità», crescendo e prosperando con una minima manutenzione.
Firenze si ritrova così con una nuova, accogliente, piazza verde sempre aperta, dove incontrarsi, fermarsi e farsi ispirare dalla cultura.
All’interno del cortile è attualmente visibile «Arno - Imaginary Topography», un intervento site-specific di circa trecentocinquanta metri quadri, firmato da Andreco. L’opera, posta sotto la ciminiera del cortile centrale, rappresenta una topografia immaginaria che, a partire dalle forme del fiume Arno, porta idealmente all’interno del Cortile della Ciminiera quei luoghi suggestivi della Toscana in cui è inserito il complesso. Il floor-drawing, dalle tonalità rosse e blu, vuole, infatti, essere -racconta l’autore- «un omaggio alla geologia, ai fiumi, alle zone umide, agli ecosistemi, ai dislivelli dei territori toscani, ma anche alla storia di Manifattura Tabacchi».
«Il dipinto -racconta ancora l’artista- decostruisce gli elementi architettonici presenti, fluidifica le architetture industriali, restituendo a queste una nuova vita e un nuovo inizio».
Per quanto riguarda l’arte, lo spazio fiorentino presenterà anche «Nam - Not A Museum», piattaforma d’arte contemporanea basata sul principio dell’interdisciplinarietà, sul coinvolgimento della comunità, sulla collaborazione tra vari attori artistici e sull’indagine del rapporto tra arte, natura e scienza.
Qui -racconta la curatrice Caterina Taurelli Salimbeni- «l’arte è intesa nella sua accezione rinascimentale, una capacità di fare in senso trasversale, alla quale tuttavia si aggiunge la volontà di agire sul contesto attuale e sulle sue urgenze, prima tra tutte quella ambientale».
«Not A Museum» ambisce, dunque, a essere un luogo dove è possibile provare, fare esperienza, intraprendendo anche strade poco battute. Per il programma estivo sono stati chiamati Radio Papesse, l’artista multimediale Alessio De Girolamo, il collettivo Phase, gli Attivisti della danza e Fumofonico.
A Manifattura Tabacchi sono, inoltre, visibili anche lo spazio di approfondimento sulla filosofia dell’Aerocene (una nuova era utopica che promuove la consapevolezza ambientale), una grande scultura tra kitsch e minimalismo di Marcello Spada e la mostra «La meraviglia» con opere dei giovanissimi Davide D’Amelio, Anna Dormio, Bekhbaatar Enkhtur, Esma Ilter, Giulia Poppi e Negar Sh, che hanno preso parte a una residenza d’artista a Manifatture Tabacchi.
L’estate della nuova arena all’aperto di Firenze darà spazio anche al mondo delle sette note, con serate dedicate al jazz e al repertorio classico, tutte live, a cura della Scuola di musica di Fiesole, e con djset, che vedranno protagonisti i nomi più noti delle notti fiorentine.
Il giovedì sarà il giorno di «LoudLift Live», a cura di Matteo Gioli: sei appuntamenti con gli artisti più promettenti della scena indipendente nazionale, passando dalle voci femminili a one man band e sonorità neo-folk. Dal 21 luglio il Cortile della Ciminiera farà da scenario anche al cinema con una rassegna, a cura della Fondazione Stensen, che presenterà anteprime e film d’essai.
Tra i tanti appuntamenti in cartellone, tutti consultabili sul sito di Manifattura Tabacchi, ce n’è poi uno che piacerà tanto agli amanti della lettura. È «Per una libbra di libri», originale mercatino in programma ogni giovedì sera per iniziativa di Todo Modo: gli acquisti, fatti a peso, potranno essere impacchettati con vecchie copertine del «New Yorker».
Sarà un’estate ricca, dunque, quella che ha messo in cantiere Manifattura Tabacchi nella sua nuova area esterna che Antonio Perazzi ha progettato tenendo bene a mente questo suo pensiero: «I giardini sono fatti di idee, affondano le radici nella memoria e permettono a nuovi sogni di sbocciare».

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3] Giardino della ciminiera a Manifattura Tabacchi; Firenze. Foto: Niccolò Vonci; [figg.4,5] Fiori nel Giardino della ciminiera a Manifattura Tabacchi, Firenze; [fig. 6] Arno - Imaginary Topography». Intervento site specific  di Ardenco per il  Giardino della ciminiera a Manifattura Tabacchi; Firenze. Foto: Giovanni Andrea Rocchi 

Informazioni utili 
www.manifatturatabacchi.com

mercoledì 1 luglio 2020

Dagli Uffizi all’«Isadora Dance Project»: le arti su Tik Tok per conquistare la «generazione Z»

È il social network più amato dai teenager, ma è anche quello più scaricato al mondo sulle piattaforme (superando Youtube, Instagram, Whatsapp e Messenger). Ha più di ottocento milioni di utenti attivi al mese. E piace per la formula intuitiva e fresca, che permette di condividere clip di quindici o sessata secondi ai quali abbinare musica, effetti sonori e filtri. Stiamo parlando di Tik Tok, il social network nato in Cina nel 2016 da un’idea di Alex Zhu e Luyu Yang, che, nei mesi del lockdown, ha attirato l’attenzione anche degli Uffizi, primo ente culturale italiano di rilievo a fiutarne il potenziale.

Distanziamento sociale per la «Venere» del Botticelli, mascherina protettiva per la «Medusa» del Caravaggio: intrattenimento con il sorriso agli Uffizi
Sono diverse le clip, brevi e ironiche, che il museo toscano ha pubblicato, a partire dallo scorso 28 aprile, sulle notizie di attualità del momento: dalle autocertificazioni alle chiome ribelli per la mancanza del parrucchiere, dal distanziamento sociale alle lezioni on-line.
Il primo video di quindici secondi è stato una risposta alla challenge lanciata da Chiara Ferragni e dal marito Fedez, #festaincasa, e mostra il «Cavaliere Pietro Secco Suardo», dipinto nel Cinquecento da Giovanni Battista Moroni, aggirarsi per i corridoi degli Uffizi e la città di Firenze in cerca di un party esclusivo.
I post successivi hanno, invece, rivisitato in chiave ironica alcuni dei dipinti più celebri del museo. Ecco così che Federico da Montefeltro e Battista Sforza, i due duchi di Urbino ritratti da Piero della Francesca, appaiono intenti a dialogare su una passeggiata, una «lunga passeggiata», a «soli» duecento chilometri da casa.
La «Maddalena penitente» di Tiziano si lamenta, invece, dei suoi problemi tricologici con la Giuditta del pittore fiorentino Cristofano Allori, che ha appena dato ‘una spuntatina casalinga’ a Oloferne. Mentre la Venere del Botticelli rimprovera, con toni esageratamente isterici, Flora e le Tre Grazie, personaggi raffigurati nella «Primavera», per non aver mantenuto il distanziamento sociale di un metro.
C’è anche chi spiega attentamente tutte le regole della Fase 2 («punto primo: 1 metro di distanza, poi: mascherina, guanti, occhiali, disinfettante, non parlare, non respirare»): è la Madonna dipinta nell’«Annunciazione» di Lorenzo Credi. Mentre la terribile «Medusa» del Caravaggio, mascherina sul volto, riesce a pietrificare il Coronavirus che si aggira indisturbato per le sale del museo.
Non manca, poi, una bella lezione on-line con Lorenzo Magnifico, ritratto da Giorgio Vasari, negli inediti panni dell’insegnante, e con il Bacco del Caravaggio, la «Bia dei Medici» del Bronzino e la «Venere di Urbino» del Tiziano (in pigiama e patatine a portata di mano) in quelli degli allievi.
Qualcuno ha storto il naso, ma Eike Schmidt, il direttore degli Uffizi, ha spiegato bene il senso dell’iniziativa: «così come un giornale non è completo senza la vignetta e la caricatura della prima pagina anche un museo può fare umorismo: serve ad avvicinare le opere a un pubblico diverso da quello cui si rivolge la critica ufficiale, ma anche a guardare le opere in modo nuovo e scanzonato. In particolare, in un momento difficile come questo, è importante, ogni tanto, concedersi un sorriso e un po’ di autoironia».
Il «pubblico diverso» è quello della cosiddetta generazione Z, ovvero i veri nativi digitali venuti al mondo tra il 1995 e il 2010, sui quali stanno puntando l’attenzione anche moli altri importanti musei europei sbarcati sul popolare social network: dal Prado di Madrid al Rijksmuseum di Amsterdam, dal Naturkundemuseum di Berlino al Grand Palais di Parigi.

Danza contemporanea su Tik Tok con il progetto «Isadora»
Tik Tok diventa, in questi giorni, protagonista anche di un progetto di danza contemporanea: una residenza artistica digitale con una coppia inedita di professionisti dello spettacolo, quella composta da Giselda Ranieri, danzatrice e coreografa di formazione classica e contemporanea, e da Simone Pacini, docente allo Ied e all’università «La Sapienza» di Roma, specializzato in social media storytelling.
Il lavoro, che prenderà il via mercoledì 1° luglio, si intitola «Isadora – The TikTok Dance Project», in omaggio a Isadora Duncan, donna emancipata e danzatrice rivoluzionaria, ed è il primo a partire tra i sei progetti vincitori, in una rosa di circa quattrocento candidature nazionali e internazionali, del bando «Residenze digitali», promosso nei mesi del lockdown dalle associazioni toscane Armunia e CapoTrave/Kilowatt, in collaborazione con Amat – Associazione marchigiana attività teatrali e Anghiari Dance Hub.
La call aveva invitato la comunità artistica a esplorare le possibilità creative del digitale in un momento in cui l’attività del teatro si era repentinamente trasferita sul web, spesso senza porsi la domanda più importante: come intervenire efficacemente sui social e sulle varie piattaforme on-line?
Il bando ha posto l’accento su questo quesito e insieme a «Isadora» sono risultate convincenti le risposte di Agrupación Señor Serrano (Barcellona) con «Prometheus», Nicola Galli con «Genoma scenico | dispositivo digitale», Enchiridion con «Shakespeare Showdown/ Romeo & Juliet» e Umanesimo Artificiale/Joana Chicau e Jonathan Reus, Illoco Teatro con il progetto «K».
Per quanto riguarda «Isadora», Giselda Ranieri creerà dall’indirizzo www.tiktok.com/@isadora.danceme una web performance interattiva, basata sull’improvvisazione, in cui darà corpo alle coreografie degli adolescenti a partire da un processo partecipativo, ispirato alla didattica a distanza.
«I ragazzi coinvolti -spiegano gli organizzatori- realizzeranno una coreografia basata su parametri quali la ripetizione, il ritmo, lo stop motion, la segmentazione del movimento, dando vita a un processo di ricerca in linea con il learning by doing della generazione Z, iper-connessa, performativa, che si mette al centro, con forte spirito autodidatta».
Nel contempo Simone Pacini monitorerà le reazioni dei followers e del contesto, in un dialogo con la danzatrice utile al processo artistico, ma anche all’analisi delle potenzialità di Tik Tok in ambito culturale.
Il progetto si concluderà, in autunno, con un evento on-line al quale si potrà partecipare iscrivendosi al gruppo Facebook «Il Foyer di Isadora», platea virtuale che potrebbe essere utilizzata, in futuro, per nuovi progetti performativi.
Diventeranno virali le coreografie di Giselda Ranieri? «Isadora» riuscirà a conquistare i giovanissimi? C’è un mese di tempo, tutto luglio, per scoprirlo.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Tik Tok; [figg. 2-4] Tik Tok ali Uffizi; [fig. 5] Giselda Ranieri in scena. Foto di Ilaria Scarpa; [fig. 6] Le coreografie espressive o "face dances" di Giselda Ranieri. Foto di Marco Pezzati

Informazioni utili
www.tiktok.com/@uffizigalleries
www.tiktok.com/@isadora.danceme